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Wednesday, January 11, 2012

Chi è Corrado Passera

IL CATTOLICO COMASCO CHE PIACE A TUTTI

Oggi, 4 gennaio 2012

di Mauro Suttora

«Passerà», lo avevano soprannominato velenosi i giornalisti Mondadori vent’anni fa. Invece non è passato. E oggi l’ex assistente di Carlo De Benedetti è il ministro più potente del governo Monti.

L’Ingegnere aveva affidato al suo pupillo Corrado Passera la casa editrice di Segrate ai tempi della guerra contro Silvio Berlusconi. Poi arrivò la spartizione: Mondadori al Cavaliere, Espresso-Repubblica a De Benedetti. Così Passera dovette abbandonare la poltrona. Durante quel conflitto durato anni, però, si era fatto apprezzare da Berlusconi. Con i suoi modi suadenti da cattolico comasco, era uno dei pochissimi debenedettiani che riusciva a parlare con Silvio. E, particolare decisivo, l’unico uomo alto 1 e 90 che Berlusconi sopporti. Così, pare che il Cavaliere gli avesse proposto di rimanere direttore generale Mondadori, tradendo De Benedetti. Offerta declinata. Ma molto gentilmente.

Discrezione e savoir-faire sono doti di famiglia. I Passera hanno due dei più begli alberghi di Como, il Villa Flori e il Terminus. Sono anche piccoli azionisti del Villa d’Este di Cernobbio, nella top ten mondiale.

Lui, dopo il liceo classico Volta a Como, si laurea nel 1977 alla Bocconi. Poi un anno di master a Filadelfia. Quindi, l’entrata nella McKinsey, principale società mondiale di consulenze. Intanto si sposa con una compagna di scuola, Cecilia Canepa, figlia di industriali tessili. Due figli: Sofia, 25 anni, che si sta specializzando in pediatria alla Cattolica di Roma, e Luigi, 24.

Nell’85 l’incontro con il primo dei due uomini decisivi per la carriera di Passera: De Benedetti. Ne è l’ombra per sedici anni, direttore generale Cir, poi mandato a cercare di salvare la Olivetti.

Nel ’96 lo chiama a sè il grande vecchio della finanza cattolica italiana, il bresciano Giovanni Bazoli, che gli affida il Banco Ambroveneto. Due anni dopo il premier Romano Prodi e il ministro Carlo Azeglio Ciampi lo mettono a capo delle Poste.

Passera fa un buon lavoro, il gigante inefficiente dimagrisce di 30 mila dipendenti, la posta prioritaria arriva entro 48 ore, gli uffici si tingono di giallo e blu, i conti raggiungono il pareggio.

Venderà le azioni della sua banca

Nel 2002 Bazoli lo richiama in Banca Intesa, che poi si fonde con San Paolo: Passera diventa il banchiere più importante (e pagato) d’Italia assieme ad Alessandro Profumo di Unicredit. Accumula decine di milioni di euro in azioni che ora, nominato ministro di Sviluppo e Infrastrutture da Mario Monti, ha promesso di vendere per evitare un conflitto d’interessi. Viste le attuali quotazioni, sarà un salasso.

Nel 2008 architetta per conto del governo Berlusconi il salvataggio di Alitalia e Air One. Addetta stampa di quest’ultima società era Giovanna Salza, che già aveva lavorato alle Poste. Fra i due scoppia l’amore, l’anno scorso si sposano con una cerimonia cui partecipano molti personaggi dell’economia fra cui Monti e l’attuale ministro del Lavoro Elsa Fornero, e nasce la figlia Luce. Ora l’esuberante Giovanna è incinta di un maschio.

Sicuramente Passera non abbandonerà la politica quando finirà il governo dei «tecnici». Sia la sinistra che la destra lo avevano corteggiato negli ultimi dieci anni per un posto da ministro. Dovrà passare attraverso la prova delle urne, ma per il dopo-Monti è uno dei candidati più accreditati. Sentiremo parlare ancora molto di lui.

Mauro Suttora

Wednesday, November 30, 2011

Bruciati da Monti

VOLEVANO ROTTAMARE MA SON FINITI ROTTAMATI

La nascita improvvisa del nuovo governo ha spento le ambizioni di molti: da Giorgio Gori, marito di Cristina Parodi, al sindaco di Firenze Matteo Renzi

di Mauro Suttora

Oggi, 23 novembre 2011

Matteo Renzi: chi se lo ricorda più? Solo un mese dopo, il suo meeting alla Leopolda è già dimenticato. Travolto da Mario Monti, che ha «rottamato» quelli che voleva rottamare lui.

Anche altri hanno sbagliato i tempi, presi in contropiede dal governo tecnico. Giorgio Gori, per esempio: la sua discesa in campo non era per fare il deputato. Ce lo vedete l'ex direttore delle tv di Berlusconi e produttore dell'Isola dei famosi a passare le giornate tra aula e commissioni?. Forse puntava alla Rai, ma ora è fuori gioco.

Domenico Scilipoti e i «responsabili»: di colpo non contano più nulla. Gianfranco Fini: non sa più che fare, dimettersi o non dimettersi, il suo partito al 3 per cento, si riavvicina a Berlusconi, Casini lo cannibalizza...
Ma anche il segretario Udc ha i suoi problemi, con il tesoriere del proprio partito accusato di avere preso una tangente da 200 mila euro per lo scandalo Enav (Ente assistenza volo).

Gli ex dc Giuseppe Pisanu e Claudio Scajola (Pdl), che aspiravano al ruolo di "pontieri" fra i due poli, ora rimangono nell'ombra.

Alessandro Profumo: l’«altro» banchiere (ex Unicredit) pronto per la politica, azzoppato dallo scandalo per la sua buonuscita e da un’inchiesta per frode fiscale, è stato superato in corsa da Corrado Passera.

Un po’ spiazzati sembrano anche Luca di Montezemolo e Emma Marcegaglia. La presidente di Confindustria, il cui mandato scade fra pochi mesi, era candidata a un ministero. Ma Monti le ha preferito i professori. Fra questi, tuttavia, non il rettore dell'università Bocconi Guido Tabellini, che alla fine è rimasto fuori dalla compagine di governo.

Mauro Suittora

Wednesday, March 18, 2009

intervista a Yunus

La ricetta anticrisi del banchiere dei poveri

Oggi, 18 marzo 2009

«La ricetta è: cambiare mentalità. Guardare all’economia non solo con gli occhiali del massimo profitto, ma anche con quelli del business solidale. Che non è una predica, non vuol dire “bontà” o disinteresse. Anzi, è nell’interesse di tutti che l’economia funzioni. E il business solidale funziona».

Mohammed Yunus, 69 anni, premio Nobel per la pace nel 2006. Fondatore della Grameen Bank del Bangladesh, che in trent’anni ha erogato cinque miliardi di microprestiti a cinque milioni di persone. «Ma non siamo una cosa solo da Terzo mondo. La nostra filiale di New York aperta un anno fa finanzia iniziative di donne con una media di 2.200 dollari a prestito. E presto arriveremo in Italia, in collaborazione con Unicredit».

Incontriamo Yunus a Roma, ospite della Fondazione Ducci. Arriva da Milano in treno, alla stazione Termini lo riconoscono e applaudono.

«Questa crisi è stata causata da poche persone in pochi Paesi», ci dice il «banchiere dei poveri». «I miliardari stanno perdendo miliardi, ma rimarranno con qualche miliardo. Molte persone, invece, stanno perdendo tutto: lavoro, casa, cibo. Eppure, c’è un lato positivo anche nella crisi: è un’opportunità per cambiare. Le cose che non funzionano si cambiano, no? Prima tutto sembrava andare bene, anche se nel mondo quasi un miliardo di persone soffre ancora la fame. Oggi invece tutti ci rendiamo conto che la regola del massimo profitto non funziona, da sola. Bisogna affiancarle l’economia solidale»
.
Ma il settore no-profit e il volontariato esistono da tempo, anche nel nostro mondo industrializzato.

«Sì, però negli ultimi decenni le banche si sono trasformate quasi in bische per scommesse, e adesso i fondi speculativi stanno facendo pagare il conto a tutti, anche a chi non aveva investito in hedge fund con guadagni colossali. Il loro rischio lo stiamo pagando tutti. Quindi bisogna revisionare il sistema, ormai lo riconosce ogni governo ».

Yunus è un misto di Gesù, Marx e Gandhi. Non una parola d’odio o di contrapposizione esce dalla sua bocca. I suoi slogan sono: fiducia e coinvolgimento.

«Noi non andiamo a protestare sotto le sedi delle multinazionali o ai vertici politici. Cerchiamo di far capire al business tradizionale che è conveniente investire anche nel business solidale. Con la francese Danone, per esempio, produciamo uno yogurt che costa pochissimo e che, arricchito di vitamine, salva da fame e malattie decine di migliaia di nostri bambini. Con la Volkswagen stiamo mettendo a punto un’auto adatta al Terzo mondo, con un motore poco inquinante e soprattutto multi-uso: funziona anche come irrigatore, pompa anti-alluvione, generatore di elettricità e motore per barca. Abbiamo dato un telefonino a 400 mila donne del Bangladesh, e adesso siamo la prima società telefonica del Paese. Domani firmo un accordo con la Basf per una medicina contro la carenza di ferro e per reti antizanzara contro la malaria. Riusciamo a far pagare l’acqua potabile un centesimo ogni quattro litri. E abbiamo proposto ad Adidas di inventare la scarpa che costa un euro: vendendone centinaia di milioni, ci guadagneranno. Ma per tutto questo dobbiamo mettere gli occhiali della creatività e del business solidale».

Lei è un banchiere, e un professore laureato nella prestigiosa università statunitense di Vanderbilt. Perché oggi sono proprio le banche al centro della crisi?

«Perché non hanno fiducia nella gente, e non prestano soldi a chi non ha già. Anche in Italia ci sono milioni di persone escluse dal credito. Perfino nei ricchi Stati Uniti molti lavoratori non possono neppure incassare l’assegno con cui vengono pagati, perché non hanno un conto. Devono andare dalle società che cambiano assegni, e invece di mille dollari ne avranno 800. Eppure le banche possono essere uno strumento di pace, ne ho appena parlato con mister Profumo di Unicredit. Non è vero che i poveri sono debitori inaffidabili, noi abbiamo un tasso di rimborso del prestito di oltre il 90%. Senza garanzie, ipoteche, avvocati. Solo fiducia. La cui mancanza è la causa dell’attuale crisi, tutti lo ammettono».

Quando supereremo la crisi?

«Presto. Sono ottimista. Basta cambiare le cose che l’hanno provocata, e ricostruire il sistema inserendo accanto ai business tradizionali quelli solidali. Spero in Obama, sua madre lavorava proprio nel microcredito, era andata in Indonesia con lui piccolino per svilupparlo. Meglio guadagnare cento in un colpo solo, magari sfruttando, impoverendo e incattivendo qualcun altro, o guadagnare dieci all’anno per dieci anni, con soddisfazione di tutti? La risposta è facile».

Mauro Suttora