Showing posts with label calvin klein. Show all posts
Showing posts with label calvin klein. Show all posts

Thursday, June 13, 2013

Grande Gatsby

90 anni dopo: andiamo vedere i luoghi del film con Leonardo DiCaprio

Anche oggi, bella vita d’estate a New York

Francis Scott Fitzgerald aveva ambientato il suo capolavoro nei fantastici anni 20: feste, alcol, jazz, sesso. E tanti soldi. Ma pure adesso i miliardari di Manhattan nei weekend sciamano agli Hamptons, le spiagge dorate a due ore d’auto dal centro. Scopriamo i loro dolci segreti 

di Mauro Suttora

New York (Stati Uniti), 29 maggio 2013

Il problema principale è l’elicottero. Perché gli Hamptons sono lontani 170 chilometri da Manhattan (come Portofino da Milano), quindi andarci in macchina è disagevole: due ore, che diventano tre nel traffico dei weekend.

Sono questi i crucci dei miliardari di New York, che quasi un secolo dopo Francis Scott Fitzgerald continuano a fuggire a Long Island appena possono, per darsi alla dolce vita fatta di soldi, alcol, musica e sesso. Proprio come nel libro e nei film (quello con Robert Redford del 1974, l’attuale con Leonardo DiCaprio), il Grande Gatsby è vivo e festeggia assieme a noi. Alla faccia di tutte le crisi economiche ed esistenziali.

Da fine maggio all’inizio di settembre le ville dei quattro Hamptons (South, East, West e Bridge), paesoni affogati nel verde davanti alla spiaggia oceanica, con le propaggini di Sag Harbor e Montauk, si riempiono di bella gente.

McCartney, Calvin Klein, Madonna
Cantanti come Paul McCartney e Madonna, attrici come Gwyneth Paltrow (col marito Chris Martin, capo dei Coldplay), Sarah Jessica Parker di Sex and the City (col marito Matthew Broderick) e Renée Zellweger, stilisti come Calvin Klein, registi come Steven Spielberg, galleristi come Larry Gagosian sono i nomi più noti. Ma centinaia di finanzieri di Wall Street e magnati dell’industria, compresi gli ultimi giovani arricchiti del web come Mark Zuckerberg di Facebook quando lascia la sua California, affollano  ristoranti, club privati, campi di polo, golf, tennis. E feste, tante feste dal giovedì alla domenica.

Perché New York sarà anche la capitale del mondo, ma ha uno dei climi più fetidi della Terra: fredda in inverno, piovosa in primavera, calda e umidissima d’estate. Così i ricconi in cerca di refrigerio scappano agli Hamptons. Che sono ugualmente umidi, ma almeno ventilati dalla brezza atlantica.

Fitzgerald per la verità aveva ambientato il palazzo di Gatsby un po’ più vicino a New York, a Great Neck. Ma quella zona ora è stata occupata dalle mansion dei ricchi ebrei  scappati dalla Persia dopo la caduta dello Scià. Da decenni, ormai, la dolce vita si è spostata agli Hamptons.

Ridicoli colori pastello
Lì i miliardari non si vergognano di addobbarsi con vestiti dai colori ridicoli: rosa, verde pisello, azzurro, turchese: di tutto, purché sia pastello e ricordi gli anni Venti. Il tempo sembra essersi fermato.

Chi pensasse a una vita di spiaggia all’europea, se la scordi. Niente stabilimenti, ristoranti sul mare, ombrelloni, passeggiate sul lungomare, struscio nelle vie dei negozi. Le spiagge sono immense e libere, ma sferzate dal vento. E, soprattutto, l’acqua dell’oceano è gelida. Le nuotate quindi si fanno in piscina, al riparo da occhi indiscreti. E gran parte della vita sociale è nascosta agli occhi dei wannabes («vorrei-ma-non-posso»), i detestati turisti della domenica arrivati col torpedone: si svolge in privatissimi club cui si viene ammessi con estrema difficoltà. Difficile avvistare le celebrità mentre camminano su un marciapiede.

Qualche anno fa suscitò scalpore il biglietto con ricevuta lasciato cadere per terra da un ignoto cliente di bancomat a Southampton: aveva attinto 500 dollari da un conto corrente il cui saldo ammontava a un milione.

Ma l’aspetto più buffo dei weekend di questi personaggi stratosferici, che anche in agosto vanno e vengono furiosamente da Manhattan (negli Stati Uniti non esiste il concetto di vacanza lunga un mese) sono gli spostamenti.

Abituati alle loro limousine con autista, rimangono intrappolati dal traffico dei comuni mortali nelle autostrade di Long Island, dove purtroppo per loro non hanno ancora inventato le corsie riservate ai miliardari. Optano quindi per l’elicottero. Ma anche così, la vita dei vip non è così semplice. Perché i veri ricchi hanno il velivolo privato. Mentre quelli che non possono permettersi esborsi di milioni di dollari devono «accontentarsi» di affittare i voli per qualche migliaio di bigliettoni verdi. E lì scatta, tremendo, il disprezzo dei ricchissimi verso i ricchi.

Esattamente come nel film, in cui il parvenu Gatsby viene snobbato dal giocatore di polo Tom Buchanan. Gatsby si vendica portandogli (quasi) via la moglie. E anche oggi ogni estate le cronache rosa si riempiono di tradimenti, dispetti, invidie. Il tutto innaffiato da fiumi di alcol e altre droghe. Ora come allora. 
Mauro Suttora

Wednesday, July 21, 2010

Rizzoli & Isles, nuovo serial Usa

Angie Harmon interpreta una detective dal nome famoso

New York, 7 luglio 2010

di Mauro Suttora - Oggi

Che coincidenza. Lunedì 12 luglio ha debuttato negli Stati Uniti (canale Tnt) un nuovo serial tv: Rizzoli & Isles. Sulle orme di Starsky & Hutch, il titolo richiama i cognomi delle due protagoniste: la detective italoamericana Jane Rizzoli e la medico legale Maura Isles, che indagano a Boston..
Il giorno dopo, martedì 13, in Italia Canale 5 ha cominciato a trasmettere in prima serata le tredici puntate di Women’s Murder Club, altro serial definito «un misto di Csi, Sex and the City e Grey’s Anatomy».
In comune, i due serial hanno la protagonista: Angie Harmon, 37 anni, texana con sangue cherokee, greco e irlandese. È una delle donne più belle degli Stati Uniti, a metà strada fra l’energetica Sandra Bullock e l’indimenticata Florinda Bolkan.
È lei l’affascinante Jane Rizzoli, che si chiama così per scelta di Tess Gerritsen, l’autrice dei libri (tradotti in Italia da Longanesi) da cui è tratta la serie. La coprotagonista Sasha Alexander ha anche lei un legame con l’Italia: tre anni fa ha sposato Edoardo Ponti, figlio di Sophia Loren.

Libri sofisticati

«Rizzoli» è un nome ben noto negli Stati Uniti. La Rizzoli Usa pubblica libri sofisticati d’arte e di moda in inglese, e la libreria Rizzoli sulla 57esima Strada di New York, con le sue boiseries, è una delle più eleganti di tutto il continente. Lì è stata girata una puntata di Sex and the City, e lì si incontrano per caso Robert De Niro e Meryl Streep nella prima scena del film Innamorarsi (1984).
Un mondo intellettuale lontano da quello della dinamica Angie Harmon, che ha sposato l’ex giocatore di football Jason Seehorn da cui ha avuto tre figlie. I loro nomi sono Fede, 6 anni, Grazia, 5, e Speranza, 1. Speriamo che non ne nasca un’altra, perché rischierebbe di chiamarsi Carità. La Harmon, lei stessa figlia di un’indossatrice degli anni ‘70, prima di recitare in Baywatch e Law & Order è stata una top model negli anni ‘90, fra le preferite di Giorgio Armani, Calvin Klein e Donna Karan. Ha conquistato le copertine di Elle, Cosmopolitan ed Esquire, e nel 2008 ha fatto sensazione fra i puritani d’America perché è apparsa «nuda» sul mensile Allure.

Idee politiche di destra

Veramente non è che si (intra)vedesse granché, anche perché Angie, come molti texani, ha idee politiche di destra. Non sono molti gli attori di Hollywood che votano repubblicano, cosicché l’ex presidente George Bush junior le fece pronunciare un discorso alla convention del 2004.
Alle ultime elezioni la Harmon ha appoggiato John McCain contro Barack Obama, e ha già promesso il voto alla conservatrice Sarah Palin per il 2012. Insomma, una vera «dura»...

Mauro Suttora

Wednesday, May 04, 2005

Brooke Shields, depressa post parto

CONFESSIONE CHOC: "STRINGERE IL MIO TESORO ERA DIVENTATO UN INCUBO"
"Volevo buttarmi dalla finestra. Provavo tristezza, senso di vuoto. Mi sentivo una fallita", svela l'attrice. Dopo la nascita di Rowan, era stata colpita dalla depressione che affligge una puerpera su dieci. Per guarire? Farmaci, psicoterapia e affetto

dal nostro corrispondente a New York Mauro Suttora

Oggi, 4 maggio 2005

Dopo essere diventata mamma, due anni fa, Brooke Shields non ha cantato ninne nanne alla sua piccola Rowan con la voce dolce che mandava in estasi Broadway. «Guardavo le finestre del mio appartamento di New York», confessa l’attrice, «e mi veniva voglia di buttarmi giù. Non volevo più vivere. Mi ha salvato solo il pensiero che, stando al terzo piano, non sarei neppure riuscita a morire. Un mucchio di ossa rotte, e sarebbe stato ancora peggio...»

L’agghiacciante rivelazione è contenuta nell’autobiografia che la mamma quasi quarantenne (compleanno il 31 maggio) ha scritto con sincerità totale, terapeutica, come per levarsi di dosso un peso. E per condividere la propria pena estrema con le donne (una su dieci) che soffrono di depressione post-parto.

Perchè apparentemente l’ex modella di Calvin Klein aveva tutto: una splendida carriera cominciata ancora in fasce, quando fu scelta per reclamizzare un sapone dei neonati; un matrimonio finalmente felice con il produttore Tv Chris Henchy, dopo l’unione annullata dalla Sacra Rota con il tennista Andre Agassi e avventure sbagliate con Alberto di Monaco, Michael Jackson e George Michael; una laurea in letteratura francese nella prestigiosa università di Princeton, conquistata per dimostrare che dietro alla bellezza fisica c’è anche un cervello; battaglie vinte contro l’alcolismo e una temuta sterilità.

Ma per Brooke la conquista faticosa della gravidanza e lo scivolare improvviso nella depressione dopo i dolori del parto si sono rivelati il periodo più tumultuoso e imprevisto della vita. «Chris mi diceva: “Ehi, la bimba sta piangendo”. E io mi limitavo a rispondere immobile: “Sì, sta piangendo. Chissà cosa vuole...” Era come se uno spirito esterno si fosse impadronito del mio corpo e io rispondessi a ogni domanda con il contrario di quello che volevo».

Vergogna, segretezza, impotenza, disperazione: la ex Pretty Baby è passata attraverso tutti i sintomi della depressione post-parto. «Ma provavo anche tristezze infinite, senso di vuoto, sentivo lontanissimi famiglia e amici. Ero convinta di essere una fallita, e pensai al suicidio quando quelli che mi circondavano non davano peso alle mie parole: mi assicuravano che si trattava soltanto di normali malinconie passeggere». E invece, se non curata, la spossatezza del dopo gravidanza può trasformarsi in crisi cronica e durare anche un anno.

Oggi, quando Rowan piange, mamma Brooke si vanta di riuscire a capire immediatamente, anche da lontano, se la bimba ha fame o paura, se è arrabbiata o stanca o triste, oppure se sta semplicemente cercando Darla, il bulldog di sette anni: «Si tratta di quel tipo di istinto materno innato di cui avevo tanto sentito parlare, e che mi illudevo di possedere fin dal primo giorno», spiega. «Nulla di tutto questo, invece. Solo un gran disinteresse, da parte mia, e di conseguenza un senso di colpa così grande da non riuscire a confessarlo a nessuno. Così mi ritrovavo a piangere più di Rowan in certi giorni vuoti e interminabili. Mi venne un attacco di panico quando feci il primo provino dopo la gravidanza per lo spot di un prodotto per neonati. Avevo anche visioni terrificanti di mia figlia che volava in aria, colpiva un muro e poi scivolava giù, anche se grazie a Dio non ero io quella che la lanciava».

All’inizio la parola «depressione post-parto» non le diceva nulla. Fu un lontano conoscente, «anzi, praticamente uno sconosciuto», a farle aprire gli occhi sui sintomi che provava. Non si sa quali madri siano portate più di altre alla depressione, ma nel caso della Shields si sono manifestati alcuni chiari fattori di rischio: parto complicato e difficile, taglio cesareo con il cordone ombelicale annodato attorno al collo di Rowan, utero erniato durante l’operazione, con tale perdita di sangue che i dottori avevano quasi dovuto praticare un’isterectomia (rimozione dell’utero) per bloccarla.

Un altro fattore di rischio è una disgrazia improvvisa, come la morte di un parente. Il padre di Brooke era scomparso tre settimane prima della nascita di Rowan per un cancro alla prostata. C’era lo stress dovuto a vari tentativi falliti di fertilizzazione in vitro, e le iniezioni di ormoni cui doveva sottoporsi per stimulare le ovaie a produrre ovuli. La coppia viveva nella paura costante di essere accusata di drogarsi, viste le siringhe che doveva portarsi dietro nei viaggi. E poi il divorzio difficile da Agassi, un aborto, una tradizione di depressioni in famiglia, niente balia... insomma, la Shields era proprio la candidata ideale.

«Eppure per me fu una sorpresa. Non volevo crederci, mi vergognavo ad ammettere che avevo la depressione post-parto. Cercavo una giustificazione per tutto». Brooke Shields ignorava che la sua malattia viene curata in maniera assai efficace, con una combinazione di medicinali e terapie psicologiche, più tanto riposo e aiuto da amici e parenti: «Senza le medicine non sarei stata abbastanza lucida, ma senza lo psicologo non sarei riuscita a capire quel che mi stava succedendo. Per me poi è stato molto importante allattare: che mi piacesse o no, il contatto fisico con Rowan era quello di cui avevo veramente bisogno. Alla fine sono stata fortunata, con una diagnosi abbastanza rapida e un aiuto efficace».

Anche adesso le tocca alzarsi per accudire Rowan: «La scorsa notte ho dovuto farlo all’una, alle tre e alle cinque. Ma ora ho capito che con la maternità la mia vita è cambiata per sempre, e che questa nuova fase è migliore perchè arricchisce di più. Ho quasi abbandonato tutte le medicine, e stiamo pensando all’eventualità di un’altra gravidanza».

Le madri che hanno sofferto di depressione hanno un 50% di probabilità in più di ricaderci dopo il parto successivo: «Lo so, ma voglio un secondo figlio. E anche se sono una perfetta candidata, almeno questa volta so che cosa mi aspetta. Chissà, magari sarà peggio, oppure non succederà nulla. Ma sarò preparata. Dovrò ricorrere di nuovo alla fecondazione assistita, ma si spera che questa volta un mio genitore non muoia proprio prima del parto».
Mauro Suttora