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Wednesday, September 23, 2009

Rai contro Sky

DOPO 25 ANNI, ADDIO DUOPOLIO: LA GUERRA DELLE TRE TIVU'

Oggi, 16 settembre 2009

di Mauro Suttora

Martedì 26 maggio, settimo piano del palazzo Rai di viale Mazzini a Roma. Il presidente Sky Tom Mockridge pensa di non aver capito bene. È australiano, il suo italiano è ancora stentato. «Scusate, non ho ancora avuto tempo di leggere la vostra lettera», gli ha appena detto Mauro Masi, direttore generale Rai.

Invece è proprio così: i vertici della tv di stato non danno risposta a una lettera ricevuta più di un mese prima. Quella in cui Sky offriva 350 milioni in sette anni per continuare a trasmettere i canali Rai dal suo satellite. Oltre a una settantina di milioni per i film.

La riunione si conclude rapidamente, l’atmosfera è gelida. Ormai è la guerra. Provocata da che cosa? Da un fatto storico. Per la prima volta nel 2008 Sky ha superato il fatturato Mediaset, e insegue da vicino la Rai . Dopo mezzo secolo di monopolio Rai e un quarto di secolo di duopolio Rai/Mediaset, la tv satellitare del miliardario australiano Rupert Murdoch minaccia entrambi. I suoi cinque milioni di abbonati pagano in media 500 euro all’anno ciascuno, garantendo un’audience del 9 per cento. Un cuneo infilato fra i due giganti, e destinato ad allargarsi. La Rai infatti teme che Sky salga al 14% entro tre anni. «E ogni punto di audience in più vale trenta milioni di euro», avverte Masi.

Insomma, è iniziata una nuova era. Per questo la tv di stato ha tolto i suoi canali satellitari da Sky: dal primo agosto Raisat Extra, Premium, Cinema e Yoyo si possono vedere solo in digitale (il nuovo sistema che entro il 2012 sostituirà l’attuale, funzionante già in Sardegna e fra pochi giorni in Piemonte), o sul nuovo satellite gratuito Tivusat che Rai, Mediaset e La 7 hanno inaugurato per far concorrenza a Sky, oltre che per coprire le zone impervie non coperte dal digitale.

Il problema è che per vederli bisogna comprare altri due decoder, oltre a quello di Sky.
Ma, soprattutto, adesso la Rai cripta su Sky anche i suoi programmi più visti: partite della nazionale e Formula Uno. Il gran premio di Monza del 13 settembre si è potuto vedere su Raiuno solo via etere (o in digitale in Sardegna, o sul satellite Tivusat). «Il criptaggio è necessario per i programmi di cui non deteniamo i diritti internazionali», spiega Masi. E Sky è visibile anche all’estero.

Ma queste sono schermaglie legali. La Rai, infatti, per poter riscuotere il canone ha un contratto di «servizio pubblico» con lo stato che le impone di far vedere i propri canali su tutte le «piattaforme» (etere, digitale, satellite, telefonini, internet). Ora che ha un suo satellite, seppure in condominio con Mediaset e La 7, non è più tenuta a trasmettere su Sky, per di più gratis.

E allora perché continua a farlo? Perché i dati Auditel sugli ascolti, importantissimi perché determinano i prezzi degli spot, vengono calcolati anche sui loro canali trasmessi da Sky. Quindi, fossero anche solo pochi punti percentuali, né Rai né Mediaset vogliono rinunciarci.

Però i prossimi tre anni sono cruciali nella guerra delle tre tivù. «La transizione al digitale può rappresentare un vantaggio per Sky», teme Masi, «perché non è scontato che gli attuali telespettatori si dotino automaticamente di decoder al momento del cambio: saranno più esposti alle alternative».

Insomma, la Rai non vuole favorire Sky, che finora ha usato i suoi canali e quelli Mediaset come «traino» per i propri, posizionandoli all’inizio della numerazione del decoder. Per continuare a fornire Raisat a Sky avrebbe voluto che quest’ultima pagasse non 50 milioni all’anno (per sette anni), ma duecento, includendo nel prezzo anche Raiuno, Raidue e Raitre.

«Sarebbe l’unica tv pubblica europea a non fornire gratis i propri canali al satellite», rispondono a Sky, «e quando lo fece la Itv inglese perse il 40 per cento degli ascolti. L’utente Sky non disdice l’abbonamento se non vede i canali Rai, perché paga l’abbonamento per vedere i canali a pagamento, non quelli gratuiti». Aggiunge il professor Francesco Siliato, docente al Politecnico di Milano e commentatore tv del Sole: «Se la Rai fosse una società privata, gli azionisti inseguirebbero sotto i ponti degli amministratori che rinunciassero a Sky: oltre alle centinaia di milioni perse per Raisat, c’è stato un calo consistente di ascolti per i gran premi criptati. Andar via da Sky è autolesionismo».

«Ma i cinquanta milioni annui offerti da Sky per i nostri canali si riducono a venti come margine di utile netto», risponde Masi, «e li recupereremo entro due anni grazie alla pubblicità su Raisat trasmessa in chiaro».
L’unica cosa certa, in questa complicato conflitto, è che finora Mediaset sta a guardare: si è limitata a far concorrenza a Sky nella pay-tv con i canali Premium sul digitale terrestre. Il governo Berlusconi ha colpito Sky un anno fa raddoppiando l’Iva. La società Medusa (di Berlusconi) potrebbe negare i suoi film a Sky. Ma Paolo Gentiloni del Pd accusa: «La Rai sta combattendo per conto di Berlusconi una guerra non sua, fra le due tv commerciali Sky e Mediaset».

Mauro Suttora