Saturday, July 05, 1986

I ventenni di Vicenza

BRAVI RAGAZZI, TUTTI PIZZA E CHIESA

Gente di provincia. Un' inchiesta rivela il vero volto dell' Italia che cresce piu in fretta

Divertimenti, famiglia, partiti, religione . . . Nel pianeta dei ventenni di Vicenza un professore inglese scopre molte verita' sulle regioni a piu' rapido sviluppo: Percy Allum e Ilvo Diamanti, sociologi, pubblicano per le Edizioni Lavoro un libro intitolato '50/'80 vent' anni

Europeo, 5 luglio 1986

di Mauro Suttora

"Atolaria la Vespa che la me piasaria tanto " : prenderei la Vespa che mi piacerebbe tanto . Questo il desiderio supremo di un muratore diciassettenne di Velo d' Astico (Vicenza) , consegnato alla storia nel 1954 in risposta a un questionario delle Acli . La domanda era : " Se il tuo stipendio fosse superiore ai bisogni personali o familiari , come impiegheresti quello che ti resta ? " . Le altre domande riguardavano il lavoro , la famiglia , la religione , la politica : una profonda ricognizione , insomma , sulla vita e i valori di quasi mille giovani dai 14 ai 26 anni nella provincia di Vicenza . E un campione rappresentativo di una zona d' Italia dominata allora come oggi dalla cultura cattolica e caratterizzata dall' economia diffusa di quelle imprese piccole e piccolissime che formano la " terza Italia " (Triveneto , Emilia , Toscana , Umbria , Marche) industrializzatasi lentamente e felicemente nel dopoguerra .

La preziosa indagine delle Acli e' stata riscoperta dopo trent' anni , sepolta negli archivi dell' organizzazione dei lavoratori cattolici , da Percy Allum e Ilvo Diamanti . Allum , docente all' Universita' di Reading , vicino a Londra , e' uno di quegli inglesi che , come lo storico Denis Mack Smith , conoscono l' Italia meglio di molti italiani : e' stato editorialista dell' Europeo e di Repubblica , e i suoi libri sulla Napoli del dopoguerra e Anatomia di una repubblica sono letti da tutti gli studenti di cose italiane nelle universita' d' Europa e d' America .

Da qualche anno trascorre lunghi periodi a Vicenza per analizzare a fondo le radici dell' ormai quarantennale potere democristiano in Italia e adesso , assieme a Diamanti (professore di sociologia a Padova) , pubblica un nuovo libro il cui titolo , ' 50 ' 80 vent' anni (Edizioni Lavoro) , e' solo apparentemente un errore tipografico . I vent' anni , infatti , non sono quelli fra il 1950 e il 1980 , ma l' eta' media dei giovani di Vicenza ai quali i due studiosi hanno riproposto oggi , un po' ampliato , il sondaggio del 1954 .

Ecco cosi' delinearsi due fotografie , abbastanza nitide , di quello che sono e pensano i giovani di oggi rispetto a quello che erano e pensavano i loro genitori quando avevano la stessa eta' . Che cos' e' cambiato a Vicenza e provincia negli ultimi trent' anni ? Molto . Negli anni Cinquanta i giovani contadini rappresentavano un quarto degli intervistati , oggi solo il 4 per cento . Inversamente , sono aumentati gli studenti : erano appena quattro su cento nel 1954 , adesso rappresentano un terzo del campione . Ma , soprattutto , questo periodo ha visto l' esplodere dell' industria . E a Vicenza quest' esplosione ha riguardato settori ad alta intensita' di lavoro con contenuti tecnologici relativamente bassi , oltre al tanto celebrato artigianato orafo .
Non c' e' stata rottura con l' assetto preesistente : e' nata la figura del " metalmezzadro " . Non c' e' da stupirsi quindi se , scendendo nel dettaglio , gli atteggiamenti dei giovani vicentini di oggi mostrano sorprendenti analogie con quelli dei loro coetanei di trent' anni fa .

Lavoro .
In provincia di Vicenza attualmente i giovani occupati sono il 15 per cento in piu' della media nazionale . Poca disoccupazione , quindi , e anche meno scuola : solo un 34 per cento di studenti , contro la media nazionale del 44 . In questo campo c' e' soddisfazione generalizzata , esattamente come trent' anni fa : entrambe le generazioni , infatti , rispondono per i tre quarti positivamente alla domanda : " Sei contento del tuo lavoro ? " . Nel 1954 gli unici infelici sono i contadini : " Si vive solo se si fa economia , senza vizi , senza divertimenti , con 12 ore di lavoro al giorno . Siamo quasi non compresi , per lo piu' considerati come ignoranti perche' molte volte non vestiamo bene e alla sera andiamo al bar " , scrive un giovane agricoltore di Schio . E la meta' dei giovani operai , pur ammettendo di aver scelto il proprio lavoro e dichiarandosene soddisfatti all' 80 per cento , considera il lavoro pesante e la paga scarsa : " Non sono contento " , scrive un meccanico di Marano , 19 anni , " dopo 10 ore faticose di essere calunniato e insultato dai padroni " .

Negli anni Ottanta la situazione felice dell' occupazione giovanile a Vicenza si riflette anche sui giudizi singoli : solo il 18 per cento ritiene il lavoro " una necessita' che purtroppo impedisce di vivere appieno " , mentre la stragrande maggioranza dei giovani lavoratori considera il proprio impiego come una libera scelta , una buona fonte di reddito , un luogo di incontri , rapporti umani e amicizia in un ambiente salubre . E , sia trent' anni fa sia oggi , una forte spinta all' iniziativa individuale , al lavoro autonomo : " Lavorare un po' di anni , imparare il lavoro , mettere da parte un po' di soldi e aprire un negozietto . . . " , sogna un apprendista orafo di 17 anni di Vicenza .

Tempo libero .
Trent' anni fa 44 su cento rispondevano " in famiglia " alla domanda " Come impiegheresti il tempo libero se ne avessi di piu' ? " . Allo sport andava il 45 per cento , a libri , riviste e gite il 36 , alle attivita' di assistenza il 27 e agli amici solo il 26 . E i soldi in piu' ? " Per l' avvenire " , si proponeva il 35 per cento , contro solo un 21 per cento di cicale disposte a spenderli in attivita' di piacere e in consumi puri e semplici . Ma anche oggi , nonostante la maggiore disponibilita' di tempo libero e di soldi , i giovani vicentini non praticano i " consumi vistosi " e continuano a spendere con grande prudenza . Proprio nell' anno della prima indagine , il 1954 , arrivava in Italia la televisione , e oggi stare di fronte al piccolo schermo e' il principale svago per il 70 per cento della gioventu' di Vicenza .

Per quanto riguarda le aspirazioni all' uso del tempo libero , comunque , in testa ci sono musica e amici . E nello spendere le loro 60 mila lire mensili (in media) che emerge la sobrieta' dei vicentini in erba . Dopo aver dato molti soldi in famiglia , piu' dei due terzi del loro stipendio , essi infatti affermano di impiegare i soldi in eccedenza soprattutto nel risparmio (56 per cento) , nella solidarieta' assistenziale (31) , nel farsi una casa propria (26) e nell' investimento in attivita' commerciali imprenditoriali (22) . Gli unici consumi " frivoli " (vestiti , stereo , dischi) sono terzi in graduatoria con il 28 per cento , mentre libri e giornali ottengono 4 punti in meno di preferenza . I luoghi di incontro con gli amici sono soprattutto le case private (19 per cento) , bar e pizzerie (19) e gli oratori (15 ) .

Alta l' esposizione ai mass media : oltre alla tv , il 60 per cento dei giovani legge spesso un giornale . Siamo nella media europea (un' indagine di Jean Stoetzel del 1984 assegna ai quotidiani un 57 per cento di lettori giovani regolari) , e naturalmente c' e' stato un grosso aumento rispetto agli anni Cinquanta , favorito dall' aumento della scolarita' . In particolare , i quotidiani locali (Il Giornale di Vicenza e Il Gazzettino) sono letti da 76 giovani su cento , (contro il 51 per cento nel 1954) , quelli nazionali dal 65 per cento (2 per cento) , la stampa cattolica (Famiglia Cristiana) dal 54 (9) , quella d' opinione (Europeo , Panorama) dal 45 (20) , i fumetti dal 44 (4) e i giornali sportivi dal 37 (solo dai maschi) , contro un 5 per cento del 1954 .

Famiglia .
Si trova in una situazione paradossale : nonostante la crisi di cui tanto si e' parlato negli ultimi vent' anni , nove giovani su dieci a Vicenza continuano a metterla al primo posto fra le istituzioni e i gruppi di cui hanno fiducia , e ci stanno senza troppe frizioni fino ai 25 30 anni . L' armonia e' notevole : alla domanda " Come ti trovi in famiglia ? " il 40 per cento ha risposto " bene " , il 42 " discretamente " e appena l' 8 " male " . E la stessa coesione degli anni Cinquanta : l' 85 per cento andava d' accordo col padre , l' 83 con i fratelli . Allora la famiglia rappresentava il centro della vita di ogni giovane , adesso invece si richiedono ancora alla famiglia affetto e aiuto materiale , ma con una forte dose di autonomia reciproca .

Religione .
" La ne ciava e la ne roba tutti i schei , perche' i ghe ne occore per dare a che la bruta troia de Chiesa " : questo drastico giudizio sulla Democrazia cristiana espresso nel questionario del 1954 da un giovane di Schio non rappresentava certo lo stato d' animo generale dell' epoca . A Vicenza infatti la religione e la Chiesa cattolica costituivano , piu' di qualsiasi altra istituzione , partiti compresi , la base dell' organizzazione sociale . Negli ultimi vent ' anni quest' egemonia sulla societa' e' venuta meno . " Ma non c' e' ostilita' nei confronti della Chiesa " , afferma Allum . I sacerdoti sono apprezzati piu' come assistenti sociali o animatori culturali che come " ministri di Dio " . " Aiutano a essere piu' leali , piu' sinceri , piu' attaccati al benessere della nostra patria , della famiglia e dell' anima " , diceva un contadino diciassettenne di Lugo nel 1954 . Ma anche oggi il 42 per cento dei giovani ammette che la religione ha aiutato le proprie scelte di vita . Non per niente il 35 per cento si dichiara praticante e un altro 48 per cento credente . Fra i minori di 19 anni la quota di credenti e praticanti sfiora addirittura il 90 per cento .

Politica .
In un contesto totalmente differente da quello degli anni Cinquanta , con la Democrazia cristiana che non e' piu' il comitato elettorale della diocesi ma un' organizzazione di burocrati , i giovani continuano comunque a garantire al partito cattolico la maggioranza assoluta . La repulsione per i partiti e' quasi totale : infatti l' 80 per cento (contro il 60 di trent' anni fa) considera doveroso partecipare alla vita politica , ma solo l' 8 per cento (contro il 19 del 1954) e' disposto a iscriversi a un partito . Questa estraneita' pero' non diventa astensione alle elezioni , perche' i giovani sono ben consci dell' importanza del voto : quasi un terzo lo indica come il maggiore mezzo di partecipazione . Ma i due strumenti piu' scelti sono l' " informazione " (61 per cento) e la partecipazione a gruppi locali nel quartiere , nel paese , in citta' (69 per cento) . Infatti molti si danno da fare nei gruppi di volontariato ed ecologici (solidarieta' " corta " , pragmatica , di cui si vedono i risultati) .

Mauro Suttora

Wednesday, July 02, 1986

Diventeranno famosi: Franco Porcelli

Come organizzare un proficuo anno di studio negli Usa

Europeo, luglio 1986

Sono ormai molti gli italiani che da giovani hanno approfittato della possibilita' , fornita da un Regio decreto del 1925 , che permette di fare un anno di scuola superiore all' estero senza perdere l' anno in Italia . Fra i pionieri degli anni Cinquanta sono stati " foreign exchange student " negli Stati Uniti e in altri paesi di tutto il mondo anche nomi poi diventati famosi , come il segretario liberale Renato Altissimo , il giornalista Gianluigi Melega o il deputato dc Angelo Sanza ; piu' recentemente hanno frequentato l' ultimo anno della " high school " americana (che dura 4 anni) i rampolli Barilla e Bassetti , nonche' il cardiochirurgo Carlo Marcelletti , primario del Bambin Gesu' a Roma .

Molti di questi studenti mantengono anche in seguito forti legami con gli Stati Uniti : e' il caso , per esempio , di Franco Porcelli , un brillante ventisettenne di Novara che dopo un anno passato in Massachusetts e' tornato in Italia , si e' laureato in fisica alla Normale di Pisa ed e' quindi ripartito per Boston , dove adesso lavora al prestigioso Mit (Massachusetts Institute of technology) nell' equipe che si occupa della fusione atomica . Sono due le organizzazioni piu' rodate che in Italia si occupano di questi scambi (oltre ai rotariani , che hanno un programma riservato ai figli dei soci) : Intercultura (piazza S . Pantaleo 3 , Roma Tel . 06 6877241) e Afsai (via S . Alessio 24 tel . 06 5740405) . Il costo di un anno all' estero varia da uno a sette milioni , secondo il reddito familiare , e sono disponibili numerose borse di studio . All' estero si e' ospitati da famiglie accuratamente selezionate , ma che non ricevono alcun compenso , e lo stesso avviene in Italia : Intercultura e Afsai sono quindi in perenne ricerca di famiglie italiane che accolgano per un anno un ragazzo straniero .

Per partecipare alla selezione bisogna avere 16 anni , superare degli esami e disporre di un buon curriculum scolastico . Non e' necessario conoscere benissimo la lingua del paese ospitante . dopo i primi due mesi di parmanenza , volenti o nolenti , la si impara automaticamente . Prima di partire si svolgono numerosi incontri di preparazione , cosi' come alla fine dell' anno ci sono incontri di valutazione . Durante il periodo trascorso all' estero , poi , sono numerosi i week end di riunioni e le feste organizzate per far incontrare gli studenti stranieri . Negli Stati Uniti si frequenta una normale scuola superore (con contorno di partite di football , basket e baseball) , e si prende il diploma di " high school " come un qualsiasi ragazzo americano . L' Afsai organizza anche soggiorni di lavoro sociale in Scandinavia , mentre Intercultura offre programmi estivi di due mesi da e per gli Stati Uniti .

Mauro Suttora

Saturday, June 28, 1986

Scuola superiore di Pubblica amministrazione

Ambizioni nazionali. I supercorsi che formano i manager dello stato

NON BASTA ANDARE A CORTE PER SERVIRE LA REPUBBLICA

Quattro sedi, di cui una nella reggia dei Borboni a Caserta. Ma pochi mezzi. La scuola della pubblica amministrazione dovrebbe preparare commis d'Etat, come l'Ena francese. Invece sforna burocrati delusi. Ecco perché

di Mauro Suttora

Europeo, 28 giugno 1986  

"Gli presentano il progetto per lo snellimento della burocrazia. Ringrazia vivamente. Deplora l'assenza del modulo H. Conclude che passerà il progetto, per un sollecito esame, all' ufficio competente, che sta creando".

Questa surreale citazione, estratta dal Diario notturno di Ennio Flaiano, la troviamo a pagina 13 del libretto con cui si presenta al pubblico la Scuola superiore della pubblica amministrazione. Ai dirigenti della scuola non difetta il senso dell'humour e dell'autoironia: prendere in giro se stessi non è facile per nessuno, men che meno per dei sussiegosi burocrati statali. Ai quali per di più, poche settimane fa, è toccato ingoiare l'ennesima pillola amara: una ricerca dell'Isfol (Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori) ha decretato che l'Italia ha il primato negativo europeo in fatto di formazione del personale pubblico. 

Sabino Cassese, professore di diritto amministrativo all'Università di Roma, uno dei massimi conoscitori della macchina dello Stato, ha puntato in particolare il dito sulla Scuola superiore, nata nel 1962 con la nascosta ambizione di diventare la versione italiana dell'Ena, la celebre scuola nazionale di amministrazione di Parigi che sforna ministri e presidenti: "La nostra scuola doveva creare una nuova classe dirigente per cambiare l'amministrazione, e invece è stata costretta ad adeguarsi a essa, al suo livello più basso, fallendo lo scopo".

Il quadro e veramente così nero? Davvero non c'è speranza per il nostro Stato, che fornisce servizi scadenti in ogni campo (poste, ferrovie, scuola, sanità) e a costi altissimi (l'amministrazione pubblica ingoia oggi il 60 per cento del reddito nazionale contro il 30 per cento di solo vent'anni fa)? 
È evidente a tutti che il nodo centrale per il futuro dell'Italia , adesso che le imprese private sono tornate a guadagnare e sprizzano energia, sta nel risanamento dei servizi pubblici, sia statali che regionali. Basta con la polvere, l'inefficienza, le inutili complicazioni, le tre ore di lavoro medio giornaliero. Viva la produttività, la snellezza, la rapidità. Per cambiare l'amministrazione pubblica, uomini nuovi. E dovrà essere la Scuola superiore a prepararli, nelle sue quattro sedi sparse in Italia: Roma , Caserta, Reggio Calabria e Bologna.

Ma gli uomini nuovi nasceranno? E quando? Per ora, non nascono. Anzi: il primo corso di sei mesi per dirigenti del ministero delle Poste è miseramente abortito in aprile. Motivo: alcuni candidati esclusi hanno fatto ricorso al Consiglio di Stato, che ha bloccato tutto dopo ben quattro mesi di lezioni. Così, dopo aver aspettato per anni la legge del 1984 che istituisce i corsi per manager pubblici , la burocrazia come al solito si morde la coda e inciampa nei suoi stessi cavilli. Niente da fare : ai manager privati continuera' a pensare la Bocconi , mentre quelli pubblici restano una specie indesiderabile, vittime di quella che Ettore Rotelli, docente di spicco della scuola , descrive come "la diuturna lotta dei ministeri "per strapparsi l'un l'altro le competenze residue dopo la grande abbuffata (e i grandi sprechi) delle Regioni . Ma andiamo a vedere da vicino come funziona, e come potrebbe funzionare, la Scuola superiore, finora mancata Ena italiana.

La sede centrale e ' a Roma , in una palazzina al Foro Italico . Ma lo spazio e' scarso , cosicché gli uffici della direzione sono dall' altra parte del Tevere , agli ultimi piani del ministero per la Ricerca Scientifica. La scuola dipende direttamente dalla presidenza del Consiglio , attraverso il ministro senza portafoglio della Funzione Pubblica , che da tre anni e' il dc Remo Gaspari. Direttore della scuola è dal 1977 Domenico Macrì, un calabrese piccolo , segaligno e scattante di 63 anni . Lavora in regime di proroga , perche' i partiti non riescono ad accordarsi sul nome del suo successore . Macri' e' il direttore di una scuola senza professori e senza personale . Infatti chi lavora nella Scuola superiore viene " comandato " di anno in anno a quell' incarico dal proprio ministero , nei cui ruoli continua a figurare . In teoria , ciascun ministero potrebbe riprendersi i suoi funzionari e dirigenti " prestati " . Il direttore Macri respinge subito ogni confronto con l' Ena francese (vedere il riquadro a pag . 26) : " Quella e' una scuola d' elite , ristretta ai dirigenti e con corsi lunghissimi . Noi siamo una cosa diversa : organizziamo corsi di aggiornamento e formazione per i vari ministeri , e dal 1979 abbiamo iniziato quelli di reclutamento " . I neolaureati ammessi alla Scuola superiore dopo un concorso piuttosto severo (la media e' di un posto ogni dieci domande) non diventano dirigenti , come in Francia : al termine del corso retribuito di un anno chi viene assunto (i cinque sesti dei partecipanti , contro i due sesti in Francia) diventa impiegato ai due livelli piu' alti dell' amministrazione pubblica . La selezione durante il corso pero' e' inesistente , perche' gli allievi che nel frattempo vincono concorsi piu' prestigiosi (magistratura , notai) se ne vanno , liberando molti posti . Se a Roma c' e' la direzione della scuola , la sede piu' prestigiosa e' a Caserta : occupa un intero settore della famosa Reggia , con saloni , quadri e stucchi . Mentre i Borboni ci misero un secolo per costruire la loro fastosa dimora , il direttore Macri' e' in guerra da dieci anni con le altre branche dello Stato per realizzare il suo vecchio sogno : un college per gli allievi . Quella che all' estero e' prassi normale , un collegio residenziale per gli studenti che vengono da fuori , qui da noi ha assunto i contorni di una pretesa fantasmagorica . Solo adesso cominciano i lavori per ricavare una cinquantina di stanze in una delle due ali della facciata , dopo che un reggimento di cavalleria aveva resistito per anni , non volendo mollare le proprie stalle ai futuri manager dello Stato . 

Entriamo nell' aula dove si sta svolgendo un " master " del ministero delle Finanze per ispettori delle imposte dirette . Eccoli qui coloro che scopriranno tutte le falsita' contenute nelle dichiarazioni Irpef e si batteranno contro gli evasori fiscali per il bene dello Stato . Per adesso la discussione verte sul primo comma dell' articolo 52 del secondo titolo del decreto 596 per la determinazione del reddito d' impresa . E l' una , fa caldo , e gli allievi sono desiderosi di tornarsene in macchina a Napoli . Da li' viene la maggioranza dei fortunati 114 che hanno superato le forche caudine del concorso con duemila domande iniziali . Fortunati ? " Si' , rispetto a quelli che sono capitati qui da La Spezia o da Bari , e che si devono mantenere lontani da casa con un milione al mese , siamo fortunati " , riconosce Renato Di Gennaro , 34 anni , laureato in giurisprudenza ed economia e commercio , chissa' quanti concorsi alle spalle . " Ma dopo ? Sappiamo gia' che andremo quasi tutti al Nord . Ce la faremo ad affittare una casa , a mantenere la moglie , i figli , la macchina ? " . 

Ecco Marina Maiella, 26 anni, dottoressa in legge: "Già sappiamo in partenza quale sara' la nostra carriera : il massimo che possa capitarci e' diventare , a 40 o 50 anni , dirigenti , e di raggiungere lo stipendio di un milione e mezzo " . Cosi' , la principale aspirazione di questi servitori dello Stato , una volta catapultati a Bolzano o a Pordenone , e' quella di mettersi in proprio , di aprire uno studio di commercialista , e di insegnare ai propri clienti i trucchi per non pagare le tasse , gli stessi che lo Stato adesso sta insegnando loro a scoprire . C' e' di peggio , perche' ormai la tacita convenzione fra Stato e statali e' : io ti do pochi soldi , tu in cambio hai pomeriggi e sabati liberi , cosi' fai quel che vuoi . E finche' un professore da' lezioni private nulla di male , ma le consulenze clandestine in settori piu ' delicati si tramutano spesso in favori , tangenti e prigione . 

Ma perche' lo Stato non arruola i suoi manager , come una qualunque azienda , tra i neolaureati piu' brillanti nelle universita' specializzate , come la Bocconi o la Luiss ? Giriamo le domande al direttore Macri' : " Il vero problema non e' la retribuzione che lo Stato offre . Certo , sono importanti anche i soldi , ma la pubblica amministrazione puo' valorizzare la gente anche in altro modo . C' e' il potere , il prestigio . . . In nessuna nazione estera gli stipendi dei funzionari pubblici son particolarmente allettanti , ma li' e' grande il riconoscimento sociale . E , poi , molta gente fa questo mestiere anche per vocazione " . Le statistiche , pero' , dimostrano che in Italia la scelta della carriera statale viene compiuta soprattutto in mancanza di meglio . " Che opportunita' abbiamo noi giovani meridionali ? " , si chiede sfiduciata la signorina Maiella . " Aziende private al Sud non ce n' e' . Il prestigio , il potere ? Al settimo livello dei quadri direttivi certamente no " . 

Le feroci resistenze a far nascere nella Scuola superiore anche i dirigenti , come all' Ena francese , sono proprio il diretto risultato di questa frustrazione , che pervade le decine di migliaia di quadri direttivi : gia' oggi sono sovrabbondanti , e premono per la promozione a dirigenti . Cosi' , paradossalmente , ogni giovane formato alla Scuola superiore rappresenta un cadavere in piu' sul quale un bocconiano rampante dovrebbe passare per diventare dirigente a trent' anni , come accade nel settore privato . Si chiude insomma un vero e proprio circolo vizioso , che garantisce solo una cosa : l' impossibilita' di creare veri manager statali per i prossimi decenni . " A questo primo corso dirigenziale delle Poste " , si lamenta Macrì, "mi hanno mandato gente di 55 anni, che diventa dirigente per anzianità, per diritti acquisiti, automaticamente. Come si può fare un master per manager in queste condizioni? Promuoveteli direttamente, e buonanotte!" 

Allora, l'Ena resta un sogno proibito? 
"L'Ena è una conseguenza, non una causa", spiega Macrì. "Fa parte di un sistema che valorizza i tecnici, dove c' e' una vera divisione dei poteri e i politici rispettano l' autonomia degli esperti . La riforma sanitaria in Italia non va bene perche' non l' hanno fatta fare ai tecnici . Noi nei concorsi scegliamo sempre i molto colti , che pero' hanno quasi sempre una visione settoriale, sono i piu' spigolosi , con poca voglia di lavorare . Invece allo Stato servono soprattutto i tenaci, i volitivi. Perché anche nella burocrazia alla fin fine dipende tutto dagli uomini, e c'è necessita' e spazio per l' iniziativa individuale , per chi non nasconde la propria pigrizia dietro ai regolamenti e alle leggi". Leggi che, fra l'altro, i politici fanno troppo spesso senza ascoltare il parere dei tecnici. Perfino il decreto del presidente del Consiglio che disciplina la Scuola superiore è, nel suo genere, un piccolo gioiello: si preoccupa addirittura di stabilire che la ricreazione dura dalle 10.30 alle 11. Come se si trattasse di una scuola elementare, e non di un master per manager. 

"Diciamo le cose come stanno: il legislatore si è occupato della Scuola superiore durante una passeggiata", e' il duro giudizio di Massimo Severo Giannini, uno dei pochi ministri competenti che l'amministrazione pubblica abbia mai avuto. E che adesso, a sette anni di distanza dal suo storico ma inascoltato rapporto sulle disfunzioni dello Stato, non esita a dichiarare: "Le funzioni veramente pubbliche erogate dallo Stato sono in realtà pochissime: esteri, difesa, polizia… Tutto il resto può benissimo essere gestito con criteri privatistici, puramente manageriali". Che la Scuola superiore di pubblica amministrazione si debba allora trasferire da Caserta a Milano, come ha una volta proposto Giulio Andreotti?
Mauro Suttora

Saturday, March 15, 1986

Filippine, cade Marcos: parla Gene Sharp

LOTTA NORMALE SENZA FARSI MALE
Un grande esperto di disobbedienza civile nonviolenta spiega la rivoluzione filippina

di Mauro Suttora

Europeo, 15 marzo 1986

(Il 25 febbraio 1986 il presidente delle Filippine Ferdinand Marcos  scappa all'estero dopo un'imponente rivolta popolare pacifica. Gli succede Corazon Aquino)

La nonviolenza ha vinto nelle incredibili giornate di Manila. Com'è potuto accadere? Ecco il parere di Gene Sharp, 58 anni, professore all'università di Harvard (Usa), massimo teorico vivente delle pratiche gandhiane:
"Azione nonviolenta è un termine generico che comprende moltissime tecniche di protesta, non collaborazione e intervento. Ma non si tratta di un metodo passivo: non è assenza di azione, è un'azione che è nonviolenta. Il suo presupposto è molto semplice: i sudditi hanno la possibilità di disobbedire alle leggi e ai governi che non accettano, perché il potere è in realtà nelle loro mani".

Anche nel caso di una dittatura?
"La servitù è sempre volontaria, in misura maggiore o minore. Lo constatava già nel XVI° secolo il filosofo francese Etienne de la Boétie, e prima di lui perfino Niccolò Machiavelli, quando scriveva che il Principe 'quanta più crudeltà usa, tanto più debole diventa il suo principato'.
Quando il consenso viene tolto, anche il peggior tiranno diventa un uomo qualsiasi. Il potenziale militare del governante può rimanere intatto, i suoi soldati incolumi, gli edifici del governo intatti, ma tutto è cambiato. È una legge scientifica.
È capitato in India con Gandhi, in Iran contro lo Scià nel 1978, e adesso nelle Filippine. Ma il primo episodio di disobbedienza civile collettiva registrato dalla storia accadde proprio da voi, a Roma, nel 494 avanti Cristo. Quando ai plebei, invece di uccidere i consoli, bastò ritirarsi sul Monte Sacro per ottenere maggiori diritti. E nessuno lo ricorda mai, ma anche la prima rivoluzione russa del febbraio 1917, quella menscevica, fu prevalentemente nonviolenta".

Invece in Cecoslovacchia nel 1968 e in Polonia nel 1980-81 i nonviolenti hanno perso.
"Sì, ma in Cecoslovacchia i sovietici riuscirono a normalizzare la situazione soltanto nell'aprile 1969, dopo otto mesi di resistenza. E in Polonia Solidarnosc è ancora attivissima, seppur nella clandestinità.
L'azione nonviolenta è un metodo: si può vincere, si può perdere. Ma, in ogni caso, quante vite si risparmiano usando le armi della nonviolenta? L'esempio delle Filippine, inoltre, sfata un luogo comune: che la nonviolenza possa avere successo solo in tempi molto lunghi. Sono bastati 18 giorni a Corazon Aquino per vincere".
Mauro Suttora

  

Saturday, March 08, 1986

Tra noi c'è un solo abusivo: la legge

NUOVI SOVVERSIVI/RAPPORTO DAL PAESE CHE GUIDA LA RIVOLTA DOPO IL CONDONO

Vittoria, in provincia di Ragusa, vanta due record: è la città più comunista d'Italia, e la più affollata di edifici illegali. Il suo sindaco ha guidato la marcia su Roma. Siamo andati a fare i conti in tasca a chi sostiene di non avere i soldi per fare il dovere di cittadino

di Mauro Suttora

foto di Maurizio Bizziccari

Europeo, 8 marzo 1986



Saturday, February 15, 1986

Italiani addestrano i piloti libici

Rivelazioni/Parla l'italiano che ha addestrato i piloti libici

SANNO FARE I KAMIKAZE, NON SANNO FARE LA GUERRA

I Mig e i Mirage di Gheddafi ronzano minacciosi sul Mediterraneo. Ma chi è ai comandi ci sa fare davvero? Abbiamo scovato il maestro. Ecco quel che ha visto e insegnato

di Mauro Suttora

Europeo, 15 febbraio 1986


Saturday, September 14, 1985

Leonardo, dai, vinci!


LEONARDO BRIGLIADORI, CAMPIONE MONDIALE DI VOLO A VELA

Lo zio della soubrette Eleonora, quando esce dall'ufficio, monta sull'aliante e colleziona trofei. Ma gli capitano anche buffe avventure: come quel giorno in cui fu scambiato per un Ufo...

di Mauro Suttora

Europeo, 14 settembre 1985

Il primo uomo che ha camminato sulla Luna, Neil Armstrong, è uno di loro. In Italia sono un migliaio, e ogni sabato e domenica si levano in volo dai 24 club sparsi per la penisola. Ottimi amici delle aquile, sorvolano crinali e planano su foreste, radure o distese di neve immacolate, silenziosi come uccelli.

Saturday, August 17, 1985

Brucia Africa, brucia

 

RAPPORTO DA UN CONTINENTE ALLA DERIVA

Brucia Africa, brucia

di Mauro Suttora e Pier Luigi Vercesi

Europeo, 17 agosto 1985

Il Sud Africa è in rivolta. In Uganda, dopo il golpe, si riaffaccia Idi Amin. Sahara spagnolo e Ogaden sono da dieci anni senza pace. E in quasi tutti gli altri Paesi fame, siccità, regimi dittatoriali, lotte tribali. Ecco i drammatici scenari delle aree più calde


 


Saturday, August 03, 1985

Dopo la tragedia della val di Fiemme/Cosa insegna il Vajont


VENTIDUE ANNI DOPO, GIUSTIZIA NON È FATTA


A Longarone sono arrivati molti miliardi e qualche scandalo. C’è stato il baby boom. C’è una chiesa monumento dove sostano i turisti. E c’è una lunga storia giudiziaria. Così lunga che non è ancora finita


dall’inviato Mauro Suttora


Europeo, 3 agosto 1985


“La lezione del Vajont non è servita a niente. Di fronte a disastri come quello di Tesero proviamo solo un’enorme amarezza e rabbia. Perché in realtà i disastri naturali non esistono: la causa è sempre l’uomo. Altro che protezione civile! Ci vogliono previsione e prevenzione prima, non protezione dopo”.


Chi pronuncia queste parole è un prete di 41 anni, don Giuseppe Capraro, nella sua casa di Longarone (Belluno). Quella sera di 22 anni fa, quando ci fu la strage con duemila morti, lui si salvò perché era in seminario a Belluno.


Longarone si trova a poche decine di chilometri da Tesero, due valli più in là. Ma mentre la val di Fiemme è un paradiso di pinete, quella del Piave è aspra e ingrata: montagne ripide e sassose, turisti pochi. Se si passa di lì, è solo per andare in Cadore e a Cortina.

 

L’autostrada Venezia-Monaco, promessa da vent’anni, si blocca a Vittorio Veneto. Il treno per Calalzo arranca, e ogni volta che si ferma alla stazione di Longarone ai passeggeri che si voltano a guardare la diga del Vajont ancora intatta (l’ondata, sollevata dalla frana del monte Toc, volò sopra lo sbarramento) viene sempre un brivido.


La sorella di don Giuseppe, Elsa, fa la centralinista. Esattamente come nel 1963. L’acqua entrò dalla finestra della sua casa, ma lei si salvò. Nel centro del paese, 2000 abitanti, questa fortuna capitò soltanto ad altri duecento. “Dopodiché, qualcuno mi accusò di essermi salvata perché avrei ascoltato delle telefonate che preannunciavano la sciagura”, racconta Elsa Capraro. La sua vecchia casetta è rimasta in piedi, ed è tuttora una delle più carine del paese.


Tutto il resto è soprattutto cemento. Su via Roma, la strada principale, incombono palazzine fitte, alte 4-5 piani, che soffocano qualche stitico alberello. Più che un paese predolomitico ricostruito a nuovo, sembra una periferia di Roma impestata dalla speculazione. Speculazione. Quando sentono questa parola, i longaronesi diventano guardinghi. Perché dopo la tragedia dell’alluvione in questi 22 anni c’é stata anche la tragicommedia degli scandali.


“Niente imposte per dieci anni per tutti gli abitanti e le imprese del luogo”, decretò il governo nel 1964. Giustissimo. Però non furono pochi i casi di persone e aziende che piombarono a trapiantarsi a Longarone solo perché la ritenevano una nuova Montecarlo. Come in Friuli dopo il terremoto del 1976, anche qui il cocktail di aiuti statali e di operosità degli abitanti ha prodotto ricchezza. In pochi anni, grazie agli immigrati dal basso Veneto, gli abitanti del paese, frazioni comprese, ridiventarono 4500. Ci fu anche un baby boom, e adesso le scuole sono piene zeppe.


La vita continua, come sempre. E meglio di prima. Se non fosse per quelle ombre di truffe, peculati, concussioni che si aggirano per il paese. Ancora l’anno scorso nove politici locali sono stati rinviati a giudizio per le assegnazioni delle case popolari Iacp. Prima, professionisti condannati per aver dirottato in Svizzera soldi ricevuti dallo stato. “Colpa delle lungaggini burocratiche se le aziende già finanziate non furono mai realizzate”, si sono difesi. La Siderurgica Landini, per esempio: inghiottì 13 miliardi prima di scomparire nel nulla.


Poi ci sono le divisioni politiche paesane. Perché a Longarone la democrazia funziona, destra e sinistra si alternano alla guida del Comune. Adesso il sindaco è democristiano: alle ultime elezioni Dc, Psdi e Pri hanno avuto il 60%, contro il 25 del Pci e il 15 al Psi. Ma prima c’era una giunta rossa, e anche all’epoca della catastrofe il sindaco era socialista. Con l’alternanza delle giunte c’è stata anche l’alternanza dei progetti di ricostruzione.


L’iniziale piano di Giuseppe Samonà, considerato troppo avveniristico e “di sinistra”, venne accantonato dai democristiani quando tornarono al potere: “Erano solo dei bunker di cemento, rischiammo di fare da cavie per gli esperimenti degli architetti”, dice l’attuale vicesindaco dc, l’avvocato Franco Trovatella, 49 anni. Nella tragedia perse tutti i familiari. Lui quella sera era andato a trovare la fidanzata, oggi sua moglie, in un paese vicino.


Comunque, nonostante le divisioni politiche, estetiche e anche etniche (fra i sopravvissuti che volevano “tutto come prima” e i ‘foresti’ arrivati dopo), la ricostruzione fu completata in pochi anni.


Non così il processo. Giustizia, per il Vajont, non è stata ancora fatta. Questo è l’aspetto che più interessa oggi, perché Tesero non è da ricostruire com Longarone, ma giustizia la reclamano tutti. Ebbene, ci credereste? Il processo per i danni civili è ancora aperto, a Firenze. “Per la prima volta nella storia giudiziaria italiana”, dice il vicesindaco Tovanella, “è stato riconosciuto ai comuni colpiti dalla strage il diritto non solo al risarcimento danni ai beni e alle persone, ma anche quello dei danni morali”. I quali però non si sa ancora a quanto ammontino.


L’Enel fu particolarmente sfortunato: con la nazionalizzazione dell’elettricità nel 1963, solo sette mesi prima del disastro, rilevò la diga del Vajont dalla società privata Sade, poi assorbita da Montedison. Nel 1969 offrì ai privati una transazione di dieci miliardi in cambio della rinuncia al risarcimento. Cosa che avvenne, ma senza cancellare la responsabilità nei confronti del comune di Longarone. E infatti nel 1983 Montedison è stata condannata a pagare una ventina di miliardi a Longarone.


Adesso è in discussione la cifra che Enel e Montedison devono ancora versare a Longarone (Enel tenta di scaricare tutto su Montedison, e viceversa), nonché il risarcimento ad altre amministrazioni statali come le Ferrovie, che ebbero binari cancellati per chilometri.


Ma il capolavoro d’ingiustizia fu il processo penale. Poi a venne trasferito da Belluno all’Aquila per “legittima suspicione”: si temeva che i sopravvissuti di Longarone e degli altri paesi colpiti, Erto e Casso, facessero troppo casino durante le udienze.


Dopo questa sterilizzazione geografica il processo s’impantanò nei tempi lunghi, rischiando la prescrizione. Nel 1971, otto anni dopo la strage, la sentenza definitiva. Condannati solo due imputati su otto: l’ingegnere Enrico Biadene, direttore idraulico della diga ormai settantenne, a due anni; e Francesco Sensidoni, ispettore del Genio civile, a otto mesi. Un po’ poco per un “eccidio premeditato”, com’è scritto su una lapide del cimitero di Longarone.


E adesso? Come scorre la vita nel paese distrutto e ricostruito? La nuova chiesa è stata inaugurata solo due anni fa, ma fa bella mostra di sé in tutta la valle: sembra un ufo, un museo Guggenheim atterrato sulle sponde del Piave. È costata un miliardo e 300 milioni, viene visitata ogni anno da migliaia di turisti che si fermano andando a Cortina.


“La chiesa è l’antidiga, il suo cemento bianco rappresenta la vita, contro quello grigio della diga della morte”, dice enfatico don Capraro. “È troppo grande, d’inverno è fredda”, replicano più prosaicamente alcuni fedeli. Il parroco la controlla dall’interno della sua nuova immensa canonica, con una tv a circuito chiuso.


Probabilmente per le esigenze del paese (siamo in zona ‘rossa’, la religiosità qui è minore che nel resto del Veneto) basterebbe e avanzerebbe la cappella sotterranea Kolbe. Ma la chiesa di Longarone è anche un monumento: “E la parola ‘monumento’”, dice don Capraro, “deriva dal latino monere, ammonire. Il monito del Vajont è: la vita umana innanzitutto”.


 

Saturday, June 29, 1985

Non si vive di sola mente



Cecchi Paone si difende

Si infiamma la polemica su 'Mister O', il programma Rai di parapsicologia. Diamo la parola anche alle ragioni contro la ragione

di Mauro Suttora

Europeo, 29 giugno 1985 

 

Wednesday, April 10, 1985

Gesualdo Bufalino: "Per noi comisani la base non esiste"




"PER NOI COMISANI LA BASE NON ESISTE"

intervista allo scrittore Gesualdo Bufalino

di Mauro Suttora

Il Messaggero, 10 aprile 1985

"Per noi comisani la base non esiste. Anzi, può darsi che non esista davvero: nessuno, tranne gli americani, è mai entrato nel suo cuore intimo, dove sono custoditi i missili atomici. Gli operai e i militari italiani sono addetti a servizi secondari, non sanno niente. Quanto agli americani, chi li vede mai qui in paese? Vanno in giro a gruppi di tre o quattro, ogni tanto, tutti assieme..."

Gesualdo Bufalino, 64 anni, è il cittadino più illustre di Comiso. Professore, scrittore di successo ('Diceria dell'untore', 'Argo il cieco'), conosce ogni piega della vita cittadina.
"Comiso si trasformerà in miniera e bersaglio di terrore", scrisse allarmato nel 1981, quando il governo italiano annunciò di aver scelto Comiso per installare i 112 missili assegnatici dalla Nato.

In questi anni Bufalino ha descritto i pellegrinaggi dei pacifisti, l'arrivo dei soldati americani, le reazioni dei suoi 26mila concittadini. Ma adesso che i missili ci sono, lui paradossalmente mette in dubbio la realtà: "Per chi arriva a Comiso di sera, da Ragusa, la base si presenta come un grosso tumore arancione, tutto illuminato e isolato dal resto del territorio. Gli americani vogliono evitare qualsiasi frizione o incidente con la gente del luogo, e noi ricambiamo il loro disinteresse".

Ma lei è favorevole o contrario ai missili?
"Sono ferocemente nemico di qualsiasi tipo d'arma, dal coltello alla bomba atomica. Ma almeno il pericolo di una guerra nucleare ha garantito all'Europa un periodo di pace ininterrotta superato soltanto da quello goduto durante la Belle époque".

Tutto bene, allora?
"No, provo come tutti un estremo imbarazzo ideologico. Ho pensato anche al suggerimento di Carlo Cassola di fare un gesto di disarmo unilaterale per sbloccare l'impasse, poiché non credo che l'obiettivo dei russi sia di arrivare al Tago. Ma qui si sfuma nelle nuvole dell'utopia".

Come mai i comisani non hanno protestato concretamente? I pacifisti venivano soprattutto da fuori.
"Abbiamo una dose di scetticismo storico e di impermeabile saggezza: digeriamo qualsiasi novità. I pacifisti ci hanno offerto spettacoli pittoreschi e leggiadri, ma i comisani si sono limitati ad apprezzare la bellezza delle ragazze che arrivavanoda tutta Europa per protestare".

Intravvede una soluzione?
"Bisognerebbe nominare due poeti a capo delle due superpotenze".

Saturday, March 02, 1985

Se sei verde ti tirano la Petra

Germania Ovest/La leader degli ecologisti contesta il suo movimento

Opportunisti. Bugiardi. Noiosi. Petra Kelly descrive in questa intervista esclusiva i difetti dei verdi tedeschi. E rivela sorprendenti progetti

di Mauro Suttora

Europeo, 2 marzo 1985




 

Saturday, February 23, 1985

Indovina chi serve a cena















BON TON/ LA TROVATA DI UNA SIGNORA MILANESE

Indovina chi serve a cena

di Mauro Suttora

Europeo, 23 febbraio 1985

Nome: Lalla Jucker. Classe: buona borghesia lombarda. Hobby: cucinare per conto terzi. È già una cosa strana. Ma la vera sorpresa è sotto lo smoking impeccabile dei suoi giovani camerieri




Saturday, December 15, 1984

Energia solare? No, grazie

Riscaldamento: gli italiani non vogliono risparmiare

di Mauro Suttora

C'erano 54 miliardi a disposizione di chi voleva installare pannelli solari per avere acqua calda gratuita. Ecco come burocrazia, impreparazione e dilettantismo hanno fatto fallire il piano

Europeo, 15 dicembre 1984



 

Saturday, September 08, 1984

Uganda: era meglio Amin Dada?

Stragi con 330mila morti, dice l'opposizione. Quindicimila, ammette il governo. Un fatto è certo: dopo quattro anni di apparente democrazia, regna sempre il terrore

di Mauro Suttora

Europeo, 8 settembre 1984


 

Saturday, August 18, 1984

Sovrappopolazione mondiale: esplodono le megalopoli

 LA TERRA È PICCOLA PER NOI

Nascono due bambini ogni secondo. Nel Duemila saremo sei miliardi. Città del Messico sfiorerà i trenta milioni di abitanti. Il nostro sarà ancora un pianeta vivibile? E, soprattutto, come sarà la qualità della vita nel Terzo mondo?

di Mauro Suttora

Europeo, 18 agosto 1984