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Wednesday, August 01, 2012

Notti magiche a Londra

Italians: il tricolore nel cuore della capitale

Missione oro Olimpiadi: abbiamo invaso stadi e pub col nostro tifo

Con la "promessa" e l'augurio delle medaglie più belle, i nostri 290 atleti sono seguiti da tutta la nazione. E assieme a loro sono arrivati in Inghilterra migliaia di accompagnatori, amici e tifosi che accendono le notti britanniche. Ecco i segreti della variopinta carovana che segue gli eroi azzurri

dal nostro inviato a Londra Mauro Suttora

Oggi, 28 luglio 2012

Il centro di tutto è Casa Italia. Un palazzone moderno di sei piani che fino al 27 luglio aveva condotto una rispettabile esistenza come centro congressi. Eventi prestigiosi e discretamente noiosi venivano ospitati al Queen Elizabeth II Conference Center, inaugurato da Sua Maestà in persona nel 1986.

A Los Angeles nel 1984 al Coni era venuta l'ottima idea di accompagnare le nostre spedizioni olimpiche con un luogo che funzionasse da vetrina per il made in Italy per tutta la durata dei Giochi, e da luogo di ritrovo per atleti, delegazioni e turisti.

Da allora ci hanno copiato tutti, e adesso ogni Paese importante ha un suo centro d'attrazione a Londra. Solo che il nostro è speciale. Perché è proprio nel cuore della città: accanto all'abbazia di Westminster, dietro al Big Ben e alla Ruota del London Eye. Seimila metri quadri dove ogni pomeriggio si riversano visitatori, e alla sera vengono festeggiati i medagliati italiani della giornata.

Con ristorante d'eccellenza, studi tv e perfino una sala concerti dove il 7 agosto si esibisce Edoardo Bennato (ricordate le sue «notti magiche» di Un'estate italiana, Mondiali '90?) e il 9 il pianista Giovanni Allevi. Gli sponsor (fra cui Armani, Fiat, Kinder, Gazzetta dello Sport) offrono ogni bendidio gastronomico, apprezzato dai tifosi italiani, ma anche da compassati curiosi britannici.

E poi gli stadi. La cosa che colpisce subito, arrivando al Parco Olimpico (in soli sette minuti di treno dal centro), è che per raggiungerli è obbligatorio passare attraverso un enorme centro commerciale costruito lì apposta. Centinaia di negozi, 30 ristoranti, perfino un casinò aperto 24 ore su 24. È il tributo pagato dagli organizzatori per ripagarsi (molto parzialmente) la costruzione del villaggio olimpico. Ma ai tifosi non dispiace passeggiare fra le vetrine: ne incrociamo migliaia che indugiano fra i negozi, prima di affrontare le code per i controlli di sicurezza.

E qui cominciano i dolori. Perché queste Olimpiadi, dopo Salt Lake City, Atene, Torino, Pechino e Vancouver, sono ormai le seste dell'«era Al Qaeda». Quindi, a convivere con la minaccia terrorista dovremmo essere abituati. Invece no. Oltretutto quest'anno è pure il 40ennale della strage di Monaco, che per prima sporcò l'ideale di tregua olimpica. Ma è difficile per tutti sopportare i controlli minuziosi (anche se necessari) con cui veniamo assaliti fin dal nostro arrivo in aeroporti e stazioni.

Comunque i 30 mila poliziotti e militari sguinzagliati a ogni incrocio non riescono ad attenuare l'entusiasmo dei tifosi italiani. Secondi solo a quelli del Brasile (che seguono la loro nazionale di calcio) quanto a rumorosità. E superati solo da statunitensi e francesi per numero: «In agosto c'è sempre l'invasione degli italiani», testimonia un operatore turistico londinese, «e quest'anno non è diverso».

Ha lasciato perplesso qualcuno il nunzio apostolico della Chiesa cattolica a Londra, monsignor Antonio Mennini (che nel '78 confessò per l'ultima volta Aldo Moro), il quale si è spinto a sventolare il Tricolore perfino sull'altare, durante una messa per gli atleti italiani. Ma non si contano i gruppi rumorosi che celebrano ogni medaglia a Piccadilly Circus, e i fortunati in possesso di introvabili (o costosissimi) biglietti che ululano prima e dopo l'Inno di Mameli, quando la nostra bandiera viene issata sopra il podio.

Il numero 2 dell'antidoping è "nostro".
Silenziosissimo è invece l'italiano che probabilmente sta svolgendo il compito più delicato. Il professor Francesco Botrè è il vicedirettore del Centro internazionale antidoping che analizza i risultati dei controlli su tutte le gare nei laboratori messi a disposizione dalla Glaxo a Harlow, nell'Essex. Siamo a pochi chilometri dal Parco Olimpico, ma è lì che si decide il destino dei furbastri che ancora provano a falsare i risultati con un «aiutino».

Quanto al villaggio degli atleti, non siamo in grado di dirvi nulla. Nel senso che queste sono le prime olimpiadi con villaggio vietato ai giornalisti. Solo poche decine vengono ammessi ogni giorno in una zona apposita per incontri prenotati, un po' come nelle prigioni.

Chissà se davvero, come ha testimoniato la (bellissima) portiera della nazionale Usa di calcio femminile, Hope Solo, il villaggio è una specie di paradiso del sesso dove tutti pensano ad accoppiarsi con tutti (sono 150 mila i preservativi distribuiti). Un'atleta brasiliana è stata espulsa perché ha infranto il divieto di andare dai maschi di notte. E ha protestato: «Sono discriminata, perché le coppie gay possono dormire assieme di notte e io no?».

Gli italiani che non sono riusciti a procurarsi biglietti per le gare si consolano con qualche musical nei teatri di Shaftesbury Avenue, con qualche passeggiata a Hyde Park nei (rari) momenti di sole e, soprattutto, con lo shopping nei grandi magazzini Harrod's. Guardano le gare principali sui maxischermi a Trafalgar Square, al Barbican Center e in tante altre location pubbliche. Poi, tutti al pub. Con la gran sorpresa di vederli chiudere già alle 11 di sera. Ma fa niente. Alcune sorprese sono già arrivate, e altre (belle) ne aspettiamo la prossima settimana in queste notti magiche che ci fanno dimenticare lo spread.

FABRIZIO DONATO, salto triplo nell'oro
Arriverà alla bella età di 37 anni la medaglia d'oro per Fabrizio Donato nel salto triplo? Gli italiani che hanno più di 50 anni ricordano ancora l'impresa di Giuseppe Gentile, che nella finale a Città del Messico 1968 battè il primato del mondo ma alla fine finì solo terzo.
Donato, atleta di Frosinone, sposato con Patrizia, ex atleta, due mesi fa ha vinto gli Europei di Helsinki. E questo lo ha proiettato in cima ai pronostici per la gara di giovedì 9 agosto (finale in tv alle 19.20). Sarebbe una bella soddisfazione per un atleta che non ha mai conquistato la notorietà, pur primeggiando da molti anni. Se supera i 17 metri e mezzo come a Helsinki, è fatta.


NICCOLO' CAMPRIANI, divo della carabina
Gli atleti del tiro (a segno, a volo, con l'arco) sono dei perfetti sconosciuti che però ogni quattro anni ci regalano immense soddisfazioni (Chiara Cainero, oro a Pechino). Le loro medaglie, sempre copiose, permettono infatti all'Italia di classificarsi fra le prime dieci al mondo alle Olimpiadi.

Quest'anno, oltre a Marco Galiazzo nell'arco e a Massimo Fabbrizi e alla ventenne Jessica Rossi nel tiro a volo, le speranze vanno sul 24enne fiorentino Niccolò Campriani, che secondo il settimanale Sports Illustrated con la sua carabina è il favorito per ben due ori (10 metri e tre posizioni).
Campriani ha già vinto un Campionato del mondo nel 2010. Sono gare in cui la concentrazione è tutto: un secondo di distrazione, e si perde.


Le edizioni moderne sono 30, in Grecia furono 292
Lo sapevate che le olimpiadi antiche si svolsero per 1.260 anni? Ecco qualche curiosità di ieri e di oggi. Per esempio, a Olimpia si saltava in lungo ma non in alto.

I Giochi olimpici dell'antichità si svolsero dal 776 avanti Cristo al 394 dopo Cristo, quando l'imperatore romano Teodosio li vietò su istigazione del vescovo cristiano di Milano, Ambrogio, perché «pagani». Ma anche perché ormai gli atleti erano quasi tutti corrotti.

Nell'antichità le discipline olimpiche erano soltanto cinque: corse, lotta, pugilato, gare di carri e pentahlon. Quest'ultimo prevedeva una corsa di 180 metri («stadion»), lotta, salto in lungo e lanci di disco e giavellotto.

Il calendario greco.
Gli antichi greci usavano le Olimpiadi per datare gli anni. Per esempio, lo storico Diodoro indica l'anno 310 avanti Cristo come il secondo dopo la 116ª olimpiade.

I lanci di peso e martello hanno origine celtica, e le prime testimonianze storiche ci arrivano dalla Scozia medievale. Omero racconta di gare di lanci di grossi massi fra i Greci per distrarsi durante la Guerra di Troia: però non diventarono mai disciplina olimpica. Il salto in alto, invece, è nato in Scozia nel XIX secolo.

Centro commerciale
I greci antichi, per i quali i giochi olimpici erano sacri e dedicati a Zeus, sarebbero inorriditi di fronte al centro commerciale Westfield, il più grande d'Inghilterra, che gli spettatori devono attraversare per raggiungere gli stadi di atletica e nuoto e il parco olimpico di Stratford dalle stazioni di treno e metro.

Eccezione per Yosefa. Data l'età (48 anni) alla canoista Yosefa Idem è stato permesso di alloggiare con la sua famiglia nel Beaumont Estate Hotel a Old Winsor invece che con gli altri atleti. Ma anche Roger Federer e altri stanno in (lussuosi) alberghi.

Le nostre star di musica e gastronomia arrivano a Londra.
Edoardo Bennato: il 66enne cantautore rock napoletano si esibisce il 7 agosto a Casa Italia. Suo l'inno dei Mondiali '90.
Giovanni Allevi: concerto a Casa Italia anche per il 43enne pianista fusion marchigiano il 9 agosto.
Massimo Bottura: il 49enne chef dell'Osteria Francescana di Modena, tre stelle Michelin, farà il cuoco a Casa Italia, Westminster.

Il Villaggio Olimpico di Londra è stato costruito nell'East End, una zona degradata con molte vecchie fabbriche dismesse. Tutti gli appartamenti per gli atleti da 204 nazioni sono arredati con tende e copriletto decorati con le mascotte dell'Olimpiade. Le residenze sono 2.818, con due-quattro camere.

Il duello tv Rai-Sky.
La Rai trasmette gratis 200 ore di Olimpiadi: solo le gare più importanti e quelle con italiani in evidenza. Sky, invece, offre per la prima volta tutte le gare, su 13 canali diversi (solo per gli abbonati). Duello anche a Londra: gli studi Rai sono a Casa Italia, mentre Sky trasmette dal London Bridge.

L'Italia lotta con Francia, Olanda e Corea del Sud per restare fra i primi dieci nel medagliere olimpico

Le previsioni confermano gli Usa primi per numero di medaglie, seguiti da Cina, Russia, Gran Bretagna, Germania, Australia e Giappone

Sfida emozionante quella del doppio femminile nel tennis: le nostre Pennetta-Schiavone e Vinci-Errani sfidano le sorelle Williams

Il presidente Gianni Petrucci dopo le Olimpiadi lascia il Coni. In corsa il segretario generale Raffaele Pagnozzi e Giovanni Malagò

Le Spice Girls si riuniranno per cantare nella cerimonia di chiusura del 12 agosto. Compresa Victoria Adams, moglie di David Beckham.
Mauro Suttora

Wednesday, August 27, 2008

Appuntamento a Londra

Finiti (col botto) i giochi cinesi, si pensa già a quelli del 2012

I pugni di Cammarelle, la marcia trionfale di Schwazer, le pagaiate quasi d' oro della Idem chiudono un' Olimpiade in chiaroscuro. "Siamo soddisfatti", dice il capo del Coni, Petrucci. Ma i nostri esperti chiedono: "Più sport nelle scuole"

dal nostro inviato Mauro Suttora

Pechino, 25 agosto 2008

Grazie Alex, grazie Roberto. Dovevano arrivare questi ragazzoni dell' estremo nord e dell' estremo sud (Vipiteno e Lucania) per salvare lo sport italiano. Diciamolo: dopo le sei medaglie d' oro della prima settimana di Olimpiade, i giorni seguenti si erano rivelati un po' avari per i nostri colori, e il clima era mogio. Poi però sono giunti gli ori di Alex Schwazer, 23 anni, un metro e 85 di bravura, simpatia e bellezza, e di Roberto Cammarelle, 28 anni, uno e 90 di bravura, simpatia e potenza.

Il primo ha trionfato sulla distanza più lunga dei Giochi, maggiore anche della maratona: i 50 chilometri di marcia. Il secondo nella categoria più pesante del pugilato, quella dei supermassimi: quasi imbarazzante la sua superiorità contro l' avversario cinese in finale. Adesso la medaglia d' oro più settentrionale della storia d' Italia (Vipiteno/Sterzing si trova più a nord perfino della Trafoi di Gustav Thoeni) si gode il trionfo in compagnia della fidanzata non più segreta Carolina Kostner, corregionale principessa delle pattinatrici sul ghiaccio. È questa la nuova coppia d' oro dello sport italiano. Mentre Cammarelle da Cinisello Balsamo (Milano), ma figlio di immigrati dalla Basilicata, è tornato ad Assisi dove vive con la compagna Nicoletta e si allena con gli altri pugili azzurri.

Archiviati i Giochi di Pechino con le ultime medaglie, ora lo sport italiano guarda al futuro. Una generazione di atleti esce di scena, una nuova si prepara per le prossime Olimpiadi di Londra 2012. "A ottobre una nostra delegazione andrà lì per un primo sopralluogo", dice a Oggi il presidente del Coni, Gianni Petrucci. Che è soddisfatto del medagliere: "Avevo detto che 27 medaglie sarebbero stato un buon risultato, e ci siamo. Anzi, una di più.

"Più bravi dei francesi"

"Anche facendo il confronto con Paesi a noi paragonabili, come Francia e Spagna. La Gran Bretagna non conta: il Paese che ospita l' Olimpiade successiva fa sempre uno sforzo per apparire bene. E poi molte medaglie britanniche vengono dal ciclismo su pista. Piuttosto, se fossi il presidente del Comitato olimpico statunitense, surclassato negli ori dalla Cina, avrei dei problemi..."

Però non possiamo nascondercelo: ci sono state anche delle delusioni. Alcune medaglie mancate sono il sintomo di un declino più generale dello sport praticato ? "Non direi proprio", risponde Petrucci, "anche se onestamente su alcune sconfitte occorre riflettere. Neanche una medaglia dagli sport di squadra, per esempio: calcio, pallavolo, pallanuoto. Nella pallacanestro non ci siamo neppure qualificati. Ma tutte le federazioni si sono impegnate al massimo. E non dimentichiamo che abbiamo collezionato una marea di quarti posti".

C' è qualcosa in più che può fare la politica per lo sport ? "No, non mi lamento". È l' unico in Italia a non farlo: lamentarsi sembra essere diventato il nostro sport nazionale più praticato. "No, i presidenti Napolitano e Berlusconi ci hanno telefonato, li abbiamo sentiti vicini. E ci tengo a sottolineare che non sono d' accordo con la Vezzali, la quale ha chiesto di non pagare le tasse sui premi per le medaglie. Li abbiamo fissati alti proprio perché sappiamo che ci sono le imposte".

I giochi della gioventù

L' unica cosa che il presidente del Coni chiede è un maggiore impegno della scuola per lo sport: "Non bastano certo quelle due ore alla settimana di educazione fisica, che poi si riducono a una e mezzo per il tempo degli spostamenti".
E su questo sono d' accordo tutti i maggiori esperti di sport che abbiamo sentito: "Sono sessant' anni che lo sostengo, ci manca la base essenziale della scuola", ci dice Candido Cannavò, storico ex direttore della Gazzetta dello Sport, "perché l' Olimpiade è la faccia abbagliante di una situazione che abbagliante non è. Eppure abbiamo ottimi tecnici, e siamo capaci di qualificarci in ben 26 sport. Ma basti dire che si parla tanto di Expo a Milano, e nessuno ricorda che è l' unica città europea priva di una piscina olimpica".
Che fare, quindi ? "Resuscitare i Giochi della Gioventù, per esempio. Correre è la prima cosa che spontaneamente un ragazzo vuole fare. Miracoli come la Giamaica non nascono per caso, o perché le mamme giamaicane fanno figli migliori. Ci vuole un sistema".

Franco Arese, campione dei 1.500 negli Anni '70 e oggi presidente della federazione atletica, concorda: "Abbiamo tanto da lavorare. A Pechino con due medaglie nell' atletica ci è andata bene, ma non dobbiamo fermarci. Anche perché lo sport di base serve a tutti. Il premier inglese Blair ha tolto fondi dalla Sanità per darli allo sport, perché se molti cittadini lo praticano stanno più in salute, e alla fine lo Stato spende meno in cure". L' atletica a Pechino ha deluso: se non ci fossero stati la Rigaudo e Schwazer nella marcia, il nostro bilancio sarebbe stato di un solo atleta fra i primi otto.

Il futuro della pallavolo

Uno che non ha problemi è Carlo Magri, presidente della Federvolley. A Pechino entrambe le squadre maschile e femminile di pallavolo hanno deluso, però lui si consola con "il milione di praticanti e i 370 mila tesserati. Siamo secondi solo al calcio, e abbiamo il quasi monopolio dello sport fra le donne. Nella sola provincia di Milano ci sono 900 squadre di calcio, e 1.200 di pallavolo. E nel primo anno di iscrizione per il beach volley siamo arrivati a diecimila".
Un altro che festeggia è Edoardo Mangiarotti, 89 anni e tredici medaglie vinte nella scherma: "Anche quest' anno abbiamo portato sette medaglie all' Italia, il nostro sport non delude mai". Arrivederci quindi a Vancouver (Canada) per le Olimpiadi invernali nel 2010, e a Londra fra quattro anni.

Mauro Suttora

Tuesday, August 26, 2008

Olimpionici e Tibet

Gli atleti protestano quando tornano a casa

Libero

Pechino, 23 agosto 2008

Che cosa rispondono gli olimpionici delle squadre militari all’occhiolino strizzato dal ministro della Difesa? Ignazio la Russa aveva detto che potrebbe quasi premiare i «propri» atleti se esprimessero in qualche modo solidarietà al Tibet mentre si trovano in Cina.

Qui nella Casa Italia di Pechino però non troviamo neanche un azzurro disposto ad aderire all’invito del ministro. «Non è giusto chiedere a noi singoli atleti di prendersi la responsabilità di un gesto pubblico, che finirebbe per essere clamoroso. I politici potevano prendere le loro decisioni, anche di boicottare i Giochi. Ma non devono scaricare le loro indecisioni su di noi», risponde Antonio Rossi, il canoista 39enne veterano dei Giochi, cinque Olimpiadi alle spalle e portabandiera dello squadrone azzurro.

Ieri è arrivato quarto nella sua K4 1.000, e nonostante appartenga alle Fiamme Gialle della Finanza, e quindi sia formalmente un militare, il consiglio del suo ministro lo lascia freddo. «Anche perché il Cio, il Comitato olimpico internazionale, è stato chiaro su questo. L’articolo 51 proibisce ogni manifestazione politica da parte dei gareggianti, e loro lo hanno ribadito».

Indifferente quindi al Tibet? «Assolutamente no. Anzi, all’inizio delle Olimpiadi ho aderito all’iniziativa simbolica di tagliarsi una ciocca di capelli per il Tibet, e qualcuno mi ha criticato per questo. In quanto portabandiera non avrei dovuto farlo, mi ha detto un atleta. Ma io non rinuncio alle mie idee, e prima e dopo le gare parlo. Anzi, per quanto riguarda la Cina non esiste solo il Tibet. Io vengo da Lecco, e in quella zona parecchie aziende che producevano seta e telai hanno dovuto chiudere per la concorrenza cinese. Ma quanto pagano i lavoratori, qui? E con che metodi li fanno lavorare?»

Il suo compagno di equipaggio Luca Piemonte, 29 anni, di Staranzano (Gorizia), è delle Forestali. Corpo civile, ma anche lui dice: «Non trovo giusto mischiare la politica con lo sport. Le prestazioni sportive non vanno strumentalizzate. Io sono contrario a ogni forma di repressione, e di Paesi repressi al mondo ce ne sono tantissimi. Credo che si possa manifestare in un altro modo, e non durante una manifestazione politica come le Olimpiadi».

«I dirigenti ci hanno detto esplicitamente di non fare gesti politici», dice Michele Zerial, 21 anni, di Trieste, quarto nella K1 500, «ma io non avrei fatto niente lo stesso. Anche perché i cinesi con noi sono stati superdisponibili, aperti, meglio di qualsiasi aspettativa. Prima e dopo l’Olimpiade mi metto volentieri una maglietta per il Tibet, ma qui no. In Cina mi sono trovato bene».

Quanto al presidente del Coni Gianni Petrucci, conferma le cose dette all’apertura dei Giochi, quando arrivò un analogo auspicio di gesti pro-Tibet da parte del ministro della Gioventù Giorgia Meloni: «Perché i politici non chiedono alle aziende che fanno affari con la Cina di boicottarla?»

Mauro Suttora

Alex Schwazer

Forte e allegro, è il nostro Bolt

Libero, 23 agosto 2008

di Mauro Suttora

Chissà perché vengono tutti da posti lontanissimi, i nostri campioni di marcia. Abdon Pamich, ultima medaglia d’oro nei 50 chilometri all’Olimpiade di Tokio 1964, è profugo di Fiume, oggi Croazia. E Alex Schwazer arriva da Vipiteno/Sterzing. A nord di Bolzano, a nord di Bressanone, a soli dieci chilometri dal confine austriaco. Se percorre la sua distanza di gara verso nord, è già a Innsbruck.

Lo osservo mentre parla con i giornalisti nella “mixed zone”, il corridoio che inghiotte gli atleti dopo la gara portandoli agli spogliatoi. Si presenta contemporaneamente a Casimiro, un marciatore slovacco distrutto, piedi nudi e doloranti. Controllo sul tabellone: il povero Casimiro è arrivato ultimo, 47esimo, ed è anche stato bravo a non ritirarsi come hanno fatto in dieci sotto il sole caldissimo di Pechino.
Casimiro e Alex, ultimo e primo. Alex appare miracolosamente già fresco e riposato, dopo aver parlato per mezz’ora alle tv a bordo pista. Perfino i cinesi vogliono intervistarlo.

Alex è bellissimo, perfetto per diventare personaggio e fare innamorare milioni di ragazze. Il suo idolo Robert Korzeniowski, polacco tre volte oro (Atlanta, Sidney, Atene) lo stuzzica in conferenza stampa: “A chi è dedicato il braccialetto che indossi?” Lo sanno tutti: a Carolina Kostner, l’altra regina dello sport altoatesino, due anni più giovane di lui. Ma Alex diventa rosso, continua a sorridere e dice che nella vita non c’è solo lo sport, che bisogna anche essere felici, soprattutto a 23 anni.

Insomma il contrario del disperante “fenomeno” del nuoto Phelps, che ho incrociato l’altra sera alla festa dello sponsor Omega, e che appare quel che lui stesso ammette di essere: “Noioso, nella vita so solo mangiare, dormire e guardare la tv”.

Alex invece ha la luce dell’intelligenza negli occhi scintillanti, ed è giocherellone come Usain Bolt: un altro convinto che nella vita lo sport non sia tutto, fino a prendersi i rimbrotti di quel grigio burocrate che è il presidente del Cio Jacques Rogge, non a caso conte e belga.

Che bello constatare che Bolt, l’uomo più veloce del mondo, e Alex, quello più resistente, sono ragazzi allegri e non automi fabbricati in palestra e farmacia. E questo proprio nell’Olimpiade dei cinesi, che i propri campioni sembrano crearli in caserma.

Alex infila perfino una quasi gaffe, quando spavaldo ma non sbruffone riesce a dire, per sminuirsi: “Se si è superiori è facile vincere”. Il che, detto nel suo accento tedesco, potrebbe risultare inquietante se non fosse Alex.
Per lui scendono negli scantinati dello stadio i massimi dirigenti dello sport italiano: Gianni Petrucci, presidente del Coni, e Franco Arese campione dei 1.500 e capo della Federazione atletica leggera. L’allenatore Sandro Damilano, fratello del Maurizio marciatore d’oro nella 20 km. a Mosca 1980, rimane seduto su una seggiolina portatile, incredulo e felice. Per fortuna che è arrivato l’oro di Alex, dopo il bronzo della Rigaudo sempre nella marcia, a far felici tutti. Altrimenti il bilancio dell’Italia nella principale disciplina dell’Olimpiade sarebbe stato misero.

Ma adesso abbiamo Alex, e tutti i problemi del nostro sport sono risolti. Ora vado alla festa di Casa Italia. Per festeggiare Alex, stasera pizza-party invece delle abituali scaglie dello sponsor Parmigiano reggiano.

Mauro Suttora