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Monday, January 18, 2021

Razzi, Scilipoti, Casaleggio, Spadafora: trasformisti del terzo millennio

di Mauro Suttora


HuffPost, 18 gennaio 2021

Cos’hanno in comune coi grillini Antonio Razzi e Domenico Scilipoti, eroi eponimi del trasformismo?

Molto, scopriamo. Dopo un decennio usato dai 5 stelle per far carriera sventolando i loro due nomi, simboli del male, adesso i voltagabbana, trasformati in responsabili costruttori, risultano preziosissimi per conservare il proprio stipendio.

Ma sono sfuggite ai più due altre curiose coincidenze. Da chi furono infatti eletti deputati, Razzi nel 2006 e Scilipoti nel 2008? Da Antonio Di Pietro, altro ex moralizzatore. E chi organizzava la campagna elettorale online del suo partito, Italia dei Valori? La società Casaleggio&associati, che per portare quei due gentiluomini in Parlamento incassò un milione e mezzo di euro nel 2005-10. Provenienti dal finanziamento pubblico con cui Di Pietro pagava all’azienda milanese la gestione del suo sito (e pazienza se contemporaneamente, nel 2008, la Casaleggio organizzava con il nascente Grillo politico un referendum contro quello stesso finanziamento pubblico).

Ecco quindi che, grazie alla casa madre grillina, la contiguità e continuità fra i saltatori della quaglia del terzo millennio è assicurata.

Certo, Razzi&Scilipoti furono dilettanti al cospetto di Giuseppe Conte. Il nostro ineguagliabile premier infatti detiene il guinness mondiale del trasformismo. Non si rinvengono nella storia dell’intero pianeta precedenti di un premier passato direttamente dalla guida di un governo a quella di un altro di segno opposto. 

Andreotti nel 1972 presiedette una coalizione di centrodestra e nel 1976-79 sposò i comunisti, ma dopo un intervallo di quattro anni. E, anzi, fu scelto proprio grazie ai suoi precedenti non di sinistra per rassicurare gli elettori dc di destra durante l’abbraccio col Pci.

Il liberale tedesco Genscher nel 1982 terminò l’era del socialista Schmidt e inaugurò quella del dc Kohl rimanendo ministro degli Esteri. Ma non era premier.

Si parva licet, il sindaco psi di Milano Pillitteri nel 1987 passò da un’alleanza con la Dc al Pci. Però erano tradimenti locali.

Seconda connection con lo spensierato mondo delle giravolte: il ministro grillino dello Sport Vincenzo Spadafora da Afragola. Lui con il neoalleato Mastella sente odore di casa. Se non gli riesce l’impresa di far espellere l’Italia dalle Olimpiadi (perché ha tolto al Coni l’autonomia dal governo), recupererà almeno le comuni origini campane. La sua variopinta carriera inizia infatti da virgulto 24enne come segretario particolare del presidente regionale campano Andrea Losco (Udeur di Mastella). Poi plana ovunque, destra, sinistra, centro: eccolo alla corte di Pecoraro Scanio, Rutelli, Fini, Schifani, Carfagna, Montezemolo, finché atterra dal compaesano Di Maio. 

Spadafora è un prodigio di ubiquità. Infatti il titolo della sua autobiografia, inopinatamente pubblicata da Mondadori nel 2014, è “Manifesto di un Paese che non si tira indietro”.

Ora gliele tira addosso il grillino Di Battista, che poche settimane fa alludendo a Spadafora gemeva: “Rischiamo di finire come l’Udeur”. E non erano ancora arrivati i neoRazzi&Scilipoti a salvarli.

Mauro Suttora

Wednesday, August 31, 2011

Province taglia e cuci

COSA CAMBIA DOPO LA SFORBICIATA AGLI ENTI LOCALI

SONO PARTITI CON L'IDEA DI ELIMINARNE 37 SU 110. MA POI SONO SCESI A 29. ANZI NO, A 23. MENO DI UN QUARTO DEL TOTALE. E IL NUMERO POTREBBE SCENDERE ANCORA. INTANTO, LE "NOMINATE" CERCANO DI SALVARSI COSÌ

di Mauro Suttora

Oggi, 19 agosto 2011

All'inizio dovevano essere 37 su 110, le Province tagliate dalla manovra. Poche, per chi vorrebbe abolirle tutte, ma comunque un terzo del totale. Erano sparite quelle sotto i 300 mila abitanti. Poi la precisazione: si salvano le otto «grandi», che misurano più di 3.000 kmq. Criterio ragionevole: da Livigno (Sondrio), per esempio, ci sarebbero volute tre ore e mezzo di auto per raggiungere il nuovo capoluogo più vicino (Como o Lecco); e Sappada (Belluno) è lontanissima da Treviso. Si scende così a 29.

Ora, però, scopriamo che in realtà saranno solo 23 le Province eliminate: molto meno di un quarto del totale. In sei casi basta che due mini-Province attigue si uniscano, per superare la soglia-mannaia degli abitanti: Trieste e Gorizia, Vercelli e Biella (come prima del 1995), Ascoli Piceno e Fermo (separate appena sette anni fa), Savona e Imperia, Pistoia e Prato, Enna e Caltanissetta.

Un trucco cui potrebbero ricorrere anche le confinanti Lodi e Piacenza, La Spezia e Massa-Carrara, Terni e Rieti, Campobasso e Benevento, se non appartenessero a regioni diverse. Infine, se le Regioni a statuto speciale (Sardegna, Sicilia e Friuli-Venezia Giulia) riescono a salvare le loro Province in nome dell' autonomia da Roma, come già minacciano, si scenderebbe fino a 14. Una miseria.
Ma vediamo, una per una, la situazione delle 23 Province "in nomination".

1) TRIESTE, GORIZIA . Sono condannate dal 1945, quando la guerra le amputò del loro entroterra passato alla Jugoslavia. «Ma cancellarle è inaccettabile, perché priverebbe di rappresentatività tutta l' area giuliana a vantaggio del Friuli», dice Maria Teresa Bassa Poropat, 64 anni, presidente Pd della Provincia di Trieste. La soluzione: una nuova Provincia targata Vg (Venezia Giulia) o Tg (Trieste-Gorizia).

2) ASTI . Piuttosto che cadere sotto Alessandria, lontana solo 37 chilometri ma detestata dagli astigiani, la presidente provinciale Maria Teresa Armosino (con doppio incarico: è anche deputata Pdl), 56 anni, pensa a una nuova «Provincia del vino» che annetta da Cuneo le Langhe e Roero con Alba e Bra, il Monferrato con Casale e magari pure Chieri e Acqui.

3) VERCELLI, BIELLA. Dovrà tornare a casa, la ricca Biella staccata da Vercelli 16 anni fa. Piuttosto andrebbe con Novara, ma non c' è contiguità territoriale.

4) VERBANO CUSIO OSSOLA. Anche questa nuova Provincia del '95 sarà riassorbita da Novara.

5) LODI . Scorporata da Milano, potrebbe anire con Pavia o Cremona se la Provincia milanese si trasformerà in «area metropolitana» dopo aver perso anche Monza (salva perché è la terza città lombarda, supera pure Bergamo e Como).

6) PIACENZA . Rinascerà il «ducato» con Parma, che durò ben tre secoli ano all' unità d' Italia, anche se nessun papa Farnese imporrà il proprio aglio al suo governo, come nel 1545...

7) ROVIGO. Il destino naturale del Polesine è a nord, con Padova, anche se qualcuno medita di chiedere il cambio di Regione per mettersi con Ferrara. Ma il Po è un conane naturale.

8) IMPERIA, SAVONA . La fantasia del presidente della Provincia di Savona Angelo Vaccarezza (Pdl) è fervida: «Uniamoci con Cuneo, e pure con Nizza...» Anche lui vuole tornare al 1859.

9) LA SPEZIA. Le ipotesi sono due: strappare Sestri e il Tigullio a Genova (che a quel punto diventerebbe area metropolitana), oppure espandersi a Est oltre il conane toscano e unirsi alla Lunigiana (Lunezia).

10) MASSA CARRARA. Odi di campanile rendono difacile l'unione con Lucca. Quindi gli apuani guardano a Ovest e vorrebbero strappare alla Spezia la val di Magra.

11) PISTOIA, PRATO. Basterebbero 7 mila abitanti in più per salvare Pistoia. Se non li troverà si metterà con Prato, che detesta meno di Lucca.

12) ASCOLI, FERMO. Fermo dista appena 25 chilometri in linea d' aria da Macerata, e 30 da Ascoli. Con tutto il rispetto, quale follia prese il Parlamento nel 2004, quando trasformò questa stupenda cittadina marchigiana di 37 mila abitanti in capoluogo? Tornerà sotto Ascoli, come prima.

13) TERNI . Sabato scorso tutti in piazza per incatenarsi al palazzo della Provincia. Ed esorcizzare un incubo: il ritorno sotto Perugia dopo l'autonomia ottenuta da Benito Mussolini nel 1927. Anche la Provincia di Perugia sparisce: resta solo la Regione, come in Val d' Aosta e Molise.

14) RIETI. Fino a 84 anni fa non stava neppure nel Lazio, ma in Umbria. La creò il fascismo, per la gloria della Regione di Roma. Ora, piuttosto che finire sotto la lontana Capitale, molti tornerebbero con Terni.

15) ISERNIA . Nata 41 anni fa. La città di Isernia è un paesone di 22 mila abitanti. Venafro cercherà di passare alla Provincia di Caserta.

16) CAMPOBASSO. Salta perché, conglobata Isernia, coincide con la regione Molise. E molti vogliono ripristinare la Regione unica Abruzzi-Molise, come prima del 1963.

17) BENEVENTO. «Uniamoci al Molise nel Molisannio», propone Clemente Mastella. Da Salerno e Avellino lanciano appelli di unità anti-Napoli. Più concretamente, si mira a far rientrare 13 mila emigrati nel giorno del censimento (9 ottobre) per superare quota 300 mila.

18) CROTONE . «Non torneremo vassalli di Catanzaro», dice il presidente Stano Zurlo (Pdl), «i parlamentari "nominati" non possono eliminare noi veri eletti del popolo».

19) VIBO VALENTIA. La provincia, anch' essa nata nel ' 95 come Crotone, per sopravvivere vuole annettersi i circondari di Lamezia Terme (Catanzaro) e Rosarno (Reggio Calabria).

20) ENNA, CALTANISSETTA . Enna, paese di 27 mila abitanti, fu fatta Provincia nel 1926 da Mussolini, che la preferì alla Caltagirone (40 mila abitanti) del nemico Luigi Sturzo.

21) CARBONIA-IGLESIAS . Fa parte dell'infornata di quattro nuove Province sarde di sei anni fa. È la più piccola e più povera d'Italia.

22) MEDIO CAMPIDANO . Chi conosce Villacidro e Sanluri? Sono i due capoluoghi di questa Provincia nata nel 2005. In totale, la Sardegna oggi conta 12 capoluoghi di Provincia: come la Lombardia.

23) OGLIASTRA . È quella con meno abitanti: 57 mila. Meno di un rione di Roma. Ma con ben due capitali: Lanusei (5 mila abitanti) e Tortolì (10 mila).

Mauro Suttora

Wednesday, February 24, 2010

intervista a Mastella

ORA CHIAMATEMI SAN CLEMENTE MARTIRE

«Finalmente perfino Di Pietro riconosce che certi magistrati hanno esagerato», dice l’ex ministro. «Però mia moglie resta in esilio, e io sono ancora perseguitato»

di Mauro Suttora

Oggi, febbraio 2010

Dopo la sua «svolta di Salerno», ora ad Antonio Di Pietro toccherà riabilitare anche l’ex amico Clemente Mastella?
Il capo dell’Italia dei Valori al congresso del proprio partito ha ammesso che il giustizialismo non paga, e che certi toni usati contro i politici inquisiti sono eccessivi. In particolare, Di Pietro ha dato via libera a Enzo De Luca, sindaco di Salerno e candidato Pd alla presidenza della Campania nelle prossime regionali del 28 marzo.
De Luca è incriminato in due processi per truffa, associazione a delinquere, concussione e falso. Cionostante, l’eroe di Mani Pulite riconosce che ha amministrato bene Salerno, e che ha le carte in regola per succedere ad Antonio Bassolino se batte il candidato Pdl Stefano Caldoro.

L’improvviso cambiamento ha scontentato molti nel partito, che l’anno scorso ha preso l’8 per cento alle europee (riquadro nella pagina seguente). In particolare Luigi De Magistris, l’ex magistrato che con le sue accuse contribuì a far dimettere nel 2008 Clemente Mastella da ministro della Giustizia, e di conseguenza a far cadere il governo Prodi, e a far tornare Silvio Berlusconi al potere.

Chi allora, meglio di Mastella, può commentare il clamorosodietrofront dipietrista?
«Non c’è peggior moralista di chi fa la morale agli altri, ma poi deve spiegare la provenienza di qualche scheletro nel proprio armadio», dice l’ex ministro. «Io sono stato distrutto politicamente dalle inchieste di De Magistris, che ora si rivelano senza fondamento. Nel frattempo, però, ho perso il posto da ministro, e un intero partito, l’Udeur. Mia moglie è da mesi costretta all’esilio: non può metter piede non solo nella nostra casa di Ceppaloni, ma in tutta la Campania. Tutta la mia famiglia è stata messa alla gogna...»

Beh, i suoi figli con i loro comportamenti estroversi hanno facilitato il compito dei vostri avversari politici.
«L’unico accenno a mio figlio nell’inchiesta riguarda un’auto che lui avrebbe avuto da un concessionario, e che invece ha pagato dandone in cambio un’altra. Andate a vedere che ha fatto il figlio di Di Pietro».

Mogli e amanti

Ma sua moglie doveva proprio darsi alla politica?
«Embè, e le mogli di Togliatti, di Fassino, di Bassolino? Meglio le mogli delle amanti, come si usa adesso? Almeno il cognome si sa, se la gente non la vuole non la vota».

E quando andò con suo figlio in elicottero al Gran premio di Monza?
«Era un elicottero privato, dell’Aci, che mi invitò e diede un passaggio pure a un altro ministro, Rutelli. Il giorno dopo avevo un impegno a Brescia, a Milano ci sarei comunque dovuto andare. È stata l’unica volta che mio figlio ha viaggiato con me, e non ha tolto il posto a nessuno».

Le accuse penali contro di lei riguardano decine di assunzioni all’Agenzia dell’Ambiente campana.
«Ho segnalato dei poveri cristi che avevano bisogno di lavorare. Per contratti di soli tre mesi. E alla fine, sa quanti erano direttamente riferibili a me e a mia moglie? Tre».

Le raccomandazioni sono un cancro italiano.
«Ma rispetto a un bisogno, c’è il dovere di farle. Se hanno i requisiti, se non scavalcano chi ha più diritto... Ma, anche qui: quante raccomandazioni hanno fatto gli altri, e anche l’Italia dei Valori?»

Lei ripete sempre: guardate gli altri.
«E certo. Sono stato l’unico preso di mira, guarda caso dopo che sono diventato ministro della Giustizia. Perché solo io devo passare sotto le forche caudine?»

Forse perché è di Benevento...
«Buona battuta, ma la verità è proprio questa: sono come Calimero, piccolo e nero. Capo di un partito piccolo, ex dc, meridionale. E senza grandi giornali dietro».

Come il suo ex «fratello gemello» del Ccd, Casini?
«Per amor di Dio, lasciamo stare».

Beh, non faccia troppo la vittima: è sempre eurodeputato.
«Sso bene che nella vita e nella politica ci sono alti e bassi. L’anno scorso, quando il Pdl mi ha candidato, nessuno pensava che ce l’avrei fatta. Invece ho preso 115 mila preferenze».

Sua moglie non può entrare in Campania, ma definirla «esiliata» non è eccessivo? In fondo abitate nella vostra seconda casa a Roma. E anche quella ha fatto notizia: ottenuta a basso prezzo da un ente.
«È proprio ciò che sta capitando a mia moglie quello che mi fa impazzire di rabbia. Se la prendono con lei per attaccare me. Accusata di tentata corruzione per avere fatto nominare due primari. Uno non lo conosceva, l’altro era della Margherita. E l’appartamento di Roma l’ho avuto con un mutuo dopo trent’anni che ci abitavamo».

Come Casini?
«Per carità, lasciamo stare. Come tutti, compresi ex ministri Pd».

Molti esponenti del suo partito sono andati con Di Pietro.
«È questa la cosa più incredibile. In Campania i due terzi degli Idv sono ex Udeur. E sarebbero questi i “nuovi“? Che contorsionisti, che acrobazie».

Ora che fa a Bruxelles?
«Mi occupo di tonno, di coralli. E imparo il francese»

Mauro Suttora

L'UDEUR SI PRESENTA NELLE REGIONI DEL SUD

Colpito, ma non affondato. Quel che resta dell’Udeur, il partito di Mastella, si presenta con proprie liste, alleato del Popolo della libertà, nelle quattro regioni del Sud che vanno al voto il 28 marzo: Campania (dove i sondaggi lo accreditano del 5 per cento), Puglia (1,5%), Calabria (3%) e Basilicata.
La signora Mastella, che non può entrare in Campania, medita di fare comizi con un suo «avatar» a tre dimensioni: «Da cinquanta metri la differenza non si nota».
Intanto il Campanile, il giornale dell’Udeur che usufruisce di un finanziamento statale di un milione e 300 mila euro annui come testata di partito, è stato appena acquistato dagli editori di un altro minuscolo quotidiano nato tre mesi fa, Il clandestino, fino a pochi giorni fa diretto da Pierluigi Diaco. Nella proprietà figura Luigi Crespi, l’ex sondaggista di Berlusconi incarcerato per bancarotta quattro anni fa.
Fino al 2008 l’Udeur aveva 14 deputati e tre senatori, determinanti per la risicata maggioranza del governo Prodi di centrosinistra.

QUANTI EX MASTELLIANI CON DI PIETRO

Beppe Grillo, gli europarlamentari De Magistris e Sonia Alfano, i giornalisti simpatizzanti Marco Travaglio e Paolo Flores D’Arcais sono furibondi: nell’Italia dei Valori, il partito di Antonio Di Pietro, abbondano i dirigenti ex mastelliani. Soprattutto al Sud: l’ex dc di lungo corso e sottosegretario Pino Pisicchio e il consigliere regionale campano Giuseppe Maisto (appena approdati nel nuovo partito di Francesco Rutelli), i senatori Nello Di Nardo e Stefano Pedica, il deputato Mimmo Porfidia e il calabro-genovese Salvatore Cosma.
In realtà Clemente e Tonino, in nome della comune origine sannita, si sono sempre intesi. Eccoli (foto accanto) felici pochi anni fa al festival di Telese (Benevento), che l’Udeur di Mastella organizzava, invitando spesso Di Pietro.
«Nel ‘94 lo conobbi perché mi avevano accusato di essermi fregato 82 milioni di vestiti», ricorda Mastella, «e io gli dissi: “Ecché me li sono portati via co’ llu cammiòn?“ Negli anni ‘90 avevamo rapporti tramite suo cognato Gabriele Cimadoro, deputato Ccd e oggi Idv».

ORA MASTELLA È COLLEGA DI DE MAGISTRIS

«No, non l’ho mai incrociato. Se gli parlerei? Non credo abbia voglia di farlo, né vedo perché dovrei farlo io», dice Clemente Mastella.
Scherzi del destino: dall’anno scorso sono eurodeputati sia lui, sia Luigi De Magistris, 42 anni (qui accanto), suo grande accusatore quand’era magistrato a Catanzaro, e Mastella ministro della Giustizia. Il conflitto fra i due fu epocale, finì di fronte al Csm. E intere procure (Catanzaro contro Salerno) si fecero guerra l’una con l’altra.

Wednesday, November 04, 2009

Sandra Mastella e Rosanna Gariboldi

STORIE PARALLELE DI DUE LADIES DELLA POLITICA

Entrambe accusate di associazione per delinquere

di Mauro Suttora

26 ottobre 2009

Chi dice donna dice danno. Sarà anche un proverbio stupido, ma come non pensarci di fronte alle disavventure parallele delle mogli di Clemente Mastella e di Giancarlo Abelli?
Conosciutissimo il primo, ex ministro della Giustizia di Ceppaloni (Benevento) che all’inizio dell’anno scorso ha provocato la caduta del governo Prodi proprio a causa delle sue traversie giudiziarie. Sconosciuto il secondo a chi non è di Pavia, ma potentissimo come numero due sia del coordinatore nazionale Pdl Sandro Bondi, sia del governatore lombardo Roberto Formigoni, tanto da essere soprannominato «il Faraone».

La signora Sandra Lonardo in Mastella, fatta eleggere dal marito alla presidenza del consiglio regionale campano, è accusata di associazione per delinquere, ed è stata colpita da un provvedimento singolare: l’espulsione dalla sua regione, e anche da provincie confinanti con la Campania come Frosinone, Isernia o Campobasso. Cosicché ora sta leggendo gli sterminati atti che la accusano nella sua casa romana di lungotevere Flaminio, anch’essa discussa perché acquistata a prezzo di favore da un ente previdenziale, così come altri due appartamenti nello stesso palazzo, finiti ai figli.

Peggio è capitato alla signora Rosanna Gariboldi in Abelli. Fatta eleggere dal marito assessore provinciale a Pavia, è finita nel carcere milanese di San Vittore con l’accusa di essersi pure lei associata per delinquere: con l’imprenditore delle discariche Giuseppe Grossi, finito dentro per riciclaggio di 22 milioni di euro di fondi neri, appropriazione indebita, frode fiscale e corruzione.

Insomma, a sud come a nord, è tornata Tangentopoli? E nelle ruberie sono coinvolte anche donne, come ai tempi della signora Poggiolini e della moglie di Lamberto Dini, e più recentemente delle lady Asl di Roma e Bari?
Lo decideranno i giudici. Intanto, però, queste due belle signore lanciatissime in politica hanno inguaiato i rispettivi coniugi-pigmalioni.

Mastella, che negli ultimi mesi è passato per l’ennesima volta da sinistra a destra facendosi eleggere eurodeputato Pdl a giugno, è colpito anch’egli dal divieto di dimora in Campania. Ma occorre l’autorizzazione a procedere di Strasburgo. Anche Abelli, deputato a Roma, gode di privilegi, e li usa: in questi giorni è stato due volte in prigione a trovare la moglie. L’accesso libero e senza preavviso a tutte le prigioni italiane era stato concesso ai parlamentari per ispezionare le condizioni dei detenuti. Ma Abelli, forse accecato dall’amore, ha trasformato questa facoltà in un’assistenza ad personam.

Le due storie parallele sono entrambe condite da auto di lusso, case ed aerei. Una Porsche Cayenne da 90 mila euro viene indicata dalla pubblica accusa come indizio di collegamento fra un clan camorrista di Marcianise (Caserta) e il figlio di Mastella, Pellegrino, che l’avrebbe avuta per 77 mila euro pagati dal consigliere regionale Udeur Nicola Ferraro, il cui cugino era affiliato alla cosca dei casalesi. «Non conosco il titolare dell’autosalone di Marcianise, e ho regolarmente pagato io l’auto», ribatte Mastella junior.

Una Porsche coupé 911 è invece quella che Grossi ha concesso «in uso» alla coppia Abelli a Milano: «Ma gli pago un regolare canone mensile di 743 euro», spiega Abelli. Non si capisce però perché mai un deputato non può prendere in leasing una porsche da un normale concessionario, invece di farsela dare da un re delle discariche in affari con regione e governo.

Anche villa Mastella a Ceppaloni è finita nel mirino dei magistrati. Secondo l’accusa, i lavori di costruzione e restauro sarebbero stati «pagati» dalla coppia con decine di contratti pubblici affidati alla ditta edile. Mentre a Milano gli Abelli beneficiavano di un vasto appartamento, anche quello concesso da Grossi. «Ma pago l’affitto di tasca mia», si giustifica Abelli, e non con soldi datigli in precedenza dallo stesso Grossi, come sospetta la procura.

Gli aerei, infine. Fu un volo di stato usato per andare da Roma al Gran premio di Monza nel 2007 a inguaiare Mastella e il figlio, fotografati all’imbarco. Ora è invece l’aereo privato del re delle discariche milanesi Grossi che, si scopre, viene usato come un taxi (ma gratis) ogni martedì e venerdì da Abelli, per i suoi trasferimenti da Milano alle sedute parlamentari romane. «Non ne ricavo alcun vantaggio», ribatte Abelli, «anzi, faccio risparmiare la Camera dei deputati che non deve rimborsare i viaggi».

Ma questi potrebbero anche essere dettagli folkloristici di malcostume. Il nocciolo delle accuse ai Mastella e agli Abelli è ben più grave. I primi sono accusati dai magistrati di essersi creati un vero e proprio feudo: l’Arpac (Agenzia regionale protezione ambiente Campania), che ha assunto quasi tutti i propri 655 dipendenti tramite raccomandazioni. «Raccomandare non è reato», dice Mastella. Ma se lo si fa su scala industriale, colonizzando un intero ente che eroga centinaia di milioni di appalti, forse qualche problema c’è. Soprattutto in Campania, dove come l’ambiente venga «protetto» lo si è visto con lo scandalo spazzatura.

Quanto alla coppia del Nord, la Gariboldi Abelli aveva un conto cifrato in una banca di Montecarlo, sul quale per ben dodici volte, dal 2001 al 2008, ha ricevuto da Grossi ingenti somme e per tre volte gliene rinviò, con un guadagno per sè di un milione e 200 mila euro. Insomma, i magistrati sospettano che lo abbia aiutato a riciclare 22 milioni di euro sovraffatturati per la bonifica dell’area Santa Giulia/Montecity a Rogoredo (Milano).

Sandra Lonardo Mastella non si è dimessa da presidente del consiglio regionale campano. Rosanna Gariboldi Abelli, invece, non entrerà in quello lombardo, dove stava per essere candidata alle elezioni che si terranno fra cinque mesi. Bloccata in extremis.

Mauro Suttora