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Thursday, April 02, 2009

Stipendi d'oro

MACCHE' CRISI, C'E' CHI GUADAGNA

In America è guerra ai "bonus" immeritati. E in Italia?

Aggiramenti dei tetti di legge. Gratifiche automatiche. Azioni in regalo. Abbiamo messo nel mirino i superpremi. Risultato...

Oggi, 25 marzo 2009

di Mauro Suttora

Piove sul bagnato. In queste settimane decine di migliaia di contratti a termine sono disdetti, migliaia di persone perdono il lavoro, altre migliaia vanno in cassa integrazione. Metà dei nostri risparmi investiti in azioni sono andati in fumo.
Ma per qualcuno la crisi non esiste. I tredici dirigenti della Regione Veneto, per esempio, ai quali è stato appena regalato un bonus di 15 mila euro (vedi riquadro qui sotto). Ma la cuccagna vale per 90 dirigenti pubblici su cento, ai quali viene quasi automaticamente riconosciuto il bonus: il 5% in più sullo stipendio nei ministeri, il 7 nei Comuni e il 10 nelle Regioni. In Germania i bonus vanno solo ai meritevoli: non più di 15 su cento. Negli Usa al massimo sei su cento. In Italia, invece, todos caballeros.
"Ma così diventa impossibile premiare il merito e stimolare la produttività", avverte Nicola Bellè, docente alla Bocconi.

Nelle società private è facile determinare i bonus: basta ancorarli a fatturati e ricavi. Ma se un' azienda viene salvata dallo Stato, com' è capitato alle assicurazioni Aig negli Stati Uniti, diventa immorale usare i soldi dei contribuenti per premiare i manager. "Per i quali, d' altronde, negli ultimi decenni è stata sempre festa", rileva Gian Maria Fara, presidente Eurispes. Oggi infatti gli alti dirigenti italiani guadagnano 243 volte uno stipendio medio. La forbice si è allargata moltissimo rispetto agli Anni 70, quando la distanza fra il compenso massimo e quello minimo in un' azienda era di 30 40 volte.

Ricchi sempre più ricchi e poveri sempre più poveri, quindi. Il presidente Obama ha rimediato allo scandalo Aig (almeno 165 milioni di premi pagati a coloro che avevano minato i bilanci della compagnia, costringendola a chiedere allo Stato 182,5 miliardi di fondi pubblici) proponendo di tassare al 90 per cento i bonus immeritati.

In Italia invece il tetto di 290 mila euro annui agli stipendi dei dirigenti pubblici, deciso con la Finanziaria dell' anno scorso, viene ignorato o eluso. Il trucco più utilizzato: cumulare le cariche di presidente, amministratore delegato e direttore generale. Come vuole fare Elio Catania all'Atm di Milano. Già nel mirino per la liquidazione di 6,7 milioni concessagli dalle Fs tre anni fa, Catania non vuole scendere dal suo attuale mezzo milione annuo a 87 mila euro: l' 80% rispetto al sindaco Letizia Moratti, come previsto dalla legge per le municipalizzate.
Risparmi in vista invece alla società per l' Expo 2015 milanese: dal milione annuo promesso a Paolo Glisenti (consulente comunale da 900 euro al giorno) si è scesi ai 50 mila della presidente Diana Bracco.

"Un altro problema è che le retribuzioni dei manager spesso sono poco trasparenti", dice Fara, "perché la parte variabile del loro stipendio ha assunto negli anni un peso sempre più forte. Spesso supera il 60 per cento del totale". Insomma, il premio di risultato, in certi casi, è diventato un modo per alzare gli stipendi (più o meno dimenticandosi del risultato).

La struttura dei bonus è una giungla. Le aziende vi ricorrono anche per motivi fiscali: concedere l'auto di servizio o in leasing, pagare l' affitto di un appartamento, fornire una pingue assicurazione sulla vita, una polizza sanitaria integrativa privata o la scuola dei figli fuori busta paga è conveniente sia per chi dà, sia per chi riceve. La rincorsa fra il fisco e le nuove forme di elusione è perenne.

La grossa fetta della torta, però, per i manager delle società quotate in Borsa, sono le stock option. Essere pagati con azioni della società che si guida è un' arma a doppio taglio. Innanzitutto per l'azienda stessa, che da una parte incentiva il risultato, ma dall'altra rischia di ottenere solo miglioramenti immediati, da esibire sul bilancio annuale cui sono legati i compensi, senza strategie lungimiranti di lungo periodo. Al manager non interessa costruire per il futuro, sacrificare il profitto veloce per avere frutti dopo dieci anni.
Ovviamente i rischi li corre anche il dirigente, che vede le sue azioni fluttuare e magari crollare, com'è successo nell' ultimo anno.

"Sono proprio le stock options una delle cause principali della crisi", dice l' economista Giulio Sapelli, che ha appena scritto il libro La crisi economica mondiale (Bollati Boringhieri). Infine il meccanismo più vergognoso: quello per cui l' ammontare di bonus e stock option viene deciso spesso dagli stessi interessati, o dai loro amici nei consigli d' amministrazione.
In teoria c' è il controllo della proprietà, ma quando questa è polverizzata in decine di migliaia di piccoli azionisti, i manager diventano quasi onnipotenti. E la crisi viene pagata dai piccoli risparmiatori.


RIQUADRO

E noi ce lo abbassiamo

Gennaro Gattuso si è detto disponibile a ridursi l'ingaggio di 4,5 milioni all' anno, dopo che il presidente Silvio Berlusconi ha ventilato l' idea di abbassare gli ingaggi del Milan del 30 per cento. E fuori dal calcio cosa succede?
La banca Unicredit taglia 35 milioni di bonus ai venti megadirigenti che li avevano percepiti nel 2008. Per l'amministratore delegato Alessandro Profumo sei milioni in meno: gli restano i 3,4 milioni dello stipendio fisso.
Piergaetano Marchetti, presidente della Rizzoli (la società che edita Oggi), rinuncia al 20% del proprio compenso. E al bonus dicono addio Ferruccio de Bortoli e Claudio Calabi, direttore e amministratore delegato del Sole 24 Ore.
Riduzione spontanea del 10% fra i dirigenti della Ducati Motors a Bologna, e niente bonus anche per quelli della fabbrica di elettrodomestici Elica di Fabriano (Ancona). Il sindaco di Cittadella (Padova) Massimo Bigonci rinuncia all' indennità. Stessa decisione a Milena (Caltanissetta) e a S. Elisabetta (Agrigento).

Mauro Suttora