Thursday, January 23, 2014

Paola Taverna, stella a 5 stelle

NUOVI PERSONAGGI: PASSIONI E PICCOLI SEGRETI DELLA SENATRICE-POETESSA GRILLINA

Insulta Berlusconi, è adorata dagli attivisti (che però, se serve, tratta male), il suo slogan «Parlamentari siete Gneeente!» spopola in rete. Ormai è diventata la più popolare del movimento di Grillo e Casaleggio

di Mauro Suttora

Oggi, 3 gennaio 2014

«Vabbe’, sempre de me stamo a parla’? Niente personalismi, sono più importanti le idee. Nun t’azzarda’ a ffa’ gossip, ggiornalista...».
E giù una gorgogliante risata, di quelle che sdrammatizzano. Perché lei è famosa anche come la Trilussa grillina: scrive sonetti in romanesco che affilano tutti. «Compresi i miei colleghi 5 stelle se mettono su qualche sussiego di troppo, con le loro cravatte da parlamentari».

È scatenata, Paola Taverna, 44 anni, donna fiera delle proprie origini borgatare. Vive col figlio a Torre Maura, ma è nata e cresciuta al Quarticciolo, quartiere popolare dove Mussolini sistemò gli sfrattati dopo gli sventramenti di via della Conciliazione.

Palazzo Madama, secondo piano. Parla con Oggi nel suo ultimo giorno da presidente dei senatori del Movimento 5 stelle (i capigruppo del M5s ruotano ogni tre mesi).

Perché così spesso?
«Pratichiamo quel che predichiamo. Siamo normali cittadini che offrono un breve periodo - massimo due mandati - al servizio pubblico. E anche le cariche interne ruotano».

Bilancio del suo trimestre?
«Ottimo. Anzi, pessimo. La politica in questi palazzi è peggio di quel che pensavo. Ogni giorno una schifezza: tangenti sul terremoto dell’Aquila, consiglio regionale illegale in Piemonte, telefonate imbarazzanti della ministra Nunzia De Girolamo... Sembra che i partiti facciano a gara per stancare la gente e regalarci voti».

Davvero peggio di quanto immaginasse?
«Ripeto: ogni giorno una porcata. Ci hanno appena detto no al taglio delle pensioni d’oro, all’aumento di quelle minime da finanziare con tasse sul gioco d’azzardo, no a un dibattito sui ministri in bilico come la Cancellieri. In compenso è passata la privatizzazione della Banca d’Italia, che regalerà decine di milioni alle banche private».

Paola Taverna ormai è diventata una stella dei 5 stelle. Dopo Beppe Grillo e il misterioso Richelieu Gianroberto Casaleggio, è lei la più amata. Ogni volta che mette un post su Facebook le arrivano centinaia di “mi piace” in pochi minuti. I suoi video su Youtube hanno migliaia di visualizzazioni.

La invitano in tutta Italia nei week-end, neanche fosse la Madonna pellegrina: da Pomigliano (Napoli) ai paesi terremotati dell’Emilia. Radio 105 ha addirittura inaugurato una rubrica satirica (Casa Taverna) in cui la dipingono come una casalinga collerica. E dopo il suo discorso contro Silvio Berlusconi in Senato, sono nati fan club scherzosi come i Tavernicoli o la Senatruce col mattarellum.

Durante un comizio si era lasciata andare: «A Silvio je sputo in testa». Scuse ufficiali, ma grillini in delirio. «Sì, in effetti ci sono toni un po’ da tifo in giro», ammette lei. «Ma è naturale, finché questi non schiodano. La gente è stufa, metà non va più a votare».

Beh, questo lo sappiamo da anni.
«Però ora i nodi vengono al pettine. All’ultimo V-day di Grillo, in piazza a Genova a dicembre, mi hanno assediato centinaia di signore, giovani, anziani che mi imploravano: “Siete la nostra ultima speranza!”».

E lei come risponde?
«Attivatevi in prima persona, non fidatevi più dei politici di carriera».

Ora però c’è Renzi. È più nuovo di voi.
«Nuovo quello? Ma se è in politica da vent’anni».

Vuole tagliare un miliardo l’anno di costi, cominciando dal Senato.
«Cominciasse a tagliarsi lui il finanziamento pubblico Pd. Noi abbiamo rinunciato a 40 milioni, e prendiamo solo 2.900 euro al mese di stipendio».

 Lei quanto guadagnava prima?
«Novecento euro, part-time in un ambulatorio di analisi mediche. Lavoro da quando avevo 19 anni, dopo l’istituto linguistico. Mancò mio padre, addio università».

Torniamo al movimento: com’è finita coi dissidenti?
«Quali dissidenti? Si parla, ci si confronta. Nei miei tre mesi, niente problemi».

Ma se vi siete spaccati anche per eleggere il suo successore, Maurizio Santangelo: 26 ‘talebani’ contro 23 ‘dialoganti’.
«Non ci siamo ‘spaccati’, abbiamo solo votato. È la democrazia, la applichiamo fra noi. Non siamo teleguidati da Grillo. Comunque, sulle cose importanti siamo uniti».

Una legge che è riuscita a far passare?
«Ho trovato i soldi per lo screening neonatale delle malattie rare».

Interessi extrapolitici?
«Mio figlio. È tutta la mia vita. E gioco a Candy Crush sul telefonino».

I due collaboratori, Ilaria e Fabio Massimo, la avvertono: deve andare a una riunione del movimento. Li accompagno al Testaccio, ci sono una settantina di attivisti. Atmosfera surreale: un’assemblea per decidere come fare un’altra assemblea. Quando arriva la applaudono, perché non si dà mai arie.

Poi però gli oratori si perdono in quisquilie organizzative, e la senatrice si trasforma in pantera, chiede la parola, non esita a dire in faccia ai noiosi militanti “de bbase” quel che pensa. Qualcuno la fischia. Lei non si scompone, anzi rincara. Proprio come nel suo discorso ormai leggendario, quando urlò la famosa invettiva ai senatori: “Siete gneeente!”

Il presidente del Senato Piero Grasso non la interruppe. Anzi, sorrideva sornione. Dicono abbia un debole per la focosa Taverna. E gli mancherà, alle riunioni dei capigruppo che lei rendeva sempre frizzanti.
Mi scuso per il gossip.
Mauro Suttora

Wednesday, January 15, 2014

Politici: nuovo stile "povero"


UNA NUOVA CONSAPEVOLEZZA FA RINUNCIARE AI SIMBOLI DEL POTERE




















Oggi, 9 gennaio 2014

di Marianna Aprile e Mauro Suttora

Fra i meriti che ora tutti riconoscono a Pier Luigi Bersani, ora convalescente, c’è quello di non aver mai esibito la pompa del potere. Nessun codazzo di gorilla da segretario Pd, poco uso di auto blu. Era facile incontrarlo solo, senza scorta (neanche un portaborse) sui voli di linea Roma-Milano, seduto in posti non privilegiati.

Con l’aria che tira, non è più l’unico. Diversi politici, in tutto il mondo, esibiscono una nuova consapevolezza. Il nuovo sindaco di New York, Bill de Blasio, è arrivato in metro alla propria cerimonia di inaugurazione. Per la verità anche Mike Bloomberg, suo miliardario predecessore, non disdegnava la subway.

Ma con i politici non si sa mai se le paparazzate di vita sobria siano casuali, combinate, o addirittura sollecitate: magari vanno sempre in elicottero, però l’unica volta che ci rinunciano si fanno fotografare. Quel che è sicuro, è che la cancelliera tedesca Angela Merkel usa ancora sci di fondo vecchi di vent’anni e costruiti nella sua ex Germania Est. È caduta, si è fratturata il bacino.

Pisapia a piedi, fa la spesa da solo

E in Italia? Niente trucchi per il sindaco di Milano Giuliano Pisapia: neanche un vigile di scorta, gli piace andare a piedi, anche al super per la spesa. Quella stessa spesa (all’Ikea) che ha invece distrutto le speranze quirinalizie di Anna Finocchiaro, sorpresa a far spingere il suo carrello da un agente.

Sono le scorte per ragioni di sicurezza la scusa per le auto blu: «Ci rinuncerei, ma me la impongono», è il ritornello. L’attentato dello squilibrato contro il carabiniere di Palazzo Chigi lo scorso aprile ne ha interrotto lo sfoltimento. E provocato qualche segreto sospiro di sollievo fra qualche politico.

Ma non è solo l’auto lo status symbol del potere. C’è la fantozziana metratura dell’ufficio. Megagalattico quello proposto nove mesi fa al neo consigliere regionale lombardo 5 stelle Eugenio Casalino: «Erano 200 metri quadri, mezzo 23esimo piano del Pirellone. Solo perché ho la carica di segretario dell’ufficio di presidenza. Ho rinunciato a tre stanze su sette. Ma qui in regione Lombardia i grandi sprechi avvengono negli staff per gli assessori e nelle società partecipate e controllate: Lombardia Informatica, Infrastrutture Lombarde, Aler (case popolari) e Finlombarda».

Il deputato bresciano Mario Sberna (Scelta Civica) ogni anno fa un fioretto quaresimale: indossa ovunque sandali senza calze. Si presentò così anche in Parlamento, appena eletto. A Roma alloggia in un convento di suore (20 euro al giorno). Cinque figli, Sberna è ex presidente dell’Associazione famiglie numerose. Il deputato francescano trattiene dallo stipendio solo 2.500 euro e le spese per i suoi giorni romani, tutte documentate. Sul suo sito pubblica l’elenco dei versamenti alle associazioni cui va il resto del suo stipendio.

Come lui fanno tutti i 150 parlamentari 5 stelle. Che devolvono la differenza a un fondo per le piccole e medie imprese. Ma solo Paola Taverna si è presentata con le infradito in Senato d’estate.

Ministri Bray, Delrio e Bonino a piedi

E i ministri? Nel maggio 2013 Massimo Bray (Beni culturali), è stato fotografato sulla Circumvesuviana mentre si recava in visita privata a Pompei. Una passeggera lo ha riconosciuto e ha twittato la foto di lui in piedi, con le cuffiette nelle orecchie (ascoltava Asaf Avidan). Poi il treno si è guastato, e il ministro ha chiesto un passaggio a un passeggero per raggiungere Pompei.

Graziano Delrio (Affari regionali), nove figli, ha tenuto la poltrona di sindaco di Reggio Emilia, ma ha rinunciato agli 80 mila euro di stipendio. E alla scorta che il ruolo gli attribuiva automaticamente, contro il parere del ministero degli Interni. Al giuramento al Quirinale è arrivato a piedi, come Emma Bonino. A piedi e senza scorta si muovono anche il due volte premier Romano Prodi e il vicepresidente della Camera Luigi Di Maio (M5S).

Notoriamente i sindaci di Firenze Matteo Renzi (neosegretario Pd) e di Roma Ignazio Marino vanno in bici. Ma le due ruote nella capitale non fanno notizia: le utilizzava già vent’anni fa il primo cittadino Francesco Rutelli, seppur motorizzato. Ora i motorini sono diventati «scooteroni»: ne usa uno la 5 stelle Roberta Lombardi.

La moda della bici  ha colpito (per poco) persino Daniela Santanchè: all’inizio della legislatura, complice la ventata di low profile grillino, la pitonessa prese ad andare alla Camera in bici. Durò poco: smise causa tacco 12.

Ben 57 mila agenti per le scorte

Ventata di austerity anche ai piani alti: il premier Enrico Letta si è presentato al Quirinale per ricevere l’incarico dal presidente Giorgio Napolitano con la Fiat Ulysse di sua moglie (auto aziendale da giornalista del Corriere della Sera), ha trascorso pochi giorni di vacanze estive nel giardino di casa a Pisa nella piscinetta gonfiabile, e a Capodanno ha preso un volo di linea per la Croazia.

Ma quanti sono i personaggi scortati, in Italia? Mezzo migliaio (dati del sindacato Sap, ottobre 2013), suddivisi in quattro livelli di protezione: 17 di primo livello (tre auto blindate con ben tre agenti per auto); 82 di secondo livello (due auto con tre agenti per auto); 312 di terzo livello con un’auto e due agenti; 102 con un’auto e un agente. Totale: 1900 agenti al giorno (57mila al mese) tra polizia, Carabinieri, Finanza, Polizia Penitenziaria e Corpo Forestale. Costo: 250 milioni di euro l’anno.

Nel 2012 sono state tagliate scorte di quarto livello a 70 parlamentari; nel 2013, invece, nessun taglio. Le auto blu sono 63.700, le grigie (auto di servizio non blindate e senza autista) 54.250, per un costo annuo di 2 miliardi di euro. A usufruire delle auto grigie sono, per esempio, i Prefetti. Quelli delle grandi città, in genere, ne hanno una assegnata “in esclusiva”. Quelli delle città medio-piccole, invece, ne condividono l’uso con gli altri dirigenti delle Prefetture. Dispongono di un’auto grigia, quasi sempre in esclusiva, anche i dirigenti e gli alti burocrati di ministeri ed enti (Csm, Authorities, Corte Costituzionale).

Tra tutti i personaggi (giornalisti, politici o ex politici) scortati, ce ne sono alcuni che più di altri fanno storcere il naso. Qualche esempio? Fonti vicine al Viminale confermano che sono sottoposti a protezione l’ex ministro della Giustizia Clemente Mastella, sua moglie Sandra Lonardo, gli ex ministri Paolo Cirino Pomicino, Oliviero Diliberto e persino Claudio Scajola (che da ministro dell’Interno negò la scorta al giuslavorista Marco Biagi, poi ucciso dalle nuove Br). Ancora sotto scorta gli ex presidenti della Camera Fausto Bertinotti e Pierferdinando Casini, e del Senato Marcello Pera.

Nell’estate 2013 Gianfranco Fini, allora presidente della Camera, finì sui giornali per gli 80 mila euro che costò il soggiorno della sua (legittima) scorta in nove stanze di un hotel nel centro di Orbetello durante le vacanze di Fini e famiglia ad Ansedonia (Grosseto).

Hanno ancora la scorta l’ex presidente del Lazio Renata Polverini, ora deputata, l’ex ministro Elsa Fornero, l’ex pm Antonino Ingroia, l’ex presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, l’ex presidente della Democrazia cristiana Ciriaco De Mita. Tra i giornalisti sottoposti a tutela, figura Emilio Fede (condannato a 7 anni in primo grado per favoreggiamento della prostituzione).

Piccola nota: gli ex ministri non possono rinunciare alla scorta per i tre mesi successivi alla fine dell’incarico. Prima era un anno, poi un provvedimento dell’ex Guardasigilli Paola Severino ha stabilito fossero tre mesi; dopo, un comitato valuta se la personalità in questione ne ha ancora davvero bisogno.
Marianna Aprile e Mauro Suttora