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Friday, September 07, 2012

Il miglior vino rosso d'Italia

È GIOVANE, PUGLIESE, LOW COST
Gianfranco Fino dal 2004 produce Es, Primitivo di Manduria. Quest'anno in cima a tutte le classifiche

di Mauro Suttora

Sette (Corriere della Sera), 7 settembre 2012

Da zero alla vetta in soli sette anni. C’è riuscito qualcun altro, al mondo? Gianfranco Fino, 47 anni, enologo della scuola di Locorotondo (Bari), nel 2004 si è messo in proprio. Con la moglie 42enne Simona, avvocato di Taranto, ha comprato poco più di un ettaro di antica vigna di Primitivo a Manduria.

È nato Es, seimila bottiglie nel 2006. E quest’anno l’Es 2009 è stato votato miglior rosso d’Italia assieme al Sassicaia Tenuta San Guido di Bolgheri. Non da una sola guida, è un’eccellenza per tutte le nostre sei maggiori: Veronelli, Espresso, Gambero Rosso, Slow Wine, Ais (Associazione italiana sommelier) Bibenda e Luca Maroni. Entusiasta quest’ultimo: «L’Es è stratosferico, fuoriclasse di ricchezza e concentrazione assoluta».

Oggi gli ettari sono aumentati a otto e mezzo, e il numero delle bottiglie a 18 mila: alle 15 mila del Primitivo si aggiungono le 3 mila del Negramaro Jo (come Jonio). Solo il prezzo è rimasto più o meno uguale: 38 euro a bottiglia, contro gli 80-300 degli altri blasonati rossi al top (Barolo, Montalcino, Amarone).

«Sono fiero di avere salvato dall’estirpazione vigne locali di 50-80 anni considerate poco produttive», dice Fino a Sette. «Vendendo soltanto l’uva erano antieconomiche, non stavano dentro ai costi. Vinificando, invece, ho realizzato il sogno di mettere in bottiglia qualcosa di mia mano, dopo anni di consulenze. E soprattutto, di portare il nostro vino in tutto il mondo: sapere che è bevuto oltre oceano rappresenta il massimo stimolo a migliorarsi».

Fino ha appena firmato un nuovo contratto per l’export di migliaia di bottiglie a New York e nel New Jersey. E il 60 per cento della produzione va fuori Italia.

Appena terminata la vendemmia 2012, ora la coppia aspetta i verdetti delle nuove guide di quest’anno, in stampa fra settembre e ottobre. Fra tanti successi un’ombra: da due anni il Comune di Manduria non rilascia il permesso per costruire la cantina. Così i Fino sono costretti ad affittare qualche magazzino vicino. «Non dicono no: semplicemente, la pratica non va avanti», dice la signora Fino. Nemo propheta in patria, anche in Puglia.
Mauro Suttora

Thursday, March 27, 2008

intervista ad Alfonso Pecoraro Scanio

IN PUGLIA COSTRUIRO' UNA CENTRALE SOLARE

«Progettata dal Nobel Rubbia, è l’alternativa al nucleare», assicura il ministro dell’Ambiente. E, pressato sullo scandalo rifiuti in Campania, svicola: «Preferisco parlare della crisi dei salari»

dal nostro inviato Mauro Suttora

Taranto, 26 marzo 2008

Uno dei ministri più contestati d’Italia arriva in una delle città più inquinate d’Europa e indebitate del mondo. Alfonso Pecoraro Scanio, fondatore dei Verdi, ministro dell’Agricoltura fino al 2001 e oggi dell’Ambiente, è stato invitato a cena a Taranto dalla famiglia del viticoltore Gianfranco Fino.

La casa dei Fino sta in una bella zona di quella che, con i suoi 200 mila abitanti, è la terza città del Sud (Sicilia esclusa), dopo Napoli e Bari: la frazione Lama, in riva al mare. Qui tutte le vie portano nomi di fiori, e in questa primavera precoce già si sentono i loro profumi.

«Ma le acciaierie Ilva, il petrolchimico e la zona industriale producono il nove per cento della diossina e il dieci per cento del monossido di carbonio di tutta Europa», accusa la signora Simona Natale, moglie di Gianfranco. Le statistiche dicono anche che negli ultimi trent’anni i tumori sono raddoppiati: ora sono tre al giorno i tarantini che muoiono di cancro.

Disastro ecologico

L’Ilva (la ex Italsider passata tredici anni fa al gruppo privato Riva) è la più grande acciaieria d’Italia. I suoi impianti si vedono da molti chilometri di distanza. «Negli ultimi anni abbiamo ridotto le emissioni di diossina del 40 per cento, dopo aver chiuso un impianto», si vantano all’Ilva. Ma è tutta la zona industriale a rovinare il menù delle greggi di pecore e capre che pascolano nei verdissimi prati accanto alle ciminiere. «A Taranto sono arrivate 1.800 tonnellate di Pcb cancerogeno da Brescia», accusano i combattivi Verdi locali, che hanno fatto analizzare i formaggi del luogo trovando un po’ di diossina pure lì dentro.

Insomma, ministro, ci potrà mai essere uno «sviluppo ecosostenibile» in una zona come la nostra?

Alla domanda della signora Fino il ministro Pecoraro risponde tranquillo: «Certo. Oggi esistono tutte le tecnologie per ridurre al minimo l’inquinamento. Le emissioni di sostanze nocive devono essere abbattute, e il governo sostiene quelle che lo fanno. Anche perché non si possono chiudere dall’oggi al domani stabilimenti che a Taranto danno da mangiare a tredicimila famiglie. Quindi il lavoro e l’ambiente non sono in alternativa: bisogna salvaguardare sia il primo, sia il secondo».

Lei la fa facile, ma ora Ilva ed Enipower vogliono costruire due nuove centrali, e in più si progetta un rigassificatore. Sarebbe questo lo «sviluppo ecosostenibile»?

«La mia risposta è chiara e semplice: no. A Napoli siamo riusciti a riqualificare l’ex zona industriale di Bagnoli. All’inizio ci criticavano tutti, ma dopo una bonifica fra le più gigantesche d’Europa ci siamo riusciti. Ripeto: non si può pensare di eliminare certe produzioni. Ma, coinvolgendo i sindacati, dobbiamo proteggere la salute senza mettere a rischio il lavoro».

Pecoraro Scanio è capolista della Sinistra arcobaleno in Puglia. I suoi Verdi si sono uniti a Rifondazione comunista, ai Comunisti italiani di Oliviero Diliberto e agli ex Ds Cesare Salvi e Fabio Mussi. Ne è nata una coalizione che sta a sinistra del Pd (il neonato Partito democratico di Ds e Margherita), e candida premier Fausto Bertinotti.

«Qui in Puglia abbiamo anche il presidente Nichi Vendola», dice Pecoraro, «che governa senza problemi in coalizione con il Pd. È un peccato che a sinistra si sia verificata questa frattura. Io la trovo innaturale, e dopo il voto farò di tutto per ricomporla. Altrimenti consegniamo il Paese a Silvio Berlusconi».

Ma allora perché vi siete messi con l’estrema sinistra?
«È stato il Pd a rifiutarci, noi avremmo voluto rimanere alleati. Certo che, su certe cose per noi fondamentali come il nucleare, non potevamo cedere».

Ecco, il nucleare: siamo circondati da centrali atomiche, in Slovenia e in Francia. Perché ostinarsi a rimanere senza?
«Il fatto che ne abbiano gli altri non è un buon motivo per costruirle noi. E comunque i danni, in caso d’incidente, si subiscono in proporzione alla distanza: più si viveva vicino a Chernobil, più le conseguenze sono state tremende. Il Pd oggi parla di “nucleare di quarta generazione” ma, come dice il Nobel Rubbia, anche quello è radioattivo. Il problema delle scorie non è stato risolto. E comunque il nucleare non è conveniente dal punto di vista economico. Per costruire una centrale ci vogliono 15 anni e costi immensi».

Signora Fino: «Però siete contrari anche all’eolico. A me invece, chissà perché, quei mulini a vento moderni, così alti, piacciono esteticamente».
«Alcuni impianti si possono fare. Però non dobbiamo installare torri gigantesche proprio sulle rotte degli uccelli migratori, che vengono sterminati dalle pale. L’Europa ci condannerebbe».

L’unica alternativa

Non resta che il solare?
«Quella è la vera alternativa, e sempre secondo Rubbia è proprio la Puglia la regione d’Italia più vocata per ospitare pannelli e centrali. Perché è al Sud, ha un sacco di sole, ma anche perché è pianeggiante. Come l’Andalusia in Spagna. Rubbia ha progettato una centrale solare termodinamica, con specchi che concentrano l’energia e conservano il calore anche di notte, a temperature di 500 gradi. Le stesse che ci vogliono per produrre elettricità con carbone, gasolio o nucleare. Ho stanziato venti milioni di euro per il prototipo».

Prende la parola Gianfranco, il marito viticoltore. Il suo cruccio è la burocrazia.
Signor ministro, non le sembra che le procedure burocratiche siano da alleggerire? Perché una piccola impresa deve sottoporsi a due Via (Valutazioni d’impatto ambientale), una regionale e una nazionale, e poi all’Aia (Autorizzazione integrata ambientale), mentre in tutti i Paesi d’Europa la procedura è unica? Io stesso non posso permettermi un ragioniere a tempo pieno, così la burocrazia mi obbliga a passare la metà del mio tempo fra le carte. E non riesco a curare la parte commerciale, che è importante quanto quella produttiva.

«Francamente, non posso che darle ragione. Mea culpa. I controlli ci vogliono, soprattutto nel settore enogastronomico dove è fondamentale garantire la qualità. Ma non devono trasformarsi in vessazioni, moltiplicandosi all’infinito».

Una domanda la vuole porre il padre di Gianfranco, Vito Fino, pensionato.
Le pensioni. Perché non rivalutarle assieme ai rinnovi contrattuali, invece dell’attuale meccanismo che non copre tutta l’inflazione, e fa perdere la metà del potere d’acquisto in pochi anni?

«Guardi, sono tre le categorie che vogliamo proteggere: pensionati, precari e salariati. Tutti devono tornare ad avere un reddito decente. Se loro in questi anni hanno perso potere d’acquisto, evidentemente altre categorie ci hanno guadagnato, perché nel suo complesso l’Italia non si è impoverita. La verità è che c’è stato uno spostamento di reddito in favore della speculazione finanziaria e delle grandi rendite parassitarie, a danno degli introiti da lavoro dipendente. E non lo dico io, ma le statistiche dell’Ocse».

Qui a Taranto abbiamo un negozio della Coldiretti dove gli agricoltori vendono i loro prodotti direttamente ai consumatori. Non si può ampliare questa esperienza?
«Assolutamente sì. Ogni Comune d’Italia deve offrire almeno un negozio dove i produttori incontrano i consumatori. Così i prezzi si possono abbassare dal 30 al 50 per cento».

Per la verità rispetto a certi mercati rionali i prezzi non sono così bassi.
«La Coldiretti dice il contrario, ma mi informerò».

Riprende la parola la signora Fino: Pd e Sinistra arcobaleno si contendono come candidati gli operai della Thyssen Krupp di Torino. Anche all’Ilva di Taranto ci sono stati morti sul lavoro, ma nessuno ha mai pensato a loro.

«Non si risolve il problema della sicurezza sul lavoro candidando qualche operaio sopravvissuto, così come non si risolve il precariato facendo eleggere un precario, e non si ottengono diritti per le coppie di fatto trasformando qualche omosessuale in deputato. Berlusconi ha inaugurato la politica spettacolo, ma noi non dobbiamo andargli appresso. Non si risponde alla candidatura di un generale con un altro generale, a un industriale con un industriale, a una donna con un’altra donna...».

Record mondiale di debiti

Taranto «vanta» un record mondiale: due anni fa il Comune ha dovuto dichiarare bancarotta con un debito di 637 milioni. Il più alto del pianeta, dopo quello di Seattle (Stati Uniti). Un anno fa è stato eletto sindaco a furor di popolo (71 per cento dei voti) il pediatra Ippazio Stefàno, della Sinistra democratica di Salvi e Mussi (ora alleati di Pecoraro). Stefàno ha subito rinunciato allo stipendio e dimezzato quello di assessori e consiglieri. Ma le resistenze sono molte: quattro mesi fa ha dovuto licenziare il vicesindaco. E i creditori del Comune alla fine non incasseranno più della metà delle somme loro dovute.
Qui l’ex sindaco fu condannata per un inceneritore...

Ministro, vogliamo parlare un po’ di spazzatura?
Pecoraro si sistema sulla sedia, deglutisce e risponde scherzoso (ma non troppo): «Preferirei di no, perché guastare questo buon clima conviviale? Comunque, nei paesi della Campania dove viene fatta la raccolta differenziata, il problema non esiste».

Mauro Suttora