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Saturday, May 03, 1997

Futuro: parlano Negroponte e Vacca


AIUTO, È IN ARRIVO IL FUTURO

di Mauro Suttora

3 maggio 1997

Io Donna (Corriere della Sera)
 
«Volate in faccia al modo di pensare tradizionale. Rinnovatevi in continuazione. Coltivate un sano disprezzo per l’autorità». Ormai Nicholas Negroponte, fondatore e direttore del Medialab al Mit (Massachusetts Institute of Technology) di Boston, parla come un guru: non argomenta più, si limita a inviare messaggi. E la principale preoccupazione del massimo futurologo mondiale, oggi, sembra essere quella di propagandare l’anarchia: «La sfida più importante che abbiamo davanti è quella di non diventare noi stessi l’establishment», ci fa sapere, ermetico, nell’intervista (rigorosamente in e-mail) che gli facciamo.

L’autore di 'Essere digitali' (insuperata Bibbia del cyberpensiero) è polemico contro «i burocrati di ogni governo che vorrebbero controllare tutto e imbrigliare il futuro». Sullo sfondo, le roventi polemiche su Internet: come punire i siti pedofili e la pornografia on-line? Ma, più concretamente: come faranno gli Stati a riscuotere le tasse sugli scambi - di merci, di capitali - via computer?

Di questo (e di molto altro) si parlerà al Futurshow di Bologna dal 9 al 12 aprile. Quello che è diventato ormai un appuntamento obbligato per tutti i cybermaniaci italiani (l’anno scorso i visitatori sono stati 350mila) quest’anno festeggia i trent’anni dallo sbarco sulla Luna. Ma, ovviamente, lo sguardo al passato della fiera bolognese servirà soltanto come trampolino verso il futuro. E nei padiglioni verranno esposte tutte le più importanti novità tecnologiche che ci stanno cambiando la vita. Eccone alcune, accompagnate dalle riflessioni di Negroponte e del nostro Roberto Vacca.

1) LA CASA TECNOLOGICA
Ogni stanza avrà almeno uno schermo. O quello di un televisore, o quello di un computer. Fissi e portatili, grandi e piccoli, non importa: saranno le nostre finestre verso il mondo. Questi terminali video potranno collegarsi indifferentemente con tv, Internet, giochi, telefono, programmi di scrittura o di lettura. È questo il significato della parola «multimedia»: vedere la tv sullo schermo di un personal, oppure usare il televisore per collegarsi con Internet, sarà indifferente.

Squilla il telefono? Se ci troviamo in bagno, schiacciamo un bottone e sullo schermo apparirà la nonna che ci vuole parlare. Se non siamo proprio nudi in vasca, potremo attivare una delle tante telecamerine (anch’esse in ogni stanza) e farci vedere anche noi dalla nonna. Le telecamere servono anche per controllare cosa succede a casa quando siamo fuori, con una semplice videotelefonata sul cellulare, o cliccando sul computer dall’ufficio.

Azzardiamo un necrologio? Morirà prima il ventenne videoregistratore del cinquantenne televisore. Spariranno novità relativamente recenti come le videocassette e le catene di negozi che le noleggiano. Questo perché dagli schermi di casa ci collegheremo direttamente a cataloghi, cineteche e banche dati con centinaia di migliaia film, documentari, concerti e archivi tv, che al costo di pochi euro invieranno istantaneamente il programma prescelto. E poiché anche le canzoni si possono trasformare in bit, pure dischi e cassette diventeranno obsoleti.

2) OCCUPAZIONE, SCUOLA, LAVORO
Roberto Vacca, il nostro massimo «futurologo» (è in uscita il suo ultimo libro, 'Consigli a un giovane manager', ed. Einaudi), è però pessimista: «L’Italia sta perdendo la partita della cultura, che è alla base di tutta l’economia. Dovremmo creare valore aggiunto, cioè prodotti sofisticati, e invece che cosa esportiamo? I soliti vestiti, piastrelle, marmo, macchine per il legno. Nell’export di software siamo superati perfino dall’India, che ha venti politecnici contro i nostri due, e dall’Ungheria, che ha scuole migliori delle nostre.

«Le aziende di Modena e Piacenza, che vantavano successi nelle macchine per la meccanica, ora vengono spiazzate dai concorrenti malesi. La merce del futuro è l’intelligenza, ma i due terzi degli italiani hanno frequentato solo la scuola dell’obbligo. Gli Stati Uniti, a parità di popolazione, hanno dodici volte più università di noi. I giornali non veicolano più il sapere, sono pieni di stupidaggini, radio e tv ancora peggio. E il nostro primato mondiale in fatto di telefonini significa solo che la merce che gira di più è la chiacchiera».

Un quadro fosco. Quali le vie d’uscita? Scuole professionali di modello tedesco, con apprendistati pratici presso artigiani e aziende; meno materie umanistiche e più scienza nei licei, ma anche laboratori di chimica e fisica che funzionino sul serio (meno formule da imparare a memoria sui libri, e più esperimenti); informatica e inglese già dalle elementari, ribaltando però il metodo di insegnamento delle lingue straniere: molta conversazione, e poca letteratura.

3) TECNOLOGIA, DEMOCRAZIA, EUTANASIA
Nel 1976 Erich Fromm in 'Avere o essere' ipotizzava l’uso della telematica per allargare la democrazia: ad esempio, organizzando referendum via computer ogni anno sui dieci maggiori argomenti di dibattito pubblico. «Ma partecipare senza sapere rischia di essere il grande equivoco del prossimo secolo», avverte Vacca. Già oggi, infatti, grazie alla forza di sondaggi telematici effettuati sull’onda dell’emotività (come i programmi tv che domandano «Siete favorevoli agli immigrati?» subito dopo aver trasmesso documentari raccapriccianti in un senso o nell’altro), si ottengono risultati facilmente manipolabili da qualsiasi demagogo.

L’eutanasia diventerà uno degli argomenti più scottanti della politica, perché nei Paesi ricchi si vivrà fino a 90-100 anni, ma i lavoratori saranno sempre più riluttanti a finanziare l’assistenza agli anziani. Questo problema assumerà fatalmente toni razzisti in Paesi come l’Italia, dove il crollo demografico degli autoctoni bianchi verrà compensato soltanto dall’afflusso di immigrati.

Infine: sopravviveranno gli Stati? «Neanche per sogno», risponde sicuro Negroponte, «perché non sono né abbastanza grandi per essere globali, né abbastanza piccoli per essere locali. La vita evolutiva dello Stato-nazione così come lo conosciamo oggi risulterà perfino più corta di quella di uno pterodattilo. Si svilupperanno al suo posto governi locali, di comunità. E alla fine si arriverà a un pianeta unito».

4) GIOCHI
Come evolveranno i videogiochi? La battaglia è tutta fra i produttori giapponesi: stiamo assistendo proprio in questi mesi all’incredibile successo della Playstation Sony. Ma la vera scommessa, per l’industria, è quella di coinvolgere anche le femminucce, rimaste finora refrattarie davanti al joystick.

Dice Justine Cassell, docente al Medialab del Mit di Boston: «Alle bambine piace giocare parlando, raccontando storie, e quindi non sono attratte dai videogiochi. Ebbene, stiamo mettendo a punto programmi che assecondino la naturale preferenza delle femminucce per l’esplorazione delle relazioni sociali. Viceversa, spingiamo i maschietti a una maggiore elaborazione sfruttando la loro passione per le nuove tecnologie». Sfuma così il pericolo di sfornare generazioni di alienati cresciuti davanti allo schermo della tv o di un computer?

«Di fronte a reazioni come quella di una bambina che, dopo ore di videogioco, ha detto a un suo amichetto “Non mi piace essere tua amica, voglio solo fare la regina!”, è naturale che i genitori si preoccupino», spiega la Cassell. «Ma ora si sta formando una strana alleanza fra creative femministe e industriali - i quali vogliono vendere anche alle bambine - per “femminilizzare” i videogiochi, attenuandone le caratteristiche distruttrici e misantrope».

5) CITTÀ SENZA ORARI
«Vivremo vite completamente asincroniche, non ci dovremo più alzare tutti assieme per andare al lavoro al mattino, e poi di corsa a fare la spesa alla sera», promette Negroponte, «la sveglia e gli ingorghi stradali saranno solo un ricordo della stupidità del passato. Ci sarà un rinascimento della vita in campagna. E nel giro di qualche decennio non avremo più bisogno neanche delle grandi città».

Ma poiché cibo, vestiti e mobili non sono trasformabili in bit e trasportabili via cavo, rifioriranno i piccoli negozi artigianali specializzati. «Sopravviverà soltanto il minuscolo e il molto grande, ma per le aziende l’unico valore dell’essere enormi sarà la possibità di perdere miliardi di dollari prima di guadagna ».

«Qualsiasi negozio che non rimanga aperto 24 ore su 24 fallirà», profetizza Negroponte. Commercianti suicidatevi, allora? Tranquilli. Anzi, il negozio come luogo fisico potete anche chiuderlo. O tenerlo aperto soltanto nelle ore che preferite. L’importante, è aprire un sito Internet con un catalogo attraente e un efficientissimo servizio di consegne a domicilio.

Per il resto, la bottega servirà soltanto come luogo d’incontro, di socializzazione. Lo shopping per sentirsi meno soli. Verso il 2030 chiuderanno molti super e ipermercati: non sarà più conveniente tenere aperte strutture così mastodontiche, dopo che il commercio elettronico avrà conquistato i due terzi del mercato.
Mauro Suttora