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Wednesday, May 13, 2015

I peggiori film della nostra vita

Cinema: sedici personaggi confessano le loro “pellicole-mattone”

Una catena di sale francesi rimborsa il biglietto agli spettatori che escono nella prima mezz’ora. Quanti ne approfitteranno?
FRA REGISTI E ATTORI INSOPPORTABILI, Ecco chi rischia in italia: in testa Lars von Trier, Ben Affleck... e molti mostri sacri

di Mauro Suttora

Oggi, 6 maggio 2015

Quali sono i film da cui siete scappati, nella vostra vita?

Maurizio COSTANZO: «Tutti i kolossal sull’antica Roma».

Paola TAVERNA, senatrice 5 stelle: «Non sopporto i film di Madonna, quelli delle Vacanze di Natale, e comunque ormai non vado più al cinema. Mi rompo le scatole. Mi fece particolarmente schifo Palombella Rossa di Nanni Moretti, un insopportabile radical chic».

Giampiero MUGHINI: «La grande bellezza di Sorrentino».

Massimo FINI: «Uscii dal cinema quando Robert De Niro si arrampicò sulle rocce per venti minuti in Mission, quel film di ormai trent’anni fa dove c’era anche Jeremy Irons, e che vinse la Palma d’Oro a Cannes. Ultimamente ho detestato American Sniper: sembra un western, non un film di guerra. E Bjork che faceva la cieca in Dancer in the dark, il film del 2000 di Lars Von Trier: era insopportabile».

Alba PARIETTI: «The Piano Player, con Christopher Lambert, Dennis Hopper e Diane Kruger (2002). Lo dico con tutto l’affetto che ho per lui». Ma è la vendetta dell’ex? «No, allora ero innamoratissima, stavamo assieme e mi ero messa a vederlo in cassetta. Ma non ce l’ho proprio fatta, stavo per suicidarmi».

Sabina CIUFFINI: «Amore bugiardo, con Ben Affleck (2014). L’ho visto due mesi fa e sono uscita alla fine del primo tempo, cosa molto rara per me. Film fatto bene, ma prevedibile e irritante. Perché l’hanno fatto? Una specie di pozione malefica che ho rifiutato di bere fino in fondo».

Il povero Affleck si prende una segnalazione negativa pure da Michele CUCUZZA per lo stesso film, Amore bugiardo: «Sopravvalutato, scontato».

Martina COLOMBARI: «Le onde del destino, del regista danese Lars Von Trier, 1996. Nonostante avesse vinto il festival di Cannes, e la protagonista Emma Watson fosse stata nominata per un premio Oscar come migliore attrice, lo ricordo soltanto per i suoi interminabili 156 minuti. Fu una prova di forza resistere fino in fondo. E riuscii perfino a trattenere in sala mio marito [l’ex calciatore Billy Costacurta, ndr]».

Beppe SEVERGNINI: «La terra trema di Luchino Visconti mi ha sconfitto: sono uscito a metà, e tremavo più della terra in questione. Il film, mi assicurano, è un capolavoro. Ma forse non era adatto al momento ormonale di un diciottenne. Otto e Mezzo di Fellini è una meraviglia, ma è un film da vietare ai minori di 48 anni: non li riguarda.
Sono rimasto in sala per Allacciate le cinture con Kasia Smutniak di Ferzan Ozpetek, regista di cui ero e rimango un estimatore; e ho fatto male. Coraggio, succede anche ai migliori, caro Fernan».

Elisabetta GARDINI, eurodeputata di Forza Italia: «Non posso vedere gli 007 senza Sean Connery. Mi spiace per i vari Roger Moore o Daniel Craig che gli sono succeduti, ma per me James Bond rimane uno solo. E non c’è la minima possibilità che guardi un film con i supereroi, quelli dei fumetti. Mi sembra di stare in un videogioco».

Luciana LITTIZZETTO: «Paganini, scritto diretto e interpretato da Klaus Kinski (1989). Come film brutti, quello mi basta per l’eternità».

Dalila DI LAZZARO: «L’Imbalsamatore di Matteo Garrone (2002). Film interessante, ma così lugubre che mi ha respinto. Un po’ come l’Urlo di Munch, capisco il genio in quel quadro. Però io al cinema voglio sognare, ho bisogno di allegria, colori».

Antonio POLITO: «The Counselor – Il procuratore di Ridley Scott del 2013, con un cast di star: Michael Fassbender, Brad Pitt, Cameron Diaz, Penelope Cruz, Javier Bardem. Sono scappato, nonostante Ridley Scott sia uno dei miei preferiti».

Giampaolo PANSA: «Ludwig di Luchino Visconti, che pesantezza».

Camilla BARESANI: «Mi irritano i film con pretese intellettuali. Fra i tanti, ricordo Il cielo sopra Berlino di Wim Wenders, Il palloncino bianco di Jafar Panahi, Sotto gli ulivi di Abbas Kiarostami e Ferro 3 del coreano Kim Ki-Duk».

Stefania PRESTIGIACOMO: «Turner di Mike Leigh, sulla vita dell’omonimo pittore inglese. Il protagonista Timothy Spall avrà anche vinto il premio come migliore attore all’ultimo festival di Cannes, io ho resistito fino alla fine ma ho molto sofferto. Pesante, lento, soporifero».
Mauro Suttora

Wednesday, October 17, 2012

Schwarzenegger ora frigna

«Avevo paura di Maria, non le dicevo nulla. Temevo le sue scenate, e che il clan Kennedy mi bloccasse la carriera politica»: incredibile confessione dell’attore più macho del mondo

Los Angeles (Stati Uniti), 10 ottobre 2012

di Mauro Suttora

E pensare che pochi anni fa i repubblicani americani volevano addirittura cambiare la Costituzione, per poterlo eleggere presidente degli Stati Uniti. Infatti Arnold Schwarzenegger aveva trionfato nelle elezioni a governatore della California, 56% dei voti.

Terminator era al suo massimo. Dopo avere sbancato i botteghini di tutto il mondo (i suoi film, da Conan all’Implacabile all’Eliminatore, hanno incassato tre miliardi di dollari in un quarto di secolo), Schwarzy si era dato alla politica. E aveva vinto anche lì, nella sua terza incarnazione dopo quelle di culturista e attore. Peccato solo che i presidenti americani debbano essere nati negli Stati Uniti, altrimenti i repubblicani avrebbero schierato il loro Ultimo grande eroe anche contro Barack Obama.

Fa quindi impressione, adesso, veder piagnucolare questo 65enne in tv. Muscoli sgonfiati, pelle della faccia tirata da sconsiderati lifting. E lui vorrebbe recitare la parte del marito-martire, intervistato nel programma più importante d’America,60 Minutes sulla Cbs.

L’occasione è la sua autobiografia, appena pubblicata. Dove Arnold confessa tutto: le corna seriali all’ex moglie Maria Shriver Kennedy, il figlio segreto nato nel 1998 dalla colf messicana Mildred Baena, l’avventura con Brigitte Nielsen allora moglie del suo grande amico Sylvester Stallone (col quale è appena tornato a recitare nei due film I mercenari).

In tv fa la vittima

Fin qui, niente di strano. Fa parte della liturgia vip americana il guadagnare ulteriori milioni con un libro in cui si ammette molto. Ma è il modo che ha sorpreso i telespettatori. Di fronte all’intervistatrice Lesley Stahl («acciaio» in tedesco)
il superuomo si è messo a frignare: «Avevo così paura di Maria che non osavo mai dirle nulla sulle decisioni più importanti della mia vita: l’operazione al cuore, o la candidatura a governatore. Ero terrorizzato dalle sue scenate, o che chiedesse al suo potentissimo clan Kennedy di bloccare la mia carriera politica nel partito avversario».

La navigatissima intervistatrice «Acciaio», settantenne, non crede alle sue orecchie e sgrana gli occhi: «Come, lei Schwarzenegger, l’attore più muscoloso del pianeta, mi sta dicendo che in realtà era vittima di sua moglie?»

In effetti, è forte il sospetto che ancora una volta Arnold stia recitando un copione. D’altronde, non si chiamava True lies (Bugie vere) un suo famoso film del 1994?

In ogni caso, se Schwarzenegger ora vuole farci credere che la vera vittima all’interno della coppia era lui, e che il vero bulldog era lei, l’incubo è finito. Da un anno e mezzo quella che era considerata una delle coppie più potenti e glamour d’America ha divorziato.

Da anni, comunque, Schwarzy era nel mirino dei pettegolezzi. Le donne che lo accusavano di palpeggiamenti o avances pesanti sbucavano a ritmo costante. Ma ogni volta lui smentiva, lei chiudeva un occhio (anche due), e le presunte vittime facevano marcia indietro, probabilmente zittite da cospicui indennizzi.

A casa ogni sera

Maria faceva la gelosa? E lui tornava ogni sera a dormire a casa a Los Angeles da Sacramento, la capitale della California dove ha lavorato dal 2003 al 2011: 900 chilometri al giorno di jet privato.

Maria, figlia di Eunice Kennedy (sorella del presidente John e di Bob) e di Sargent Shriver, candidato vicepresidente democratico nel 1972 (battuto da Richard Nixon), è stata un’importante conduttrice tv prima di abbandonare il giornalismo per il conflitto d’interessi con il marito che si era dato alla politica.

Si erano conosciuti nel ’77 e sposati nell’88. Hanno quattro figli: la più grande è 22enne, il più piccolo solo cinque.

Possibile che Maria abbia un carattere così forte da intimorire perfino Schwarzenegger? Chi li conosce non lo esclude, ma il privato di ogni coppia è imperscrutabile.

In ogni caso, la fama di traditore seriale di Arnold è stata confermata nell’autobiografia. Compresa l’avventura più clamorosa, quella del 1985 con Brigitte Nielsen (separata da Stallone due anni dopo) che l’enorme attrice danese aveva già confessato.
Mauro Suttora


I MASCHI VITTIMISTI? TERRIFICANTI

«Capita spesso, purtroppo. Anche in Italia. Il fenomeno degli uomini che frignano è terrificante». Così Alba Parietti commenta il “caso Schwarzegger”.

«Per lui la spiegazione è evidente, quasi psichiatrica. Basta guardarlo. Un uomo che ha basato tutta la vita sull’immagine di macho non può che rivelarsi un fragile.
I muscoli abnormi dimostrano l’esatto contrario della forza che vorrebbero esibire. Chi ha bisogno di pomparsi, in tutti i campi, è un debole.

Oltretutto i culturisti risultano anche poco maschili, agli occhi delle donne. Che badano al contenuto. E nel caso di Schwarzy il contenuto è misero: il solito marito, schiacciato dalla personalità della moglie, il quale per consolarsi non trova di meglio della colf. Ha fatto male a sposare una Kennedy: più che aiutarlo, quel cognome lo ha penalizzato»

Thursday, August 17, 2000

Alba Parietti

Cerchiamo di sedurre le grandi seduttrici: 1) Parietti

Macché mangiauomini! Sei una dolce Alba solitaria

Oggi, 17 agosto 2000

Galeotta fu l' intervista: la showgirl si lascia andare a confessioni intime sui suoi amori col nostro cronista. Lui perde la testa e la insegue, innamorato e speranzoso, fino in Sardegna. E li' succede che...

di Mauro Suttora

È simpatica, calda, accessibile, disponibile. Da dieci anni esatti sta facendo impazzire gli italiani, da quell’indimenticabile estate in cui si appollaiò su uno sgabello di Telemontecarlo e cominciò a discettare di calcio. Fra le cosce di Schillaci e le sue, non ci fu battaglia. I nostri calciatori persero Italia ‘90, ma lei i Mondiali li vinse. E ha continuato a vincerli per tutto questo decennio.

Alba Parietti ormai è un classico, fa parte del paesaggio, anzi quasi dell’arredamento. «E certo», scherza lei, «mi sono trasformata in un elettrodomestico, sto dentro la tv e la gente si è abituata a vedermi lì dentro. Infatti quando mi incontrano per strada mi danno del tu, Alba di qua, Alba di là, sono convinti di conoscermi personalmente, sanno tutto di me, seguono con assiduità le mie vicende sentimentali... Paesaggio, arredo? No, no: io ormai per molti faccio parte addirittura della famiglia».

Confesso: anch’io. Anche io, come buona parte dei maschi italiani, sono segretamente innamorato di Alba. E spero che il direttore di Oggi e l’editore della Rizzoli non mi licenzino, se ammetto di avere usato questa intervista per motivi personali. Chissà se per causa di Alba sarò radiato dall’Albo: quello dell’Ordine dei giornalisti, che vieta di trarre in inganno l’interlocutore, spacciandosi per un altro. Io ieri pomeriggio, in quell’afoso bar della periferia di Milano, ho mentito ad Alba quando mi sono presentato come giornalista. In realtà di fronte a lei c’erano soltanto un cuore che batteva, una mano che tremava e un uomo che sudava.

«Perché non intervisti la Parietti?»: questa è la domanda che tutti i cronisti vorrebbero sentirsi rivolgere dal proprio direttore. A me era già capitato una volta. Fu nove anni fa, quando la interrogai sull’argomento «soldi»: chiedevo a dei personaggi famosi qual era la cifra mensile di cui si sarebbero accontentati per vivere di rendita. Lei rispose testualmente: «Tre miliardi». Ma subito dopo aggiunse: «Beh, no: ammetto che è una risposta un po’ paracula».

Sincera e brutale come sempre, Alba. Però quella fu un’intervista al telefono, durò solo un quarto d’ora. Invece questa volta ho un’ora di tempo. A tu per tu. Mi sono fatto dare il suo numero di telefonino dalla segreteria, l’ho chiamata, ha subito risposto lei in persona. Pensando a tutte le divette che si circondano di addetti stampa, manager, agenti e segretarie, la sua semplicità mi ha fatto subito un’ottima impressione. Niente filtri inutili, andiamo al dunque.

«Un’intervista? Va bene. Dove e quando?». Speravo che Alba si trovasse nella villa che, come tutte le estati, affitta in Costa Smeralda. Aereo, mare, sole, già immaginavo un romantico incontro al tramonto. Invece, che sfortuna: «Sono rientrata per pochi giorni a Milano, dopodomani devo posare per un fotografo, ci vediamo lì?» E subito, oltre all’indirizzo, mi dà il numero di telefono dello studio, un altro numero di riserva e il cellulare del fotografo. Stordito da tanta folgorante efficienza, azzardo: «Lei è una bravissima segretaria...» «Di me stessa? Sì, lo so, non ho voglia di farmi organizzare la vita da qualcun altro. Così è tutto meno complicato, no?»

Come no. Mi preparo meticolosamente al rendez-vous. Mi vesto sportivo, niente giacca, niente cravatta, niente calze. È estate, e poi leggo in una vecchia intervista che il suo fidanzato storico, Stefano Bonaga, ha detto: «Non spendo mai più di 400 mila lire all’anno per il mio guardaroba». Le piacciono gli uomini un po’ «scaciati». Ho chiesto all’archivio tutto quello che hanno su di lei. Mi rispondono: «Ma ti si è fuso il cervello? Non possiamo mica mandarti giù un’enciclopedia di fotocopie. Accontentati degli articoli degli ultimi sei mesi».

Così scopro che ha regalato 15 milioni per il restauro della biblioteca di Tolstoi in Russia. Allora vado nella libreria Rizzoli e le compro un libro di Tolstoi. Mentre sono in auto per andare da lei (dall’altra parte della città, sulla circonvallazione), mi accorgo che ho dimenticato penna e taccuino. Accosto, parcheggio, compro una bic da un tabaccaio. Per la carta fa niente, scriverò sul retro di una fotocopia dell’archivio. A piazzale Brescia mi fermo davanti a un fioraio, le compro una rosa rossa. Pensate che sia scemo? E allora il mio collega di stanza, che si è eccitato pure lui e mi ha dato una rivista anarchica con dedica da regalarle («Fatti fotografare con lei mentre gliela dai»)?

Arrivo nello studio del fotografo. Alba è in posa da due ore per le foto da protagonista della commedia che debutterà il 3 ottobre al teatro Manzoni di Milano («Nei panni di una bionda»). Quando finisce, una tenda si apre e lei appare. Stupenda. Bellissima, più di come la vediamo nelle foto e in Tv. Le offro la rosa, mi ringrazia, il fotografo ci immortala. Il libro di Tolstoi. «Andiamo in un bar per l’intervista?» Certo. Usciamo. Ma prima invita tutti (fotografo, assistente, segretarie): «A casa mia domani, alle sei». Camminiamo per cinquanta metri fra la polvere delle macchine. Entriamo in un bar di viale Ranzoni. Un gruppo di uomini al banco si volta per guardarci. Diciamo che guardano lei. Quanto a me, mi scrutano per indovinare se sono un amico o un fidanzato.

«Ci sediamo qui?»
No, meglio dentro, un po’ più appartati. Lei forse pensa che voglia garantire l’esclusiva, io in realtà desidero guadagnare intimità.
Fa molto caldo, ma è meglio non stare vicino alla vetrina con Alba Parietti accanto. Chiedo al barista di far girare la ventola sul soffitto. E due spremute d’arancia. Prima domanda: da dieci anni lei ha un gran de successo, non esce mai dalla classifica delle prime 5-10 donne più desiderate dagli italiani. Come si sente?

Mi guarda con occhi incredibili da gatta. «Grande successo? Guardi, contrariamente a ciò che sembra io sono pigra e poco ambiziosa. Il su. Il successo è arrivato casualmente, e grazie a un decimo del talento che avevo. Perché in realtà sono una persona scostante e interessata soprattutto alla mia vita privata. Se fossi una studentessa, direbbero il classico “È brava, ma non si applica”. Nel momento in cui ottengo qualcosa non mi interessa più, è già superato. Ho avuto la fortuna di godere di un successo forte, violento, spaventoso. Tutto sommato l’ho assaporato e mi ha fruttato poco. Ma sono orgogliosa di averlo ottenuto senza raccomandazioni, senza protettori politici o di letto...»

Mentre parla, mi accorgo di avere commesso un errore: non ho il registratore. Non lo uso quasi mai, perché di solito gli appunti scritti bastano per ricordarsi la sostanza di un’intervista. Però Alba sforna a raffica concetti non banali, parla bene e denso. Difficile starle dietro con la penna. Lei se ne accorge e mi chiede: «Ce la fa a scrivere?» Mento: «Certo, e poi se una cosa è importante mi resta in testa».

Ma il registratore sarebbe stato prezioso anche perché avrei potuto guardarla in viso mentre parlava. Avete presente le gatte che socchiudono gli occhi quando fanno le fusa? Ma forse è meglio così: lo sguardo di Alba non è sostenibile a lungo. Almeno per me. Lei intanto continua, inesauribile: «...Sono sopravvissuta a detrattori, mitomani, profittatori e chirurghi estetici. Ora sto leggendo Schopenauer..»
Alt! Pure lei?
«Perché?»
Anche Vasco Rossi due anni rivelò di esser alle prese con Schopenauer.
«Sospetto che abbiamo lo stesso fornitore».
Non le conviene usare la parola «fornitore» se c’è di mezzo Vasco Rossi...
«Ma no», sorride, «penso che sia Bonaga ad aver dato i libri di Schopenauer sia a me che a lui. E anche a Patty Pravo».
Ma saranno dei mattoni.
«Macché, senta che titoli attraenti: L’arte di ottenere sempre ragione, L’arte di essere felici, L’arte di insultare...»

Senta, visto che nel 2001 compie i suoi primi 40 anni, perché non scrive anche lei un libro?
«Nessuna crisi degli “anta”, al contrario di molte donne per me l’età è una bandiera al valore. Ho il privilegio di essermi rifatta il seno e le labbra e di averlo dichiarato...»
Ora è «in» dichiararlo.
«Sì, ma quando l’ho ammesso io, no. Mi hanno sputt... Io faccio quello che diventa di moda dopo due anni. Per esempio, le signore bene milanesi...»
Squilla il suo telefonino: «Pronto, amore della mia vita! Sto facendo un’intervista, ci vediamo a cena? Dove vuoi tu: al Torre di Pisa, da Bice...» Tristezza improvvisa: allora è già impegnata, non ho speranza... Chi era?
«Una mia amica. Dov’eravamo?»
Le signore milanesi.
«Ah, quelle! Sono sempre lì paurose che qualcuno gli rubi il marito, ti invitano a casa a colazione, a pranzo, a cena, ma se c’è il marito si ingelosiscono».

Tutti sanno che la Parietti è reduce da una storia d’amore con il finanziere milanese Jody Vender. E il passatempo preferito delle sciure bene meneghine lo scorso inverno era quello di scommettere se sarebbe finita prima la relazione fra loro due, oppure quella fra Marco Tronchetti Provera e Afef Jnifen. Tifando accanitamente contro entrambe le belle estranee, bollate come «arriviste». Acqua passata, per Alba: «No, non detesto nessuno. Non mi viene voglia neanche di ricordarmi come si chiamano. Odio soltanto le persone che ho amato, e dopo un po’ le riamo».

All’inizio di luglio ha festeggiato il compleanno assieme a due o tre suoi ex. A proposito: un regista, un attore... Ha mai provato con un giornalista? Ma la domanda mi muore in gola: troppo diretta. Mi esce invece un neutrale: perché è così buona? Ride: «Sono una persona di cui non si può fare a meno. E io non posso fare a meno degli altri. Non riesco a stare da sola. Devo telefonare, o leggere».
Beh, si legge da soli.
«No, si possono anche leggere cose l’uno all’altro, ad alta voce».
Mamma mia.
«Perché, lei non l’ha mai fatto?»
E perché tu continui a darmi del lei?
«Ah, davo del tu a tutti, poi mio padre si arrabbiò quando lo diedi a uno al Maurizio Costanzo Show, diceva che era un tipo poco chiaro».
Chi era?
«Parretti».
Ma avete il cognome quasi uguale.
«Boh, era sospettato di qualcosa».

L’ora sta finendo. Mi sto abituando ad Alba, mi sembra quasi naturale avere accanto la donna che è collocata in cima alla lista dei pensieri proibiti degli italiani. Sì, magari possiamo tradirla sa per una slava di passaggio, ma nessuna «ova» o «enko» potrà mai placarci la voglia di strapparti a tutti quegli stranieri, attori famosi o avvocati di successo, a tutti quei ricconi che ti conquistano e dopo un po’ finisce, e non si riesce neanche a capire bene se sei tu a lasciare loro, o viceversa.

Senti, Alba, ho letto che siccome ti senti sola la tua tournée teatrale in autunno si limiterà a Milano dove abiti, a Bologna dove c’è Bonaga, e a Torino che è la tua città.
«No, hanno aggiunto anche Napoli, Palermo, Verona e Viterbo. Ma io, sì, ho paura di stare da sola. Spero di farcela. Di notte prima di addormentarmi scrivo».
Se nessuno ti risponde ti posso scrivere io. Tu che scrivi?
«Lettere. Scrivo tantissimo. Ho scritto anche un giallo. E mando pure i messaggi sul telefonino».
Pubblichiamo qualche lettera?
«Dopo morta».
Il programma più bello che hai fatto in questi dieci anni?
«Galagoal e Macao. Ma la mia specialità sono gli Uno contro tutti da Costanzo».

La porto sull’argomento prediletto (da me, ma abbastanza anche da lei): l’amore. L’uomo ideale?
«Non ho la puzza sotto il naso».
Cioè?
«Non dev’essere né ricco né bello...»
Beh...
«Perché, Bonaga è ricco o bello?»
È affascinante.
«Appunto. Il mio uomo ideale è intelligente e spiritoso. E poi c’è la famosa pelle...»
Prego?
«No, non quella del divano. Intendo la chimica. Quella o c’è o non c’è, scatta subito».
Quindi io non ho speranza?
Sorride: «Chissà».
Allora ecco il mio numero di telefono: chiamami quando ti senti sola. Magari una sera, da Viterbo...

Mi ha già richiamato due volte. La prima voleva sapere se questo articolo avrà la copertina. La seconda, dopo cinque giorni, era già tornata in Sardegna. «Che coincidenza, anch’io vado spesso in Sardegna», le ho detto.
«Ma guarda, quando vieni?»
Presto...
«Vediamoci!»
Certo. Poi mi ha chiesto ancora se la sua foto andrà in copertina.

Alla fine l'ho richiamata io. Lei è in Sardegna, è stupita. Volo a Olbia. Mi faccio «soffiare» da un paparazzo il nome dello yacht su cui è ospite: Atlantica, dell'industriale Manuli. Affitto un canotto a Capriccioli, la «abbordiamo» (nel vero senso della parola) all'isola di Mortorio, di fronte a Porto Cervo. Il risultato lo vedete nelle foto di quest'articolo. In spiaggia, niente da fare. Ma alla fine, per educazione, ci fa salire sullo yacht.

Alba è in uno dei suoi (rari) momenti da single, tento il tutto per tutto. Al tramonto, eccomi con un'altra rosa rossa in mano davanti al suo residence di Porto Cervo, a cala Romantica (!) Lei è spiritosa, la butta sul ridere. La intercetto di nuovo mentre prende un aperitivo in Piazzetta, un'altra rosa smisurata, gliela offro in ginocchio. La gente assiepata per chiederle autografi mi applaude. In Costa Smeralda si sparge la voce della mia corte assidua, finisco nella rubrica mondana di Maramalda, sul quotidiano Unione Sarda...

Sono tornato a Milano, proprio mentre scrivo questo articolo Alba mi chiama. Batticuore. Vuole sapere di nuovo quali foto mettiamo. Ma io lo so che è soltanto una scusa.

Mauro Suttora




























































































Monday, February 01, 1999

Vip e mattone

Non per soldi ma per passione

Casa: anche per i vip il mattone e' un fattore di sicurezza piu' che di prestigio. E a dispetto di Visco e delle tasse nessuno intende rinunciarci. Anzi

Capital, 01/02/1999

di Mauro Suttora

La storia e' sempre la stessa: il fisco vorace che minaccia di fare sfracelli, i cittadini che vedono nella casa il loro sogno di sicurezza e di tranquillita' anche psicologica. Nel rapporto tra gli italiani e il mattone il punto e' proprio questo: a dispetto degli alti e bassi dei prezzi, a dispetto delle voglie piu' o meno brutali del ministro delle Finanze Visco, a dispetto delle noie burocratiche, la casa rimane al centro degli interessi. Costi quel che costi.

NON SI TARTASSANO COSI' I SOGNI
Alba Parietti, attrice:
"La casa e' in assoluto la cosa che amo di piu' . E' l' unico oggetto in cui veramente mi riconosco. Questo perche' non me n' e' mai importato nulla degli status symbol: non mi interessano le automobili e i vestiti; li cambio troppo spesso per affezionarmi a qualcosa in particolare. La casa, invece, rappresenta un rifugio totale, quasi terapeutico. In alcune stanze della mia villa a Milano Tre, come la camera da letto, mi trovo come in una specie di ventre materno".

Possiede seconde case?
"No. Trovo piu' conveniente affittarle. Sarebbe una follia spendere 2 miliardi per acquistare cento metri quadrati a Cortina o a Porto Cervo, accollandosi fra l' altro un sacco di pensieri e di spese fisse, quando con poche decine di milioni posso avere quelle stesse case per uno o due mesi, negli unici periodi in cui veramente mi servono. Questo e' anche il motivo per cui non mi passa per la testa di trasferirmi in centro a Milano: per avere gli stessi metri quadri che ho attualmente, 200, dovrei tirar fuori una cifra pazzesca. E rinunciando, in ogni caso, alla piscina".

Ha sentito parlare dell' aumento degli estimi catastali?
"No. Non so nulla di tasse, paga tutto il mio commercialista. So solo che verso al fisco il 51% dei miei guadagni. Se me ne occupassi mi arrabbierei troppo, come mi capito' quando comprai questa mia casa all' inizio della carriera: fra una cosa e l' altra, al prezzo pattuito si aggiunsero tante di quelle tasse che all' indomani dell' acquisto mi ritrovai improvvisamente poverissima. Trovo comunque ingiusto che qualcuno voglia tartassare le case, ben sapendo che sono il bene rifugio di tutti noi italiani".


UN ATTICO CHIAMATO DESIDERIO
Annamaria Bernardini De Pace, avvocato matrimonialista:

"Sto in affitto e cerco casa come una pazza. E' da piu' di due anni che ci provo, sono sempre in giro per Milano a visitare appartamenti, e di fronte a ogni palazzo che mi piace mi fermo subito a prendere i numeri dei cartelli "vendesi". Niente. Finora avro' visto un' ottantina di case, ma nessuna che mi soddisfi totalmente, fino al punto di farmi dire: "Eccola, e' questa, la voglio proprio comprare". "La casa e' oggi la cosa piu' importante nella mia vita: mi e' venuta la sindrome della rondine, mi piace poter tornare ogni sera al nido tutto mio, al contenitore... Ne ho una piccolissima a Saint Tropez, ma finora non me ne sono mai potuta permettere una di mia proprieta' in centro a Milano". Qual e' la caratteristica principale della casa dei suoi sogni ? "Voglio che sia bello quello che si vede guardando fuori dalle finestre. Voglio tanti pezzi di cielo".

E da tutti questi anni in affitto, quali conclusioni trae?
"Una sola: che ci vuole la massima liberta' di mercato. Basta protezionismi disastrosi come quello dell' equo canone: torniamo alle contrattazioni alla pari fra inquilini e proprietari". La casa piu' bella che ha avuto ? "Quella che devo prendere. E, naturalmente, ricordo con nostalgia la casa di Chiavenna, in provincia di Sondrio, in cui sono nata e vissuta per dieci anni, in mezzo ai prati".


QUEL MATTONE PASSA DI PADRE IN FIGLIO
Enrico Finzi, sociologo:

"Da quando sono nato vivo nella stessa casa, che percio' non e' piu' soltanto una "macchina per abitare e dormire", ma si e' caricata di valori affettivi e simbolici. Gli aspetti economici, quindi, hanno scarso peso nel valutarla: non ci e' mai passato per la testa di venderla, anche se l' imposizione fiscale e' rilevante. Ne' conosco il valore delle singole imposte immobiliari che pago. Nell' attaccamento alla casa di famiglia i piu' clamorosamente conservatori si sono dimostrati i miei figli di 21 e 25 anni: anche se dal nostro appartamento non si vede neanche una fogliolina di verde, hanno sempre rifiutato l' ipotesi di un trasferimento. Cosi' , poiche' sono nato nel 1946, e quindi appartengo a una generazione che considera ancora i muri come la forma piu' rassicurante di investimento, ho comprato io per loro due appartamenti. La passione per il mattone mi ha spinto anche all' acquisto di cento metri quadri sul Canal Grande, a Venezia. L' ho fatto per mia moglie, che ci teneva moltissimo, ma si e' rivelato anche un investimento fortunato: l' appartamento veneziano si e' rivalutato due volte in 15 anni".


E' IL CATTIVO GUSTO IL VERO DRAMMA
Roberto D' Agostino, scrittore:

"Vivo e lavoro in casa, quindi il mio appartamento romano e' un antro, un rifugio, una grotta, un biglietto da visita. Ce l' ho da quattro anni in affitto, l' ho arredato io e ci tengo da morire. Anzi, non l' ho arredato: lo sto arredando, perche' il vero arredamento non termina mai, e' un work in progress. Ho anche un altro appartamento a Roma, quello dove abitavo prima, di proprieta' . Ma ho preferito trasferirmi in questo perche' la casa e' anche un ritrovo per gli amici, un vero e proprio abito sociale. La verita' e' che parecchie case sono inguardabili, basta un' occhiata appena entrati e si capisce subito che i proprietari sono soltanto dei parvenu. Ci vuole cultura per arredare una casa, scegliere tende, quadri, divani: il difficile non e' comprare, ma, lo ripeto, scegliere. Questo e' il problema del nostro Paese, ovviamente a tutti i livelli. Per esempio una delle case piu' disastrose che mi e' capitato di vedere ultimamente e' quella di Massimo D' Alema... Diciamolo, il vero dramma delle case italiane non sono le tasse, ma quello che c' e' dentro. Possibile che l' Italia, cioe' uno dei Paesi leader del design mondiale, la patria di Sottsass e di Munari, si sia ridotta ad avere delle case cosi' di merda ? E anche quello che propongono le riviste di arredamento non e' meglio dell' atroce gusto medio dei nostri connazionali".

AH, SE FOSSE COME IN FRANCIA...
Renato Mannheimer, esperto in sondaggi:

"Pago una quantita' straordinaria di tasse sulla mia casa di proprieta' , e mi sembra che aumentino ogni anno. Ma il mio commercialista, che e' anche un amico, per non farmi venire un collasso me le illustra un po' per volta, mai tutte assieme. Ciononostante non mi e' mai passato per la testa di vendere, anche perche' non conoscerei un altro investimento altrettanto solido, che possa soddisfare la voglia atavica di sicurezza che c' e' in ognuno di noi. Ho una seconda casa in Francia, e anche li' pago tante tasse. Con un vantaggio, pero' : li' una volta all' anno mi spediscono un modulo chiarissimo tutto colorato, e mi spiegano esattamente quello che devo fare. Cosi' versare le imposte diventa quasi una soddisfazione".

Ha mai avuto case in affitto ?
"No. Ma in questo campo sono per un liberismo quasi sfrenato. L' equo canone ha provocato pasticci, e a chi sostiene la necessita' di regole che proteggano i meno abbienti rispondo cosi' : non mi pare che in tutti questi anni i meno abbienti siano stati tutelati".

COMPRARE CONVIENE, VE LO DICO IO!
Martina Colombari, presentatrice tv:

"Dopo la vittoria a Miss Italia ho continuato per due anni a vivere a Riccione a casa dei miei, coccolata come tutte le figlie uniche. Avevo pero' impegni frequenti a Milano per lavoro, quindi facevo avanti e indietro e stavo in un residence. Quattro anni fa ho cominciato a non poterne piu' di questo tipo di vita. Cosi' ho affittato una bella mansarda dai soffitti alti, in una zona abbastanza centrale, dove vivo tuttora. Ma non per molto: fra sei mesi io e il mio fidanzato, il calciatore del Milan Billy Costacurta, andremo a vivere insieme in un appartamento di circa 200 metri quadri, che abbiamo appena comprato in un palazzo nuovo.

Il trasloco potremmo farlo anche subito, ma al piano di sotto gli operai stanno ancora terminando i lavori, e comincerebbero ad assordarci alle otto del mattino con i loro martelli pneumatici. Cosi' ci stiamo prendendo tutto il tempo per arredarlo, ma egualmente ce ne resta poco per scegliere i mobili: riusciamo a vedere un divano ogni due settimane, e una tappezzeria al mese... Quanto ai soldi, tutte le faccende economiche e fiscali le segue mio padre: anche se ho 23 anni, in questo campo mi sento ancora inesperta, e poi mi fido completamente di lui. Quindi non so niente di affitti, tasse, prezzi e cosi' via. So comunque che da qualche anno e' conveniente comprar case, ed e' quello che abbiamo fatto: a Riccione, pero' , dove abbiamo effettuato qualche piccolo investimento immobiliare".


CONFESSO, SONO UN COLLEZIONISTA
Beppe Severgnini, giornalista e scrittore:

"Come molte famiglie italiane della media borghesia, anche la mia ha assistito all' innamoramento verso il mattone da parte di mio padre, notaio a Crema per mezzo secolo. Quindi, a partire dagli anni Sessanta, dopo la casa di proprieta' sono arrivate le seconde case in Sardegna e in montagna. E io, volente o nolente, mi trovo adesso a fare i conti ogni sei mesi con i bollettini dell'Ici. La cosa non mi spaventa: tutto sommato sono laureato in legge e poi, sempre a causa della professione di mio padre, fin da piccolo ho sentito risuonare in casa la parola "Invim" piu' spesso che non "Saint Moritz". Fortunatamente per me. Senza il tramite del commercialista, quindi, mi rendo conto personalmente del salasso subito a causa delle imposte sulla casa. Ma non mi sognerei mai di vendere, neanche se l' affitto si rivelasse piu' conveniente. Anzi, ho rischiato di fare il contrario. Quando ero corrispondente, ho affittato due case: a Londra nel quartiere di Kensington, e a Washington nella zona di Georgetown. Alloggi adorabili, anche se non lussuosi. Ebbene, ogni volta mi e' venuta la tentazione di comprarli: evidentemente ho l' istinto della tartaruga, che ama un bel tetto pesante e sicuro sopra di se' . E che, di conseguenza, sopporta la vigliaccheria di tutti i governi, i quali amano tassare le case perche' non sanno come farlo con i capitali finanziari sempre piu' volatili, dall' euro a Internet. Tuttavia, lo ripeto: la casa e' un investimento anche affettivo, a medio e lungo termine. Magari la rendita e' inferiore, ma nessun estratto conto di azioni o di fondi puo' regalarmi la stessa soddisfazione che provo guardando la magnolia della mia casa vecchia 200 anni a Crema".


SOGNO UNA FATTORIA PER LE MIE PAPERE
Anna Falchi, attrice:

"Il mio sogno e' sempre stato quello di abitare in una casa magnifica nel cuore di Roma, e sono stata fortunatissima: sette anni fa, infatti, ho trovato in affitto un appartamento di 97 metri quadri, piu' 60 di terrazza giardino pensile, proprio dietro a piazza del Popolo. Ho fatto tutto io: architetto, arredatore, giardiniere. E ancora adesso passo molto del mio tempo libero aoccuparmi della casa: sono affezionatissima alla mia collezione di papere.

So bene quanto pago di tasse: il 46% di imposta sul reddito. E questa percentuale versero' anche quando realizzero' il mio secondo sogno: comprarmi una bella fattoria sulle colline dietro a Riccione, dove sono nata 26 anni fa. Questo in Romagna sara' il mio primo grande investimento immobiliare, e ho gia' incominciato ad andare in giro per cercarmi il mio secondo nido. Penso che anche quando mi sposero' , conservero' una casa tutta per me: come rifugio, per leggere, studiare, stare in pace. E anche per potere litigare tranquillamente, sapendo che comunque un posto dove andare ce l' ho...".

Mauro Suttora