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Friday, May 13, 2011

"Ero figlia del duce, non amante"

"Claretta Petacci pensava fossi l'amante del duce. Invece sono sua figlia"

Elena Curti, 88 anni, risponde alle accuse dei diari di Claretta Petacci

dal nostro inviato Mauro Suttora

Acquapendente (Viterbo), 11 maggio 2011

«Questa precoce prostituta che hai elevato a tua consigliera, amante e confidente, mentre si dava a te per calcolo, per orgoglio, per vizio, ti ridicoleggia con giovani amanti... Tolleri che questa indefinibile ragazza, mocciosa e impudente, ti spubblichi e ti invilisca sfruttando il tuo nome e vendendo il tuo prestigio?».

Estate 1944. La guerra infuria, e a Salò (Brescia) Benito Mussolini guida la Repubblica sociale sotto il controllo dei nazisti. Ogni giovedì riceve a rapporto nel proprio studio una bellissima ragazza 21enne, che lavora per il segretario del partito Alessandro Pavolini. È la sua figlia naturale Elena Curti, avuta a Milano da una relazione con Angela Cucciati, moglie del capo fascista Bruno Curti. La madre, poi separata, aveva rivelato il segreto alla figlia quando compì 18 anni.

Ma la gelosissima Claretta Petacci, principale amante del duce, non conosce questo legame di sangue. E sospetta che la giovane Elena sia l’ennesima conquista del suo Benito, traditore seriale.

Attraverso i propri informatori Claretta scopre che Elena lavora con i giovani del battaglione Bir El Gobi. E che in quel clima da caserma le vengono attribuite molte relazioni. Intima a Mussolini di interrompere gli appuntamenti settimanali.

Il dittatore acconsente, ma Elena vuole vederlo ancora. E lui la riceve. Sapendo però che la tremenda Claretta sarebbe venuta a saperlo quasi subito, si affretta a scriverle: «Ha tanto insistito che si trattava di cose politiche che l’ho ricevuta oggi alle 12, con a immediata portata il vicesegretario del partito. Aveva qualcosa da dirmi sull’ambiente della Mas, che pare dominato da una donna, e sul Barbarigo, battaglione totalmente fascista. Non la vedevo dal 6 giugno. Questi mesi di attività hanno lasciato tracce sul suo volto. Il colloquio è durato una decina di minuti, dopodiché l’ho pregata di non venire più a Gargnano, per nessun motivo. L’ha capito e si è allontanata. Questa è la assoluta verità. Chiedo, perché lo merito, il tuo abbraccio».

LETTERE DESECRETATE

Questo messaggio, e quello di risposta di Claretta, sono stati appena pubblicati nel libro L’ultima lettera di Benito (Mondadori) di Barbara Raggi e Pasquale Chessa. Ai quali l’Archivio Centrale dello Stato ha permesso di visionare tutti i diari e le lettere della Petacci, resi pubblici dopo 70 anni.

La replica di Claretta a Mussolini è furibonda: «Giurasti sulla memoria di tuo figlio che mai più la Curti avrebbe varcato la soglia del tuo ufficio... [E invece] la Curti sgonnellava nelle prime ore del pomeriggio in bici in pieno sole, e in pieno giorno veniva da te... Prendi come vessillifera questa pettegola immorale, e non senti tutto il ridicolo e la miseria morale di questo gesto? I segni che tu trovi sul suo volto e che attribuisci alla sua attività lavorativa - sono infatti lavorativi: anche per una costituzione così robusta un battaglione è estenuante invero!».
Insomma, Claretta accusa la povera Elena («Donna screditata, chiacchierata, in continua vita dissoluta») addirittura di relazioni contemporanee e promiscue. E fa qualche nome: Gai, Ciolfi...

Elena Curti, oggi lucidissima ed elegante signora 88enne, ci riceve a casa sua e leggendo la lettera scoppia a ridere: «E certo, il povero Ciolfi era il mio fidanzato. Più per volontà di sua madre che mia, per la verità... Invece Giulio Gai era figlio dell’ex ministro dell’Economia Silvio. In quell’ambiente di intrighi le voci correvano. Io ero la madrina del battaglione Bir El Gobi. Frequentavo tanti uomini, perfino Mussolini una volta si preoccupò per la mia verginità. Che invece persi anni dopo con un altro fidanzato, se proprio si vuole saperlo...».

La Curti ha affidato le proprie memorie al libro Il chiodo a tre punte (ed. Iuculano, 2003): «La guerra non ci impediva di andare a spettacoli di varietà come quelli di Dario Fo e della bellissima Franca Rame, che facevano furore con la loro ironia piccante. Spirava aria di fronda, ma nessuno censurava gli spettacoli».

Il 25 aprile ‘45 anche Elena Curti fa parte del convoglio di gerarchi che con Mussolini cerca di raggiungere la Valtellina. Quando dicono a Claretta che c’è anche lei, la Petacci dà in escandescenze. A quel punto qualcuno la informa della parentela segreta.

«E allora quando ci siamo incontrate per la prima e ultima volta, il 27 aprile», racconta la signora Curti, «lei mi ha rivolto uno sguardo indagatore, incuriosito. Notai i suoi occhi azzurri, quasi viola. Io ero nell’autoblindo accanto a Mussolini, lei invece viaggiava su un’auto con il fratello Marcello, la cognata Zita Ritossa e i loro due piccoli figli. Poi Mussolini salì sul camion tedesco in cui lo arrestarono i partigiani. La fine è nota».

Mauro Suttora

Wednesday, July 18, 2007

I conti in rosso delle auto blu

Sprechi d'Italia. Quanto ci costano le vetture di politici e dirigenti

Dieci miliardi di euro l'anno per mantenere il parco macchine di Stato più oneroso del mondo. Tutti i governi promettono di darci un taglio. Ma i privilegi restano. E noi paghiamo

Oggi, 18 luglio 2007

di Mauro Suttora

Roma, Villa Borghese, nove del mattino. In piazzale del Fiocco c' è un viavai continuo di auto blu. In teoria nel parco pubblico dovrebbero passare solo polizia, pompieri, ambulanze, bus e taxi. In pratica, per evitare gli ingorghi, la Casta di politici e dirigenti ministeriali che abitano ai Parioli trovano comodo raggiungere i propri uffici in centro grazie a questa furba scorciatoia.

Quante sono le auto blu (e grigio metallizzate, colore oggi più di moda) in Italia? Esattamente 574.215, ha calcolato due mesi fa l'associazione Contribuenti.it. Cifra tanto minuziosa quanto esagerata, perché ci sono finiti dentro tutti i veicoli di proprietà pubblica. Compresi per esempio i mezzi militari, le auto delle forze dell' ordine o tutte le ambulanze. "Trecentomila", ha sparato il settimanale L'Espresso l'anno scorso, ma includendo anche i veicoli di regioni ed enti locali. Altrimenti, "150-170 mila per le sole auto di ministeri ed enti pubblici non territoriali". La verità è che nessuno sa quante siano.

L'unico dato su cui tutti concordano: sono troppe. "Le auto di rappresentanza non possono essere uno status symbol, ma una risposta a reali necessità", aveva tuonato il premier Romano Prodi nel suo discorso d'insediamento, un anno fa. E si era impegnato a dimezzare le scorte per i politici. Anche perché i confronti con l' estero sono umilianti (vedi la tabella nella pagina precedente). Infatti l'articolo 11 del decreto legge sulla riduzione dei costi politico amministrativi che sta preparando il governo (sull'onda dell'indignazione popolare) prevede appunto una drastica riduzione delle macchine a disposizione dei rappresentanti del popolo. Ma è facile che nei successivi passaggi in Parlamento le buone intenzioni finiscano per rimanere tali.

Siamo troppo pessimisti ? No, citiamo la storia che in questo caso sempre si ripete. Prima di Prodi, in tanti avevano promesso di darci un taglio: "Per ordine del presidente Benito Mussolini tredici vetture su sedici dovranno dismettersi entro domani sera", intimava la lettera ricevuta il 7 marzo 1923 dal ministero degli Interni. Ne rimanevano solo una per il capo della polizia De Bono e due per i sottosegretari Giacomo Acerbo e Aldo Finzi. Il ministro era Mussolini stesso, che però utilizzava l' auto da presidente del Consiglio.

Il governo Andreotti stabilì, nel 1991, che avessero diritto all' auto di Stato solo ministri, sottosegretari e qualche direttore generale. Nulla di fatto. Umberto Bossi tornò alla carica nel ' 93, e dopo di lui il primo governo Prodi quattro anni dopo. Niente. Silvio Berlusconi nel 2001 incaricò il consulente Luigi Cappugi di risolvere infine la questione. L'economista calcolò che ogni auto blu costa al contribuente 70 mila euro l'anno, inclusi autista, benzina e manutenzione. Totale: dieci miliardi e mezzo di euro, una cifra folle. Soluzione draconiana, quindi: togliere l' auto blu a quasi tutti i politici e dirigenti, sostituendole con taxi. Risparmio: sette otto miliardi, tutto il "tesoretto" di cui si parla in questi giorni. Ma ancora una volta la burocrazia ha avuto la meglio.

Ci ha riprovato il deputato di Forza Italia Guido Crosetto nel 2004, facendo approvare nella Finanziaria un taglio del dieci per cento annuo sulla flotta delle auto blu in ogni ministero, per tre anni fino al 2007. "E per evitare trucchi", dice a Oggi, "avevo fatto includere anche quelle in leasing e a noleggio. Conosco i miei polli...".

Il problema è che lo Stato stesso non conosce la consistenza della propria flotta di auto blu. Solo un anno fa, infatti, è arrivata la prima relazione con i numeri che ogni ministero ha svogliatamente contabilizzato (vedi la tabella in alto a destra). Per confondere le acque, però, sono state inserite negli elenchi migliaia di auto che non c' entrano nulla: tutte le 8.489 della Guardia di Finanza, per esempio, senza differenziare fra vetture di rappresentanza per i generali e quelle operative. Più onestamente, il ministero della Difesa ha specificato in 304 le auto blu per gli alti gradi dei Carabinieri. Il ministero degli Interni ha addirittura barato in toto, denunciando 20.444 mezzi della Polizia, 2.523 per i Vigili del fuoco, e nessuna auto blu. Non compare quindi nella nostra tabella.

Il ministero più "sprecone" è quello della Giustizia, con ben 712 auto in "uso esclusivo", cioè assegnate personalmente con autista, a ministro, sottosegretari e magistrati, più altre 1.186 blindate per magistrati in uso non esclusivo (a turno, o temporaneamente). Ma davvero sono così tanti i magistrati nel mirino ? Sia chiaro, nessuno vuole far correre rischi a chi combatte la mafia o i terroristi, ma sarebbe interessante conoscere quante auto blu blindate ci sono nelle regioni a rischio, e quante invece a Roma. Il dato, però, è top secret.

Il ministero più generoso nel concedere le vetture in uso esclusivo (il massimo dello status) è quello di Infrastrutture e Trasporti: ben 69. Un capitolo a parte merita il ministero dell' Istruzione, che fino a un anno fa inglobava anche Università e Ricerca. Ebbene, la sola università di Pisa risulta avere 124 vetture: come quella di Firenze, e più del doppio dell' università La Sapienza di Roma, che però è assai più grande. Di ben 40 auto dispone l' università della Tuscia di Viterbo, nata solo nel ' 69. Perché mai rettori, presidi e professori universitari devono andare in giro con l' autista, visti anche i miseri stipendi dei loro colleghi nelle altre scuole di ogni ordine e grado ?

Nell' elenco, oltre ai ministeri, abbiamo inserito anche tre enti presenti nella relazione al parlamento: Consiglio di Stato e Tar, i tribunali amministrativi regionali, Monopoli e Corte dei conti. Particolarmente imbarazzante la situazione di quest' ultima: su 51 auto blu in dotazione, ben 41 sono in uso esclusivo. È una percentuale più alta di qualsiasi ministero. Spetta proprio alla Corte dei conti vigilare sugli sprechi di denaro pubblico, ma forse la Corte i controlli dovrebbe cominciare a farli su se stessa... "Quel che più allarma, in tutto questo spreco", ci dice Franca Rame, senatrice dell' Italia dei Valori, "è l' aumento degli ultimi anni".

La presidenza del Consiglio nel 2005 ha speso per 115 auto blu 2,1 milioni di euro: più del doppio rispetto a quattro anni prima. La Camera dei deputati, oltre alle 37 auto blu per presidente, vicepresidenti e tutti i presidenti di commissione, l' anno scorso ha pagato per il noleggio di auto con autista il 357 per cento in più del 2001 (da 28 a 140 mila euro). Quanto al Senato, negli ultimi cinque anni la spesa per il noleggio di veicoli si è impennata del 36 per cento, ben oltre l' inflazione (da 309 a 460 mila), mentre, in parallelo, il costo della "gestione autoparco" (da 116 a 220 mila euro) veniva quasi raddoppiato e contemporaneamente aumentavano del 122 per cento gli "acquisti di autoveicoli" (da 41 a 100 mila).

Ma lo scandalo non riguarda solo Roma. Tutte le Regioni, sia di destra sia di sinistra, fanno a gara nel regalare auto ai propri assessori. La Campania spende ogni anno più di due milioni di euro per le sue 80 vetture, provvedendo anche ai Telepass. La Lombardia nel 2005 ha sborsato 1,2 milioni di euro, otto volte di più che nel 2000. Il Friuli ha rinnovato una flotta auto "vecchie" di appena due anni con dodici Lancia Thesis e Alfa 166 superaccessoriate (dieci altoparlanti hi fi, interni in pelle).

In Lazio ben 76 auto blu sono destinate a giunta, presidenti di commissione e a qualche dirigente: più di quelle di Camera e Senato messe insieme. Nei primi cinque mesi della giunta di Piero Marrazzo sono stati spesi 37 mila euro solo in benzina, 20 mila in manutenzione ordinaria e 3 mila in lavaggi. Assicurazioni e bolli costano alla regione Lazio quasi 100 mila euro annui. In Veneto gli assessori hanno in uso auto persino di cilindrata 3.000!

Casi limite si verificano dappertutto: da Palermo, dove in auto gratis vanno tutti i presidenti dei consigli di quartiere, all'apice del potere a Roma, dove il diritto viene mantenuto a vita da tutti gli ex giudici costituzionali. Il comune di Napoli ha un parco veicoli per sindaco, assessori e dirigenti di 120 vetture. Esiste perfino un'associazione, il Siar (Sindacato italiano autisti rappresentanza), con duemila soci e un segretario nazionale, Andrea Vignotto, che due mesi fa ha fatto chiedere da deputati di An l'istituzione di un albo nazionale degli chauffeur.

Si può almeno invertire la tendenza all'aumento continuo di auto blu ? I provvedimenti per ridurle si sono risolti finora in grida manzoniane. Tutti i ministeri hanno chiesto "esenzioni" alla diminuzione del 10 per cento prevista nel 2004. Ora il governo torna alla carica con il disegno di legge contro gli sprechi presentato dal ministro Giulio Santagata. "Ma non sono ottimista", confessa Franca Rame. Anche perché il governo non può imporre nulla agli altri organi dello Stato: parlamento, regioni, Corte costituzionale, il Quirinale (una grande istituzione, certo, ma in fondo con 27 auto per una persona sola: il presidente della Repubblica).

Eppure, basterebbe una legge con cinque sole parole: "Da domani tutti in taxi". E, visti i 1.600 miliardi di debito pubblico dell'Italia, per risparmiare qualcuno potrebbe pure prendere l' autobus, come fanno certi ministri a Stoccolma e Copenaghen. Con 15 mila auto blu in meno, il traffico di Roma scorrerebbe meglio. In fondo, perfino il sindaco miliardario di New York Michael Bloomberg va a lavorare in metro.

Mauro Suttora