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Thursday, November 26, 2009

Corriere della Sera: elzeviro di Giorgio Fabre

LA LETTURA DEI DIARI DI CLARETTA PETACCI

IL DUCE ANTISEMITA DI ANTICA DATA

Il suo razzismo nasce molto prima delle leggi del ' 38

24 novembre 2009

È stato intelligente, ma anche coraggioso, da parte del «Corriere» e di Antonio Carioti, scegliere, come anticipazione dei diari di Claretta Petacci curati da Mauro Suttora (Mussolini segreto, Rizzoli), i brani sull' antisemitismo e sul razzismo mussoliniano. Coraggioso perché questo tema sembra diventato un tabù, malgrado le decine di documenti in proposito che sono stati pubblicati negli ultimi anni. È una strana reazione. Non basta a giustificarla il fatto che Renzo De Felice, di cui molti degli storici che coltivano questo tabù sono stati allievi, abbia negato che il Duce sia stato appunto razzista e antisemita molto prima delle leggi razziali. C' è qualcosa d' altro, in queste reazioni. Forse, malgrado tutto, Mussolini viene considerato un autentico e profondo padre della patria e un autentico e rappresentativo italiano molto più di quanto comunemente venga detto.

È stato così che, anche di fronte ai diari di Claretta, si è visto qualcuno che dubitava, cioè negava verità al «contenuto» di quanto scritto dalla Petacci. Intanto, bisogna ribadire che non c' è il minimo dubbio che quei diari siano autenticissimi: arrivarono dal Nord subito dopo la guerra insieme a vari pacchi di documenti fascisti; e da allora sono rimasti chiusi sotto chiave all'Archivio centrale dello Stato. Dopo di che, basta analizzare quei testi e confrontarli con la documentazione che conosciamo. E si vede così come anche il «contenuto» sia perfettamente in linea con la realtà dei fatti.

Due esempi. Il primo è una frase che è già stata contestata, e che Claretta scrisse il 4 agosto 1938. Quel giorno Mussolini le disse: «Io ero razzista dal ' 21». Bene, il giorno dopo Mussolini di persona redasse l' «Informazione diplomatica» n. 18, pubblicata il 6 sui giornali, dove venne affermato pubblicamente, per esteso, che il regime era razzista. In quell' «Informazione diplomatica» il «razzismo italiano» venne fatto risalire al 1919 e poi vi si dice (Mussolini scrisse) che lui stesso aveva fatto la prima affermazione razzista «nel novembre 1921 - ripetiamo 1921». Mussolini aveva dunque detto a Claretta ciò che avrebbe ribadito il giorno dopo per iscritto.

Seconda questione oggetto di contestazione: la faccenda dell' Accademia d' Italia trattata in una pagina del 2 settembre 1938, i giorni dell' elaborazione delle prime leggi contro gli ebrei. «Nel 1929, all' inaugurazione dell' Accademia dichiarai che mai e poi mai si sarebbe fatto un accademico ebreo».
Che nel discorso a stampa e forse anche in quello davvero pronunciato il 28 ottobre 1929 non risulti che Mussolini abbia detto qualcosa contro gli ebrei, è ovvio: il Duce fino al 1938 non espose agli italiani il proprio antisemitismo. Riteneva che non gli convenisse e sicuramente non voleva scatenare l' antisemitismo. Peraltro la testimonianza della Petacci non dice che il Duce fece quell' osservazione nel corso del discorso. Mussolini potrebbe aver detto qualcosa sugli ebrei in qualsiasi momento della cerimonia e anche in privato.

Quel che è certo, ed è provato da molto tempo dagli studi di Annalisa Capristo, è che un prestigioso ebreo ormai praticamente eletto nell' Accademia, Federigo Enriques, era stato eliminato dalla lista degli eletti (e non era antifascista) e quasi di certo da Mussolini, tra il 15 e il 18 marzo 1929, sette mesi prima dell' inaugurazione; in secondo luogo, di «nota pregiudiziale» contro gli ebrei nelle elezioni all'Accademia parla con sicurezza una lettera del 23 novembre 1929 di un intellettuale ebreo, Guido Fubini, a un altro prestigioso intellettuale ebreo non eletto, Tullio Levi Civita.

Il 1929 inoltre è costellato di episodi, provati, di antisemitismo di Mussolini: come la minacciosa richiesta ai prefetti di sapere se un certo direttore di filiale della Banca d' Italia era ebreo. Infine, del 1931 è la cancellazione da parte del Duce di un prestigioso premio dell' Accademia, ormai assegnato, a Giuseppe Levi, proprio e senza dubbio perché «israelita» (testuale) e antifascista.

Giorgio Fabre