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Wednesday, May 27, 2015

Toti-Emiliano, intervista parallela


Il candidato di centrodestra Giovanni Toti (ex direttore di Studio Aperto e di Tg4) forse vincerà in Liguria alle regionali del 31 maggio 2015 grazie alle divisioni del centrosinistra. Il candidato di centrosinistra Michele Emiliano (ex magistrato e sindaco di Bari) vincerà in Puglia grazie alle divisioni del centrodestra.

Due personaggi simmetrici, che quindi meritano un'intervista simultanea con (quasi) le stesse domande.

Oggi, 20 maggio 2015

di Mauro Suttora

Una previsione sul voto: Renzi vincerà 6-1, in tutte le regioni tranne in Veneto?
Toti: «Qui in Liguria avrà una delusione. Merito nostro, e colpa delle divisioni della sinistra».
Emiliano: «Credo di sì, se in Liguria il popolo di sinistra sceglierà il “voto utile” per Paita».

Dopo il 4% a Trento di Forza Italia, ma anche il meno 20% del Pd rispetto alle europee, quanto dureranno Berlusconi e Renzi?
T: «In Trentino Forza Italia paga debolezze che durano da anni. Berlusconi spero duri in politica il più a lungo possibile».
E: «Il primo è durato tantissimo, il secondo è molto ben avviato. Renzi però deve preoccuparsi di più per gli astenuti, rimotivandoli».

Se in Liguria vince Toti ci sarà la scissione a sinistra del Pd?
T: «Non mi riguarda».
E: «No. In Liguria resiste il vecchio Pd industrialista, ma non ha futuro. E le nostre regole permettono di fare un grandissimo casino anche a chi resta dentro».

Di chi è la colpa della divisione della destra in Puglia?
T: «Come in famiglia, quando ci si separa la colpa è un po’ di tutti. Io avevo proposto di candidare in Puglia il nostro eurodeputato più votato [Fitto, ndr], così come abbiamo fatto in Liguria [Toti, ndr]. Ma hanno prevalso interessi personali».
E: «La colpa è mia. Abbiamo un tale vantaggio che a destra non si preoccupano più di vincere. Regolano i loro conti».

Di chi è la colpa della divisione della sinistra in Liguria?
E: «Di un vecchio Pd che non si rassegna. Ma per guarire serve la fisioterapia, anche se è un po’ dolorosa».

Il suo primo atto se vince?
T: «Nominare un commissario straordinario contro il dissesto idrogeologico».
E: «Riunire i migliori studiosi del mondo per combattere la Xylella. Che rischia di propagarsi in tutta Italia e nel Mediterraneo».

Cosa pensa degli “impresentabili” alleati di De Luca in Campania? C’è qualche accusa anche contro Emiliano.
T: «La sinistra ha una doppia morale: quel che serve a loro diventa presentabile. Scaricano le responsabilità dicendo che si tratta di liste collegate, non del Pd. Ma le alleanze si fanno consapevolmente».
E: «Non conosco le cose in Campania. Contro di me, invece, solo balle. Anzi: fuoco amico. Qualcuno a sinistra accusa un candidato Udc, nostro alleato, di essere stato nell’estrema destra un quarto di secolo fa».

Le ruberie non cessano, dall’Expo al Mose, da Mafia Capitale alle Grandi opere: ormai in Italia la corruzione è norma?
T: «Dobbiamo essere durissimi. Ma il primo modo di combatterla è semplificare la selva di leggi dietro cui si nascondono i corrotti».
E: «Certi politici e dirigenti pubblici monetizzano la propria carica. Grande determinazione contro di loro».

Teme Grillo?
T: «Sa raccogliere l’esasperazione, però ha fallito in ogni proposta. Ulula alla luna, ma è velleitario».
E: «Qui in Puglia arriverà secondo, avrà il miglior risultato d’Italia. Ho una vecchia passione per la parte ragionevole e democratica dei 5 stelle».

Se non ci fosse il suo partito, voterebbe Grillo?
T: «Mai».
E: «Sì».

Da governatore, è disposto ad accogliere i migranti? Cosa pensa della Val d’Aosta che ha detto no a 79 “ospiti”?
T: «Hanno fatto bene. Dopo la vittoria ci uniremo a loro e ai sindaci di Lombardia e Veneto, che non ne vogliono neanche uno. Siamo in crisi, i nostri territori non possono sopportare queste sollecitazioni. Renzi risolva il problema a monte, come propone il premier inglese Cameron, senza scaricarlo su di noi».
E: «San Nicola, protettore di Bari, ha la pelle nera. È un dovere accogliere i rifugiati, come ha fatto la mia città nei dieci anni della nostra amministrazione».

Come ridurre le spese sanitarie delle regioni?
T: «Faremo scegliere dirigenti e primari da società di cacciatori di teste, e non dai politici. Potenzieremo l’assistenza domiciliare. Prolungheremo gli orari di ospedali ed esami diagnostici per ridurre le liste d’attesa».
E: «Butteremo fuori i politici. Le nomine le farà un Consiglio superiore della sanità composto dai presidenti degli ordini professionali».

Regioni e Comuni smetteranno di protestare per i tagli imposti dallo Stato centrale, risparmiando invece di scaricarli sui cittadini, con aumenti sull’Irpef regionale?
T: «Abbasserò le aliquote Irpef risparmiando sulle spese. Ma a sua volta lo Stato deve smetterla di tagliare i fondi solo a noi, senza dimagrie anch’esso».
E: «Da sindaco di Bari ho risparmiato 110 milioni in dieci anni. Lo Stato ci ha tagliato il bilancio da 650 milioni annui a 540, ma abbiamo ottenuto l’Oscar per trasparenza e solidità dei conti. Questo è il Sud che funziona».

Continuiamo a cementificare la Liguria, provocando frane, alluvioni e fuga del turismo di qualità verso la Costa Azzurra?
T: «Il dissesto idrogeologico è una priorità assoluta. Bisogna riqualificare le costruzioni, senza tabù né ideologismi».

Vogliamo tagliare gli ulivi malati di Xylella e contagiosi, o basta una sentenza del Tar per bloccare tutto?
E: «Il Tar ha ragione, l’ordinanza del taglio di ulivi centenari era confusa, non c’erano test attendibili».

Ilva: è possibile produrre acciaio in modo pulito, o la chiudiamo con migliaia di disoccupati e aggravio di import di acciaio?
E: «Non so se rispettando le regole si può produrre acciaio senza ammazzare la gente avvelenando gli alimenti: questa è l’imputazione nel processo in corso. Se non si può, con l’aiuto di tutta l’Italia chiuderemo la fabbrica».

Proporrà il reddito di cittadinanza, come Maroni in Lombardia?
T: «No. Bisogna creare occupazione con seri incentivi. La sinistra ha lasciato alla Liguria un 50% di giovani disoccupati».
E: «Sì. Abbiamo già preparato un piano e lo realizzeremo, in cambio di lavori sociali. Che non si potranno rifiutare».
Mauro Suttora

Wednesday, October 13, 2010

Silvio, sono tutti figli tuoi

A 74 anni, Berlusconi è il capo occidentale più anziano. E se ne vanta. Ma sono anche altri i record di durata che conquista, Per esempio, nessun premier in Italia (tranne i governi tecnici di Fanfani) è mai stato più vecchio di lui. Craxi quando lasciò Palazzo Chigi aveva solo 53 anni, Spadolini 57, Moro 60.

di Mauro Suttora

"Sono il più anziano ed esperto fra i leader dei Paesi occidentali"
(Silvio Berlusconi, 30 settembre 2010, al Senato)

BERLUSCONI anni 74
MERKEL (Germania) 56
SARKOZY (Francia) 55
ANSIP (Estonia) 54
SOCRATES (Portogallo) 53
KUBILIUS (Lituania) 53
HARPER (Canada) 51
STOLTENBERG (Norvegia) 51
ZAPATERO (Spagna) 50
FAYMANN (Austria) 50
LETERME (Belgio) 50
OBAMA (Usa) 49
GILLARD (Australia) 49
CALDERON (Messico) 48
LEUTHARD (Svizzera) 47
ORBAN (Ungheria) 47
PAHOR (Slovenia) 46
RASMUSSEN (Danimarca) 46
MEDVEDEV (Russia) 45
REINFELDT (Svezia) 45
NECAS (Rep. Ceca) 45
CAMERON (G.Bretagna) 44
BOC (Romania) 44
RUTTE (Olanda) 43
KIVINIEMI (Finlandia) 42
FILAT (Moldavia) 41
DOMBROVSKIS (Lettonia) 39

Oggi, 4 ottobre 2010

Quanto durerà? Sceso in politica 17 anni fa, Silvio Berlusconi ha ormai dato il suo nome a un'epoca. Qualunque opinione si possa avere su di lui, l'ultimo ventennio passerà alla storia come l'era Berlusconi. Il quale, il 29 settembre, ha compiuto 74 anni, superando così anche Giulio Andreotti come presidente del Consiglio più anziano nella storia della Repubblica.

Guardate la classifica che pubblichiamo nell' altra pagina. Mostriamo l'età che avevano i principali premier dal 1945 a oggi, al termine dei loro mandati. Perfino Alcide De Gasperi era più giovane di Berlusconi quando dovette lasciare la carica nel '53. Non parliamo poi dei due premier laici, Bettino Craxi e Giovanni Spadolini. Il primo aveva soltanto 53 anni all'uscita da palazzo Chigi nell'87: praticamente un bambino, in confronto a Berlusconi. E Spadolini era appena 57enne. Nella classifica abbiamo inserito anche Arnaldo Forlani, che fu premier per pochi mesi nell'80-81, a 55 anni. Poi però fino al '92 fu potente segretario della Dc, carica di fatto importante quanto quella del premier di allora, Andreotti. Non per niente il triennio 1989-92 fu definito come quello del «Caf», dalle iniziali di Craxi, Andreotti e Forlani.

FANFANI IL "TECNICO"
L' unico ad avere superato in anzianità Berlusconi è stato Amintore Fanfani, che nell'82 e nell'87 fu chiamato ultrasettantenne a presiedere per pochi mesi, in quanto presidente del Senato, i governi «elettorali» che seguirono le dimissioni di Spadolini e Craxi. La Dc infatti non voleva far gestire il voto a compagni a guida laica. Ma, come spieghiamo nella nota alla tabella, si trattò di governi «tecnici». L'ultimo suo vero governo dotato di pieni poteri politici Fanfani lo lasciò nel '63, quando aveva appena 55 anni. Ed è sorprendente pure l'età di Aldo Moro all' epoca del suo ultimo incarico. Il governo «tecnico» rappresenta anche oggi una minaccia per Berlusconi. Come nel ' 95, quando dovette cedere la poltrona a Lamberto Dini dopo aver ricevuto l' avviso di garanzia che lo estromise per la prima volta da palazzo Chigi.

Il Partito democratico adesso chiede un governo «tecnico» per cambiare le regole elettorali prima di un altro voto anticipato. «È l' unico modo in cui chi ha perso le elezioni potrebbe andare al potere», protesta Berlusconi. Il quale a gennaio potrà festeggiare i 3mila giorni di governo (tabella qui a fianco). Ha già battuto il record di De Gasperi, che per soli quattro giorni non arrivò ai 2.500. Lontani, anche se superano i 2mila giorni, Andreotti e Moro. Romano Prodi per soli otto giorni non è arrivato a 1.500 con i suoi due governi (1996-98 e 2006-08). Tutti gli altri, indietro.

In ogni caso, Berlusconi non si sente per niente vecchio. Ha scherzato anche sull'arrivo dei 74 anni: «Mi avete fatto passare un compleanno proprio di m...», ha detto all' avversario politico Massimo Donadi (dipietrista) a Montecitorio il 29 settembre, durante l'estenuante ultimo dibattito sulla fiducia. Alla propria età ha accennato di nuovo nel discorso di replica al Senato il 30 settembre, quando ha detto al senatore Luigi Zanda (Pd): «Proprio perché sono il leader più anziano fra tutti quelli dei Paesi occidentali, la mia esperienza è preziosa per far contare di più l'Italia sulla scena internazionale».

Il confronto dell'età di Berlusconi con quella degli altri leader mondiali e europei, in effetti, è impressionante ( tabella nella pagina precedente ). La più anziana, la tedesca Angela Merkel, ha 18 anni meno di Silvio: potrebbe essere sua figlia. Addirittura 32 anni lo separano dalla nuova premier finlandese 42enne Mari Kiviniemi, eletta tre mesi fa. E dalla classifica abbiamo tenuto fuori, per ragioni di spazio e di importanza del suo piccolo paese, il premier lettone Valdis Dombrovskis: 39 anni.

I GERONTOCRATI ITALIANI

Negli ultimi anni tutti i Paesi occidentali hanno eletto premier e presidenti 40-50enni, dall'americano Barack Obama all' inglese David Cameron. Il nuovo segretario laburista britannico Ed Miliband ha soltanto 40 anni. Il confronto con l'Italia è impressionante: il nostro presidente della Repubblica Giorgio Napolitano con i suoi 85 anni potrebbe essere il nonno di molti leader europei. E i politici che noi consideriamo «giovani» (D'Alema, Bersani, Fini, Rutelli) stanno attorno ai 60 anni. L'unico premier mondiale più vecchio di Berlusconi è l'indiano Manmohan Singh, 78 anni. Ma non è un «occidentale», così come i leader sessantenni di Cina e Giappone.

Non è un mistero che Berlusconi punti a governare fino alla scadenza di questa legislatura, nel 2013, per poi farsi eleggere presidente della Repubblica. Alla fine del settennato al Quirinale, nel 2020, avrebbe 84 anni. Meno di tutti i presidenti della storia recente: Napolitano, Carlo Azeglio Ciampi, Oscar Luigi Scalfaro. E lui, c'è da scommetterlo, si sentirebbe ancora un ragazzino.

Mauro Suttora