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Wednesday, August 27, 2008

Appuntamento a Londra

Finiti (col botto) i giochi cinesi, si pensa già a quelli del 2012

I pugni di Cammarelle, la marcia trionfale di Schwazer, le pagaiate quasi d' oro della Idem chiudono un' Olimpiade in chiaroscuro. "Siamo soddisfatti", dice il capo del Coni, Petrucci. Ma i nostri esperti chiedono: "Più sport nelle scuole"

dal nostro inviato Mauro Suttora

Pechino, 25 agosto 2008

Grazie Alex, grazie Roberto. Dovevano arrivare questi ragazzoni dell' estremo nord e dell' estremo sud (Vipiteno e Lucania) per salvare lo sport italiano. Diciamolo: dopo le sei medaglie d' oro della prima settimana di Olimpiade, i giorni seguenti si erano rivelati un po' avari per i nostri colori, e il clima era mogio. Poi però sono giunti gli ori di Alex Schwazer, 23 anni, un metro e 85 di bravura, simpatia e bellezza, e di Roberto Cammarelle, 28 anni, uno e 90 di bravura, simpatia e potenza.

Il primo ha trionfato sulla distanza più lunga dei Giochi, maggiore anche della maratona: i 50 chilometri di marcia. Il secondo nella categoria più pesante del pugilato, quella dei supermassimi: quasi imbarazzante la sua superiorità contro l' avversario cinese in finale. Adesso la medaglia d' oro più settentrionale della storia d' Italia (Vipiteno/Sterzing si trova più a nord perfino della Trafoi di Gustav Thoeni) si gode il trionfo in compagnia della fidanzata non più segreta Carolina Kostner, corregionale principessa delle pattinatrici sul ghiaccio. È questa la nuova coppia d' oro dello sport italiano. Mentre Cammarelle da Cinisello Balsamo (Milano), ma figlio di immigrati dalla Basilicata, è tornato ad Assisi dove vive con la compagna Nicoletta e si allena con gli altri pugili azzurri.

Archiviati i Giochi di Pechino con le ultime medaglie, ora lo sport italiano guarda al futuro. Una generazione di atleti esce di scena, una nuova si prepara per le prossime Olimpiadi di Londra 2012. "A ottobre una nostra delegazione andrà lì per un primo sopralluogo", dice a Oggi il presidente del Coni, Gianni Petrucci. Che è soddisfatto del medagliere: "Avevo detto che 27 medaglie sarebbero stato un buon risultato, e ci siamo. Anzi, una di più.

"Più bravi dei francesi"

"Anche facendo il confronto con Paesi a noi paragonabili, come Francia e Spagna. La Gran Bretagna non conta: il Paese che ospita l' Olimpiade successiva fa sempre uno sforzo per apparire bene. E poi molte medaglie britanniche vengono dal ciclismo su pista. Piuttosto, se fossi il presidente del Comitato olimpico statunitense, surclassato negli ori dalla Cina, avrei dei problemi..."

Però non possiamo nascondercelo: ci sono state anche delle delusioni. Alcune medaglie mancate sono il sintomo di un declino più generale dello sport praticato ? "Non direi proprio", risponde Petrucci, "anche se onestamente su alcune sconfitte occorre riflettere. Neanche una medaglia dagli sport di squadra, per esempio: calcio, pallavolo, pallanuoto. Nella pallacanestro non ci siamo neppure qualificati. Ma tutte le federazioni si sono impegnate al massimo. E non dimentichiamo che abbiamo collezionato una marea di quarti posti".

C' è qualcosa in più che può fare la politica per lo sport ? "No, non mi lamento". È l' unico in Italia a non farlo: lamentarsi sembra essere diventato il nostro sport nazionale più praticato. "No, i presidenti Napolitano e Berlusconi ci hanno telefonato, li abbiamo sentiti vicini. E ci tengo a sottolineare che non sono d' accordo con la Vezzali, la quale ha chiesto di non pagare le tasse sui premi per le medaglie. Li abbiamo fissati alti proprio perché sappiamo che ci sono le imposte".

I giochi della gioventù

L' unica cosa che il presidente del Coni chiede è un maggiore impegno della scuola per lo sport: "Non bastano certo quelle due ore alla settimana di educazione fisica, che poi si riducono a una e mezzo per il tempo degli spostamenti".
E su questo sono d' accordo tutti i maggiori esperti di sport che abbiamo sentito: "Sono sessant' anni che lo sostengo, ci manca la base essenziale della scuola", ci dice Candido Cannavò, storico ex direttore della Gazzetta dello Sport, "perché l' Olimpiade è la faccia abbagliante di una situazione che abbagliante non è. Eppure abbiamo ottimi tecnici, e siamo capaci di qualificarci in ben 26 sport. Ma basti dire che si parla tanto di Expo a Milano, e nessuno ricorda che è l' unica città europea priva di una piscina olimpica".
Che fare, quindi ? "Resuscitare i Giochi della Gioventù, per esempio. Correre è la prima cosa che spontaneamente un ragazzo vuole fare. Miracoli come la Giamaica non nascono per caso, o perché le mamme giamaicane fanno figli migliori. Ci vuole un sistema".

Franco Arese, campione dei 1.500 negli Anni '70 e oggi presidente della federazione atletica, concorda: "Abbiamo tanto da lavorare. A Pechino con due medaglie nell' atletica ci è andata bene, ma non dobbiamo fermarci. Anche perché lo sport di base serve a tutti. Il premier inglese Blair ha tolto fondi dalla Sanità per darli allo sport, perché se molti cittadini lo praticano stanno più in salute, e alla fine lo Stato spende meno in cure". L' atletica a Pechino ha deluso: se non ci fossero stati la Rigaudo e Schwazer nella marcia, il nostro bilancio sarebbe stato di un solo atleta fra i primi otto.

Il futuro della pallavolo

Uno che non ha problemi è Carlo Magri, presidente della Federvolley. A Pechino entrambe le squadre maschile e femminile di pallavolo hanno deluso, però lui si consola con "il milione di praticanti e i 370 mila tesserati. Siamo secondi solo al calcio, e abbiamo il quasi monopolio dello sport fra le donne. Nella sola provincia di Milano ci sono 900 squadre di calcio, e 1.200 di pallavolo. E nel primo anno di iscrizione per il beach volley siamo arrivati a diecimila".
Un altro che festeggia è Edoardo Mangiarotti, 89 anni e tredici medaglie vinte nella scherma: "Anche quest' anno abbiamo portato sette medaglie all' Italia, il nostro sport non delude mai". Arrivederci quindi a Vancouver (Canada) per le Olimpiadi invernali nel 2010, e a Londra fra quattro anni.

Mauro Suttora

Tuesday, August 19, 2008

Edoardo Mangiarotti

dall'inviato a Pechino

Oggi, 20 agosto 2009

Il vecchio Edoardo Mangiarotti, 89 anni, leggenda della nostra scherma, è raggiante: «L'oro a Tagliariol per la spada, quello alla Vezzali nel fioretto e le altre quattro medaglie rappresentano l'ennesima conferma che la scherma non tradisce mai lo sport italiano».

Lui di medaglie olimpiche ne ha conquistate in tutto tredici (record italiano): sei d'oro, cinque d'argento e due di bronzo. Nonostante un leggero ictus di pochi me fa, non ha voluto mancare a questi Giochi, e si è sobbarcato dieci ore di volo col nipote Carlo: «Sono le diciassettesime Olimpiadi cui partecipo, tutte quelle estive dal 1936 a oggi. Sarebbero 19 senza la guerra. Cinque, fino a Roma '60, come atleta. le altre come dirigente e commentatore. Sono tuttora presidente della commissione disciplinare della Federazione internazionale di scherma».

Mangiarotti è un Guinness dei primati vivente: qui a Pechino non è presente nessuna medaglia d'oro delle Olimpiadi di Berlino di 72 anni fa, quelle famigerate in cui il nazismo volle stupire il mondo. «Avevo 17 anni e vinsi l'oro con la squadra di spada, Ci misero in tribuna d'onore nelle gare successive, e udii con le mie orecchie Hitler a pochi metri da me gridare "Schwein!" (maiale) quando il nero americano Jesse Owens vinse la gara».

La Cina, nonostante tutto, rimane una dittatura. Non si rischia di ricordare un giorno Pechino 2008 come Berlino 1936? «No, sono ottimista e spero che la Cina si democratizzi. Nell'81 fui proprio io, da dirigente, a organizzare qui le prime gare di scherma internazionali».

Saturday, August 09, 2008

Inaugurazione olimpica in Cina

QUATTRO ORE DI NOIA A COLORI

di Mauro Suttora

Il Foglio, 9 agosto 2008

Pechino. Non ha piovuto. Ma è stato il caldo a rendere insopportabile l’inaugurazione interminabile (oltre quattro ore) delle Olimpiadi ieri sera. Gli ospiti anche illustri – per esempio l’89enne Edoardo Mangiarotti, unico plurimedagliato reduce dai Giochi di Berlino 1936 – sono stati costretti ad arrivare allo stadio con ore di anticipo.

La solita scusa: i controlli di sicurezza. Ma in realtà gli organizzatori hanno bloccato l’arrivo delle navette alle 18, due ore prima dell’inizio, perché volevano strade completamente libere per i supervip: gli 80 capi di stato e di governo che hanno affollato la tribuna d’onore solo a pochi minuti dall’inizio.

Un successo per il presidente cinese Hu Jintao, capelli laccati come sempre, che ha inaugurato i Giochi dopo il presidente del Cio (Comitato olimpico internazionale) Jacques Rogge. Accanto a lui, sotto a Bush e Sarkozy, l’intera gerontocrazia impettita del regime.

A tutto il pubblico sono stati distribuiti tamburini, torce, bastoni illuminati di ogni colore, un foulard rosso e bandierine cinesi da sventolare (ai giornalisti quelle bianche con i cinque cerchi olimpici). Il regista del grandioso spettacolo, il cinese Zhang Yimou subentrato a Steven Spielberg ritiratosi in febbraio per il Darfur, ha voluto coinvolgere tutti gli spettatori.
Ma nella notevole porzione di tribune riservata ai media la parte più apprezzata dello stadio sono state le toilettes, perché dotate di aria condizionata. Più che la prostata poté il sudore, e le permanenze in gabinetto con l’unico scopo di rinfrescarsi si sono moltiplicate.

Per gli amanti del genere, il megakitsch olimpico quest’anno è stato ancora più mega delle edizioni passate. E gli annunciatori ufficiali hanno puntualizzato il numero dei fuochi d’artificio, di danzatori dei balletti, di spettatori sperati nel mondo (“Quattro miliardi, mai prima d’ora”), e perfino del numero di abitanti della Cina (“Uno su cinque nel pianeta”). Elegantissime e coloratissime tutte le delegazioni degli atleti.

Da oggi per fortuna cominciano le gare, cosicché si spera che il patriottismo profuso a piene mani dalla nomenklatura si stemperi nella quotidianità dei risultati.

Commovente l’impegno delle decine di migliaia di ragazzi cinesi volontari, il quintuplo del necessario. Ce li ritroviamo appresso dappertutto, con le loro magliette azzurre: appena arrivati in aeroporto per vidimarci gli accrediti, nelle hall di tutti gli alberghi per scriverci in cinese gli indirizzi da fornire ai tassisti che non sanno mai dove andare, sui marciapiedi vicino a tutti i siti olimpici per incanalarci ai controlli, e perfino a Casa Italia, la struttura messa in piedi da ambasciata italiana a Pechino e Coni, dove alcune bellissime ragazze presidiano impalate gli angoli, e altre sono utilizzate per servire i caffè e a distribuire pezzi di parmigiano reggiano.
Il loro sorriso contagioso è la migliore arma del regime, anche se non parlano una parola d’italiano, poche parole d’inglese, e quelle poche con pronuncia incomprensibile. Ma la buona volontà è tanta, e va bene così.

Efficientissimi invece i poliziotti in borghese che a piazza Tian an men bloccano in pochi secondi chiunque tenti una piazzata per il Tibet o qualsiasi delle numerose cause di protesta oggi in Cina. Hanno sviluppato una nuova tattica per non farsi inquadrare dalle telecamere: coprono gli spiacevoli trascinamenti per terra dei manifestanti con gli ombrelli usati per mascherarsi da turisti in cerca di riparo dal sole. Uno degli energumeni che l’altro giorno ha neutralizzato due cristiani evangelici americani indossava una maglietta azzurra con la scritta Italia, cosicché a prima vista in mondovisione è sembrata una zuffa fra connazionali.

Ieri i giornali cinesi hanno risposto furiosamente al ben calibrato appello di Bush per la liberazione dei dissidenti politici. Ma gli argomenti sono apparsi ammuffiti: l’editoriale di Op Rana sul China Daily, per esempio, ha riesumato citazioni di Mao Zedong e Marx.

In realtà sono passati trent’anni dalla liberalizzazione di Deng Xiaoping, e tutte le speranze di un traino economico che porti libertà politiche sono totalmente deluse. Oggi il modello di Pechino, anche architettonicamente e urbanisticamente, sembra il tecnofascismo di Singapore. Con un po' di grandiosità olimpica mussoliniana e hitleriana. Così forse a qualche spettatore occidentale stremato ieri sera è venuto il sospetto, sotto il sudore, di essere il solito utile idiota.

Mauro Suttora