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Wednesday, September 09, 2009

Michelle Pfeiffer in 'Chéri'

La diva in costume torna a sedurci

Nel 1989 incantò il mondo con Le relazioni pericolose (sei nomination agli Oscar). Oggi, con lo stesso regista, l’attrice 51enne fa la escort in un film tratto da un libro romantico di Colette

di Mauro Suttora

Los Angeles (Stati Uniti), 26 agosto 2009

Vent’anni sono tanti, anche per una donna bellissima. Eppure, guardate queste foto. A 51 anni, Michelle Pfeiffer appare seducente come nel 1989, quando trionfò con Le relazioni pericolose di Stephen Frears: sei nomination all’Oscar, tre statuette vinte.

Oggi il regista inglese, che tre anni fa ha di nuovo sbancato agli Oscar con The Queen (ritratto della regina Elisabetta II), rimette la diva americana in costume. Questa volta, però, invece della ingenua signora settecentesca fatta morire di crepacuore dalle perfide scommesse di John Malkovich e Glenn Close, Michelle è una prostituta di cent’anni fa.

Cortigiane potentissime

«Cortigiana, prego», precisa lei sorridendo ironica, «e nella belle époque a Parigi eravamo donne potenti, ricche, raffinate e di gran classe. Stavamo al centro della vita politica e sociale, intrattenevamo uomini di governo, artisti e perfino reali. Eravamo rinomate in tutto il mondo per la nostra avvenenza, arguzia e intelligenza vivace. In fondo siamo state le prime femministe: eravamo incredibilmente indipendenti, anche se dovevamo pagare un prezzo alto: rimanere inaccettabili nella “buona“ società».

Solo che lei, professionista dell’amore, a 50 anni si innamora sul serio, e di un ragazzo con la metà dei suoi anni: Chéry, figlio di una collega prostituta. La quale all’inizio la prega si svezzarlo, mentre poi la storia si dipana per anni.

Insomma, una «coguara», come in America chiamano le donne mature che vanno con i ragazzi. «Tutti gli altri giovani con cui ho avuto a che fare non vedono l’ora di confessarti i loro segreti più nascosti», ha rivelato Michelle a Good Morning, America, «mentre questo Chéry è solo un ragazzotto bellissimo, viziato, edonista e vuoto».

Ragazzi giocattolo

Coincidenza: il partner del prossimo film della Pfeiffer, Personal Effects, sarà proprio il più famoso «toy boy» (ragazzo giocattolo) del mondo: Ashton Kutcher, 30 anni, dal 2003 signor Demi Moore nonostante i sedici anni di differenza.

Nella realtà, Michelle è lontanissima non solo della figura della maliarda in cerca di toy boys, ma anche da qualsiasi gossip o glamour. La sua vita personale è il contrario di quella della irrequieta coetanea Sharon Stone: tranquillamente sposata con l’attore Peter Horton dall’81 all’88, e poi con il produttore tv miliardario David Kelley dal ‘93. «Mi è difficile immaginare d’innamorarmi di qualcuno che non sia mio marito, figurarsi di un quasi adolescente. Anche se, guardandomi attorno, vedo che succede», concede.

Nel ‘93 i due hanno adottato l’orfana Claudia, un anno dopo è nato John Henry. Se ne sono andati dall’inanità delle feste di Los Angeles, trasferendosi in una villa da otto milioni di dollari a sud di San Francisco, a Woodside. Oasi per celebrità che non amano la pubblicità, da Steve Jobs (Apple) a Larry Ellison (Oracle) ai cantanti Neil Young e Joan Baez, all’ex bimba 81enne Shirley Temple.

Insomma, come le ormai sessantenni Jessica Lange (fuggita in campagna col marito scrittore Sam Shepard) e Meryl Streep, la Pfeiffer non è carne da pettegolezzo: mai una paparazzata, mai un party, mai un gala a Hollywood o New York. Dopo il lavoro (quaranta film in un quarto di secolo, che hanno incassato in totale un miliardo e 300 milioni di dollari), solo mamma e casalinga felice.

Viso perfetto di donna

Qualche anno fa è stato condotto uno studio sulla perfezione del volto femminile. Gli scienziati hanno calcolato quali sono le misure e le proporzioni ideali: occhi, naso, bocca, mento. Ha vinto Michelle.
«È così bella che ci si potrebbe dimenticare di quant’è brava», ha detto George Clooney, suo coprotagonista in Un giorno per caso (‘96).

Nonostante popoli i sogni di tutti i maschi del pianeta, tuttavia, Michelle è un’attrice inibita. Perfino nella scena più bollente da lei girata, quella in cui fa l’amore con Al Pacino in Paura d’amare (1991), riesce a indossare il reggipetto. E a gridare è lui, non lei. Difficile trovare l’ombra di un suo capezzolo in qualsiasi foto o fotogramma in circolazione. E nessuna meraviglia che abbia rifiutato il copione di Basic Instinct, prima che finisse a Sharon Stone. (Pentitissima invece per i no a Thelma e Louise e soprattutto al Silenzio degli innocenti, che ha fruttato a Jodie Foster quell’Oscar da lei sfiorato tre volte ma mai afferrato).

Anche in Chéri, confessa, ha provato imbarazzo nel girare le scene di letto: «Riesco a superare il disagio solo con il senso dell’humour. Con il partner sullo schermo stringo un tacito accordo su quali parti del mio corpo voglio che lui nasconda, e viceversa: “Io copro questo, tu quello“. Comunque sono un po’ meno riservata di una volta. Peccato che lo stia diventando solo ora che le cose cominciano ad andarsene...»

Ha recitato con tutti

Scarsa audacia impensabile ai tempi di Scarface (1983), il film che la lanciò: un’orgia di droga, sangue, sesso e violenza. Da allora, la Pfeiffer ha girato con tutti i mostri sacri del cinema: Jack Nicholson (Streghe di Easwick e Wolf), Mel Gibson (Tequila Connection), Sean Connery (Casa Russia), Daniel Day-Lewis (Età dell’innocenza), Robert Redford (Qualcosa di personale), Bruce Willis (Storia di noi due), Harrison Ford (Verità nascoste), Sean Penn (Mi chiamo Sam), Robert de Niro (Stardust) e John Travolta (Hairspray).
Ma alla fine il grande pubblico (bambini e non) la ricorda soprattutto come Ladyhawke, o la Catwoman di Batman.

Mauro Suttora

Tuesday, August 12, 2003

Il nuovo film di Bob Dylan

MASKED AND ANONIMOUS

di Mauro Suttora

Il Foglio, 12 agosto 2003 

New York. Sei anni fa impressionò il mondo intero, con uno di quei suoi Twist of fate, scherzi del destino che sono ormai l'unica caratteristica che accetta. Bob Dylan andò a esibirsi di fronte al Papa, durante il Congresso eucaristico internazionale di Bologna.

Vestito come un buzzurro texano, non si tolse il cappello da cowboy quando si avvicinò a Giovanni Paolo II per salutarlo. Però l'omaggio del Santo padre della controcultura al Santo padre vero c'era tutto.

Ne è passato di tempo, da quel settembre '97. A 61 anni, dopo che il cuore lo ha portato a un passo dalla morte e i critici a un passo dal premio Nobel, il più grande cantautore americano torna a fare l'iconoclasta. 
Nel suo ultimo film appena uscito negli Stati Uniti, Masked and Anonymous, si aggira infatti un bianco sosia del Papa, assieme a un finto Gandhi e a una copia di Abramo Lincoln. 

La presa in giro è evidente, anche se questi personaggi storici nel film non fanno né dicono alcunché: si limitano a salire silenziosi nella scalcinata roulotte backstage di un concerto di Dylan.

L'effetto spiazzamento è notevole: sembra una scena di allucinazione surreale tratta dal periodo di Desolation Row a metà anni '60, quando Dylan scriveva lunghissimi testi assurdi che facevano impazzire il traduttore Fabrizio De Andrè.

Il film, come molta produzione dylaniana, è tutto e niente. Rolling Stone ne è entusiasta, il New York Post gli ha dato zero. L'intera Hollywood, però, ha fatto a gara per apparire almeno con un cameo non pagato: Jessica Lange, Mickey Rourke, Penelope Cruz, Val Kilmer, Chris Penn, Ed Harris, Angela Bassett...

Il Luke Wilson di fama Tenenbaumiama interpreta la parte del fan stupido e devoto, John Goodman è un sudatissimo promoter truffatore, Jeff Bridges fa il solito giornalista rompiballe che infastidisce Dylan con domande tipo: "Dicci la vera ragione per cui non sei andato a Woodstock". 

Lui non può che rispondere col silenzio, come fa da quarant'anni. E nel film interpreta se stesso, cantante che esce di prigione e alla fine ci ritorna senza bene capire perchè, accusato di un delitto che non ha commesso. Docile, mingherlino e stralunato come nella realtà.

Nel '73 il regista Sam Peckimpah lo diresse in un memorabile western, Pat Garrett & Billy the Kid. La sua fu una semplice comparsata, ma compose un capolavoro per la colonna sonora: Knocking on Heaven's Door.