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Thursday, November 09, 2017

Chi ha tradito Anna Frank?



DOPO LO SCANDALO SUL DIARIO PIU' FAMOSO DEL MONDO

Una telefonata alla Gestapo di Amsterdam il 4 agosto 1944 denunciò la famiglia ebrea che da due anni si nascondeva nel retro della propria casa. Chi la fece? I sospettati sono ben sei. E la ricerca continua: l’ultima rivelazione è del 2015

di Mauro Suttora

Oggi, 26 ottobre 2017

Gli ultimi a saperlo sono i disgraziati che l’hanno ancora insultata, mettendole addosso la maglia della Roma e augurando ai romanisti di fare la sua fine.
Ma, a 72 anni dalla sua morte nel campo di concentramento tedesco di Bergen Belsen, c’è ancora un grande mistero che aleggia sulla vicenda di Anna Frank. Che, come tutti sanno, dal luglio 1942 era nascosta in una casa segreta assieme a tutta la sua famiglia, ad Amsterdam.

In Olanda si era infatti scatenata la caccia all’ebreo, e i nazisti ne rastrellarono oltre centomila, sui 130mila che vi abitavano all’inizio della Seconda guerra mondiale.

La famiglia Frank, composta dai genitori Edith e Otto e dalle sorelle Margot e Anna, era scappata da Francoforte, in Germania, già nel 1933. Avevano capito subito la vera natura del regime nazista che si era appena insediato a Berlino. E avevano scelto la tollerante e civile Olanda come luogo di esilio. Anche dopo l’inizio della guerra, nel 1939, nessuno pensava che Adolf Hitler volesse invaderla. Nel 1914 i tedeschi avevano attaccato la Francia passando per il Belgio. L’Olanda sembrava fuori da ogni mira espansionista dei tedeschi.

La «pacifista» Olanda invasa a sorpresa

Invece, nella primavera del 1940 la pacifista Olanda si ritrovò invasa. I nazisti non cominciarono subito ad arrestare gli ebrei. Ma nel 1942 fu presa la decisione della “soluzione finale”, che fu applicata anche ad Amsterdam.
La famiglia Frank si rifugiò in una «casa segreta» dietro alla sede della ditta di Otto, La porta per accedervi era nascosta dietro una libreria.

All’inizio speravano che dopo poche settimane o mesi avrebbero potuto uscire: a metà 1942 i nazisti avevano già cominciato a perdere, e l’entrata in guerra degli Stati Uniti prometteva bene per gli Alleati.

Anna non sopportava la mamma pessimista

Ma con l’andare del tempo, la prigionia si prolungava. E con essa anche le tensioni fra le due famiglie che condividevano gli angusti spazi del nascondiglio.

Il papà di Anna cancellò dal diario,  nella sua prima edizione, i riferimenti ai dissidi anche dentro la famiglia Frank. Anna infatti, come tutti gli adolescenti aveva un carattere ribelle e non sopportava né il pessimismo della madre, né la «stupidità» del suo compagno forzato di stanza, un dentista quarantenne.

Soltanto nel 1986 venne pubblicata la versione completa del diario. Questo permise ai neonazisti e negazionisti, come il francese Robert Faurisson, di mettere addirittura in dubbio l’autenticità del diario.

Ma il vero mistero che ancora resta sulla vicenda di Anna Frank è il nome di chi tradì lei e la sua famiglia. La mattina del 4 agosto 1944, infatti, una donna telefonò alla Gestapo di Amsterdam per denunciarli, indicando il loro indirizzo esatto.

Per decenni si è pensato che il responsabile fosse Willem Van Maaren, che lavorava in un deposito attaccato al nascondiglio, anche se un’inchiesta della polizia non ha mai trovato conferme.

Il socio del padre era un filonazista

Solo nel 1998 i sospetti si sono spostati su Lena Hartog-van-Bladeren (morta nel 1963), che aveva lavorato con i Frank come donna delle pulizie.

Nel 2003, altro colpo di scena: la storica Carol Anne Lee, nel libro La vita segreta di Otto Frank, ha puntato l’indice contro Anton Ahlers, morto tre anni prima a 83 anni, socio d’affari del padre di Anna e convinto sostenitore del nazismo.

La stessa Lee, però, ha poi ipotizzato che la spia fosse Marteen Kuiper, che viveva consegnando ebrei ai tedeschi in cambio di danaro.

Il quinto sospettato emerge nel 2009: un giornalista olandese ipotizzò che la traditrice potesse essere stata un’altra collaborazionista: Ans van Dijk, unica donna fra 39 giustiziati olandesi per reati commessi in tempo di guerra. Fece arrestare ben 145 ebrei, compreso suo fratello.

E arriviamo a due anni fa: salta fuori il nome di Petronella (Nelly) Voskuijl, morta nel 2001. Era la sorella di una fidata collaboratrice di Otto Frank, il quale fino alla propria morte nel 1980 le chiese conto dei suoi tremendi sospetti.

Insomma, un incredibile vortice di rivelazioni ha messo in luce un dato imbarazzante: in Olanda c’era un grande antisemitismo.
«Superiore a quello italiano», commenta con Oggi Giampiero Mughini, «e pari a quello francese: alla Gestapo di Parigi arrivarono ben cinque milioni di denunce contro gli ebrei».  

Solo nel 2015 la verità sulla data della morte

Sempre nel 2015, un’altra rivelazione: il museo di Amsterdam che ricorda Anna Frank ha affermato che la ragazza morì di tifo nel lager di Bergen Belsen circa un mese prima di quanto finora si riteneva: a febbraio del 1945 e non a marzo, assieme alla sorella Margot.

Ciò significa che assai difficilmente sarebbero entrambe riuscite a sopravvivere fino alla liberazione del campo da parte delle forze alleate, avvenuta il 15 aprile.

Il padre Otto, invece, si salvò perché fu separato dal resto della famiglia e spedito nel campo di Auschwitz. Che, trovandosi in Polonia, fu liberato già nel gennaio 1945 dalle truppe sovietiche. Magra consolazione per le vittime del più tremendo genocidio della storia. Che nessun tifoso della Lazio potrà usare neanche per scherzo nelle polemiche fra tifosi di calcio.
Mauro Suttora