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Tuesday, May 09, 2023

Democrazie e dittature? Ancora oggi per qualcuno pari sono



Nell'articolo principale di questa settimana de La Lettura, Manlio Graziano, docente di geopolitica a Parigi, scrive che Usa e Cina "si scambiano provocazioni con tanta aggressività e leggerezza"

di Mauro Suttora

Huffingtonpost.it, 9 maggio 2023 

"Taiwan è diventata la posta principale di un gioco al rialzo da cui nessuno vuole recedere. Né Joe Biden né Xi Jinping possono permettersi di mostrare segni di cedimento al pubblico di casa". Nell'articolo principale di questa settimana de La Lettura, supplemento letterario del Corriere della Sera, Manlio Graziano, docente di geopolitica a Parigi, scrive che Usa e Cina "si scambiano provocazioni con tanta aggressività e leggerezza" quanto quelle che portarono alla Prima guerra mondiale nel 1914 e all'attacco del Giappone contro gli Stati Uniti nel 1941. 

"Giocare con il fuoco dei ricatti reciproci, senza considerare che la situazione è per certi aspetti più grave di allora, è una prova del sonnambulismo degli attuali 'responsabili' politici", scrive Graziano. Il quale mette quindi sullo stesso livello un dittatore come il cinese e un presidente eletto come l'americano. Entrambi responsabili ma scritti tra virgolette, perciò in realtà irresponsabili. Anche se Xi non deve rispondere a nessuno, mentre Biden fra due anni sarà liberamente valutato dai suoi elettori. 

Graziano riconosce l'impossibilità dell'equivalenza, ma solo per dire che Xi è più vulnerabile: "Il leader autoritario, privo di legittimazione elettorale, è forse più esposto del leader democratico, perché quando perde la legittimità interna trascina nella caduta il suo regime". Come accadde ai colonnelli greci dopo il golpe di Cipro nel 1974, o ai generali argentini dopo la sconfitta delle Falkland/Malvine nel 1982. 

Graziano però precisa che anche la legittimazione elettorale di Biden "è da alcuni contestata". Questi 'alcuni' sarebbero Donald Trump e i suoi teppisti di Capitol Hill? Proseguendo nell'equiparazione, il professore cita un sondaggio con il 70% dei cinesi favorevoli all'uso della forza per "riunificare" (alias attaccare) Taiwan, e uno di Newsweek con "più della metà degli americani pronta ad appoggiare un intervento degli Usa in difesa di Taiwan". Come se in Cina esistesse un'opinione pubblica libera di esprimersi. E come se attaccare e difendere siano la stessa cosa. 

Graziano poi scrive che davanti alle coste cinesi ci sarebbe "una catena di isole controllate da Paesi rivali, spada di Damocle sui suoi traffici", riecheggiando la paranoia da accerchiamento di Vladimir Putin. Ma i traffici della Cina sono indirizzati verso l'intero mondo libero, il quale quindi non ha alcun interesse a bloccarli. 

L'affermazione più sconcertante di Graziano arriva quando dà credito alla prima teoria complottista del dopoguerra: l'accusa a Franklin Roosevelt di avere "scientemente provocato" Pearl Harbour. "Secondo alcuni storici" scrive lui; i quali però si riducono a un contrammiraglio Usa cacciato dopo una sconfitta, e a un fotografo.

La conclusione di Graziano è in linea con la sua idea di equipollenza fra democrazie e dittature. Accusa santorianamente "i 'responsabili' politici delle potenze minori [come la Ue, ndr]" di "accodarsi all'uno o all'altro dei due contendenti". I quali per lui pari sono. Dimenticando che invece a Taiwan, come in Ucraina, c'è un enorme lupo che minaccia un piccolo agnello. 

Povero Angelo Panebianco, l'editorialista del Corsera che ancora pochi giorni fa ammoniva a rendersi conto dell'ineliminabile conflitto di valori fra il mondo libero e le autocrazie (Cina, Russia). L'illusione della neutralità è forte anche nel suo stesso giornale. 

Saturday, August 21, 2021

E io sposto i confini




















di Mauro Suttora


Io Donna (Corriere della Sera), 21 agosto 2021


Portano in dote intere regioni. Governano i regni d’Italia e ne ridisegnano la geografia. O lottano per preservarne l’eredità culturale. Sono personalità femminili forti, ma a noi spesso ignote, quelle che un libro ci fa riscoprire


Mai due donne hanno avuto tanto potere assieme, nella storia d'Italia. Nel 1077 la duchessa Matilde di Canossa, che governa su Toscana, Emilia e Lombardia, costringe l'imperatore Enrico IV alla famosa umiliazione prima di poter incontrare il papa nel suo castello.


Quel che pochi sanno, è che assieme a Matilde c'è Adelaide di Susa, contessa di Savoia. Suocera dell'imperatore, è lei ad aver architettato la trappola. Ed è lei che ha portato in dote il Piemonte alla dinastia sabauda sposando Oddone di Savoia. Grazie ad Adelaide, figlia del marchese di Susa e Torino, i Savoia debordano al di qua delle Alpi e diventano italiani.


Sono tante le donne che hanno determinato i limiti dell'Italia. Le ho incontrate scrivendo Confini, storia e segreti delle nostre frontiere (ed.Neri Pozza, 2021). Alcune di loro, come Adelaide o Elisabetta del Tirolo, con le loro nozze hanno spostato intere regioni. Altre, come Eudossia Lascaris a Ventimiglia, Teresina Bontempi in Canton Ticino o Ariella Rea in Venezia Giulia, hanno testimoniato con le loro vite (e morti) le vicissitudini delle zone di frontiera.


Adelaide, la suocera dell'imperatore


Adelaide di Susa diventa contessa di Savoia quando nel 1046 sposa Oddone, e si ritrova sovrana di un territorio che va dal lago di Ginevra fino ad Asti e Albenga. Promette in sposa la figlia Berta di soli tre anni all'imperatore Enrico IV. Il quale però, dopo averla impalmata 14enne, vuole ripudiarla. Ma il papa non gli concede il divorzio.


La suocera Adelaide è furibonda, anche perché Enrico maltratta Berta. Ottiene la sua vendetta pochi anni dopo, quando fra l'imperatore e il papa scoppia la guerra delle investiture per le nomine dei vescovi: entrambi pretendono questo diritto.


Papa Gregorio VII scomunica Enrico, che deve scendere in Italia per ottenere la revoca della sanzione. Passa per il Piemonte, Adelaide vede la figlia deperita e s'infuria. Accompagna il genero degenere a Canossa (Reggio Emilia) e prepara con Matilde la sua umiliazione: prima di incontrare il papa, Enrico deve aspettare tre giorni fuori dal portone del castello di Matilde sotto una bufera di neve, scalzo, in ginocchio, col saio e il capo coperto di cenere.


Eudossia Lascaris e la contea di Ventimiglia


È un matrimonio orrendo, quello celebrato a Costantinopoli il 28 luglio 1261. La tredicenne Eudossia Lascaris, figlia dell’imperatore bizantino Teodoro II, è promessa sposa al futuro Pietro III d’Aragona. Ma l’usurpatore Michele VIII Paleologo la costringe a sposare il trentunenne Guglielmo Pietro, conte di Ventimiglia.


Finisce così la dinastia Lascaris, che ha regnato per mezzo secolo sull’impero bizantino. E inizia il casato dei conti Lascaris di Ventimiglia e Tenda, che si ramificherà in tutta Europa lasciando splendidi palazzi come quello che oggi a Torino ospita il consiglio regionale.


Il conte Ventimiglia era andato a Bisanzio per conquistare ricchi bottini. E invece torna a casa con una principessa di sangue imperiale, seppure spodestata. Il matrimonio non finisce bene. I conti di Ventimiglia, vinti dai genovesi, devono lasciare il loro castello in riva al mare ai confini dell'Italia e trasferirsi a Tenda, villaggio alpino in mezzo al nulla: certo non degno di una “porfirogenita”, nata nella porpora, come sono chiamati i successori di Costantino.


Eudossia si trasferisce nella più cosmopolita Nizza e poi scappa in Sicilia. Infine si trasferisce in Aragona sotto la protezione di re Giacomo, figlio del suo primo promesso sposo. Ha comunque dato a Guglielmo Pietro ben sette figli prima di eclissarsi (o di essere ripudiata, secondo altre fonti un po’ maschiliste). Si spegne nel 1311, dopo avere fondato un santuario di clarisse in Catalogna dove si ritira. Ma il suo ricordo è legato alla contea di Ventimiglia, già mille anni fa baluardo dell'italianità alla frontiera con la Francia provenzale.


Elisabetta e il destino del Tirolo


Sorpresa: la culla del Tirolo non si trova in Austria, ma alla periferia di Merano. Qui nel XII secolo sorge il castello di Tirolo. E questa famiglia nel 1238 espande i propri domini su Innsbruck, oltre il Brennero, nella valle dell’Inn. Non con una guerra, ma grazie al matrimonio di Elisabetta, figlia del conte Alberto III del Tirolo, con l’ultimo esponente della casata di Andechs, che possiede Innsbruck: Ottone II. Costui è un personaggio notevole. Cugino dell'imperatore Federico II, dal suo castello bavarese regna non solo sull'attuale Tirolo austriaco, ma anche su Borgogna, Istria, Carniola (Slovenia) e Merania, un ducato dalmata.


La tirolese Elisabetta diventa così una delle donne più importanti della sua epoca, con stati al di qua e al di là delle Alpi. Ma nel 1248 suo marito muore a soli trent'anni, avvelenato. A Elisabetta rimane soltanto il Tirolo austriaco, perché quello italiano fino al Brennero va a sua sorella Adelaide: ecco che si prefigura l'attuale confine italo-austriaco. 

Ma pochi anni dopo Elisabetta muore senza figli, e si ricostituisce il Tirolo 'allargato' che durerà fino al 1918, sotto gli Asburgo: suo nipote Mainardo di Gorizia, figlio di Adelaide, lo eredita tutto intero. Nel 1420, infine, la capitale del Tirolo viene spostata da Merano a Innsbruck.


Teresina Bontempi e l’italianità del Canton Ticino


La svizzera Teresina Bontempi (1883-1968), figlia del segretario generale dell’Istruzione del Canton Ticino, è ispettrice delle scuole elementari, in cui introduce i metodi di Maria Montessori. Nel 1912 fonda la rivista L’Adula, dal nome della montagna che divide il Ticino dalla Svizzera tedesca, per denunciare la germanizzazione del cantone. Ci scrivono Prezzolini, Papini, Stuparich, Slataper.

Molti ticinesi risentono la crescente influenza e ricchezza degli svizzero-tedeschi, che dominano l’economia cantonale senza integrarsi. Non parlano italiano, e frequentano soltanto i propri locali e circoli.


Le autorità sospendono più volte il giornale, la allontanano dall’insegnamento. Negli anni ’30 la rivista assume toni fascisti. La Bontempi viene condannata per irredentismo ad alcuni mesi di prigione, finché nel 1936 chiede asilo politico in Italia.


Torna a Locarno nel dopoguerra, dimenticata da tutti. In realtà Teresina non voleva annettere il Ticino all’Italia, ma soltanto valorizzare l’italianità del cantone. Nel 1996 si è infine realizzato un suo sogno: la nascita dell’università della Svizzera italiana. Vittoria postuma di una donna energica.


Ariella Rea e i sogni imperialisti di Mussolini


Tanto il confine italo-svizzero è pacifico (record mondiale: mezzo millennio senza conflitti), tanto quello orientale è stato sanguinoso: lo scorso secolo le due guerre mondiali ci sono costate quasi un milione di morti nella Venezia Giulia.


Ariella Rea è una maestra che nel 1941, tutta presa dal suo entusiasmo di giovane fascista, si trasferisce a insegnare nella Lubiana appena occupata dalle truppe italiane. Invasione scellerata, voluta da Mussolini per spartirsi pezzi di Jugoslavia con Hitler. In Slovenia si scatena la resistenza, e nel giugno 1942 la ventiseienne triestina viene uccisa in un attentato dinamitardo dei partigiani comunisti del maresciallo Tito. Lubiana, circondata di filo spinato, viene rastrellata, e 878 sloveni inviati in campi di concentramento. Alla fine dell'occupazione, l'8 settembre 1943, le vittime slovene saranno varie migliaia. Fra i deportati nel lager dell'isola di Arbe più di mille sloveni, comprese donne e bambini, muoiono di inedia, fame e malattie. Nel 1945 arriva la vendetta: gli italiani infoibati, annegati e desaparecidos saranno 15mila, e 300mila gli esuli da Istria e Dalmazia.



LE ALTRE DONNE ITALIANE ‘DI FRONTIERA’


La prima donna a decidere un confine italiano è stata Teodolinda. Nel 589 suo padre Garibaldo, re di Baviera, la dà 18enne in sposa al re longobardo Autari in segno di pace. E la frontiera tra i due regni viene fissata a Salorno, fra Trento e Bolzano, che ancora oggi è il limite fra chi parla italiano e tedesco.


Anna, ultima contessa di Tenda (cittadina delle Alpi Marittime ceduta alla Francia nel 1947) sposa a 11 anni un nobile francese, rimane vedova a 13, e nel 1501 unisce la sua contea al Piemonte sposando Renato di Savoia il Bastardo. Potente e rispettata in tutta Europa, soprannominata 'La grande maitresse', nel suo castello fra Nizza e Cannes il papa, Francesco I e Carlo IV decidono nel 1538 il passaggio di Milano dalla Francia alla Spagna.


Nel 1515 è Luisa Borgia, figlia di Cesare, a fissare il confine italo-svizzero a Chiasso (frontiera assurda, completamente artificiale, senza alcun limite naturale - fiume, lago, monte): rifiutandola come moglie, Massimiliano Sforza perde Milano dopo la sconfitta di Marignano contro i francesi, che si accordano con gli svizzeri sul confine di Chiasso.


Elda Simonett-Giovanoli, scomparsa nel 2018 a 94 anni, era una maestra elementare che ha preservato l'italiano nel suo paese di Blivio (Grigioni), unico comune svizzero oltre lo spartiacque alpino dove la nostra era la lingua ufficiale fino a pochi anni fa.


Anche la cantante Marisa Sannia ha a che fare con i nostri confini: viene immortalata nel 1967 come milionesima autista che transita nel nuovo tunnel del Monte Bianco sulla sua Alfa Duetto.

Mauro Suttora

Wednesday, April 29, 2015

Sinistra, destra? No, la Resistenza è di tutti

«Prima sembrava che i partigiani fossero solo comunisti. ultimamente li hanno dipinti come criminali. La verità è che tutta l’italia si è ribellata ai nazifascisti», dice il giornalista-scrittore Aldo Cazzullo. E lo dimostra con un libro

di Mauro Suttora

Oggi, 22 aprile 2015

Fanno venire i brividi, le lettere dei condannati a morte della Resistenza. «Babbo adorato, se la mia vita fu serena e facile lo devo a te, che mi hai guidato col tuo amore, col tuo lavoro, col tuo esempio. Possa il mio sangue servire per ricostruire l’unità italiana e per riportare la nostra terra a essere onorata e stimata nel mondo intero».

Franco Balbis non era comunista, non faceva politica. Era capitano di carriera dell’esercito, aveva combattuto con valore in Africa e Croazia. Dopo l’8 settembre 1943 era entrato in clandestinità per combattere l’invasore. I fascisti lo presero nel marzo ’44, nella sacrestia del Duomo di Torino.

Tutti fucilati alla schiena
Poche ore dopo quella lettera, Balbis viene fucilato alla schiena con altri otto partigiani comandati dal generale Giuseppe Perotti. Uno solo di loro era comunista.

«In nessuna delle lettere c’è un’espressione di odio o anche solo di rancore verso i loro carnefici», dice Aldo Cazzullo, editorialista del Corriere della Sera.

Possa il mio sangue servire (Rizzoli) è il titolo del suo ultimo libro, che a 70 anni dalla fine della Seconda guerra mondiale traccia un bilancio «non partigiano» della lotta di liberazione. 

«Gli uomini e le donne della Resistenza avevano ragione», dice Cazzullo, «fecero la scelta giusta, schierandosi contro l’invasore nazista e i suoi collaboratori. Eppure questa ovvietà, mai messa in discussione in nessuno dei Paesi occupati da Hitler, in Italia non viene accettata». 

Perché?
«Prima la Resistenza era considerata solo una “cosa di sinistra”: fazzoletto rosso e Bella Ciao. Poi, negli ultimi anni, i partigiani sono stati presentati come carnefici sanguinari che si accanirono su vittime innocenti, i “ragazzi di Salò”».

E invece?
«La Resistenza è patrimonio dell’intera nazione, non di una fazione. Fu fatta da comunisti, ma anche da cattolici, socialisti, liberali, monarchici, apolitici. E da donne, militari, suore, ebrei, preti, carabinieri. Case che si aprono nella notte, feriti curati nei pagliai, ricercati nascosti in cantina. Migliaia di episodi di eroismo che non si trovano nei libri».

Il 25 aprile ricordiamo 70 anni dalla fine della Seconda guerra mondiale, il 24 maggio cent’anni dall’inizio della Prima.

«Entrambe hanno avuto pagine eroiche e vergognose. Dopo l’8 settembre, su 810mila soldati italiani fatti prigionieri, meno di 200mila si schiereranno con Salò. La grande maggioranza sceglie le sofferenze della prigionia, piuttosto che schierarsi con gli occupanti nazisti».

E la strage di Porzûs, in Friuli?

«Va raccontata anche quella: partigiani comunisti che assassinarono partigiani cattolici come Guido Pasolini, fratello dello scrittore Pier Paolo, e Francesco De Gregori, zio del cantautore che ne porta il nome».
Mauro Suttora  

Wednesday, September 03, 2014

I segreti dei capolavori

QUANTO EROTISMO IN QUESTA VENERE!

Li abbiamo visti mille volte. Ma siamo sicuri di conoscerli? Philippe Daverio, nei nuovi fascicoli del Corriere della Sera, spiega i particolari nascosti di 35 grandi opere

di Mauro Suttora

Oggi, 27 agosto 2014

Lo sapevate che la Nascita di Venere di Sandro Botticelli è il primo dipinto su tela di grandi dimensioni nella storia? Che il Tondo Doni di Michelangelo fu la prova generale della Cappella Sistina? E che il Moulin de la Galette di Renoir, a Montmartre, nel 1814 fu l’ultima trincea contro i soldati russi che sconfissero Napoleone? Queste e altre curiosità vengono svelate nei fascicoli di Philippe Daverio sui Capolavori dell’arte allegati al Corriere della Sera dal 28 agosto.

Botticelli, quante allusioni
Nonostante la bionda nuda sul conchiglione sia fra le immagini più celebri dell’arte di tutti i tempi, la sua storia viene raccontata da Giorgio Vasari soltanto 50 anni dopo. «La Nascita di Venere viene appesa in pendant nel 1486 accanto alla Primavera nella villa di Lorenzo de’ Medici, cugino minore di Lorenzo il Magnifico», scrive Daverio. «In Botticelli le allusioni erotiche non mancano. la Venere riprende con i capelli sciolti un mantello tenuto con la mano sinistra, mentre le signore già sposate tengono il loro a mo’ di fiocco aperto per far capire che ciò che la fanciulla promette, loro l’hanno già vissuto. L’eleganza degli equivoci».

Caravaggio, i simboli nella Canestra di frutta
Il minuscolo olio su tela del 1599, conservato nella Pinacoteca Ambrosiana di Milano, rappresenta il debutto delle nature morte nella pittura italiana. Caravaggio ne aveva già dipinte, ma all’interno di quadri con umani, come il Bacco o il Giovane con canestra di frutta. Qui, invece, per la prima volta la natura morta è il soggetto principale, e finisce nella collezione del cardinale Federico Borromeo. 
«La frutta è rappresentata con straordinario realismo, come mai prima di allora: un leggero pulviscolo copre gli acini d’uva, un verme ha bacato la mela, insetti hanno smangiucchiato le foglie della pesca». 
Ogni particolare è simbolico: le foglie della vite, secche e accartocciate, evocano l’inesorabile scorrere dell’esistenza umana, destinata a fine certa.

Renoir, i dipinti e la salute
Spiega Daverio: «Sosteneva con la sua sottile ironia Alberto Savinio che l’Impressionismo è nato quando i pittori di Parigi s’accorsero ch’era più proficuo per la salute dipingere all’aria aperta piuttosto che in quella viziata degli studi. 
C’è del vero in questa battuta: fu di grande utilità nell’ultimo trentennio dell’800 l’invenzione dei tubetti di colore, che permisero un’agilità fino ad allora insperata per la pittura da cavalletto». Pierre-Auguste Renoir è, con Monet e Manet, il più famoso degli impressionisti, e il Bal au Moulin de la Galette è la sua opera più nota.

Michelangelo vince su tutti
È l’unico dipinto di cavalletto di Michelangelo, l’unico esibito nel museo degli Uffizi a Firenze. Non piacque al committente, che lo criticò, tirò sul prezzo e alla fine non pagò la cifra pattuita. Stendhal lo detestava: «Un Ercole non può ridursi a cucire sottane». Ma fra tanti immensi affreschi, statue gigantesche e capolavori architettonici, Daverio sceglie il Tondo Doni come il non plus ultra di Michelangelo. 

Eseguito nel 1504 dall’artista 29enne, dopo la Pietà e prima del Mosè, secondo Daverio rappresentò una scommessa: «Dipingere per il ricco banchiere Agnolo Doni, sposato con una Strozzi, un’opera in grado di competere con quelle del concorrente Banco dei Medici, spazzati dalla scena finanziaria ed entrati in politica».

Ma la competizione fu duplice: «Quella con Sandro Botticelli, concorrente giovanile, eroe mondano della generazione precedente a quella di Michelangelo, suo opposto». E insuperato “tondista”, con «i personaggi adagiati nel cerchio del dipinto seguendone le linee curve»: come nella Madonna del Magnificat del 1480, anch’essa agli Uffizi. Michelangelo, 25 anni dopo, vince il confronto con Botticelli grazie alla modernità dei colori: intensi, squillanti, perfino stridenti, come l’arancione di San Giuseppe accanto al rosa della Madonna.
Mauro Suttora

Wednesday, February 05, 2014

Nel mirino dell'Italia violenta


Il professor Panebianco, il cronista Luciano Bruno, il reporter Massimo Numa, il senatore Stefano Esposito, il giornalista Giovanni Tizian: un brutto gennaio per loro, con minacce e intimidazioni

Oggi, 29 gennaio 2014

di Mauro Suttora

Il giorno prima Angelo Panebianco, professore di scienze politiche a Bologna, aveva scritto uno dei suoi editoriali sul Corriere della Sera. Chiedeva che sull’immigrazione ci sia un dibattito concreto, fuori dalle ideologie contrapposte buonisti/rigoristi: «Di quanti immigrati abbiamo bisogno? Di che tipo? Di che religione? Possono integrarsi meglio i cristiani ortodossi dell’Europa orientale, o i musulmani?».  

Urla e scritte fino al corridoio

«Razzista», ha subito sentenziato il collettivo Hobo («vagabondo», in inglese). Che il 14 gennaio ha organizzato una spedizione punitiva all’università, con lanci di petardi, urla, slogan, striscioni e scritte sui muri. Una combriccola violenta, ma Panebianco è sceso dal suo ufficio per dialogare. Non l’avesse mai fatto. I suoi contestatori volevano solo insultarlo e intimidirlo: «Non ci interessa il confronto con un barone schiavista». Sono saliti nel corridoio del suo ufficio e ne hanno imbrattato la porta con vernice rossa.

Il professor Panebianco è rimasto incolume. Non così Luciano Bruno, giornalista de I siciliani, mensile fondato da Pippo Fava (ucciso dai mafiosi esattamente trent’anni fa). L’11 gennaio stava scattando foto al quartiere Librino di Catania, devastato da spacciatori e criminali. È stato circondato da sei uomini armati che l’hanno minacciato puntandogli una pistola alla testa. Poi l’hanno picchiato, perché colpevole di avere denunciato lo strapotere mafioso.

Gli hanno rotto un dente. Hanno fatto i nomi dei suoi familiari, per fargli capire che anche loro sono minacciati. Luciano Bruno a Librino di abita. Pubblica spesso articoli su questo quartiere progettato dall’archistar Kenzo Tange negli anni Sessanta, ma poi abbandonato al degrado e lasciato in mano ai mafiosi (clan Arena).

Luciano Bruno stava fotografando il famigerato Palazzo di Cemento, costruito trent’anni fa ma mai consegnato al comune di Catania perché privo della certificazione antincendio: «Mi hanno portato via la macchina fotografica. E un incisivo».

Pagina intimidatoria su facebook

«Non comprerò più La Stampa finché ci scrive Massimo Numa»: è il titolo di una pagina Facebook contro questo reporter del quotidiano torinese. «Che credibilità può avere un giornalista che (sic) lo vedi sempre in compagnia della polizia?» spiega la pagina ad personam. E continua: «Un vero giornalista sente tutte le parti in causa, non credo possa farsi vedere tranquillamente in mezzo ai no Tav».

Dalle parole ai fatti. Dopo qualche minaccia di troppo, a Numa è stata data una scorta. Niente da fare. I suoi nemici il 13 gennaio gli hanno fatto recapitare un video in cui lui viene pedinato mentre esce di casa per far pisciare il cane. Come dire: «Sappiamo dove abiti». Anzi, tutti i suoi dati privati (numero di telefono, targhe di auto, indirizzo) sono stati pubblicati in rete. Un invito al linciaggio. E in redazione è arrivata una bomba mascherata da hard disk.

A settembre, alle rimostranze degli oppositori del treno veloce si è aggiunta la pubblicazione, da parte dello «sciacallo e pennivendolo» Numa, di un libro sulle stragi di fascisti nel dopoguerra. E i suoi avversari hanno chiesto a La Stampa di «allontanare il neofascista dal giornale».

Stessa città (Torino) e stessa trincea (il Treno alta velocità per Lione in costruzione nella val Susa, contestato da molti abitanti) per il senatore del Partito democratico Stefano Esposito. Che il 13 gennaio si è ritrovato tre bottiglie molotov sul pianerottolo di casa.

Il vicepresidente della commissione Trasporti da anni difende la galleria con la Francia, ma questa volta sembra demoralizzato: «Non posso continuare a far pagare a mia moglie e ai miei figli questa vita da inferno».

Le minacce, infatti, sono continue. «Torna in prefettura [dove Esposito lavorava prima di darsi alla politica, ndr], altrimenti farai bum bum ora che non c’è più il procuratore Caselli a proteggerti», c’era scritto in un biglietto accanto alle bottiglie incendiarie. Un particolare deprimente: né Numa né Esposito hanno ricevuto solidarietà da parte dei  capi del movimento no Tav. I quali raramente si dissociano dalle azioni violente dei centri sociali, anche se giurano di essere pacifici.

La ’ndrangheta a Modena

Originario di Bovalino (Reggio Calabria), Giovanni Tizian da anni vive e lavora da giornalista a Modena. I mafiosi hanno ucciso suo padre bancario nel 1989 in Calabria, forse perché non aveva concesso un fido a persone sospette. Caso mai risolto.

Dopo aver pubblicato un libro sulle infiltrazioni delle mafie al Nord, e sul riciclaggio, sono arrivate minacce anche a lui. Da due anni deve girare con la scorta: due agenti armati e uno in borghese.

Il 9 gennaio Tizian si è costituito parte civile nel processo Black Money iniziato a Bologna contro il clan Femia della ’ndrangheta, da lui accusato di lucrare sul gioco d’azzardo e dal quale erano arrivate le minacce di morte.

Ecco, queste sono cinque storie esemplari di cittadini «eroi per caso», costretti a ricorrere alla protezione della polizia per le intimidazioni subìte. Ci sono abbastanza scorte per loro? Forse, se se ne togliessero alcune inutili ai politici, loro sarebbero più tranquilli.
Mauro Suttora

Friday, April 05, 2013

Gaetti, senatore m5s ex leghista

Senatore grillino ex leghista
NDO' COJO, COJO

di Mauro Suttora

Sette (Corriere della Sera), 5 aprile 2013

C’è un ex leghista fra i 54 senatori del Movimento 5 stelle: Luigi Gaetti, medico 52enne eletto a Mantova. Consigliere comunale del Carroccio dal 2000 al 2005 a Curtatone, paesone di 14 mila abitanti famoso per la battaglia contro gli austriaci del 1848. Ne erano all’oscuro tutti, fra i grillini in Lombardia. Gaetti infatti non ha menzionato questo suo imbarazzante trascorso nel curriculum che tutti i candidati alle primarie avevano dovuto mettere online. Data l’idiosincrasia dei grillini per i riciclati, difficilmente avrebbe potuto racimolare i 144 voti che gli sono bastati per approdare a Roma (sette in più, comunque, del pavese Luis Orellana, candidato M5S alla presidenza del Senato).

Trombato alle regionali del 2010 con il movimento di Grillo, l’instancabile Gaetti ci riprova l’anno dopo alle provinciali di Mantova. Altro passo falso secondo le idee del M5S, che non si è presentato a quelle elezioni perché contrario alle province. E nuova bocciatura con una lista locale ecologista che prende solo il tre per cento.

Ma il caparbio dottore non si dà per vinto e cambia per la terza volta cavallo: torna ai 5 stelle grazie a Grillo che permette la candidatura alle primarie per Camera e Senato lo scorso novembre a chi si era già candidato in passato. Questa volta ce la fa. Secondo le regole M5S, però, l’attuale è il suo secondo mandato, quindi non è più rieleggibile. Quale sarà, allora, il prossimo approdo di questo simpatico rabdomante della politica? A Roma hanno già coniato un soprannome per Gaetti: «Ndo' cojo, cojo» («Dove colgo, colgo»)

Friday, May 18, 2012

Pio XI assassinato dal padre di Claretta?

Un 'buco' nel diario della Petacci riaccende i sospetti sul medico del pontefice. Dall'agenda dell'amante di Mussolini qualcuno ha strappato le pagine dal 5 al 12 febbraio 1939, e il pontefice morì il 10. Sul tavolo del Papa era pronta l'enciclica contro l'antisemitismo

di Mauro Suttora

Sette (Corriere della Sera), 18 maggio 2012

Papa Pio XI morì veramente d'infarto, o fu ucciso? Qualcuno lo sospettò subito, dopo che all’alba del 10 febbraio 1939 Achille Ratti mancò all'improvviso. Certo, era un 82enne cardiopatico. Ma proprio il giorno seguente avrebbe dovuto pronunciare un discorso per il decennale del Concordato. E molti si aspettavano che avrebbe condannato le dittature nazista e fascista, dopo le roventi polemiche dei mesi precedenti sulle leggi razziali.
La scomparsa del pontefice - che aveva sul tavolo di lavoro anche la bozza di un'enciclica contro l'antisemitismo poi accantonata dal successore, Pio XII - fu provvidenziale per entrambi i regimi.

Vent'anni dopo papa Giovanni XXIII fece pubblicare solo in parte la bozza di quel discorso, in cui Benito Mussolini e Adolf Hitler venivano paragonati a Nerone. Nel 1972 il cardinale Eugène Tisserant, in un memoriale a lui attribuito, avrebbe affermato riguardo alla morte di Pio XI: "Lo hanno eliminato, lo hanno assassinato". E indicò anche la mano che, se non causò direttamente il decesso, almeno lo favorì o affrettò: quella del medico personale Francesco Saverio Petacci, padre dell'amante di Mussolini Claretta. Ipotesi incredibile, e ritenuta tuttavia plausibile dallo storico Piero Melograni, che ha studiato a fondo quel periodo: «Petacci era un personaggio ricattabile da parte del regime».

Si sperava che i diari di Claretta Petacci, sicuramente autentici e desecretati dall’Archivio centrale dello Stato settant'anni dopo la loro redazione, avrebbero gettato qualche luce in più sul mistero. Al contrario: dall'agenda 1939 qualcuno ha eliminato proprio le pagine su quei giorni di febbraio. Dopo avere controllato la copia originale, conservata negli uffici dell’Eur, abbiamo scoperto una settimana di buco: dal 5 al 12 febbraio. Dal diario sono state chiaramente sottratte una o più pagine.

La prova? Claretta non scriveva tutti i giorni, ma quando lo faceva terminava sempre il racconto della giornata. Invece, come si può vedere, il foglio del 5 febbraio s’interrompe bruscamente, nel mezzo di una frase ("Legge i biglietti e si inquieta per una cosa che segna. Poi dice: questi sanno..."). E riprende il 12 febbraio come se nulla fosse, con Mussolini che alle nove e tre quarti telefona a Claretta parlando della salma del papa che vuole andare ad omaggiare a San Pietro: “Vado con mia moglie. È bene anche per il mondo che lo faccia. Ma non farò tardi”. Quindi chi ha strappato i fogli ha lasciato involontariamente traccia della clamorosa manomissione.

Nei diari il duce parla di tutto con l’amante, anche di delicati argomenti politici. È sincero, si lascia andare come non fa neppure a casa propria. E lei riporta fedelmente, quasi maniacalmente, ogni sua frase.
Nelle settimane precedenti il dittatore si era scagliato più volte contro Pio XI, definendolo addirittura "una calamità, nefasto per la religione: peggio di questo papa in questo periodo non poteva capitare [...] Tu non sai il male che fa alla Chiesa. Fa cose indegne. Come quella di dire che noi siamo simili ai semiti. Come, li abbiamo combattuti per secoli, li odiamo, e [ora] siamo come loro. Abbiamo lo stesso sangue! Ah! Credi, è nefasto" (8 ottobre '38).
E il giorno dopo, ancora più chiaro: "Porci ebrei, li ucciderò tutti". Anche Galeazzo Ciano nel suo diario scrive che Mussolini il 14 dicembre 1938 ebbe uno scatto d’ira contro il papa, di cui si augurò la morte.

Ma è possibile che Mussolini abbia fatto sopprimere Pio XI tramite il dottor Petacci? Quel che è quasi impossibile, è che nei diari di Claretta non si accenni mai alla vicenda. Soprattutto dati il ruolo di archiatra pontificio ricoperto dal padre e la familiarità che si era instaurata con Mussolini, al quale a sua volta Claretta raccontava le proprie vicende domestiche. Il duce s’interessava a Petacci, lo faceva scrivere sul Messaggero, voleva nominarlo senatore.

L’eliminazione delle pagine scottanti è quindi sicura. Difficile invece stabilire quando avvenne: prima che Claretta in fuga dal lago di Garda nell’aprile ‘45 consegnasse i diari all’amica contessa Rina Cervis? O dopo che furono ritrovati dai carabinieri, cinque anni più tardi, sotterrati nel giardino della contessa a Gardone (Brescia)?

E chi li purgò dei fogli ritenuti imbarazzanti? Claretta stessa, oppure le autorità italiane, oppure i servizi segreti alleati (americano, inglese), ai quali erano stati fatti leggere prima di seppellirli di nuovo per sette decenni nell’Archivio romano in nome della privacy.

L’unico e ultimo erede Petacci è il 70enne Ferdinando, figlio di Marcello (il fratello di Claretta ucciso a Dongo). Vive in Arizona e difende la memoria del nonno: “Perché avrebbe dovuto uccidere un amico che curava da quand’era cardinale, e che per lui era una gallina dalle uova d'oro, la massima referenza? Per fare un favore a Mussolini?”.
Mauro Suttora

Monday, November 07, 2011

Debiti Rcs a 900 milioni

ACCATTATE VIA SOLFERINO! - COME STA MESSO MALE IL “CORRIERE” SE UNA PAGINA INTERA COSTA SOLO 20MILA €, MENO DI UN QUINTO DELLE TARIFFE UFFICIALI DI LISTINO - SERVE UN ALTRO APPELLO: “ITALIANI, IMITATE DELLA VALLE E COPRITE I DEBITI DI RCS (900 MILIONI), BASTANO 45MILA PERSONE CHE COMPRANO PAGINATE!”

di Mauro Suttora

Dagospia, 7 novembre 2011

COME STA MESSO MALE IL CORRIERE...

Il tipo che ha comprato una pagina sul Corsera per invitare gli italiani a comprare Bot dice di averla pagata 20 mila euro. Inquietante: meno di un quinto delle tariffe ufficiali di listino. 

Se i giornali sono costretti a svendere la loro pubblicita' a prezzi così bassi, bisogna lanciare un altro appello: italiani, imitate Della Valle, dite la vostra comprando anche voi paginate sul Corsera. Basterà che lo facciate in 45 mila, e avrete coperto i debiti Rcs (900 milioni)

Tuesday, September 20, 2011

Mussolini e Maria José

LE POLEMICHE DOPO LA RIVELAZIONE DEL FLIRT

di Roberto Alessi e Mauro Suttora

Oggi, 13 settembre 2011

La lettera pubblicata da Oggi due settimane fa in cui Romano Mussolini scrive che tra suo padre Benito e la principessa Maria Josè di Savoia (poi regina) ci fu «una relazione sentimentale intima» ha fatto il giro del mondo.

Prima di realizzare il servizio avevamo contattato le parti più interessate ai due personaggi coinvolti: Emanuele Filiberto di Savoia, nipote di Maria Josè e ultimo discendente dell’ex regina, e Maria Scicolone, moglie separata di Romano.

Il principe, molto legato alla nonna, ci ha detto: «Non ho mai sentito una cosa del genere». La Scicolone, sorella di Sophia Loren, in una prima telefonata ha escluso che Romano, scomparso nel 2006, potesse aver scritto quelle parole. Vista la lettera, però, non solo ne ha confermato l’autenticità, ma ha rivelato che di quella relazione lei aveva spesso parlato con la vedova di Benito Mussolini, Rachele, con la quale aveva vissuto per anni.

Nonostante la conferma dello scoop, sono iniziate le proteste. Ecco associazioni monarchiche («Nulla di più falso»), nostalgici del ventennio («Indegno, Mussolini è stato il più grande statista d’Italia»), e anche la principessa Maria Gabriella di Savoia, figlia di Maria Josè. La quale ha definito la lettera di Romano «vecchia poltiglia». Paolo Granzotto su Il Giornale ha aggiunto: «È solo una vecchia patacca servita come ghiottoneria storica».

Peccato che nello scorso numero di Oggi Vittorio Emanuele, altro figlio di Maria Josè, ci abbia onestamente dichiarato: «Non posso escludere il presunto flirt, ma gli unici che potevano sapere la verità non sono più vivi. Quindi non la sapremo mai».

Romano Mussolini scrisse la lettera nel 1971 al direttore del settimanale Gente Antonio Terzi (poi vicedirettore del Corriere della Sera) dopo che l’autista del duce Ercole Boratto rivelò che tra il dittatore e la principessa c’era stata una liaison.

«Caro Terzi», si legge nella missiva di Romano, «posso in perfetta buona fede confermarLe… spesso in casa nostra si è parlato dei rapporti sia politici sia sentimentali tra Maria José e mio padre, e Le posso dire con sincerità che mia madre a tale proposito è stata sempre (anche se con logico riserbo) assai esplicita: tra mio padre e l’allora Principessa di Piemonte c’è stato un breve periodo di relazione sentimentale intima, poi credo sicuramente interrotta per volontà di mio padre».

«Ho trovato solo ora la lettera nell’archivio di mio padre scomparso nel 2001», ci dice Giovanni Terzi, figlio di Antonio, «e l’ho consegnata a Oggi». Probabilmente Terzi e Mussolini non hanno divulgato la lettera per rispetto verso Maria Josè, morta anche lei nel 2001.

E gli storici, cosa pensano dello scoop di Oggi? «Certo, è difficile pensare, col senno di poi, che ci potesse essere un coinvolgimento così diretto fra qualcuno dei Savoia e Benito Mussolini», ci dice Pasquale Chessa, autore tv (Raistoria) e di molti libri sul fascismo (il più recente: L’ultima lettera di Benito).
«Ma Maria Josè, anticonformista e spregiudicata, non era una Savoia tipica. Difficile capire cosa sia davvero successo. Rimane il dato storico della lettera di Romano Mussolini: tramanda una vulgata famigliare che bene si incrocia con la testimonianza di Clara Petacci, la quale delle parole di Benito si è rivelata essere lo specchio fedele [«La principessa di Piemonte si offrì a me, ma io la rifiutai»]. Naturalmente non si può escludere che si tratti di una vanteria di Mussolini. Oppure che ci abbia provato e sia stato lui rifiutato. Certo sarebbe bello se i Savoia aprissero per davvero i loro archivi consentendo agli studiosi di uscire dal pettegolezzo per entrare nella storia».

«Che i Savoia aprano gli archivi»

Su questo tasto preme anche Christopher Duggan, docente di Storia italiana all’università inglese di Reading e autore di La forza del destino: «La prova definitiva della relazione con Mussolini non ci può essere perché la famiglia reale si è portata via gli archivi. Non sappiamo neppure dove siano, forse a Losanna. Probabilmente molto materiale compromettente sul periodo fascista è stato distrutto».

Roberto Alessi e Mauro Suttora

Wednesday, January 19, 2011

Gian Antonio Stella su Mussolini segreto e Berlusconi


 

Berlusconi e Mussolini

La guerra del gossip da Mussolini al premier

Corriere della Sera, 19 gennaio 2011, pag. 43

di Gian Antonio Stella

«Io non sono il garzone di un barbiere, ho una posizione da rispettare» . Settant’anni prima di Silvio Berlusconi, perfino Benito Mussolini si era posto il problema del decoro. Era il Duce, era osannato dalle folle, aveva in pugno l’Italia, i giornalisti erano così servili che La Stampa arrivò a scrivere che il suo cavallo bianco, quando lui gli parlava, nitriva «in modo significativo» . E non c’era magistrato, anche se l’adulterio sulla carta poteva essere perseguito, che mai e poi mai avrebbe osato inquisirlo. Era lui che comandava i giudici. Eppure se lo pose, il problema.

La rilettura di Mussolini segreto, diari di Claretta Petacci curato da Mauro Suttora e uscito nel 2009 da Rizzoli, alla luce di quanto accade in questi giorni, è assai interessante. Aiuta a capire come sono cambiati i costumi. Nel Paese ma soprattutto lassù in alto. Nel mondo del potere. Il Capoccione, infatti, pagina dopo pagina, sembra avere quasi l’ossessione di non dare scandalo. E se non perde occasione per mostrare i muscoli su tutto il resto, in questa materia si mostra prudente. Spesso prudentissimo.

Le voci che girano gli danno fastidio e lo dice anche all’amante: «Tuo marito parlerà naturalmente con gli altri ufficiali, a mensa o altrove, e dirà: “Mussolini, che predica tanto la famiglia, l’unione, i figli, ha distrutto la mia famiglia, mi ha preso la moglie…”. La mia posizione è insostenibile…»

I pettegolezzi sulle sue attività amatorie, più che spingerlo a battute da sciupafemmine, lo preoccupano: «Di chi vuoi che parlino alla Camera, al Senato, a teatro, nei ricevimenti, nelle case? Di Mussolini, di ciò che fa, dice, pensa… Quando erano i primi tempi ho girato in auto scoperta con la Sarfatti, e andavo in giro con lei anche di giorno. Ma allora ero ancora un giornalista, un ragazzo, non quel che sono oggi. Ora è diverso. Sai cosa dicono? “Prima voleva essere Napoleone, ora vuol essere Cesare e non gli basta. Andando di seguito diventerà Nerone”» .

Claretta vuole essere invitata al ricevimento per la conquista dell’Albania? Il Duce rifiuta: «Sarebbe uno scandalo. Non ci faccio venire mia moglie, e ci porto l’amante. Sono cose che offendono, non si possono fare, abbi pazienza». E insiste: «Voglio che tu sia la donna del mistero, che se anche si sa che tu sei la mia amante, non se ne sia sicuri, che allora l’amore perde il profumo. Io tengo al mio prestigio, quando questo pericola io tronco. Lo sa già mezza Roma…». E ancora: «Dovevamo essere più prudenti. Non sono un uomo comune, sono esposto a tutti i frizzi, a tutti i colpi» . Insomma, guai se la faccenda diventa un tormentone «di cui si parla nei caffè o dalle sarte».

Sinceramente: se si poneva questo problema perfino lui, un dittatore ateo padrone dell’Italia che per avere l’appoggio del Vaticano era arrivato a sposarsi in chiesa e a rimettere i crocifissi nelle scuole, davvero pensava il Cavaliere, a prescindere da eventuali reati (auguri), di potersi permettere tutto?

Gian Antonio Stella (rubrica "Tuttifrutti")

Monday, November 30, 2009

Supermercati, la seconda volta di Caprotti jr

GIUSEPPE, FIGLIO DI BERNARDO, TORNA NEL SETTORE CON COIN E DESPAR

Corriere della Sera, 30 novembre 2009

di Mauro Suttora

«No, non ho rimpianti e non devo prendermi rivincite. Ma sono felice che l’esperienza in Esselunga, dal 1986 al 2004, mi sia servita per le mie attuali iniziative».

Giuseppe Caprotti, 48 anni, venne mandato via cinque anni fa da amministratore delegato dell’azienda famigliare dal padre Bernardo. Uno scontro che fece rumore. Ma oggi torna alla ribalta nel mondo della grande distribuzione con due consulenze di peso. E che, in concorrenza con Esselunga, rappresentano quasi una sfida al padre.

La prima sono i food corner Qb (Quanto basta) nei grandi magazzini Coin. Quello di Genova ha debuttato un mese fa. Il secondo verrà inaugurato a Brescia l’11 dicembre. Seguiranno a maggio due dei quattro Coin milanesi: piazzale Cantore e corso Vercelli. Il clou sarà il multipiano che il gruppo veneziano aprirà nel 2011 in centro a Milano, nel palazzo dell’ex cinema Excelsior, a due passi dalla Rinascente. Che all’ultimo piano ha un’offerta food di alta qualità, con la quale Qb si misurerà direttamente.

L’altra collaborazione di Caprotti junior è con Aspiag, cioè la Despar del Triveneto: «Nei loro supermercati li consiglierò sulla gestione degli spazi e l’eventuale razionalizzazione dell’assortimento food e non food. Cose di cui mi ero occupato in Esselunga: il non food decuplicò in tredici anni, arrivando al 17% del fatturato e al 30 per cento dell’Ebit. Era il secondo reparto per redditività, dopo i latticini».

Incontriamo Caprotti vicino allo storico ex Esselunga di viale Regina Giovanna a Milano, primo supermercato d'Italia nel ‘57. Suo padre secolo due anni fa lo ha venduto a Standa: «Un simbolo che se ne va, mi fa un po’ malinconia».

Laureato in storia alla Sorbona di Parigi, Caprotti era entrato in Esselunga con un apprendistato dal basso. Ha lavorato due anni nei supermarket di Chicago, di cui uno da operaio tra casse e scaffali. Nel 2000 ha preso le redini del colosso da cinque miliardi di fatturato, trasformandone la cultura aziendale.

Tutti ricordano la campagna pubblicitaria Esselunga inaugurata appena diventato direttore marketing nel ’95, con la sorella Violetta che ispirò l'agenzia Armando Testa: quella con «Delfini o banane?» e «Scienziato o cipolla?», per poi passare al limone dagli occhialini rotondi chiamato John Lemon, ad «Aglio e Olio» e a tanti altri claim surreali.
Da azienda chiusa in se stessa, Esselunga divenne terreno di sperimentazione: e-commerce, biologico, «responsabilità sociale»… Parole che suonavano male alle orecchie dell’anziano padre, il quale con un blitz fece fuori il figlio e tutta la prima linea dirigenziale.

Giuseppe non ama ricordare quell’episodio, né vuole commentare il libro Falce e carrello (ed. Marsilio) scritto nel 2007 dal padre contro le Coop. Però gli è rimasta appiccicata la passione per la grande distribuzione, e da due anni scrive per Mark Up, il mensile specializzato diretto da Luigi Rubinelli: «Usavo lo pseudonimo Lancillotto, da ottobre firmo col mio nome».

Caprotti è anche consigliere d’amministrazione di Messaggerie italiane (distribuzione libri e giornali) e Primafrost di Giulio Lombardini. Ma il suo progetto del cuore è Villa San Valerio, residenza di famiglia del Seicento ad Albiate (Monza). «Come dicono gli americani, è giunto il momento di “restituire qualcosa alla comunità”», dice Giuseppe, «con una Onlus per attività culturali, ambientali e sociali della Brianza. Per esempio quelle della Magica Cleme, per far divertire i bimbi del reparto emato-oncologico dell’ospedale San Gerardo di Monza, e dell’Istituto Maria Letizia Verga».

La villa apre spesso i suoi cancelli e i cinque ettari di parco alla «comunità». Quanto agli altri venti ettari di terreni coltivati circostanti, lì la passione ecologica di Caprotti si scatena: «Ho chiesto che gli agricoltori piantino un mais speciale: quello a otto file, possibilmente bio». Per la disperazione degli amministratori locali, nessuna lottizzazione in vista: ovviamente Caprotti è nemico del cemento.

Ed Esselunga? Caprotti junior ne rimane azionista al 33,3 per cento: quota uguale a quella delle due sorelle. Suo padre nel 2010 compie 85 anni, da dieci si dice che vende. Ma non ha venduto. Caprotti, cosa prevede? «Io ho voltato pagina», sorride.

'Mussolini segreto' 12° in classifica

I LIBRI DEL CORRIERE DELLA SERA

domenica 29 novembre 2009

Brown, Baricco, Ammaniti: calma in vetta Ma intanto spuntano De Luca e Wu Ming

Brown, Baricco, Ammaniti: nella Top Ten podio identico a sette giorni fa. Le novità vengono subito con De Luca, che guadagna tre posizioni, e i Wu Ming con un romanzo in cui si muovono (in maniera indipendente) i personaggi di Q. Subito tra i più venduti anche le eccentriche zitelle di Tracy Chevalier e Valerio M. Manfredi che «scava» intorno ai misteri della tomba di Alessandro.

Negli Italiani si viaggia nella Bellano magica e by night di Vitali, nell' antica Roma di Comastri Montanari e nella Venezia ottocentesca di Maurensig. Tra gli Stranieri Meyer «vampirizza» la classifica con quattro titoli. Le new entry oscillano tra brividi (Deaver), sentimenti (Sparks) e pillole di letteratura (Fénéon).

Nei Saggi, Vespa è davanti a tutti; inseguono Brosio, folgorato sulla via di Medjugorje, e Gad Lerner, che scala undici posti; le novità sono Mancuso e Mussolini, nei diari della Petacci.

Le classifiche

Dati relativi alla settimana dal 16/11/2009 al 22/11/2009.
Elaborazione a cura di Demoskopea

Saggistica

1 Bruno Vespa Donne di cuori Mondadori - Rai Eri, 20 euro
2 Federico Rampini Slow economy Mondadori, 17
3 Gianfranco Fini Il futuro della libertà Rizzoli, 16
4 Paolo Brosio A un passo dal baratro Piemme, 18
5 Umberto Galimberti I miti del nostro tempo Feltrinelli, 17
6 Gad Lerner Scintille Feltrinelli, 15
7 Vito Mancuso La vita autentica Cortina, 13,50
8 Benedetta Tobagi Come mi batte forte il tuo cuore Einaudi, 19
9 Simone Perotti Adesso basta Chiarelettere, 14
10 Roberto Saviano La bellezza e l'inferno Mondadori, 17,50
11 Carlo M. Martini Qualcosa di così personale Mondadori, 17
12 Claretta Petacci Mussolini segreto Rizzoli, 21
13 Raffaele Morelli Puoi fidarti di te Mondadori, 17
14 Azar Nafisi Le cose che non ho detto Adelphi, 19,50
15 Andrea Camilleri Un onorevole siciliano Bompiani, 12
16 Paolo Crepet Sfamiglia Einaudi, 15
17 Curzio Maltese La bolla Feltrinelli, 13
18 Guido Crainz Autobiografia di una repubblica Donzelli, 16,50
19 Mark Thompson La guerra bianca Il Saggiatore, 22
20 Oriana Fallaci Intervista con il potere Rizzoli, 24,50

Sunday, November 22, 2009

Haaretz: Mussolini: "I'll build an island for the Jews"

'Mussolini: I'll build an island and put all the Jews there'

Haaretz

Nov 17, 2009

Italian dictator Benito Mussolini was a rabid anti-Semite who called Adolf Hitler "a big romantic" and despised the pope, a new book of his mistress Claretta Petacci's diaries revealed, AFP reported on Monday.

The Corriere della Sera daily reportedly published extracts of the book "Secret Mussolini," taken from diaries written between 1932 and 1938, on Monday two days before it hits Italian book shops.

While on a boating trip on August 4, 1938, Mussolini talked about the German dictator's new anti-Semitic laws with his mistress, saying "I've been racist since 1921," according to AFP.

"I don't know how they can think that I'm imitating Hitler, he wasn't born yet..." he was quoted as saying. "We must give Italians a feeling of race so that they don't create half-castes, so that they don't spoil what is beautiful about us."

Two months later, on October 11, Mussolini is again at sea with Petacci, when he was quoted as saying: "Those bloody Jews, they should be destroyed ... I'll build an island and put them all there... They don't even have any gratitude, recognition, not even a letter of thanks... They say we need them, their money, their help."

Mussolini's regime was generally considered less ideologically extreme than that of Hitler, who created concentration camps during the Holocaust to exterminate what he considered "inferior" people and races, including Jews.

On October 1, 1938, after the Munich Conference that gave Hitler a slice of Czechoslovakia, Mussolini tells his mistress that "the Fuhrer is very nice. Hitler is a big romantic at heart. When he saw me he had tears in his eyes. He really likes me a lot," AFP reported.

Diary entries also reportedly show Mussolini's anger with pope Pius XI who said he was "spiritually close to all Semites" and called for Catholic marriages to Jews to be recognised.

Thursday, November 19, 2009

Aventar (Brasil): Benito, para os amigos

A máquina do tempo: Mussolini

Colocado por Carlos Loures em 19 de Novembro de 2009

Foi posto ontem à venda nas livrarias italianas, editado pela Rizzoli, de Milão, o livro do jornalista Mauro Suttora com o título «Mussolini segreto» – «Mussolini Secreto». Revela, segundo se diz, uma nova imagem do ditador que, tem sido habitualmente descrito como um bonacheirão muito menos sanguinário do que o seu aliado Adolf Hitler. Afinal, Benito Mussolini disputava a Hitler a qualidade de campeão do anti-semitismo ( «Hitler è un sentimentalone»), acusava Franco de ser um idiota, ameaçava o Vaticano com o corte de relações («Questo papa è nefasto»)…

«Estudei durante muitos meses mais de 2000 páginas escritas por Claretta, com uma caligrafia apertada e difícil», diz Suttora. Já no fim da guerra da Libertação, quando o casal Benito e Clara tinha já a água pelo pescoço e teve de fugir de Salò, onde se refugiara após a queda do governo de Mussolini, ainda mantendo a esperança de ressuscitar o fascismo, a amante do Duce entregou os seus diários a uma amiga de confiança, que os escondeu. Foram encontrados em 1950.

Mauro Suttora (1959) é um escritor e jornalista milanês, colaborador do Corriere della Sera, com reportagens sobre a guerra Irão-Iraque, o massacre de Tiananmen, a primeira guerra do Golfo, Gorbatchov, a guerra da Jugoslávia, a Segunda Intifada, etc. Entre os seus romances, destaca-se o best seller «No sex in City», publicado em 2007. É ele que me ajuda hoje a pilotar a nossa máquina do tempo de regresso a esses anos escaldantes que antecederam a 2ª Guerra Mundial.

Segundo o autor, o que se torna reveladoramente explosivo é o facto de as palavras de Clara Petacci, a linda actriz com os cabelos cor de azeviche, destruírem a imagem de um ditador que cometeu excessos, mas humano, um pouco ridiculamente fanfarrão, mas simpático, um acólito moderado de Hitler, um homem que foi atrelado ao carro nazi contra sua vontade e que aprovou as leis contra os judeus apenas para não contrariar o seu louco aliado. Um católico devotado. Essa imagem é falsa, segundo o livro de Suttora. E depois há as revelações eróticas, que numa Itália vacinada pelos desmandos de Berlusconi, não causarão grande impacto.

«Sabes, meu amor? A noite passada, no teatro, despi-te mentalmente pelo menos três vezes. Olhava-te, tirava-te a roupa e desejava-te como um louco». Parece um fragmento de uma escuta telefónica ao inenarrável Silvio, mas são palavras de Benito que Clara anotou em 5 de Janeiro de 1938. A relação adúltera durava desde 1932, tinha Clara Petacci 20 anos e Mussolini 40. O Duce era casado com Rachel Mussolini (1890-1979) . Tinham seis filhos.

Mussolini ficava furioso quando apontavam Hitler como pioneiro do anti-semitismo: em 4 de Agosto de 1938, sempre de acordo com o diário de Petacci, o ditador fascista terá berrado: «Eu já era racista em 1921. Não sei como podem pensar que imito Hitler se ele nem sequer tinha nascido. Os italianos deveriam ter mais sentido da raça, para não criar mestiços que irão estragar o que temos de bonito». Vinte dias antes saíra o «Manifesto della razza», documento que tentava criar a tese da superioridade da etnia itálica.

Pio XI não terá escapado à fúria de Benito: «Se os do Vaticano continuam assim, vou romper todas as relações com eles. São uns miseráveis hipócritas. Proibi os casamentos mistos e agora o Papa pede-me para casar um italiano e uma preta. Não! Vou-lhes partir a cara a todos».

Franco não foi melhor tratado: «Esse tal Franco é um idiota. Julga que ganhou a guerra com uma vitória diplomática, só porque alguns países o reconheceram, mas tem o inimigo dentro de casa. Se tivesse só metade da força dos japoneses, já teria acabado com tudo há quatro meses. São apáticos [os espanhóis], indolentes, têm muita coisa dos árabes. Até 1480 os árabes dominaram a Espanha, foram oito séculos de domínio muçulmano. Aí está a razão porque comem e dormem tanto», anotou Claretta em 22 de Dezembro de 1937.

Enfim, um livro que promete levantar celeuma, principalmente em Itália onde ainda existe uma residual falange de apoio ao ditador que, com a sua amante Clara Petacci, foi numa praça executado de Milão, no dia 25 de Abril de 1945.

Wednesday, November 18, 2009

Le Monde: Mussolini antisémite

Un Mussolini foncièrement antisémite révélé par les journaux de sa maîtresse

Le Monde, 16.11.09

http://www.lemonde.fr/culture/article/2009/11/30/mussolini-les-juifs-et-les-femmes_1274049_3246.html

Un Mussolini foncièrement antisémite, fasciné par la puissance du Troisième Reich d'Adolf Hitler et furieux contre le pape Pie XI, émerge du livre "Mussolini Secret" qui regroupe des journaux intimes de sa maîtresse Claretta Petacci et sera publié mercredi en Italie par Rizzoli.

Dans cet ouvrage, dont le journal Corriere della Sera publie lundi des extraits, sont synthétisés des écrits consignés de 1932 à 1938 qui révèlent des aspects méconnus du dictateur fasciste.

Le 4 août 1938, les deux amants sont en bateau et à propos des lois anti-juives d'Hitler, Mussolini dit à sa maîtresse: "moi j'étais raciste dès 1921. Je ne sais comment ils peuvent penser que j'imite Hitler, il n'était pas encore né (...) Il faut donner un sens de la race aux Italiens pour qu'ils ne créent pas de métisses, qu'ils ne gâchent pas ce qu'il y a de beau en nous".

Le 11 octobre, à la mer avec Claretta, il se déchaîne: ""ces saloperies de Juifs, il faut tous les détruire, je ferai un massacre comme les Turcs ont fait (...) Je bâtirai une île et les y mettrai tous (...) Ils n'ont même pas un peu de gratitude, de reconnaissance, pas même une lettre de remerciement. (...) Ils disent que nous avons besoin d'eux, de leur argent, de leur aide".

Mussolini raconte aussi le 1er octobre 1938 à sa maîtresse les coulisses de la Conférence de Munich: "Le Führer est très sympathique. Hitler est un grand sentimental au fond. Quand il m'a vu il avait les larmes aux yeux. Il m'aime vraiment beaucoup".

Des passages des journaux intimes révèlent aussi sa colère contre le pape Pie XI qui s'est déclaré "proche spirituellement de tous les sémites" et demande que les mariages religieux entre juifs et catholiques soient valables.

"Tu ne peux pas savoir quel mal ce pape fait à l'Eglise. Jamais un pape n'a été aussi néfaste pour la religion", dit-il, en s'érigeant contre l'idée d'un Italien se mariant à un Noir.

Ailleurs, "la Petacci" raconte la passion entre les deux amants et les écarts de Mussolini avec d'autres maîtresses. "Oui mon amour, j'ai tort, surtout que je t'aime de plus en plus et que je sens que tu m'es nécessaire plus qu'aucune autre chose au monde", lui dit-il le 19 février 1938.

Sueddeutsche Zeitung: Der geheime Mussolini

Mussolinis geheime Gedanken

München, 17.11.2009

von Henning Klüver

Was hat der Diktator wirklich gedacht? Die Aufzeichnungen der Geliebten von Benito Mussolini verraten es - und werden nun publiziert.

Hitler? Ein Gefühlsdusel. Papst Pius XI.? Ein Unglücksrabe, eine einzige Katastrophe. Wenn Benito Mussolini bei seiner Geliebten Claretta Petacci war, nahm er kein Blatt vor den Mund.

Claretta Petacci, geboren 1912, lernte den 29 Jahre älteren Diktator 1932 kennen und wurde 1936 seine feste Geliebte. Partisanen erschossen sie zusammen mit dem Duce, als beide versuchten, vom Comer See aus in die Schweiz zu fliehen. Clarettas Tagebuchaufzeichnungen aus den Jahren 1932-38, die im römischen Staatsarchiv lagerten und deshalb als authentisch angesehen werden, erscheinen jetzt in dem Band "Mussolini segreto" (Der geheime Mussolini), herausgegeben von Mauro Suttora beim Mailänder Rizzoli Verlag.

Ihre Veröffentlichung war lange Zeit zwischen den Erben der Familie Petacci und dem italienischen Staat umstritten. In einem Vorabdruck bot der Corriere della Sera nun erste "Kostproben" an.

So erzählte Mussolini seiner Geliebten etwa vom Empfang durch Hitler bei der Münchener Konferenz, dass der Führer ("sehr sympathisch") Tränen in den Augen hatte, "als er mich sah." Und zur Judenfrage, sagte der Duce, es sei an der Zeit, "dass die Italiener lernen, dass sie nicht länger von diesen Schlangen ausgebeutet werden".

Monday, November 16, 2009

Olanda, agenzia Anp

Mussolini was al vroeg racist en anti-Joods

16 nov 2009

De latere Italiaanse dictator Benito Mussolini was al in 1921 een racist en fel anti-Joods.
Dit blijkt uit dagboeken van zijn minnares Claretta Petacci waaruit de krant Corriere della Sera vandaag citeert.

Sommige Italianen denken dat 'hun' fascisme de eerste vijftien jaar niet antisemitisch was en pas in 1937/'38 onder Duitse invloed anti-Joods werd. Wat de fascistische leider betreft, worden die denkbeelden nu door zijn eigen minnares gelogenstraft. "Die verdomde Joden, ze zouden allemaal vernietigd moeten worden, ik zal een slachting uitvoeren, zoals de Turken deden'', zei Mussolini volgens Petacci al in oktober 1921.

Bij een andere gelegenheid zei Mussolini volgens Petacci dat hij alle Joden naar een eiland wilde sturen. De dagboeken van de minnares van de Duce verschijnen woensdag onder de titel "De geheime Mussolini''. De Corriere della Sera heeft maandag al uittreksels gepubliceerd.

BRON: ANP

Corsera: le confidenze del duce

Dal libro 'Mussolini segreto' (ed. Rizzoli)

Corriere della Sera, lunedì 16 novembre 2009



5 gennaio 1938. Mussolini riceve l’amante a Palazzo Venezia. Tenero e appassionato, ricorda la serata precedente. E lei riporta così le sue parole.

«Lo sai amore che ieri sera a teatro ti ho spogliata tre volte almeno? Quando mi sono alzato in piedi dietro a mia moglie sentivo di prenderti. Avevo un folle desiderio di te. Mi dicevo: 'Il suo piccolo corpo, la sua carne di cui io sono folle, domani sarà mia'. Ti vedevo, e quando sei salita su ti sei accorta che ti spogliavo. Ti guardavo, ti svestivo e ti desideravo come un folle. Dicevo: 'Il suo corpicino delizioso è mio, è tutto mio. Io la prendo, vibra per me, è un tutt’uno con il mio corpo'. Vieni, ti adoro. Come puoi pensare che io, schiavo della tua carne e del tuo amore, pensi ad altre».

19 febbraio 1938. Al monte Terminillo, Claretta amareggiata rinfaccia a Mussolini le scappatelle con altre donne. Lui si scusa.

«Sì amore, faccio male, tanto più che ti amo sempre di più, e sento che mi sei necessaria più di ogni cosa. Ti adoro e sono uno sciocco. Non ti devo far soffrire, anche perché questa tua sofferenza si riversa su di me, perché io soffro di ciò che soffri»

17 luglio 1938. Mussolini e Claretta sono al mare, a Ostia. Lei riferisce un suo sfogo.

«Ah, questi italiani, io li conosco bene, li vedo nelle viscere. E so che sto sullo stomaco a molti. L’entusiasmo è un’apparenza. La verità è che sono stanchi di me, che li faccio marciare»

4 agosto 1938. I due amanti sono in barca. Venti giorni prima è uscito il Manifesto della razza.

«Io ero razzista dal ’21. Non so come possano pensare che imito Hitler, non era ancora nato. Mi fanno ridere. (...) Bisogna dare il senso della razza agli italiani, che non creino dei meticci, che non guastino ciò che c’è di bello in noi».

28 agosto 1938. Sono insieme sulla spiaggia. Mussolini legge, poi scatta.

«Ogni volta che ricevo il rapporto dell’Africa ho un dispiacere. Anche oggi cinque arrestati perché convivevano con le negre. (...) Ah! Questi schifosi d’italiani, distruggeranno in meno di sette anni un impero. Non hanno coscienza della razza».

1 ottobre 1938. Il Duce racconta all’amante i retroscena della conferenza di Monaco, nella quale Francia e Gran Bretagna hanno accettato le pretese di Hitler sulla Cecoslovacchia.

«Le accoglienze di Monaco sono state fantasti che, e il Führer molto simpatico. Hitler è un sentimentalone, in fondo. Quando mi ha veduto aveva le lagrime agli occhi. Mi vuole veramente bene, molto. (...) Ma ha degli scatti di una violenza che solo io riuscivo a frenare. Faceva faville, fremeva, si conteneva con sforzo. Io invece, l’imperturbabile. (...)
«Ormai le democrazie devono cedere il passo alle dittature. Noi eravamo una forza sola, avevamo un significato, rappresentavamo un’idea e un popolo. Lui con la camicia bruna, io in camicia nera. Loro così, umiliati e soli. Ti sarebbe piaciuto davvero, essere lì a vedere. (...)
«La vittoria è ormai delle dittature. Questi regimi vecchio stile non vanno più, sono creatori di disordine. Uno solo deve essere al timone, e comandare. Oggi la Germania è la più grande potenza del mondo. Sono ottanta milioni di uomini che bisogna pensarci, prima di attaccarli. (...) Dovevi vedere con che affetto, simpatia e devozione mi hanno accolto ovunque lungo la strada. Hanno compreso anche là che l’artefice della pace, l’unico che poteva far desistere Hitler da qualsiasi movimento, ero io. Lo smacco della politica rossa è insormontabile. No, è falso, non abbiamo mai mangiato insieme a Daladier e a Chamberlain. Sempre fra nazisti e fascisti, e mi sono trovato benissimo».

8 ottobre 1938. Mussolini è indignato con Pio XI, che ha dichiarato «spiritualmente siamo tutti semiti» e chiede di riconoscere la validità dei matrimoni religiosi misti tra ebrei e cattolici.

«Tu non sai il male che fa questo papa alla Chie sa. Mai papa fu tanto nefasto alla religione come questo. Ci sono cattolici profondi che lo ripudiano. Ha perduto quasi tutto il mondo. La Germania completamente. Non ha saputo tenerla, ha sbagliato in tutto. Oggi siamo gli unici, sono l’unico a sostenere questa religione che tende a spegnersi. E lui fa cose indegne. Come quella di dire che noi siamo simili ai semiti. Come, li abbiamo combattuti per secoli, li odiamo, e siamo come loro. Abbiamo lo stesso sangue! Ah! Credi, è nefasto.

«Adesso sta facendo una campagna contraria per questa cosa dei matrimoni. Vorrei vedere che un italiano si sposasse con un negro. Abbiamo veduto che anche i matrimoni con i bianchi stranieri portano, in caso di guerra, alla disgregazione delle famiglie. Perché l’uno e l’altro coniuge si sentono in quell’attimo assolutamente per la propria Patria. Perché l’hanno nel sangue. Di qui naturalmente l’impossibilità d’accordo, e le famiglie a rotoli. Lui dia pure il permesso, io non darò mai il consenso. (...) Ha scontentato tutti i cattolici, fa discorsi cattivi e sciocchi. Quello dice: 'Compiangere gli ebrei', e dice: 'Io mi sento simile a loro'... È il colmo».

11 ottobre 1938. Al mare con Claretta, il Duce si scaglia contro gli ebrei.

«Questi schifosi di ebrei, bisogna che li distrugga tutti. Farò una strage come hanno fatto i turchi. Ho confinato 70 mila arabi, potrò confinare 50 mila ebrei. Farò un isolotto, li chiuderò tutti là dentro. (...) Sono carogne, nemici e vigliacchi. Non hanno un po’ di gratitudine, di riconoscenza, non una lettera di ringraziamento. La mia pietà era viltà, per loro. Dicono che abbiamo bisogno di loro, dei loro denari, del loro aiuto, che se non potranno sposare le cristiane faranno cornuti i cristiani. Sono gente schifosa, mi pento di non aver pesato troppo la mano. Vedranno cosa saprà fare il pugno d’acciaio di Mussolini. (...) È l’ora che gli italiani sentano che non devono più essere sfruttati da questi rettili».

10 novembre 1938. Il governo approva il decreto legge sulla razza che entrerà in vigore una settimana dopo. Benito ne parla a Claretta.

«Oggi abbiamo trattato la questione degli ebrei. Certamente sua Santità solleverà delle proteste, per ché non riconosceremo i matrimoni misti. Se la Chiesa vorrà farne, faccia pure. Però noi, Stato, non li riconosceremo, e saranno come amanti. Di conseguenza, nemmeno i figli. Tutti quelli che si sono fatti cattolici fino ad oggi, e quindi i figli, rimarranno come adesso. Dalla data stabilita in poi non si ammetteranno più. Diversamente si farebbero tutti cattolici pur di potersi sposare, e allora la questione della razza non avrebbe ragion d’essere. Questo il Papa non lo vuol capire, quindi faccia come crede».

16 novembre 1938. Nuovo sfogo contro Pio XI.

«Ah no! Qui il Vaticano vuole la rottura. Ed io romperò, se continuano così. Troncherò ogni rapporto, torno indietro, distruggo il patto. Sono dei miserabili ipocriti. Ho proibito i matrimoni misti, e il papa mi chiede di far sposare un italiano con una negra. Solo perché questa è cattolica. Ah no! A costo di spaccare il muso a tutti».