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Friday, August 12, 2022

Che bisogno c'è di Fratoianni, quando abbiamo i frati comunisti di Padova?

Sul loro Messaggero di Sant'Antonio questo mese l'economista Luigino Bruni si scaglia contro il "mercato capitalistico", liquidato come "imbroglio e grande bluff" con la stessa apoditticità di un Rizzo del partito comunista

di Mauro Suttora

HuffPost, 12 Agosto 2022 

Che bisogno c'è di Fratoianni, quando abbiamo i frati di Padova? Sul loro Messaggero di Sant'Antonio questo mese l'economista Luigino Bruni si scaglia contro il "mercato capitalistico", liquidato come "imbroglio e grande bluff" con la stessa apoditticità di un Rizzo del partito comunista.

"Per quarant'anni ci siamo ubriacati di privatizzazioni, abbiamo smantellato beni pubblici e beni comuni e li abbiamo affidati al mercato, convinti che il movente del profitto privato fosse l'unico per far impegnare lavoratori e imprenditori", tuona Bruni. Che elenca: "Ferrovie, energia, acqua, autostrade, e sempre più sanità, scuole e università sono gestite da capitalisti privati, e i profitti finiscono in pochissime mani già molto ricche". 

Per la verità la stagione delle privatizzazioni si è in gran parte conclusa un quarto di secolo fa, quando il cattolico Prodi dovette far cassa per entrare nell'euro. Aveva venduto anche aziende statali che non producevano certo 'beni pubblici': dai pomodori pelati ai panettoni, fino ai vetri per le auto della fabbrica Siv (oggi Pilkington) a San Salvo (Chieti).

Sui carrozzoni di stato e l'inefficienza clientelare del pubblico, che in Italia si traduce in politico/partitico, sono state scritte biblioteche. Ma Bruni obietta: "Ci hanno convinti che il privato è il paradiso della nuova economia, il pubblico è l'inferno, e il non-profit il purgatorio. Non capisco come questa idea malsana e sbagliata si sia potuta affermare. Conosco le ideologie e i demagoghi, ma qualcuno mi dimostri perché i beni comuni sono gestiti meglio da privati che dal pubblico". 

La saggezza popolare risponde a Bruni che "l'occhio del padrone ingrassa il vitello", e la nostra esperienza quotidiana ne è purtroppo piena di esempi concreti. Anche oggi ho telefonato all'Istituto Besta di Milano, eccellenza pubblica della neurologia, per fissare la visita annuale di controllo della mia neuropatia degenerativa, prescrittami un anno fa dal loro medico che mi cura. Mi hanno risposto per la decima volta che le visite sono esaurite fino a fine anno, e che non sanno quando si apriranno le prenotazioni per il 2023 ("Richiami ogni settimana"). 

Ma poiché conosciamo anche le speculazioni di certi privati sui beni in concessione o convenzione, dalle autostrade alla sanità, non ci metteremo certo a tessere lodi a prescindere del privato. Ricordiamo solo all'ottimo Bruni che 'in medio stat virtus': fra il neoliberismo selvaggio e il suo benecomunismo c'è uno spazio enorme per sistemi misti come i nostri europei, che contemperano l'interesse pubblico con l'efficienza privata.

Bruni ricorda che proprio l'Italia ha inventato, con i Romani e poi nel medioevo con i liberi Comuni, la gestione ("comune", appunto) delle risorse collettive: "Abbiamo fatto autentici miracoli economici, civili e artistici perché le città erano forme di cooperative, consorzi di cittadini che gestivano insieme molte attività politiche e anche molte imprese". 

Obiettiamo che il massimo splendore economico e artistico di Firenze e Milano fu raggiunto sotto banchieri privati (i Medici) o signorie (Visconti, Sforza); Venezia e Genova erano splendide repubbliche per nulla democratiche, bensì oligarchiche in mano all'aristocrazia borghese del denaro; quanto a Roma, il mecenatismo papale era anch'esso agli antipodi del 'benecomunismo'. Che funzionava al massimo per gestire il legname di qualche bosco e i pascoli di pecore e mucche. 

Poteva mancare, infine, un po' di antiamericanismo dal sorprendente giornale dei frati minori conventuali? 

"Il capitalismo delle privatizzazioni è prodotto d'importazione, da Paesi come gli Usa e l'Olanda", accusa Bruni. "I figli delle business school, con poca cultura umanistica e molto inglese, hanno deciso che il privato è la Terra promessa". Non si salva nessuno: "Hanno convinto praticamente tutti, anche i politici della sinistra, che era nata da una critica al capitalismo e al profitto, e persino le Chiese". 

Povero Bruni. Siamo circondati, anche se l'Italia non ha avuto alcun Reagan o Thatcher, colossi statali come Eni o Leonardo macinano miliardi di utili, e spesa pubblica, tasse, deficit e debito galoppano. Ma la colpa è sempre e solo dei capitalisti privati, come ci ha insegnato Marx. E pazienza se il Muro di Berlino è crollato 33 anni fa, seppellendo le illusioni socialiste. 

Tre anni fa i conti non tornavano neanche per il Messaggero di Sant'Antonio, i fraticelli padovani volevano licenziare otto giornalisti. Poi la crisi è rientrata. La Divina provvidenza proteggerà anche l'economia italiana? Non resta che affidarci a lei. Con l'intercessione del Santo di Padova.

Thursday, May 25, 2017

Còrea di Huntington

RIDIAMO DIGNITA' AI MALATI

Contro il 'Ballo di San Vito' non esistono ancora farmaci: la priorità è la qualità della vita di chi ne soffre

di Mauro Suttora

Oggi, 18 maggio 2017

La Còrea di Huntington (dal greco ‘danza’), che colpisce un milione di persone nel mondo, è una malattia ereditaria degenerativa del sistema nervoso centrale. Distrugge i neuroni nelle aree cerebrali che controllano il movimento e le funzioni cognitive. È nota anche come Ballo di San Vito.

L’esordio avviene tra i 30 e i 50 anni. Il decorso invalidante è lentamente progressivo e fatale dopo 16-20 anni di malattia. I sintomi: movimenti involontari patologici, alterazioni del comportamento e deterioramento cognitivo. Non esistono farmaci per prevenire, bloccare o rallentare la progressione della malattia. La probabilità di ereditarla da un genitore malato è del 50%.

La diffusione della malattia è di un caso su 10mila persone. Ma nel mondo ci sono zone con una frequenza 500-1000 volte più alta, come la regione del lago Maracaibo (Venezuela). In Italia i malati sono 6mila, e 18mila chi rischia di ereditare la malattia. L’Istituto Besta di Milano, il Gemelli di Roma e il policlinico Federico II di Napoli e altri centri di eccellenza sono sommersi da richieste di diagnosi, cura e assistenza.

Nel 1993 è stato scoperto il gene che mutando causa la malattia: da allora è possibile individuare con un test tra i soggetti a rischio i portatori, che manifesteranno la sintomatologia coreica.
 
Il 18 maggio papa Francesco ha accolto per la prima volta in Vaticano  un gruppo di malati di Corea del Sud America. Coinvolte anche famiglie di malati da tutto il mondo. Il 16 maggio le famiglie sono state in Senato, invitate dal presidente Pietro Grasso e da alcuni parlamentari.

«Gli ospedali italiani», ci dice la senatrice a vita Elena Cattaneo, che da oltre vent’anni dedica i suoi studi all’Huntington, «devono avere a disposizione personale per farsi carico della cura umana e sociale di questa malattia. La scienza non può ancora offrire cure efficaci che rallentino o blocchino la malattia. Ma l’opera delle associazioni, degli psicologi, infermieri a domicilio, gruppi di auto-aiuto, sostegni economici e una buona informazione possono restituire la dignità che spetta a tutti, e contribuire in maniera decisiva a migliorare la qualità della vita di malati e famiglie».

riquadro:

ANCHE IL GRANDE WOODY GUTHRIE NE SOFFRIVA
Il malato più famoso di Corea, Woody Guthrie, autore della canzone This Land Is Your Land, maestro di Bob Dylan, è morto 50 anni fa, nel 1967. Suo figlio Arlo, anch’egli cantautore (Alice’s Restaurant, Coming into Los Angeles al festival di Woodstock) ha fatto il test, ed è risultato immune.

Mauro Suttora