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Tuesday, July 07, 2020

"Grazianeddu è in Corsica"

"Grazianeddu è in Corsica”

Nei bar della Gallura non si parla d’altro. Nove su dieci stanno per Graziano Mesina, fuggito giovedì dopo la condanna a 30 anni confermata dalla Cassazione

di Mauro Suttora

5 luglio 2020
Huffington Post

“Grazianeddu è in Corsica”. Nei bar della Gallura non si parla d’altro. Nove su dieci stanno per Graziano Mesina, fuggito giovedì dopo la condanna a 30 anni confermata dalla Cassazione.

“Proprio giovedì è successo un fatto stranissimo nel parco marino francese delle isole Cavallo e Lavezzi, fra la Corsica e la Sardegna. Ben tre pescatori di frodo sardi sono entrati contemporaneamente nelle zone vietate, attirando su di sé l’attenzione di tutte le imbarcazioni della Gendarmerie. Uno si è fatto inseguire fino al porto di Santa Teresa, dove le guardie hanno chiesto ai carabinieri di arrestare il pescatore approdato. Ma ormai era troppo tardi, e quello se n’è andato facendosi beffe di tutti”.

In quello stesso pomeriggio la primula rossa di Orgosolo spariva, non presentandosi alla firma giornaliera delle 19 alla stazione dei carabinieri del suo paese, dove per un anno era stato puntualissimo.
La Cassazione ha sentenziato alle 20, due ore dopo i carabinieri non lo hanno più trovato a casa della sorella. La sua avvocata dice di averlo visto l’ultima volta alle 16.
 L’ipotesi è che Mesina in due ore sia arrivato in auto sulla costa nord della Sardegna, fra Santa Teresa, Porto Pozzo e Palau, e abbia preso un gommone per la Corsica.

Quei tre pescatori avrebbero funzionato da esca vivente per distrarre le guardie di frontiera francesi. Mesina non ha documenti, ma i boschi corsi sono fitti e inaccessibili quanto quelli del Supramonte.
“Ha 78 anni, ne ha passati 45 in carcere, lasciatelo stare”, dicono molti suoi corregionali.

Anche Toni Negri fuggì in Corsica dalla Toscana nel 1983, sulla barca a vela di Emma Bonino.

Mauro Suttora

Tuesday, December 18, 2001

L'unico paese contro l'articolo 18

CALANGIANESI CONTRO L’ART.18: LO SVILUPPO NON TEME LA FLESSIBILITA’

di Mauro Suttora
Il Foglio, 18 dicembre 2001

Calangianus (Sassari). «Assumere qualcuno in Italia è peggio che sposarsi: abbiamo paura che quando ci mettiamo un dipendente in casa, poi dobbiamo tenercelo per tutta la vita...» 
Parola di Edoardo Tusacciu, 43 anni, che con la sua Plastwood ha fatturato tre miliardi nel Duemila, 18 quest’anno e ne prevede 60 per il 2002. Lui sta facendo fortuna con Geomag, il gioco made in Sardegna che spopola in ogni continente. 

Ma Calangianus (4.700 abitanti) brilla per un altro motivo: é la capitale mondiale del sughero e dei tappi, con un distretto industriale forte di 130 imprese e un fatturato complessivo che supera i 400 miliardi. Export in tutta Europa, anche gli champagne francesi più prestigiosi (da Mumm in giù) preferiscono i tappi di questi sugherifici. 

Disoccupazione: zero. «Anzi, ho difficoltà a trovare il personale laureato che mi serve», rivela Tusacciu.
Nessuna meraviglia, quindi, che Calangianus sia l’unico paese italiano a volere la libertà di licenziamento: nel referendum radicale del maggio 2001 i favorevoli all’abrogazione dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori (quello che impone il reintegro coatto del dipendente licenziato senza giusta causa) furono la maggioranza. La consultazione venne poi annullata assieme a tutte le altre, perché i votanti non arrivarono al 50 per cento. 

Se il quorum fosse stato raggiunto, questo sarebbe stato l’unico referendum bocciato. Dappertutto in Italia, tranne che in Gallura. Anche altri comuni della futura provincia Olbia-Tempio votarono contro l’articolo 18: Santa Teresa, Trinità d’Agultu e Buddusò (centro di un secondo distretto dei miracoli, quello delle cave di granito).

Ma il risultato di Calangianus pesa di più, perché alle ultime politiche qui hanno vinto Ulivo e Rifondazione, perché l’unico senatore Ds (Nino Murineddu) è di Calangianus, e perché hanno votato sì alla libertà di licenziare anche molti dei 1.500 lavoratori dipendenti: «Certo, non bastano i sì di artigiani e datori di lavoro per arrivare alla maggioranza», ammette Stefano Cugini, dirigente dei Ds locali, «da noi gli operai si sentono vicini alle esigenze degli imprenditori, in un clima di paternalismo. Anzi, alcuni datori di lavoro sono addirittura più consapevoli sulle garanzie dei loro stessi dipendenti».

Nei sugherifici più grandi (Molinas, Italsugheri, Tusacciu) i sindacati non attecchiscono: «Per me gli operai fanno parte della famiglia», dice Tusacciu, «ovviamente rispetto i minimi contrattuali, ma poi premio il merito. Ai migliori dò 15mila nette all’ora, cioè quasi due milioni e mezzo al mese. I miei dipendenti sanno che se vanno via di qui ci mettono solo una settimana per trovarsi un altro posto, e comunque tutti sperano di mettersi in proprio prima o poi. La mentalità è questa, dall’una e dall’altra parte, non certo quella di chi tira a campare».

Egidio Pirodda, 28 anni, di Tempio Pausania, è andato a Milano per laurearsi in Bocconi. Ora è tornato, alla Plastwood segue tutto (finanza, produzione, acquisti, personale) e guadagna tre milioni al mese. 

«Ma i primi cinque mesi ho lavorato gratis, con uno stage di prova. E per i nuovi assunti preferiamo pagare di più con un contratto temporaneo, rinunciando agli sgravi fiscali, piuttosto che farci imbrigliare: se non va, dopo tre mesi liberi noi e liberi loro. Poi assumiamo regolarmente, ma siamo flessibili su orari e permessi. Per esempio, se un ragazzo vuole fare un corso di computer ma è di turno il pomeriggio, non ho problemi a farlo uscire due ore prima. Sembrano fesserie, e invece sono particolari importanti: se i dipendenti vengono trattati bene si motivano, lavorano meglio».

E votano per la flessibilità in uscita, anche perché quella in entrata è garantita. Isola felice, la Gallura, dentro all’isola Sardegna piagata dalla disoccupazione come il resto del sud: al suo poker storico di risorse (sughero, marmo, pecorino e turismo) si sta aggiungendo un’agricoltura a discreto valore aggiunto. 

Cosicché sulle tavole vip in Costa Smeralda, nelle sere d’estate, ormai non sono più soltanti i turaccioli di Calangianus a venire stappati dalle bottiglie di champagne: si fanno strada vini locali di qualità come il vermentino Capichera o il Tuvaoes. 

E i calangianesi fratelli Molinas, re del sughero, scendono a Porto Rotondo per comprarsi lo storico Hotel Sporting, ex Ciga, il massimo del lusso, strappandolo agli americani della Starwood-Sheraton. Tramontano il principe Aga Khan e il conte Donà delle Rose, si fa strada Calangianus.
Mauro Suttora