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Saturday, November 09, 2019

Di Maio solo, grillini spaccati. Il governo cade sull'Ilva?

Luigi Di Maio si trova contro molti suoi parlamentari. Intanto nei sondaggi, in vista del voto in Emilia-Romagna, il M5s precipita sotto il 10%. E andrà in minoranza sull’Ilva 

intervista a Mauro Suttora

il sussidiario

9 novembre 2019

Sono, letteralmente, volate le seggiole, mentre era in corso la riunione dei parlamentari grillini sull'Ilva. Seggiole, racconta Mauro Suttora, giornalista e profondo conoscitore del Movimento 5 Stelle, lanciate da un furibondo e allo stesso tempo disperato Luigi Di Maio mentre incontrava i rappresentanti pugliesi dei suoi parlamentari, schierati per il no all’accordo con Mittal e contro il ripristino dello scudo penale. 

Su Repubblica, poi, si è letto di un Di Maio, quasi prostrato fisicamente, che si scusava con il premier Conte, al quale confessava di non essere più in grado di controllare i suoi senatori e di non poter assicurare i loro voti. 

Se a questo scenario si aggiunge una perdita di consensi generale, soprattutto però in Emilia-Romagna – prossimo appuntamento elettorale, dove i pentastellati rischiano di non riuscire ad arrivare neanche alla doppia cifra -, il quadro che si presenta assomiglia molto alla fine dell’esperienza di un movimento che voleva cambiare l’Italia: “Il sostegno del M5s è ormai aleatorio, è probabile che si andrà al voto dopo l’approvazione della legge di bilancio, mandando a casa questo governo dopo il 31 dicembre”.

Che cosa sta succedendo nel Movimento 5 Stelle?

Succede, e non era mai successo prima, che Di Maio ha perso le staffe con i suoi parlamentari pugliesi. Lo si è sentito urlare che lui aveva dato tutto per il Movimento e gridare che venissero loro al suo posto. Poi se n’è andato sbattendo la porta e a quel punto è volata anche una seggiola.

Una brutta scena. Di Maio è ormai sotto assedio?

È una situazione devastante. I sondaggi sull’Emilia-Romagna danno M5s al 7%. Erano già crollati dal 27% delle politiche 2018 al 13% delle europee 2019. Sono tornati al livello delle scorse regionali, solo che lì erano in ascesa e quel 13% fu un trionfo. Ora i sondaggi li danno sotto al 10%, il che significa la fine. Pare che per evitare la figuraccia non presenteranno il simbolo, ma una lista civica.

Quindi l’Emilia-Romagna potrebbe essere la Caporetto dei 5 Stelle, e anche del governo?

I sondaggi non sono così negativi per il Pd, però non sembra che possa farcela a superare il centrodestra, che si presenterà unito. Paradossalmente il Pd potrebbe crescere, ma si trova degli alleati che non contano nulla (Leu, +Europa, verdi). L’unico che potrebbe servirgli, anche con un 7%, è il M5s.

Quello che sta succedendo è tutta colpa di Di Maio?

È colpa di tutti. La realtà è che sono incompatibili due atteggiamenti molto diversi: o fai il rivoluzionario, che vuole per esempio chiudere l’Ilva, o fai il riformista, che concede lo scudo penale a Mittal. È evidente che Mittal ha preso la palla al balzo quando ha tolto lo scudo penale.

Che cosa succederà se Di Maio abbandona? Grillo e Casaleggio hanno già in mente qualcuno? Massimo Bugani per esempio.

Al momento non si fanno nomi. E Bugani non ha le capacità.

Ma è membro del Cda della Casaleggio Associati ed è anche bolognese…

Non importa. Si può dire quello che si vuole su Di Maio, ma è uno che ha capacità dialettica, è un prodigio del presenzialismo.

Ci sono altri nomi che si possono fare?

Di Battista se ne è andato in Iran, perché lui il Pd proprio non lo digerisce. Alcuni dissidenti pensavano a Morra come l’unico in grado di coagularli, ma il problema è che i dissidenti 5 Stelle non sono mai riusciti a trovarsi d’accordo su una persona, hanno sempre finito per litigare tra loro.

Fico?

Fico ha già vinto, ha ottenuto quel che voleva: l’alleanza con il Pd.

È stato reso pubblico un documento in 10 punti, un decalogo elaborato dal deputato 5 Stelle Giorgio Trizzino, che chiede “una distinzione netta del ruolo di capo politico da quello di responsabilità in incarichi di governo”. Che ne pensa?

Ottima proposta: non si capisce come faccia Di Maio a fare tre lavori assieme. È ministro degli Esteri, ma anche capo delegazione grillino al governo, e capo traballante del suo partito. Deve andare in Cina, poi affrontare tutte le problematiche di governo confrontandosi col Pd, e infine occuparsi anche della guerra interna al M5s. Non so come possa reggere.

Secondo lei, questo decalogo verrà preso sul serio?

Potrebbe essere una soluzione a lungo termine, ma chi ci crede che adesso Di Maio abbandoni il ruolo di capo politico dei grillini? Siamo nelle stesse condizioni di quella che era una volta la Dc o il Pd oggi, dove il segretario politico conta addirittura più del presidente del Consiglio, seppure siano entrambi dello stesso partito.

Casaleggio quanto è preoccupato di tutto questo caos?

Sta cercando di rimettere insieme i cocci, e presto arriverà a Roma anche Grillo. Tutti gli altri partiti vogliono ripristinare lo scudo penale sull'ulva, tanto che potrebbe realizzarsi una situazione paradossale in Parlamento, con Lega e centrodestra che votano insieme al Pd mettendo i grillini in minoranza.

A quel punto? Il governo avrà ancora la forza per stare in piedi?

Il governo è esaurito, potrebbe rimanere in carica solo fino al 31 dicembre per approvare la legge di bilancio. Poi, tutti a casa.
Paolo Vites

Friday, February 10, 2017

Baby Casaleggio si fa pagare dai grillini

UN MILIONE DI EURO IN DIECI MESI

di Mauro Suttora

Libero, 10 febbraio 2017


Le uniche buone notizie per Beppe Grillo, ma soprattutto per Davide Casaleggio, in questi giorni arrivano da Rousseau. La piattaforma lanciata dieci mesi fa, dopo la morte di Casaleggio padre, si sta rivelando una gallina dalle uova d’oro. «Abbiamo incassato un milione di euro», annuncia trionfale Luigi Di Maio.

Microdonazioni da 20-30 euro l’una di militanti grillini, quelli che ancora credono nei vecchi slogan, prima del disastro Roma: democrazia diretta, uno vale uno, l’onestà andrà di moda.

Al ritmo di centomila euro al mese, questo fiume di soldi sta raddrizzando le finanze del Movimento 5 stelle. Casaleggio junior (simpaticamente soprannominato Trotaleggio dalla metà degli attivisti che non lo sopporta) ne aveva bisogno urgente, perché i conti della sua società privata stanno invece andando a catafascio.

L’ultimo bilancio della srl Casaleggio & Associati è in rosso per 123mila euro. Nel 2015 il fatturato è crollato della metà rispetto al 2013: poco più di un milione, contro i due degli anni d’oro. Quando l’utile, una volta distribuiti buoni stipendi ai soci, raggiungeva il quarto di milione.

Ma ormai il giocattolo si è rotto. La società, con sede nel lussuoso quadrilatero della moda, a metà strada fra Mediobanca e via Montenapoleone (curioso, per un movimento che si dice rivoluzionario, stare in una zona da 20mila euro al mq), non “tira” più con la pubblicità del blog di Grillo. L’editrice Chiarelettere ha disdetto un ricco contratto. E anche i siti-civetta come La Fucina e Tze Tze, accusati di propalare bufale, vanno male. Risultato: -28% di utili.

A farne le spese Casaleggio junior, che controlla il 60% del capitale, ma anche il socio Luca Eleuteri con il 20% e gli altri: Maurizio Benzi, Marco Maiocchi e Mario Bucchich. Tutti chiamati a ripianare le perdite. Tutti sconosciuti agli attivisti grillini, mai un discorso in pubblica, mai una parola nelle riunioni. Alla faccia della trasparenza, il secondo partito italiano è guidato da una società privata a scopo di lucro con il culto della segretezza. Ne sa qualcosa Milena Gabanelli, la più votata alle primarie M5s per le presidenziali, respinta maleducatamente quando chiese di visitare la sede di via Morone.

In teoria, la nuova piattaforma Rousseau dovrebbe sganciare i destini del Movimento da quelli della società personale Casaleggio. Ma in pratica, il controllo del giovane Casaleggio sulla Fondazione che la gestisce (e che incassa le donazioni) è ferreo. 

Ha cooptato lui i due fedelissimi che la gestiscono: Massimo Bugani, candidato trombato alle ultime comunali di Bologna, e David Borrelli, l’eurodeputato che di nascosto voleva portare i grillini fra i liberali europei, fino all’umiliante dietrofront verso gli antieuropeisti di Farage.

«Il sistema Rousseau ci costa poche centinaia di migliaia di euro l’anno, molti lavorano gratis», si vanta Di Maio. Dove va il resto del milione raccolto? Mistero. Finora la fondazione non ha pubblicato resoconti.

I parlamentari, intanto, hanno pubblicato i loro ultimi rendiconti. Ormai l’entusiasmo iniziale si è inaridito. Pochi continuano a “restituire” 4-5mila euro mensili sui 14mila di stipendi e rimborsi, come quattro anni fa (un virtuoso rimane il senatore Maurizio Buccarella). Gli altri sono calati a 1.700-2.000. Il minimo indispensabile per non essere espulsi. 

Molti dichiarano di spendere grosse cifre per non meglio precisati «eventi sul territorio». Ma ora che Rousseau macina milioni, che bisogno c’è di fare sacrifici? Se il convento è ricco, anche i frati possono godersi i loro 10mila al mese.
Mauro Suttora    

Tuesday, December 22, 2015

Grillini spendaccioni

AVEVANO PROMESSO DI VIVERE CON 2.500 EURO AL MESE. ALCUNI EURODEPUTATI OGGI POSSONO ARRIVARE A 40MILA. NON PUBBLICANO RENDICONTI. A MILANO IL M5S NASCONDE I RISULTATI DELLE PRIMARIE PER IL SINDACO. E A TRIESTE CANDIDANO LA MOGLIE DI UN EURODEPUTATO

di Mauro Suttora
Oggi, 9 dicembre 2015

All’inizio facevano a gara su chi restituiva di più. Due anni e mezzo fa i 163 neoparlamentari grillini (oggi fra espulsi e scappati sono rimasti in 127) rinunciavano con orgoglio a 5-6mila euro mensili, sui 14mila netti che spettano a ogni parlamentare italiano.

Oggi, invece, la media dei tagli di stipendi e rimborsi si è dimezzata a 2-3mila euro al mese. Sono sempre i migliori, intendiamoci: pubblicano sul sito www.rendiconto.it le distinte delle loro spese, e si vantano di versare i milioni di euro così risparmiati in un fondo ministeriale di garanzia per le piccole e medie imprese.

Ora vogliono abitare tutti nel centro di Roma

Ma l’entusiasmo del 2013 è svanito. Ora alcuni di loro riescono a spendere oltre 2mila euro per l’alloggio a Roma. Un tempo politici di alto livello come Togliatti, De Gasperi, Pertini o Nenni si accontentavano di affitti in periferia (Balduina, Garbatella). Oggi anche gli ex francescani 5 stelle, forse in omaggio al loro nome, pretendono di avere un “quartierino” di lusso in centro.

Quando si muovono, disprezzano i mezzi pubblici. Ogni mese spendono anche mille euro in trasporti. Poiché godono di aerei e treni gratis, sono spese per taxi e benzina.

Fino agli anni 80 i portaborse non esistevano. Poi i politici riuscirono a mettersi nello stipendio le spese per i segretari personali. Nanni Moretti denunciò questo simbolo della partitocrazia nel film Il Portaborse di Daniele Luchetti (1991). Niente da fare. Oggi anche gli antipolitici grillini spendono con allegria migliaia di euro in “assistenti”.

Quasi tutti ne hanno assunti due, nonostante la pletora di funzionari di Camera e Senato che forniscono assistenza a ottimi livelli. E malgrado le decine di milioni di euro che anche il Movimento 5 stelle incassa come finanziamento pubblico ai gruppi parlamentari, debordanti di personale.

Un altro modo per aggirare lo sbandierato rifiuto dei soldi statali sono le cosiddette “spese per attività ed eventi sul territorio”. Quasi tutti gli eletti grillini ormai mettono migliaia di euro in questa voce: stampa di “materiale informativo” per comizi e manifestazioni. Luigi Di Maio, per esempio, 1.900 euro solo nel mese di settembre.

Addio movimento dei cittadini, insomma: i 5 stelle si sono trasformati pure loro in un partito con 1.600 eletti e centinaia di burocrati stipendiati. Gli unici a rispettare la vecchia promessa di vivere con 2.500 euro al mese sono i cento consiglieri regionali. Ma anche loro cercano di svicolare, come dimostrano le recenti proteste degli attivisti in Emilia-Romagna.

700 euro di posacenere per un’eurodeputata

I più fortunati sono i 17 eurodeputati. Fra stipendio e rimborsi vari, dispongono di 41mila euro netti mensili: 21 mila solo per i portaborse. È uno dei tanti scandali di Bruxelles. E i grillini si sono adeguati: non tutti usano il totale dei rimborsi, ma si tagliano dallo stipendio solo mille euro mensili. L’unica virtuosa è la lombarda Eleonora Evi: rinuncia a 3.000 euro.

Contrariamente agli eletti nazionali, solo cinque rendicontano parzialmente le spese. Forse è meglio che non lo facciano, visto che una dichiara di aver comprato “posacenere tascabili ecologici” per 700 euro.

Cinque non hanno neppure una pagina web, in barba alla promessa di essere un movimento on line. Due hanno assunto sette portaborse ciascuno. Di questi, quattro sono “assistenti territoriali”: non stanno a Bruxelles, ma in Italia per curare il loro collegio elettorale.

Gli iscritti protestano. I sondaggi elettorali sono ottimi, «ma il Movimento 5 stelle sta diventando un Collocamento 5 stelle», denunciano su Facebook. Manca ancora mezzo anno alle comunali di giugno, ma i grillini già litigano.

A Torino è stato fatto fuori uno dei due consiglieri comunali uscenti, il pioniere Vittorio Bertola: considerato troppo vicino al dissidente Federico Pizzarotti, sindaco di Parma.

A Trieste un eurodeputato vorrebbe candidare sindaco sua moglie. A Bologna niente primarie: un fedelissimo di Gianroberto Casaleggio, Massimo Bugani, dopo avere eliminato due consiglieri regionali e una collega eletta al Comune (Federica Salsi, espulsa perché osò andare in tv, mentre ora ci vanno tutti) si è fatto proclamare candidato sindaco con lista bloccata.

Vette surreali a Milano. Alle primarie hanno votato solo 300 iscritti (su un totale sconosciuto, perché la società commerciale privata Casaleggio srl non divulga gli elenchi neanche ai parlamentari), e ha vinto Patrizia Bedori con 74 preferenze. Ma i risultati sono stati secretati «per evitare strumentalizzazioni». Dalla democrazia diretta a quella senza risultati.
Il (presunto) secondo classificato, pare a un solo voto dalla Bedori, si è disiscritto dal M5s. Un altro degli otto candidati chiede di annullare il voto.

A Livorno il sindaco Filippo Nogarin ha la città invasa dalla spazzatura. «L’azienda della nettezza urbana era in deficit», si giustifica. Anche Pizzarotti ha trovato Parma in rosso. Però lui sta sistemando i conti senza rivolte popolari.

La città più importante dove si voterà il 12 giugno è Roma. Qui i grillini sono in alto mare, anche se i sondaggi li danno in testa come partito (come singoli vincerebbero Giorgia Meloni o Alfio Marchini).
Alessandro Di Battista è popolare, ma non lo candidano per un’astrusa regola grillina che obbliga gli eletti a finire il proprio mandato. Se fosse applicata a tutti, non sarebbero stati eletti né Matteo Renzi né Sergio Mattarella. Ma Beppe Grillo ama divertirci.
Mauro Suttora

Di Battista risparmia, ma gli altri...

Wednesday, May 25, 2011

Comunali 2011, primo turno

DISASTRO MORATTI, TRIONFO DE MAGISTRIS, BENE FASSINO a TORINO E GRILLO A BOLOGNA

di Mauro Suttora

Oggi, 16 maggio 2011

MILANO: scende il Pdl
Letizia Moratti, 61 anni, (sopra, nella foto con il suo avversario Giuliano Pisapia, 62, che non le stringe la mano dopo che lei lo ha accusato in tv di essere stato vicino ai terroristi), sindaco dal 2006 (con il 52%), questa volta non solo non raggiunge la maggioranza assoluta, ma viene superata da Pisapia. Ci sarà quindi un secondo turno il 29 maggio. La Lega avanza sulle comunali del 2006, ma crolla rispetto all'anno scorso: come fa il "partito del nord" a non raggiungere neanche il 10% nella sua capitale?

TORINO: «Grissino» ok
È l’unica grande città dove il voto del 14-15 maggio è andato bene per il Pd. L’ex segretario Piero «grissino» Fassino ha infatti superato il 50%, ed è già sindaco. Merito anche del predecessore Sergio Chiamparino, che dopo dieci anni non era più ricandidabile. Chiamparino comunque nel 2006 ebbe il 66% contro Rocco Buttiglione. Percentuale ineguagliata.

BOLOGNA: Grillo al 10%
Non ce l’ha fatta il candidato della sinistra Virginio Merola a farsi eleggere al primo turno, come Sergio Cofferati che nel 2004 ebbe il 56%, e Flavio Delbono che due anni fa superò il 60 prima di doversi dimettere per i favori all’amante. Il ballottaggio sarà con Manes Bernardini. Buon risultato per Beppe Grillo: il suo Massimo Bugani raggiunge il 10 per cento.

NAPOLI: Democratici ko
La maggiore sorpresa è arrivata dal trionfo di Luigi De Magistris, l’ex magistrato eurodeputato da due anni con Di Pietro: sarà lui a battersi al secondo turno con Gianni Lettieri del Pdl. Il candidato Pd, superato da De Magistris, paga i non brillanti risultati degli ex sindaci del centrosinistra Bassolino e Jervolino. Ma De Magistris andrà d’accordo con Di Pietro?