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Monday, October 26, 2020

Anche stavolta Milano e Venezia restano senza cardinale

NEL SUO SESTO CONCISTORO PAPA FRANCESCO NON DÀ LA PORPORA ALL'ARCIVESCOVO DI MILANO E AL PATRIARCA DI VENEZIA 

di Mauro Suttora

 Huffington Post, 26 ottobre 2020



Non ce l’hanno fatta neanche questa volta. Fra i tredici nuovi cardinali nominati da papa Francesco nel suo sesto concistoro annuale mancano l’arcivescovo di Milano e il patriarca di Venezia.

Da anni ormai Milano, la diocesi più grande del mondo, e Venezia non hanno un cardinale, com’era tradizione da secoli. Eppure tutti gli ultimi papi italiani tranne il romano Pacelli sono venuti da Milano e Venezia: Roncalli, Montini, Luciani, Ratti, Sarto (San Pio X), nonché Martini, papabilissimo se non si fosse ammalato.

È un piccolo sgarbo alla chiesa italiana, che si somma all’assenza di cardinali in altre sedi normalmente cardinalizie, come Torino o Palermo.

L’unica ragione plausibile è che Bergoglio attenda gli 80 anni del cardinale Scola, ex di Milano e Venezia, che ancora per un anno è nel collegio degli elettori in caso di conclave.

Papa Francesco ha effettuato scelte singolari nei suoi sette anni di pontificato: ha dato la porpora a figure di secondo piano, o addirittura imbarazzanti come Becciu nel 2018. Sono così diventati cardinali vescovi di Tonga (15mila cattolici su centomila abitanti), Mauritius, Papua Nuova Guinea, Laos.

Il Brasile invece, con 41 milioni di fedeli su 164 milioni di abitanti, può contare su soli quattro cardinali: gli altri cinque sono ultraottantenni, quindi in pensione. Anche il Venezuela ha un solo porporato. Per non parlare di interi Paesi senza cardinali, nonostante abbiano milioni di fedeli: 12 in Ecuador, 11 in Uganda, 8 in Angola.

Naturalmente il Collegio cardinalizio non funziona come un Parlamento mondiale della Chiesa cattolica. Oltre ai criteri di rappresentanza numerica, il papa tiene conto di altri fattori. Per esempio la valorizzazione delle periferie, o singoli vescovi premiati per la loro opera pastorale, o apporto intellettuale e di devozione.

Papa Francesco sembra avere un debole per l’Asia. Possono contare su un cardinale la Birmania, nonostante abbia solo mezzo milione di cattolici su 50 milioni di abitanti (l’1 per cento), la Thailandia, con 300mila fedeli su 60 milioni, e il Vietnam, con otto milioni di cattolici su 80. Invece l’arcidiocesi di Milano, nonostante i suoi quasi sei milioni di pecorelle, può aspettare.

Mauro Suttora

Friday, December 09, 2016

Come funziona la Curia vaticana

di Mauro Suttora

dicembre 2016 - speciale Oggi per gli 80 anni di papa Francesco

È la più grande e potente multinazionale del mondo: un miliardo e 300 milioni di fedeli, 415mila preti e religiosi, 5.200 vescovi. La Chiesa cattolica opera su cinque continenti, ed è amministrata dalla Curia romana.

Non è un mistero che uno dei motivi delle dimissioni di papa Benedetto XVI sia stato l’enorme peso di questa responsabilità organizzativa. Perciò papa Francesco sta dedicando grande attenzione alla riforma della “macchina burocratica” della Chiesa. Il Vaticano ha vari “ministeri”.

Il più importante è la Segreteria di Stato, guidata dal 2013 dal giovane cardinale vicentino Pietro Parolin (61 anni). È lui il più stretto collaboratore del Papa per le questioni politiche e diplomatiche: una specie di ministro di Interni ed Esteri. Sono ben 214 i nunzi apostolici (ambasciatori) nei Paesi del mondo (non ci sono relazioni solo con Cina, Afghanistan, Bhutan e Corea del Nord).

Per le questioni religiose, invece, l’organo principe è la Congregazione per la dottrina della fede (ex Inquisizione e Sant’Uffizio). È retta dal cardinale tedesco Gerhard Müller, 68 anni, nominato da papa Ratzinger nel 2012 ed elevato cardinale da papa Francesco due anni dopo.
Nel temibile palazzo di piazza Sant’Uffizio una sessantina fra funzionari e consulenti assistono i 25 cardinali e vescovi che vigilano sul rispetto della dottrina, esaminano aperture e condannano eresie.

Fra le nove Congregazioni, un’altra molto importante è quella per il clero, guidata dal 2013 dal cardinale 75enne Beniamino Stella, anch’egli veneto come Parolin, e come lui con grande esperienza internazionale: nunzio a Santo Domingo, Malta, Africa, Cuba, Colombia.
È il dicastero che segue i sacerdoti in tutto: vocazione, formazione nei seminari, vita privata, assistenza sanitaria, pensioni, stipendi, ministero nelle parrocchie.

Per i vescovi invece esiste una Congregazione apposita, di cui è prefetto il cardinale canadese Marc Ouellet, 72 anni. Papabile al conclave del 2005, nominato prefetto nel 2010 e confermato da papa Francesco, Ouellet è un conservatore: vorrebbe tornare all’adorazione eucaristica e reintrodurre il canto gregoriano.

La sua Congregazione seleziona e nomina i nuovi vescovi, erige nuove diocesi, vigila sul loro governo e organizza i viaggi che tutti i vescovi devono compiere a Roma ogni 5 anni per riferire sul loro operato.

Papa Francesco vorrebbe delegare di più queste funzioni alle conferenze episcopali dei singoli Paesi. Oggi infatti, fra tutte le religioni del mondo, soltanto quella cattolica è così accentrata a Roma. Questo garantisce unità della Chiesa ed evita spinte centrifughe, ma produce anche intasamento burocratico e verticismo.

L’organismo più delicato della Curia è l’Apsa (Amministrazione patrimonio sede apostolica). Papa Francesco non perde occasione per ammonire: i soldi servono a far funzionare le chiese, al sostentamento del clero, ma devono andare soprattutto in carità. A Natale 2014 ha elencato le 15 «malattie» della Curia: burocrazia, perdere di vista gli obiettivi spirituali, accumulare denaro e potere, «profitto mondano», «terrorismo delle chiacchiere».

Con sottile senso dell’umorismo, perfino sentirsi indispensabili e lavorare troppo: «Come Marta nel racconto evangelico, qualcuno si immerge nel lavoro, trascurando, inevitabilmente, “la parte migliore”: il sedersi sotto i piedi di Gesù. Il quale invece chiamò i suoi discepoli a “riposarsi un po’” perché trascurare il necessario riposo porta stress e agitazione».

Stress e agitazione hanno provocato in Vaticano alcune rivelazioni sull’Apsa (guidata dal 2011 dal cardinale Domenico Calcagno, che ha una strana passione per le armi da fuoco), come quella del banchiere Giampiero Fiorani che nel 2007 versò in nero all’Apsa 15 milioni di euro su un conto svizzero dove, secondo lui, il Vaticano avrebbe posseduto «due o tre miliardi di euro».

Due anni fa papa Francesco ha trasferito a una nuova Segreteria per l’economia molte competenze dell’Apsa, lasciandole la gestione dei fondi dell’8 per mille incassati ogni anno con le nostre denunce dei redditi: circa un miliardo di euro per mantenere 95mila chiese e 1.500 monasteri in Italia.

La nuova segreteria è guidata da George Pell (australiano, 75 anni) e Reinhard Marx (tedesco, 63enne), suoi cardinali di fiducia per la riforma della Curia. Altro uomo chiave è il cardinale filippino Luis Antonio Tagle, 59 anni, presidente della Caritas Internationalis che fa opere di carità per circa due miliardi di euro annui.
Mauro Suttora

Wednesday, October 07, 2015

Ciclone Francesco

IL VIAGGIO DEL PONTEFICE NEGLI STATI UNITI 

Ecco perché le parole del Papa hanno emozionato tutti gli americani       

Pena di morte, vendita delle armi, inquinamento, immigrati: mai nella storia un capo della cristianità aveva colpito così duro. «Ma ho ricordato solo quel che dice il vangelo»

di Mauro Suttora 

Washington, 30 settembre 2015

Un trionfo. A mezzo secolo esatto dalla prima visita di un Papa all’Onu e in America (Paolo VI, 4 ottobre 1965), Papa Francesco ha ottenuto applausi ovunque. Nei nove giorni del suo viaggio a Cuba e negli Stati Uniti ha mosso folle, scosso la coscienza di milioni di fedeli, pronunciato frasi storiche.

«Non si servono le ideologie, ma le persone», ha detto a Cuba, che ha avviato la normalizzazione con gli Stati Uniti dopo 55 anni di tensione, ma resta un Paese comunista. Accusato di essere stato troppo tenero con i fratelli Fidel e Raul Castro, tuttora padroni di Cuba, Bergoglio ha detto: «Io predico il Vangelo. Se i comunisti dicono le stesse cose, sono loro che adottano il Vangelo».

«Armi vendute per soldi pieni di sangue»
Paolo VI implorò genericamente le Nazioni Unite: «Mai più la guerra!». Francesco invece ha accusato la prima superpotenza mondiale direttamente nel Congresso di Washington, dove nessun Papa era mai stato invitato, davanti a tutti i senatori e deputati degli Stati Uniti in seduta congiunta: «Perché vengono vendute armi letali a coloro che provocano sofferenze incredibili? Semplicemente per soldi, soldi che sono inzuppati nel sangue, spesso sangue innocente. Il silenzio è vergognoso e colpevole, abbiamo il dovere di fermare il commercio di armi».
Bergoglio condanna non solo i traffici internazionali, ma anche la vendita individuale di fucili e pistole, che in America è libera. E infatti il giorno dopo John Boehner, presidente repubblicano cattolico della Camera, artefice della storica visita del pontefice, si è dimesso in polemica con la destra del proprio partito.

«Difendiamo la vita umana a ogni stadio del suo sviluppo», ha poi esortato il Papa. E gli antiabortisti hanno applaudito. Ma subito dopo Bergoglio ha chiesto l’abolizione della pena di morte, proprio «perché la vita è sacra». Argomento controverso, in un Paese che in maggioranza è favorevole alla pena capitale.

Poi sono arrivate le mazzate sull’inquinamento: «È il momento di azioni coraggiose per contrastare i gravi effetti del degrado ambientale causati dall’attività umana». 

Parole che suonano banali per noi europei, ma che negli Stati Uniti suscitano divisione. Infatti la destra repubblicana (che ha la maggioranza in Congresso, contro il presidente Barack Obama) fa fatica perfino a riconoscere che le emissioni di anidride carbonica provocano riscaldamento globale e cambio climatico.

Ecco infine un tema bruciante anche nel nostro continente, gli immigrati: «Non devono spaventarci i loro numeri, dobbiamo guardarli come persone, osservare i loro volti, ascoltare le loro storie».

«Sono anch’io figlio di immigrati (italiani)»
E qui il Papa parla anche delle proprie origini italiane: «Ve lo dico da figlio di immigrati, sapendo che molti di voi discendono da immigrati. Migliaia di persone continuano a viaggiare verso nord in cerca di una vita migliore. Non è quello che vogliamo noi stessi?»

Per capire quanto sia stato rivoluzionario papa Francesco nella sua visita americana bisogna tener presente che la Chiesa cattolica degli Stati Uniti è potentissima e ricchissima. Soltanto il 20 per cento degli statunitensi la segue, ma nel Vaticano continua a essere la prima contribuente come finanziamenti. Non è un caso che il cardinale Marcinkus, capo della banca Ior, fosse americano.

Qui i cattolici sono sempre stati divisi: da una parte i conservatori, figli dei primi immigrati italiani e irlandesi, dall’altra i progressisti ispanici. Il papa ha dato una potente sterzata in favore di questi ultimi, meno vicini al potere e più attenti ai problemi sociali.

Mauro Suttora 

Wednesday, February 18, 2015

I misteri dei nuovi cardinali

PAPA FRANCESCO NE HA NOMINATI 15, MA ALCUNE SCELTE SONO SINGOLARI. COME QUELLA DEL VESCOVO DI TONGA, CHE HA SOLO 15MILA FEDELI. MENTRE OGNUNO DEI QUATTRO CARDINALI BRASILIANI RAPPRESENTA BEN 41 MILIONI DI CATTOLICI

di Mauro Suttora

Oggi, 21 gennaio 2015

Con tutto il rispetto e la simpatia per monsignor Patita Paini Mafi, vescovo di Tonga, appena annunciato da papa Francesco come uno dei quindici nuovi cardinali che entreranno nel Concistoro del 14 febbraio, nella sua isola i cattolici sono appena 15 mila, su quasi centomila abitanti. In Brasile, invece, ognuno dei quattro cardinali «rappresenta» 41 milioni di fedeli (su un totale di 164 milioni): 2.800 volte più che a Tonga. 

E così nelle Filippine, dove i 70 milioni di cattolici hanno «appena» due cardinali, o in Colombia, Perù e Venezuela, in cui un solo porporato si fa carico di decine di milioni di pecorelle.
     
Per non parlare di interi Paesi senza cardinali, nonostante abbiano milioni di fedeli: 12 in Ecuador, 11 in Uganda, 8 in Angola, 7 in Belgio, 4 in Slovacchia e Ucraina.

Questo avviene perché in realtà il Collegio cardinalizio non funziona come un Parlamento mondiale della Chiesa cattolica. E quindi oltre ai criteri di rappresentanza numerica, il papa tiene conto di altri fattori. Per esempio quello della valorizzazione delle periferie, o di singoli vescovi che vengono premiati per la loro opera pastorale, o apporto intellettuale e di devozione. 

Poi ci sono i retaggi storici,  che ancor oggi fanno avere all’Italia ben 26 cardinali elettori (con meno di 80 anni), ovvero uno ogni due milioni dei nostri 52 milioni di fedeli. E all’Europa 75 porporati, quasi la metà del totale.

Premiata l’Asia
In questa nuova infornata è stata premiata l’Asia. Hanno ottenuto un cardinale la Birmania, nonostante abbia solo mezzo milione di cattolici su 50 milioni di abitanti (l’1 per cento), la Thailandia, con 300 mila fedeli su 60 milioni, e il Vietnam, con otto milioni di cattolici su 80.

Anche sui due nuovi cardinali italiani, comunque, le scelte di papa Francesco sono state singolari. Invece di elevare alla porpora l’arcivescovo di Torino e il patriarca di Venezia, come da tradizione, ha preferito loro i vescovi di Ancona e Agrigento. E senza neppure avvertirli.
Mauro Suttora

Wednesday, February 11, 2015

Rosy Bindi: "Il mio Mattarella"

NOI CATTOLICI DEMOCRATICI, INCOMPRESI ANCHE NELLA CHIESA

di Mauro Suttora

Oggi, 4 febbraio 2015

"Quando sono entrata in Parlamento nel 1992 avevo alla destra del mio seggio Sergio Mattarella, e a sinistra Leopoldo Elia. Ho imparato molto da loro. E' stata una gran scuola: quella di Aldo Moro, Zaccagnini, La Pira, Dossetti. Insomma, i cattolici democratici della sinistra Dc".

Rosy Bindi è considerata la sorella politica del nuovo presidente della Repubblica. Insieme, e con Enrico Letta, Dario Franceschini e Rosa Russo Jervolino, hanno contrastato Rocco Buttiglione che dopo Tangentopoli voleva spostare il partito Popolare (ex Dc) nel centrodestra. E nel '96 hanno fatto nascere l'Ulivo di Romano Prodi, primo abbozzo del partito Democratico con gli ex comunisti.

Ora è seduta nel Transatlantico, la sala di Montecitorio accanto all'aula dove ha appena votato nella seduta che sta mandando Mattarella al Quirinale. È uno dei giorni più felici della sua vita politica. Tutti vengono a congratularsi.

Lei non sta nella pelle, ci dà la sua prima intervista ma avverte: "Appena inizia lo spoglio torno dentro, per sentire i voti uno a uno".

Ma il risultato è sicuro.
"Non si sa mai. Voglio soffrire fino all'ultimo".

È da parecchio che soffre, Rosy Bindi. Prima per Berlusconi, poi per un Matteo Renzi che assomigliava troppo a Berlusconi.
"Quasi tutto perdonato. Vado ad abbracciarlo. L'elezione di Mattarella è un capolavoro".

Quando ha conosciuto il nuovo presidente?
"Mattarella aveva già dieci anni di esperienza parlamentare quando approdai a Roma. Era stato eletto alla Camera nell'83, raccogliendo l'eredità del fratello Piersanti assassinato dalla mafia. Diventammo subito amici".

Anche con la sua famiglia?
"Sì. Sua moglie, scomparsa due anni fa, era una donna straordinaria: l'opposto di lui per temperamento, ma uguale acutezza. Fui ospite da loro a Palermo, loro da me in montagna".

È vero che lo chiamavano 'Martirello' per l'aria lugubre e sofferta?
"E' molto riservato, ma ha un senso spiccato dell'humour".

Com'e' che si dimise da ministro contro Berlusconi?
"Nel 1990 la legge Mammi' salvò le tv Fininvest da una direttiva europea che vietava il possesso di tre canali da parte di un solo privato. Cosi' tutti i ministri della sinistra Dc se ne andarono dal governo Andreotti. Lui lasciò la Pubblica istruzione: una scelta drastica e irrevocabile improbabile per un Dc, ma non per un cattolico democratico".

Lei nel 1980 era accanto al professor Vittorio Bachelet ucciso dai brigatisti rossi. Un mese prima Mattarella vide morire il fratello fra le sue braccia. Vi unisce il dolore?
"Sì, ma anche tante battaglie combattute assieme, come quelle contro il Caf di Craxi, Andreotti, Forlani, e contro Berlusconi. Quando lui era vicepresidente del governo D'Alema nel '99 ebbi un forte appoggio per portare a termine la riforma della Sanità. Siamo cristiani ma pratichiamo la laicità, come ho dimostrato con i Dico, i Diritti dei conviventi. Noi cattolici democratici, prima di papa Francesco, abbiamo attraversato anni difficili anche dentro la Chiesa, con la presidenza Ruini della Cei".

Nel 2008 Mattarella lasciò la politica, non si ricandido'.
"Troppo cinismo e tatticismo nei partiti. Decisione non indolore, per un fondatore del Pd. Ma che si è rivelata provvidenziale, perché essere fuori dai giochi ha favorito questa sua elezione a presidente". 
Mauro Suttora