Showing posts with label netflix. Show all posts
Showing posts with label netflix. Show all posts

Tuesday, April 11, 2023

Xi e Macron, postura e impostura



Alcuni satrapi sono candidamente sinceri, non si vergognano di annunciare i propri futuri genocidi. L'appeasement francese, dopo il bacio della pantofola a Pechino, assomiglia a quello di Neville Chamberlain 85 anni fa, quando si convinse di aver scongiurato la guerra cedendo i Sudeti a Hitler

di Mauro Suttora

Huffingtonpost.it, 11 aprile 2023

"Indipendenza di Taiwan e pace sono incompatibili". Il grave di questa chiarissima minaccia di guerra non è che l'abbia pronunciata il dittatore cinese, ma che al resto del mondo sia scivolata via come niente fosse. Eppure siamo ammaestrati. Alcuni satrapi sono candidamente sinceri, non si vergognano di annunciare i propri futuri genocidi. Adolf Hitler ce li anticipò perfino per iscritto nel Mein Kampf: ebrei e spazio vitale. Slobodan Milosevic vaneggiava di grande Serbia compresi Bosnia, Sarajevo e Kosovo molti anni prima della strage di Srebrenica. 

Vladimir Putin ha dovuto invadere l'Ucraina perché gli credessimo: finché ammassava truppe e inscenava manovre al confine ci illudevamo fosse solo "posturing", come dicono gli esperti di geopolitica quando vogliono impressionarci con parole difficili. In realtà significa abbaiare, ma non ditelo al Papa: lui ha suggerito che sia stata la pecorella aggredita a trasformarsi in cane provocatore, con la Nato.

I latrati di Xi Jinping contro Taiwan vanno avanti da dieci anni, ma il volume è aumentato da quando i taiwanesi hanno osato eleggere presidente una signora che non vuole farsi finlandizzare. Soprattutto oggi che la Finlandia si è definlandizzata, emancipandosi dallo stato di soggezione e libertà provvisoria cui l'aveva costretta l'Urss (esempi concreti: Helsinki dovette togliere dalle biblioteche 1700 libri ritenuti antisovietici, e l'Arcipelago Gulag del Nobel Aleksandr Solgenitsin fu stampato nel 1974 in finlandese, ma in Svezia). 

Quindi ora che la Finlandia si è taiwanizzata entrando nella Nato, la Cina vorrebbe che invece Taiwan stesse a cuccia. E potrebbe essere anche ragionevole non aizzare l'arrogante vicino, se non ci fosse lo spiacevole esempio di Hong Kong: lì la drammatica fine dei diritti civili più elementari dimostra che Pechino è incapace di tollerare qualsiasi isola di libertà ai propri confini. Come ogni dittatura, teme il contagio del virus democratico.

Per capire il tremendo dilemma dei taiwanesi (ma la campana suona per tutti noi) consiglio di vedere su Netflix il film "Monaco, sull'orlo di una guerra" (2022). In cui Jeremy Irons impersona il premier britannico Neville Chamberlain, applaudito dal mondo intero perché nel settembre 1938 era convinto di avere evitato la guerra mondiale con/cedendo i Sudeti a Hitler. Il quale solo cinque mesi dopo ripagò la sua sprovveduta fiducia invadendo tutta la Cecoslovacchia, e poi la Polonia.

Confesso che anch'io, come chiunque senza il senno di poi, ascoltando le ingenue ma sincere parole di Chamberlain/Irons gli avrei dato ragione: aborrire la replica di un'altra carneficina dopo quella della Grande Guerra era ragionevole, non occorreva essere pacifisti. Per la pace si possono pagare prezzi anche alti. 

Ma oggi l'appeasement di Emmanuel Macron, dopo il suo bacio della pantofola di Xi a Pechino, assomiglia un po' troppo a quello di Chamberlain 85 anni fa. Il presidente francese si dice felice per il gran riguardo che gli avrebbe riservato il tiranno cinese: aspettare la sua partenza prima di iniziare le grandi manovre militari che hanno accerchiato Taiwan simulandone l'invasione. 

Quanto al resto, la Cina non è più vicina, quindi chi se ne importa della sua aggressiva e reiterata rivendicazione su Taiwan. L'atteggiamento di Pechino è solo irredentismo passé, di posa? La realtà ci dice il contrario: dal 2012 la Cina ha raddoppiato le sue spese militari, che oggi superano quelle di tutti i suoi tredici vicini asiatici messi assieme. E allora, se quella di Xi non è una postura, quella di Macron è una benintenzionata impostura.


Wednesday, October 28, 2015

Elogio del riassunto

CONTRO LA PIAGA DEI LOGORROICI, RISCOPRIAMO LA VIRTU' DELLA SINTESI

Oggi, 21 ottobre 2015

di Mauro Suttora



Veni, vidi, vici. Il riassunto di Giulio Cesare su una battaglia vinta rimane insuperato, duemila anni dopo. E purtroppo non ci sono più politici come Giovanni Giolitti, che così spiegò cent’anni fa la propria laconicità: «Quando ho finito di dire quel che devo dire, ho finito anche di parlare».

Il problema è che proprio nell’era di Twitter e sms, i quali con il loro limite dei 140 caratteri ci dovrebbero costringere alla sintesi, scopriamo di non essere affatto capaci di riassumere. «Che non vuol dire solo essere brevi, ma anche saper cogliere il succo del discorso», avverte Ugo Cardinale, già docente di linguistica all’università di Trieste, autore del libro L’arte di riassumere (ed. Il Mulino).

I dati Ocse su lettura e comprensione sono tragici. Appena tre italiani su cento raggiungono i livelli più alti di competenza linguistica (rapporto fra lettura e comprensione), contro il 12% nella media dei 25 Paesi partecipanti.

«La prova che un testo è stato compreso sta nel saperlo riassumere», spiega a Oggi il professor Cardinale, «perché per riepilogare occorre non solo memoria, ma anche capacità di individuare le informazioni più importanti. Dobbiamo ricostruire mentalmente quel che abbiamo letto o ascoltato».

Ricordate i riassunti che si facevano a scuola? Negli ultimi decenni questa pratica è andata un po’ in disuso. Si privilegiano i dettati, sia alle elementari che alle medie. Per non parlare degli sciagurati test a scelta multipla, in cui basta piazzare una x sulla risposta giusta.
Così, quando arrivano alle scuole superiori, molti studenti si perdono di fronte a libri lunghi e complessi. «Non riescono a “scoprire il superfluo”», dice il professor Cardinale: applicare il setaccio della sintesi mentale per salvare i concetti-chiave.

L’incredibile caso di Pocahontas

Il resto dei danni lo fa la politica. Un esempio? «Una donna indiana d’America è promessa sposa del guerriero più forte del villaggio, ma anela a qualcosa di più e incontra il capitano John Smith».
È la trama, in due parole, del cartone animato Disney Pocahontas. Ma Netflix, la piattaforma di film in streaming che il 22 ottobre sbarca in Italia, l’ha cambiata così: «Una giovane ragazza indiana d’America prova a seguire il suo cuore e a proteggere la sua tribù, quando i coloni arrivano e minacciano la terra che ama».

Entrambi i riassunti sono giusti. Ma sembrano due film diversi. Le femministe e i paladini degli indiani hanno tacciato la prima versione di sessismo e razzismo. Così è piombata la mannaia del “politicamente corretto”.

«Proprio per questo sostengo che il riassunto è una questione non solo cognitiva, ma anche etica», dice Cardinale, «perché dobbiamo avere un grande rispetto dell’autore. Non si può riassumere seguendo i propri schemi mentali, occorre immedesimarsi nel pensiero dell’altro».

«Per riassumere leggo tre volte il testo, trovo le cose fondamentali e le appunto», dice Filippo Bonomonte, 14 anni, primo anno al liceo milanese Virgilio. «È l’unico modo di imparare, non solo in italiano ma anche in storia e geografia. Il problema semmai è qualche prof, che ripete dieci volte la stessa cosa».

Nel 1982 Umberto Eco chiese a dodici scrittori di condensare in poche righe il loro romanzo preferito. Alberto Moravia si cimentò con Delitto e castigo, Piero Chiara con I promessi sposi. Ma anche questo esperimento provocò controversie. Italo Calvino bocciò Alberto Arbasino, accusandolo di avere infarcito il suo riassunto di Madame Bovary con commenti personali.
   
Insomma, le pillole di wikipedia ci sembrano facili. «Invece sono difficilissime da concepire», conclude il professor Cardinale, «e infatti Pascal così si scusò con un amico: “Ti mando una lettera lunga, perché non ho avuto il tempo di scriverne una breve”».

Soluzione: limare, ridurre all’osso. E, per i discorsi, sottoporre gli oratori al supplizio che il ministro Quintino Sella infliggeva ai suoi collaboratori, fra cui il giovane Giolitti: «Teneva le riunioni alle sette del mattino, tutti noi in piedi, col freddo che entrava dalle finestre spalancate. Così ci sbrigavamo».

Mauro Suttora