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Friday, October 28, 2011

Settimana Incom e casa Petacci

Università di Cagliari

DOTTORATO DI RICERCA STORIA MODERNA E CONTEMPORANEA

L’ITALIA DEL SECONDO DOPOGUERRA ATTRAVERSO I CINEGIORNALI DELLA SETTIMANA INCOM (1946-1948)

Presentata da: Giulia Mazzarelli
Relatore: Prof. Claudio Natoli
Anno Accademico 2009-2010

Il primo numero della Settimana Incom, datato 15 febbraio 1946, propone sei brevi filmati:
- “Cronache vaticane. Giornata eccezionale a S. Pietro”, in cui Pio XII riceve i bambini assistiti dall’Unrra;
- “A colloquio con l’ammiraglio Stone”, in cui il direttore della Settimana Incom pone all’ammiraglio alcune domande sull’andamento delle prime fasi del dopoguerra e
sulla ricostruzione;
- “La firma del trattato tra il governo italiano e l’UNRRA”, con l’impegno del delegato UNNRA per l’assistenza e gli aiuti agli italiani;
- “Piccola posta. Vi parla Vivi Gioia”, breve spazio dedicato alle lettere degli spettatori su temi di attualità;
- “Serie documenti. Riprese inedite sulle sorelle Petacci (prima puntata)”, che mostra alcuni componenti della famiglia Petacci nella villa della Camilluccia;
- “Avvisi utili. Attenti alla vostra bicicletta!” con le immagini della simulazione di un furto di biciclette.

E’ significativo che la prima uscita del nuovo cinegiornale, accanto alle notizie dal Vaticano e a quelle sui rapporti italo-americani, presenti una breve pagina sulla famiglia dell’amante del Duce.

Il filmato mostra in apertura la nuova destinazione della Camilluccia divenuta, dopo la guerra, ricovero per bambini abbandonati assistiti dall’Opera maternità e infanzia, ma che era stata, in precedenza, l’abitazione della famiglia Petacci. Alle immagini sui piccoli orfani succedono le riprese realizzate nel 1942 in occasione dei preparativi per le nozze di Miriam, sorella di Claretta.

“E’ un mattino del 1942” – informa il commentatore Incom – “Dal giardino si avanza Miriam, sorella di Claretta, che LUI volle lanciare nel cinema con il nome di Miria di San Servolo. Mimì questa mattina è allegra, perché è in pieno idillio con l’allora suo fidanzato. Com’è bella la vita! LUI ha già promesso il regalo di nozze. Ed ecco seduta Claretta. Mai nessuno la cinematografò prima d’ora. LUI non permetteva. E laggiù Roma è ai piedi della famiglia Petacci. Tutto merito del papà, il dott. Francesco Saverio, che sta godendo il giusto riposo alle sue fatiche. Ma c’è una novità questa mattina: LUI ha inviato uno dei tanti regalucci, il divano a dondolo. Bisogna provarlo! Così trascorrevano serene e incoscienti le ore alla Camilluccia!”

Alcuni elementi di questo filmato sono degni di nota. In primo luogo il fatto che il nuovo cinegiornale mostri proprio nel primo numero ciò che i cinegiornali Luce non mostravano: i personaggi che componevano la vita privata del Duce. In secondo luogo il fatto che il commentatore Incom non pronunci mai il nome di Mussolini ma utilizzi, con tono allusivo, il pronome personale “lui”. In terzo luogo è da rilevare l’ironia che accompagna il commento verbale, sia nel descrivere la spensieratezza della vita in casa Petacci in pieno conflitto mondiale, sia nell’attribuire al dott. Francesco Saverio, padre di Miriam e Clara, il merito della prosperità della famiglia.

Per quanto riguarda il primo aspetto, la scelta di inserire tra i vari servizi informativi un filmato sulle sorelle Petacci non è casuale: alla prima uscita del nuovo cinegiornale la Incom mostra di voler marcare la distanza con l’informazione del Ventennio, svelando finalmente il non detto e il non visto del fascismo.

Una dichiarazione d’intenti che resterà senza seguito, poiché una volta esauriti i tre filmati sulle nozze di Miriam, la Incom tenderà ad evitare qualunque approfondimento sui protagonisti del regime. La stessa reticenza nel nominare il Duce, se da una parte si spiega con la volontà di spogliare persino del nome colui che costruì - anche cinematograficamente - il mito di se stesso e impose al popolo i propri appellativi, dall’altra rivela una certa difficoltà e un certo imbarazzo nel riportare alla memoria collettiva eventi dolorosi e ancora troppo recenti della storia nazionale.

“Mussolini” è diventato, per più di una ragione, un nome impronunciabile e l’unico modo accettabile per parlare di lui è attraverso allusioni, giri di parole e con una buona dose di sarcasmo. L’ironia del commentatore sui Petacci rivela, infatti, quanto fosse condivisa nell’immediato dopoguerra l’ostilità verso una famiglia così compromessa con la dittatura e così beneficata nella rovina generale.

Il linguaggio allusivo e ironico caratterizza anche le successive puntate sulle sorelle Petacci: nel numero 2 della Settimana Incom, tra le scene dei preparativi alle nozze, le immagini mostrano la scatola da gioco di Claretta e il taccuino dei punti con le iniziali dei due giocatori: “Accanto alla nota M. c’è la E. di Etta, diminutivo di Claretta”.

Dopo una metaforica allusione all’anticomunismo mussoliniano (“tra i pezzi degli scacchi il re rosso in un momento d’ira è stato decapitato”) la voce fuori campo fa un cenno alle relazioni clientelari che, grazie alla prossimità con Mussolini, interessavano la famiglia di Claretta: “Ecco, qualche giorno prima delle nozze, Mimì nella sua camera da letto, tra i doni piovuti da ogni parte d’Italia. Amici e protetti hanno gareggiato nel tentativo di superarsi.”

Il filmato si chiude con le riprese del lungo e splendido abito da sposa. Nell’indugiare su queste immagini il cinegiornale rivela, seppur abbozzato, quel gusto per le vite da favola e per il lusso ostentato che caratterizzeranno di lì a poco i servizi sui personaggi famosi del mondo del cinema, della politica e delle case regnanti. La Incom rivela dunque già dai primi numeri - e persino in relazione ad argomenti che riportano alla memoria recenti eventi drammatici - una malcelata tendenza ad accattivarsi l’interesse del pubblico e alla banalizzazione.

A questo proposito è significativo che si parli del fascismo per mezzo dei lustrini delle sorelle Petacci: attraverso la «spettacolarizzazione del privato» si stuzzicava la curiosità degli italiani su aspetti rimasti sempre in ombra, si mostrava il lato quotidiano e quindi umano dei protagonisti del regime, col risultato di produrre, più o meno intenzionalmente, una sospensione del giudizio sul ruolo politico e storico di quelle figure.

La terza e ultima puntata sul matrimonio di Miriam fu inserita nel numero 6 della Settimana Incom del 20 marzo, a quasi un mese di distanza dalla precedente. La ragione di questa attesa è esplicitata dallo stesso commentatore: “Oh, chi cerca il pelo nell’uovo in queste nozze dirà che manca lo sposo: beh, abbiamo dovuto farlo scomparire per  evitare un nuovo sequestro che avrebbe ritardato di qualche altra settimana quest’ultima puntata”.

Queste parole lasciano intendere che il marito di Miriam, in seguito alla proiezione della seconda puntata, in cui appare per qualche istante accanto alla fidanzata e al futuro suocero, abbia provveduto a mezzo legale a far tagliare dalle scene del matrimonio le immagini nelle quali fosse visibile e riconoscibile.

E’, questo, un altro segnale del clima teso che caratterizzava la ripresa della vita democratica e l’inevitabile resa dei conti con i protagonisti del fascismo. Emblematico, a questo proposito, il monito con il quale la voce fuori campo accompagna la conclusione del matrimonio e che chiude “il romanzo petacciano” a puntate: “Le automobili s’avviano. Autisti, attenzione! Troverete una curva pericolosa: si chiama 25 luglio!”

Luigi Freddi, a proposito dell’attività artistica di Miriam, dichiarò:
«Miria di San Servolo, la nuova diva, non era che il prodotto di un ambiente piccolo-borghese, piena di vezzi incorreggibili, di una vivacità artificiosa e di una insipida gaiezza, priva di quella congenita classe che può fare anche d’una ciociara una grande interprete».

Nel corso di una conversazione tra Freddi e Claretta, a proposito delle critiche mosse all’interpretazione della sorella in L’amico delle donne, l’amante del Duce disse: «Eppure quella bambina è la nostra sola gioia. […] S’è innamorata di questo mestiere. Come facciamo ora a distoglierla? È la sola che riesca a far sorridere anche lui. Ma perché il mondo deve essere così cattivo? Non c’è un figlio di Roosevelt che si occupa di cinematografo? Sarah Churchill non lavora in una rivista di Cochrane? […] E chi c’è in Francia dietro Marie Bell, o in Germania dietro Lida Baarova? E il mondo, per questo, non siscandalizza…!»
Luigi Freddi in, F. Faldini e G. Fofi, op. cit., p. 18.