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Thursday, April 08, 2010

Rutelli andrà con Berlusconi?

Dopo il flop della sua Api potrebbe finire in braccio al premier

di Mauro Suttora

Libero, 8 aprile 2010

«Ah Berlusco’... Perché ce l’hai co’ mme? Io sto a lavora’ pe’ te! Ricordati deji amici! Di chi t’ha voluto bene!» Così Francesco Rutelli implorava Silvio Berlusconi nove anni fa, nell’indimenticabile satira di Corrado Guzzanti all’Ottavo Nano. L’avversario del Cavaliere alle politiche 2001, mandato allo sbaraglio in elezioni già perse, sembrava intento più a ingraziarselo che a combatterlo.

Oggi quella che sembrava soltanto una fantasia comica sta per diventare realtà: Rutelli finirà con Berlusconi. La sua Api (Alleanza per l’Italia), fondata pochi mesi fa, ha infatti ottenuto risultati deludenti al voto del 28 marzo. È riuscita a presentarsi in sole quattro regioni, raccattando il due per cento in Calabria e nelle Marche, il tre in Campania e il quattro in Basilicata, grazie a qualche capataz locale.
È vero, ha trionfato a San Nicola da Crisse (Vibo Valentia) con il 42%, e a Marcianise (Caserta) con il 23. Ma forse di queste percentuali c’è più da preoccuparsi che da rallegrarsi. In tutto il nord Api continua a voler dire solo Associazione piccole imprese. E nel resto d’Italia è una catena di pompe di benzina.

Così fra poco Rutelli compirà l’ottavo giro di valzer della sua carriera politica. Ricapitoliamo. Per quasi vent’anni radicale. Poi è cominciato il pellegrinaggio: verdi, Centocittà (movimento sindaci), Asinello con Prodi e Di Pietro, Margherita, Pd. Infine l’Api: doveva essere la grande scissione a destra del Pd, e invece quasi nessuno dei suoi lo ha seguito. Gentiloni, Realacci, Zanda e Giachetti sono rimasti con gli ex comunisti; Carra, Lusetti e la Binetti si sono rifugiati nell’Udc.

Ora mancano tre anni al prossimo contatto con la realtà (le elezioni), momento sempre più spiacevole per il bel Francesco. Quindi c’è tutto il tempo per «riposizionarsi» senza dare troppo nell’occhio. In fondo, se l’ex capo di uno schieramento passa dalla parte opposta, sarebbe come se Bush diventasse democratico, o Berlusconi socialista. Uno scandalo. Ma per Rutelli nulla è impossibile.

Ha già cominciato Francesco Carducci Artenisio, 47 anni, fedelissimo del Piacione quand’era sindaco di Roma: si è fatto eleggere consigliere regionale del Lazio nel listino personale di Renata Polverini. La quale potrebbe nominarlo assessore alla Cultura, così come Rutelli quand’era ministro dei Beni culturali lo fece amministratore delegato della società Cinecittà Holding (gran posto di potere nel superassistito cinema italiano).

Entro la fine dell’anno Pierferdinando Casini dovrebbe sciogliere la sua Udc e far nascere un non meglio precisato Pdn (Partito della nazione). Tramontato il sogno centrista di un rapido tramonto di Berlusconi, è svanito anche l’asse Casini-Fini-Montezemolo su cui Rutelli puntava. Non gli resta che accomodarsi nella «nuova» formazione centrista, contrattando buone posizioni per se e i pezzi di classe politica in cerca di ricollocazione che si porta appresso.

A quel punto, se Berlusconi com’è del tutto probabile nel 2011 sarà ancora saldamente al potere, attraverso Carducci le doti rabdomantiche di Rutelli potrebbero spingersi fino al Pdl. Come? L’ex compagno di lotte di Emma Bonino si farà portare fra le braccia del Cavaliere da colei che l’ha sconfitta: la Polverini. Per lo meno questo è il disegno della neogovernatrice del Lazio, secondo un articolo pubblicato ieri dal quotidiano Italia Oggi. Fantascienza? Figuriamoci: l’anno prossimo l’Italia festeggia i 150 anni. Ma il trasformismo dei suoi politici, dal «connubio» di Cavour a Depretis, ha più o meno la stessa età.

Wednesday, March 31, 2010

Radicali, geniali perdenti

LE MOSCHE COCCHIERE DELLA SINISTRA

di Mauro Suttora

Libero, 31 marzo 2010

Negli stessi minuti in cui Emma Bonino ha perso per 77 mila voti la sfida laziale con Renata Polverini, una sua omonima trionfava: Emma Marrone, vincitrice di ‘Amici’ su Canale 5. Così ora sono tre le Emme nazionali: non va dimenticata la Marcegaglia di Confindustria.

Ma proprio in quei momenti dopo mezzanotte nei quali è apparso chiaro che i postfascisti ciociari e i reazionari reatini restituivano la transnazionale Emma B. al suo ambiente naturale (Bruxelles, New York, Davos, L’Aia), i radicali si erano già rialzati dal k.o.: riuniti nella loro sede nazionale dietro al Pantheon, ascoltavano Marco Pannella il quale, immune da depressioni e autocritiche, descriveva fino alle tre di notte le «iniziative di lotta che ci impegneranno da domattina».

È questa la terapia che i pannelliani adottano dopo ogni sconfitta: far finta di niente, e ricominciare immediatamente a macinare politica «contro il regime». Hanno fatto così l’anno scorso, quando per la prima volta dopo trent’anni sono stati eliminati dall’Europarlamento (colpa della tagliola veltroberlusconiana al 4%): il giorno dopo stavano già pianificando l’attuale voto regionale. È successo nel 2006, quando la rediviva Rosa nel pugno con i socialisti abortì in un pugno di mosche. L’allora segretario radicale Daniele Capezzone ripartì come un razzo a criticare il suo non ancora capo Berlusconi e, per par condicio, i propri (in teoria) allora alleati Prodi e Fassino. E fu così anche nel 2005, quando dopo la sconfitta del referendum sulla fecondazione assistita concepirono, appunto, la Rosa nel pugno.

È da sessant’anni che Pannella perde. All’inizio degli anni ’50 esordì già in minoranza nel Pli di Malagodi. Con Eugenio Scalfari se ne andò e fondò il partito radicale. Subito batoste: zero eletti al comune di Roma nel ’56, e due anni dopo alle politiche l’1,4%, ma con il Pri. In pratica, votarono per loro solo i lettori dei due settimanali «laici»: Il Mondo e L’Espresso. Non domi, i radicali da allora hanno sempre preteso di dettare la linea politica a tutti (Pci, Psi, Pri, Pli, Psdi) dall’alto del nulla del proprio consenso popolare. «Mosche cocchiere»: così, citando la favola di Fedro, Togliatti liquidava gli intellettuali che volevano comandare, o almeno consigliare e ammonire i capi, senza però sporcarsi le mani con il «sangue e merda» (© Rino Formica) della politica reale, dei voti conquistati porta a porta nelle periferie (anche a Frosinone), del contatto con le miserie della gente e i suoi vizi. Perché il vizio di tutti gli idealisti illuminati d’Italia, da Pisacane al partito d’Azione a Ugo La Malfa, è sempre stato quello che gli scienziati della politica definiscono «minoritarismo».

Ancor oggi, i radicali sono onestamente convinti di aver ragione pur essendo una microminoranza. Vendola è riuscito a strappare il 10% per il suo partitino in Puglia, sull’onda della vittoria personale? I radicali in Lazio si sono fermati al solito tre per cento, nonostante il traino della Bonino.

Nel ’99 Emma & Marco agguantarono il loro unico successo: otto per cento alle europee con punte del 18% in varie città del nord, secondo partito dopo Forza Italia. Allora stavano a destra, liberali e liberisti. Poi però non si accordarono con Berlusconi, e ripiombarono alle percentuali abituali. Chiunque, al loro posto, si sarebbe ritirato da un pezzo. Loro invece, geniali e coriacei, ora vogliono insegnare al povero Bersani come guidare il Pd. Perché solo i radicali sono il sale della democrazia, i partigiani della legalità. Non per nulla stanno dietro al Pantheon, casa di «tutti gli dei».

Mauro Suttora

Thursday, March 25, 2010

Regionali 2010

ELEZIONI: SCEGLIAMO I GOVERNATORI FINO AL 2015

La sfida cruciale è quella tra Bonino e Polverini nel Lazio. Ma i candidati curiosi sono tanti: patron di Formula Uno, igieniste dentali, celebri campioni mondiali...

di Mauro Suttora

Oggi 31/03/2010

Tutti gli occhi puntati sul Lazio: è questa la sfida decisiva delle regionali. Perché nella prima Regione d'Italia, la Lombardia, i sondaggi danno Roberto Formigoni sicuro vincitore. Mentre a Roma la gara fra Emma Bonino e Renata Polverini sarà al fotofinish. Scontate le vittorie del centrosinistra nelle Regioni rosse (Emilia, Toscana, Marche, Umbria) e del centrodestra in Veneto, sarà importante vedere chi ce la farà in Piemonte , Liguria , Campania. La Puglia è l'unica regione in cui la supremazia di Pd e Pdl sarà minacciata da un terzo incomodo. Non perché Adriana Poli Bortone (ex An, oggi Udc) possa arrivare prima, ma perché i suoi voti sottratti all'uno o all'altro schieramento determineranno il vincitore.

Anche in Calabria l'imprenditore antimafia Filippo Callipo, sostenuto da Italia dei Valori e dai Radicali, potrebbe essere una sorpresa. Nelle tre Regioni del Nord (Piemonte, Lombardia, Liguria) sarà importante vedere anche chi sarà il primo partito fra Pdl e Lega. Quest'ultima avrà due governatori, se Roberto Cota dovesse prevalere su Mercedes Bresso in Piemonte. Negli ultimi giorni di campagna elettorale il grande sforzo dei partiti è stato quello di convincere i propri elettori ad andare a votare, piuttosto che cercare di far cambiare idea a qualche avversario.

ASTENSIONI DECISIVE
La partita, infatti, verrà decisa dal grado di astensione che colpirà l'uno o l'altro campo. Nei consigli regionali non ci sono personalità di grande spicco. Lo stipendio tuttavia è ottimo: più di 10 mila euro al mese netti, considerando tutti i benefit. E senza la necessità di trasferirsi a Roma, cosa che comporta maggiori spese per i parlamentari. Per questo, nei piani intermedi della «casta» politica, la poltrona di consigliere regionale è ambita. Soprattutto quando non bisogna farsi propaganda per la preferenza. È questo il caso dei fortunati inseriti nel «listino» dei candidati governatori, eletti automaticamente in caso di vittoria.

Per loro la vera campagna elettorale c' è stata al momento della definizione delle liste. E gli avversari erano gli altri aspiranti del proprio partito al posto garantito. Alla fine ce l'ha fatta chi è nelle grazie del capo. Così in Lombardia è candidata (o meglio: già eletta) Nicole Minetti, 25enne ex ballerina e igienista dentale di Silvio Berlusconi. Il premier l'ha apprezzata come assistente del dentista che l'ha curato dopo l'aggressione subita in piazza del Duomo lo scorso dicembre.

Polemiche ha suscitato, nel campo avverso, l'imposizione da parte di Antonio Di Pietro di Maruska Piredda, 32 anni, ex hostess Alitalia anche lei nota più per la sua bellezza che per l'esperienza politica. La Piredda è stata paracadutata sia in Liguria, sia in Lombardia. Il 28 e 29 marzo non si vota solo per le Regioni. In ben 463 Comuni si elegge il sindaco. Venezia, Mantova, Lecco, Lodi, Macerata, Chieti, Andria, Matera e Vibo Valentia sono i nove capoluoghi che vanno alle urne.

Si voterà anche a Faenza (Ravenna), città di 58 mila abitanti dove scende in campo Giancarlo Minardi, 62 anni, fondatore della scuderia che per vent'anni ha gareggiato in Formula Uno, prima di lasciare il campo alla Toro Rosso che sta conseguendo buone prestazioni. Minardi sarà candidato del Pdl in una roccaforte «rossa», dove i l centrosinistra sbaraglia abitualmente gli avversari con i due terzi dei voti. Mission impossible? «I sondaggi non mi danno ancora per vinto», risponde l'imprenditore, faentino doc. E spera: «Il fatto di essere un indipendente dovrebbe garantirmi i consensi in più necessari per vincere»

Altri candidati vip affollano le liste. Vittorio Agnoletto, candidato governatore della Federa zione del la si n ist ra (Rifondazione più Comunisti italiani) in Lombardia, presenta Dario Fo, Franca Rame, Moni Ovadia e il comico Paolo Rossi. L'astrofisica Margherita Hack (ultimo libro: Libera scienza in libero stato) corre a Roma per la stessa formazione.

FISIOTERAPISTI E GEOMETRI
Il figlio di Umberto Bossi è candidato per la Lega a Brescia, mentre quello di Antonio Gava (e nipote di Silvio) ci prova a Napoli col Pdl. In Lombardia Berlusconi schiera il fisioterapista del Milan Giorgio Puricelli, 44 anni, e il proprio geometra Francesco Magnano, 59. Il centrosinistra lombardo di Filippo Penati risponde con un grande del ciclismo: Gianni Bugno, campione del mondo nel ' 92 e ' 93. Comunque vada, il premier Berlusconi il 30 marzo tirerà un sospiro di sollievo: per tre anni, fino al 2013, non sono più previste elezioni generali importanti. Potrà governare in pace, a meno di scivoloni o catastrofi.

Mauro Suttora

Friday, February 19, 2010

La Bonino fa ingelosire Pannella

MARCO SI SENTE TRASCURATO, LA DELFINA È SEMPRE IN TV

di Mauro Suttora

Libero, 19 febbraio 2010

Non sarà che Marco Pannella è geloso di Emma Bonino? Perché il capo radicale tuona contro la censura, lamenta che non lo fanno parlare in tv, minaccia di chiedere asilo politico all’estero. Dati alla mano, ha ragione: le sue ultime apparizioni risalgono a quasi un anno fa, quando disse «Hai la faccia come il c…» a Dario Franceschini durante Ballarò, e per rimediare un invito ad Anno Zero dovette fare uno sciopero della sete. Poi nient’altro, tranne un picco d’ascolto la settimana scorsa con la «iena» Lucci che lo provocava: «Fatti visitare l’ano, che ne ha viste di cotte e di crude». Pronta la risposta del tremendo ottantenne: «Fattelo esaminare tu, frocione».

Però la Bonino non è colpita dallo stesso ostracismo Rai-Mediaset. Difficile che lo sia, essendo la massima protagonista della sfida più importante del voto del 28 marzo: quella sul filo del rasoio con Renata Polverini per la regione Lazio. Quindi tanti inviti per lei, nessuno per Marco. Pannella ne soffre. La coppia più longeva della politica italiana (lottano assieme da 35 anni) rischia di incrinarsi causa jalousie? Emma, per non peggiorare le cose, ha rifiutato una comparsata da Porta a porta offertale a titolo di briciola risarcitoria dal detestato Vespa.

Ma è fatale: nelle prossime settimane tutti i riflettori punteranno su lei, e superMarco resterà in ombra. Anche perché, incredibilmente, Pannella alle regionali non si può candidare. È stato condannato per «cessione di droga»: pena accessoria, la perdita dell’elettorato passivo. Le famose «disubbidienze civili», quando con l’ora 87enne Stanzani e la deputata Rita Bernardini distribuiva spinelli in piazza Navona.

Intanto, con il fido Beltrandi è riuscito a piazzare il siluro del regolamento pre-elettorale Rai nella commissione di Vigilanza. La sinistra strepita, perché il deputato radicale se l’è fatto votare dal centrodestra. Mentre la Bonino deve mediare: da candidata Pd, non può litigare sempre con tutti (il passatempo preferito di Marco).

Eppure, la coppia sembra inossidabile. Ci aveva provato Berlusconi a farla scoppiare dieci anni fa, bollando la Bonino come «protesi di Pannella». Emma era reduce dall’exploit del ’99: otto per cento alle europee, dodici per cento al Nord con punte del 18 in molte città, da Monza a Treviso, secondo partito dopo Forza Italia. Mettere il nome «Bonino» sulla lista radicale, invece del «Pannella» condannato al 2-3 per cento perenne, aveva provocato il miracolo. Propiziato anche da una valanga di spot con l’immagine efficiente e moderna della commissaria Ue.

Ma l’insulto berlusconiano ha sortito l’effetto opposto: appiccicare ancor più Emma a Marco. Una lealtà autodistruttiva ma ammirevole, quella della Bonino «governativa» al vecchiaccio incorreggibilemte anarchico. Perché tutti, per spiccare il volo, hanno prima o poi abbandonato il libertario logorroico: da Rutelli a Capezzone, da Quagliariello al ministro Elio Vito. Lei no, fedelissima nei decenni come quella coriacea cuneese che è. Non si è mai sentita appesantire le ali dalla zavorra pannelliana.

Così Emma svolazza disinvolta da Davos a Frosinone, da Soros a Esterino Montino, e accumula poltrone: ministra con Prodi, ora vicepresidente del Senato. Rendendo un po’ duro per Pannella l’atteggiarsi a «partigiano anti-regime», mentre alla Bonino lo stesso regime offre le massime cariche. Matteotti non fece una gran carriera sotto Mussolini…

Non esiste spiegazione politica alla coppia Emma-Marco. Forse un buon psicanalista. Ma naturalmente Pannella ha sbattuto la sua telegenica nuova coda di cavallo bianca in faccia anche a Fagioli, l’ex guru di Bertinotti del quale si era invaghito un anno fa. Lo spettacolo continua. Faville e scintille garantite, come sempre fra i radicali.

Wednesday, January 27, 2010

Emma Bonino e Renata Polverini

LAZIO, LA DISFIDA DELLE RAGAZZE

Chi sono (davvero) le due donne che si contendono Roma

Da una parte c'è la sindacalista di Destra spesso apprezzata anche dalla Sinistra. Dall'altra, la radicale valorizzata da Berlusconi. Ecco le protagoniste delle Regionali

di Mauro Suttora

Oggi, 27 gennaio 2010

La sede del suo sindacato, l'Ugl, è in via Margutta, la strada più chic di Roma. Come se a Milano i metalmeccanici stessero in via Montenapoleone. Ma non è l' unico miracolo compiuto da Renata Polverini, capa dell'Unione generale del lavoro (l'ex Cisnal neofascista). Milena Gabanelli, in Report, ha formulato dubbi sul numero reale dei suoi iscritti. La Ugl ne vanta più di due milioni. Qualcuno mormora che a questa cifra bisognerebbe togliere uno zero. E lei, Renata, non smentisce: «Non fatemi parlare, ne avrei di cose da raccontare...», minaccia. Come dire: così fan tutti, controllate anche i cinque milioni di iscritti alla Cgil, i quattro della Cisl, i due della Uil. Con tanto di moltiplicazione di poltrone (e stipendi) nei consigli di amministrazione Inps e di tutti gli altri enti dove ai sindacati spettano posti.

Il palazzo di via Margutta è di proprietà, come l'attiguo Hotel de Russie, dei conti Vaselli: palazzinari in affari per centinaia di milioni con il Comune di Roma. Uno di loro è stato condannato a quattro anni come complice di Ciancimino, e ha latitato per tre anni. Il canone d' affitto all'Ugl non è noto, ma potrebbe diventare fonte di conflitto d'interessi se Renata Polverini fosse eletta governatrice.

Emma Bonino, invece, di iscritti ne ha solo 200: tanti erano quelli al suo partito radicale a metà gennaio. C'è da dire che la tessera va rinnovata ogni anno e costa parecchio: 200 euro. Ma i numeri non sono mai stati un problema per lei e Marco Pannella. Anche con tremila iscritti e solo il tre per cento dei voti, negli ultimi quarant' anni hanno cambiato l' Italia: divorzio, aborto, obiezione di coscienza, diritti gay, nucleare, finanziamento pubblico ai partiti... Ora lottano per il testamento biologico, sull' onda dei casi di Piero Welby ed Eluana Englaro.

Il periodo d'oro di Emma (così la chiamavano tutti, finché la sua omonima Marcegaglia è diventata presidente Confindustria: ora bisogna specificare) è stato dal 1994 al '99, quando fu commissaria europea ai Diritti umani. Andò in Afghanistan nel '97, quando nessuno si preoccupava di al Qaeda e talebani. Ci litigò subito, loro la arrestarono. Per dieci anni ammonì invano sulle stragi nella ex Jugoslavia, finché la Nato dovette intervenire in Kosovo. Tutto il mondo la lodò, l'Economist scrisse addirittura che era stata la migliore commissaria Ue. Risultato: il governo italiano non le rinnovò il mandato. Altrimenti ci sarebbe lei ora sulla poltrona del Segretario generale Onu, al posto dell'incolore Ban Ki Moon.

«E pensare che in Europa l'ho mandata io, peccato ora averla contro», sospira Silvio Berlusconi. È vero: sedici anni fa, quando fu premier la prima volta, la preferì a (indovinate chi?) Giorgio Napolitano, anche lui in lizza per Bruxelles. Poi però nel ' 99 Silvio s'ingelosì perché alle Europee la Bonino pigliò l'8 per cento dei voti (con punte del 18 nelle città del Nord, secondo partito dopo Forza Italia). E le stroncò la carriera, insultandola come «protesi di Pannella».

Così i radicali si ributtarono a sinistra, dov' erano già stati fino agli anni ' 80, e nel 2006 Romano Prodi nominò Emma ministro delle Politiche comunitarie. Oggi la Bonino è vicepresidente del Senato, e sta simpatica a tutti: dagli industriali a Rifondazione comunista, dalle sorelle Fendi ai profughi uiguri del Turkestan cinese. Sarà un po' difficile per lei occuparsi di Frosinone dopo aver volato per vent' anni fra Il Cairo e New York. Ma a sinistra nessun altro se l'è sentita di candidarsi nel Lazio dopo lo scandalo trans di Piero Marrazzo.

Oltre all'inedito duello fra donne, quel che è incredibile è che la Polverini e la Bonino si stimano. Quindi, una volta tanto, niente risse sul nulla, e molta concretezza. Entrambe sono «trasversali», parola assai quotata nella Casta politica: di solito è sinonimo d' inciucio o trasformismo (oggi a destra, domani a sinistra, e viceversa). Nel loro caso, invece, è ammirazione sincera quella che gli avversari provano per le due «ragazze». Anche perché la Polverini si dichiara di destra, «ma socialista e antiliberista»: non per nulla, il Msi si chiamava Movimento «sociale». Per lei voteranno i diseredati delle borgate romane, ma forse non tutti i forzitalioti perché è finiana.

LIBERISTA DI SINISTRA
La Bonino, viceversa, anche se candidata della sinistra è liberista (contro l'articolo 18 ha promosso un referendum) e filo-Stati Uniti. Ma Paolo Ferrero (Rifondazione) dice: «Emma ci piace». Prima don na a capo di u n sindacato in Europa, la frangetta di Renata assomiglia a quella di un altro volto emergente della politica italiana: Debora Serracchiani, parrocchia opposta (democratica). Di solito le riunioni e le trattative sindacali vanno avanti per ore, fino a notte fonda. La Polverini ha introdotto una nuova regola: tutti a casa entro le cinque. Per non escludere le donne, con i figli che tornano da scuola. Un piccolo accorgimento che vale quanto un'intera legge per le pari opportunità. Insomma, quella fra Polverini e Bonino sarà una sfida tra due vere femministe.
Mauro Suttora


Figlia di sindacalista
RENATA POLVERINI
Nata a Roma nel 1962, sua madre era sindacalista Cisnal nel supermercato Sma dove lavorava. Cresciuta in collegio a Focene (Roma). Sposata senza figli, ha sempre lavorato come funzionaria Cisnal, il sindacato vicino al Msi che nel ' 95 si trasforma in Ugl. Nel 2006 diventa segretaria dell' Ugl, prima donna in Europa a guidare un sindacato nazionale. Vicina a Gianfranco Fini, è criticata dal Giornale di Feltri, ma appoggiata dall'Udc di Casini.
STA CON FINI, MA LE PIACE D' ALEMA
Renata Polverini, 47 anni, a una manifestazione Ugl al Circo Massimo. Ha seguito Gianfranco Fini nello sdoganamento dell' estrema destra. Ma le piace anche D' Alema (Pd): «È strutturato, dimostra ciò che pensa».

EMMA BONINO
Nata nel 1948 a Bra (Cuneo) da una famiglia di agricoltori. Nubile, laureata alla Bocconi, abortisce e finisce in carcere con Adele Faccio. Da sempre con i radicali, è entrata in Parlamento nel '76 in jeans e zoccoli da femminista. Due anni dopo con Adelaide Aglietta fa passare la legge sull' aborto. Eurodeputata dal 1979, è stata commissaria Ue. Si è battuta contro la fame nel mondo, per il tribunale Onu, contro l'infibulazione e per i diritti delle donne arabe.
COPPIA (POLITICA) CON PANNELLA
Emma Bonino, 61, con Marco Pannella, 79. La Bonino è una dei pochi radicali rimasti fedeli al capo. Tutti gli altri (Rutelli, Capezzone, Teodori, Quagliariello) se ne sono andati. Nel '99 l' exploit: 8 per cento alle Europee.