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Monday, January 08, 2018

Eurodeputata grillina fa la guerra al suo ex

DANIELA AIUTO PRENDE 18 MILA EURO NETTI AL MESE FRA STIPENDIO E RIMBORSI, MA NON VUOLE DARE GLI ALIMENTI ALL'EX MARITO.
CHE COMINCIA A SPIFFERARE LE SPESE SEGRETE DEI GRILLINI. E LEI LO QUERELA

di Mauro Suttora

Libero, 7 gennaio 2018

Lui vorrebbe da lei 3.500 euro al mese come assegno di mantenimento. Lei non solo glieli rifiuta, pur guadagnandone 17.700 al mese, ma ora vuole farsene dare da lui 150mila, per diffamazione continuata e aggravata.

Fuochi d'artificio in arrivo il 15 gennaio al tribunale di Vasto (Chieti), quando verrà discussa la querela dell'eurodeputata grillina Daniela Aiuto al suo marito separato Maurizio Pozzolini.

Come nel caso di Mario Chiesa 15 anni fa, che diede il via a Tangentopoli, anche questa volta per scoprire le magagne interne dei partiti non c'è nulla di meglio delle liti fra ex.

"Mia moglie ha fatto uso improprio dei fondi dell'Europarlamento", accusa Pozzolini. Che queste cose le conosce bene, perché nei primi anni del mandato a Bruxelles sua moglie lo aveva imbarcato nell'affollata truppa 5 stelle approdata in Europa: 17 eletti nel giugno 2014, più decine fra portaborse e consulenti.

Una vera manna: ogni eurodeputato infatti non solo incassa quasi 18mila euro netti al mese fra stipendio, diaria e rimborsi vari, ma può contare su altri 21mila da distribuire ad amici e sodali politici, assunti come collaboratori.

Inoltre quel che fa impazzire di rabbia gli attivisti grillini è che i loro eurodeputati non rendicontano le spese come tutti gli altri eletti, e "restituiscono" solo mille euro mensili.

La bella Daniela non si è tirata indietro di fronte alla cuccagna.
Ha assunto ben sette portaborse, di cui quattro in Abruzzo per curare il collegio (mai come il grillino siciliano Ignazio Corrao, che aveva toccato quota 11).

Non ha assunto il marito, perché l'Europarlamento vieta di pagare parenti. Ma Pozzolini l'aveva seguita egualmente a Bruxelles, lavorando gratis per il gruppo grillino. E qui, da assistente, ha assistito agli sprechi e alle irregolarità nell'uso degli astronomici fondi da parte di alcuni 5 stelle.

Così, dopo la rottura un anno fa, si è vendicato spifferando tutto. E a marzo la povera Daniela è stata messa sotto inchiesta dall'Europarlamento per una presunta truffa su uno studio sul turismo pagato a un consulente, ma in realtà ampiamente copiato da wikipedia.
Da allora la Aiuto è sospesa dal Movimento 5 stelle.

Ma le sue disavventure sono continuate in questi mesi. L'ex ha infatti aperto un altro fronte: quello dei viaggi "allegri" a Strasburgo e Bruxelles finanziati con soldi pubblici.

Ogni eurodeputato può invitare fino a 110 suoi elettori all'anno per visitare le sedi dell'Europarlamento con aereo, hotel e pranzi pagati. Ma pare che in alcuni casi i conti presentati non collimassero con il numero dei presenti. Ed è arrivata la Guardia di Finanza.

Anche una cena nel paese di Monteodorisio (Chieti) era stata finanziata dalla Aiuto con fondi europei, ma secondo Pozzolini e Stefano Moretti, dell'Osservatorio antimafia abruzzese, il numero dei partecipanti è stato gonfiato.

Stesso discorso per rimborsi dell'auto della Aiuto, ottenuti anche per un periodo in cui l'auto risultava in riparazione in un'officina, o quando la guidava non lei, ma una sua portaborse.

Ci sarebbe poi la fattura di un ottico presentata dalla Aiuto per il rimborso (in barba ai proclami grillini di rifiutare i privilegi), ma intestata al padre.

In autunno la contesa si è inasprita. Pozzolini ha denunciato di essere stato aggredito e minacciato per strada a Vasto dal marito di un'assistente di sua moglie, mentre era in auto col figlio.
Quel che è peggio, tutte queste accuse alla ex le pubblica giornalmente sulla propria pagina facebook.

Ora Daniela Aiuto ha querelato lui e Moretti dell'Osservatorio antimafia (che ha denunciato anche il consigliere regionale grillino Pietro Smargiassi per essere stato assunto a chiamata diretta dal consorzio industriale vastese a guida forzista) e chiede la rimozione immediata dei post di accusa. Imputa all'ex marito perfino la propria mancata reintegrazione nel gruppo grillino.

I vastesi e abruzzesi, divertiti dalla telenovela coniugale, aspettano le prossime puntate.
Mauro Suttora

Thursday, April 23, 2009

Il miracolo di Marta Valente

«Per ore ho urlato dal mio sepolcro»

Una studentessa è stata estratta viva dalle macerie dopo 23 ore. Merito di un gruppo di speleologi esperti nel salvataggio da frane e valanghe. Fra loro c'era anche un angelo custode che le ha tenuto compagnia

dal nostro inviato Mauro Suttora

Oggi, 22 aprile 2009

«Ho gridato fino alla fine». Marta Valente, 24 anni, di Bisenti (Teramo). Ora sta nel reparto rianimazione al nono piano dell’ospedale di Chieti, che sorge su un’alta collina. Fin qui si sono dovuti arrampicare, dalla loro grotte, gli speleologi che l’hanno salvata. Ora vogliono solo salutarla e controllare come sta.

Lunedì 6 aprile ci hanno messo 23 ore per tirarla fuori dalle macerie. Ma alla fine l’hanno salvata. «E’ un miracolo. Non so definire diversamente quello che mi è successo», mormora Marta. Tutte le sue amiche studentesse di medicina sono morte, sepolte vive. Serena Scipione del suo stesso paese, che condivideva con lei l’appartamento dell’Aquila in via Rossi. Federica Moscardelli, anche lei teramana di Montorio. E poi Ivana, e altre dodici salme estratte da quella che è stata, assieme alla Casa dello studente, la più grande tomba di questo terremoto.

Una trave di cemento armato ha salvato Marta, coprendola ma non colpendola. Le ha impedito di alzarsi, ma le ha fatto scudo dalle altre travi trasversali che l’avrebbero uccisa. «Ho gridato sempre, per otto ore. A volte sentivo le voci dei soccorritori avvicinarsi, poi si allontanavano e mi disperavo. Finché mi hanno individuato», racconta Marta. Ora ha trauma cranico, edema polmonare (per il prolungato schiacciamento), traumi alla gamba. Ma presto starà meglio.

Il suo angelo custode si chiama Aldo Zambardino, ha 40 anni e fa un mestiere strano: lo «sgaggiatore». E’ uno di quegli sconsiderati che si arrampicano per decine di metri su pareti di roccia ripide per installare le reti di sicurezza che proteggono le strade dalle frane. Nel tempo libero fa parte del Corpo nazionale del soccorso alpino e speleologico.

«Siamo arrivati all’Aquila da Roma all’alba», ci racconta il suo collega volontario Roberto Carminucci, 44, professore di educazione fisica. «Alle undici siamo riusciti a localizzare Marta. Abbiamo sentito le sue lamentele. Scavando piano, con le mani, in un’ora siamo arrivati a lei. A mezzogiorno l’abbiamo toccata».

E qui è subentrato Aldo lo sgaggiatore. Che ha avvolto per 14 ore Marta nella rete protettiva delle sue parole. «Per noi è molto importante il supporto psicologico alle vittime intrappolate», spiega Roberto lo speleologo. «Nel buio delle grotte, infatti, i feriti che rimangono bloccati dopo una frana a volte devono aspettare a lungo prima di essere estratti. Spesso sono gravi, soffrono, si lasciano andare e perdono conoscenza. Grazie a Dio non è stato il caso di Marta. Ma Aldo le è stato vicino, le ha dato da mangiare e da bere, le ha parlato per ore. Le avrà raccontato la storia della sua vita!...»

Ora ci si scherza sopra. Ma in quelle ore L’Aquila continuava a tremare, con i boati delle scosse di assestamento. E ci voleva del fegato per starsene accucciati sotto muri e sopra pavimenti che minacciavano di crollare da un momento all’altro.

Si chiama «disostruttori» la sezione specializzata del Soccorso speleologico che scava per salvare vite. E’ il contrario di costruttori e ostruttori: sono arrivati in 150 all’Aquila da tutta Italia. «A volte usiamo delle microcariche per allargare i cunicoli di salvataggio», spiega Carminucci, «infiliamo delle cannucce nei fori della roccia e le facciamo esplodere per creare delle crepe».

Togliendo sasso dopo sasso, alle due di notte gli speleologi della squadra guidata da Marco Cuccu sono riusciti a portar via Marta dal suo sarcofago. «Non sappiamo come ringraziarli», si commuovono i genitori della ragazza, Marco e Lina. «Siamo noi che ringraziamo Marta per il suo coraggio e la sua tenacia, che ci hanno aiutati ad aiutarla», rispondono gli speleologi.

Mauro Suttora