Wednesday, January 30, 2013

Liste pulite

VIA GLI INQUISITI, CONDANNATI E RICICLATI DA TUTTI I PARTITI

di Mauro Suttora

Oggi, 23 gennaio 2013

Il primo a dover rinunciare alla candidatura è stato Alessio De Giorgi, messo in lista da Mario Monti in quanto gay: aveva dei siti internet imbarazzanti.
Poi Oscar Giannino ha ringraziato Il Fatto Quotidiano per avergli segnalato che il suo candidato Giosafat Di Trapani, della Confindustria siciliana, era stato condannato (poi prescritto) per favoreggiamento al sindaco mafioso Vito Ciancimino: fuori anche lui. Infine, pulizia nel Pd: via Mirello Crisafulli di Enna, un altro candidato siciliano e uno campano, sempre per guai con la giustizia.
L’unico a salvarsi è stato Antonio Endrizzi, ex assessore berlusconiano di Como riciclatosi in poche settimane nel Movimento 5 Stelle: i grillini lo hanno difeso dagli articoli di Gianni Barbacetto sul Fatto.
La resistenza più accanita è stata quella di Nicola Cosentino, ex sottosegretario Pdl di Casal di Principe (Caserta) accusato di rapporti con la camorra. Solo la Camera lo ha salvato dall’arresto chiesto dai magistrati che indagano sul clan dei casalesi. Se perde l’immunità parlamentare, finisce dritto in carcere. Per questo si è scontrato fino all’ultimo con Silvio Berlusconi in persona per tenere il posto in lista. Al quale invece ha rinunciato Marco Milanese, deputato Pdl già braccio destro del ministro Giulio Tremonti, indagato per tangenti. Anche Denis Verdini è indagato, ma lui invece svetta come capolista nella sua Toscana.     

Guarda chi si candida




SUDAMERICANE ESUBERANTI, MOGLI DI PIANISTI, COPPIE DI INDAGATI. E POI RICICLATI, PARACADUTATI, PARENTI

Oggi, 30 gennaio 2013

di Mauro Suttora

Sono ben 512 i parlamentari uscenti che si ricandidano. Ce la faranno a conquistare uno dei 945 posti disponibili fra Camera e Senato? Alla faccia del rinnovamento, molti di loro sono stati messi in lista in posti garantiti: basta essere in cima, e il seggio è sicuro. Perché non esistono voti di preferenza: più che eletti, con la legge «Porcellum» si viene nominati dai capi dei propri partiti.

Iliana Calabrò (foto sopra) ha buone possibilità di arrivare a Roma dall’Argentina, come senatrice eletta all’estero. È una matura soubrette famosa per avere imitato Meg Ryan, simulando un orgasmo in diretta televisiva.
Rappresenta la vendetta del senatore uscente Pdl Esteban Juan Caselli, che ha rotto con il suo ex partito e ha candidato la signora, madre di due figli, in un partito dal nome simile: «Italiani per la libertà».

È invece una pidiellina doc Simonetta Losi: cantante e moglie di Danilo Mariani, il pianista nella villa di Silvio Berlusconi ad Arcore (Monza), testimone al processo Ruby, commerciante di abbigliamento intimo, consigliere comunale a Sarteano (Siena), vicecoordinatrice provinciale Pdl e ora candidata in Toscana per la Camera al sesto posto. Dovrebbe farcela.

Poi c’è una «coppia diabolica» in Liguria. Lui, Giovanni Paladini, ex poliziotto e sindacalista, è deputato di Italia dei Valori dal 2008. Stesso partito per la moglie Marylin Fusco, diventata nel 2010 assessore regionale all’Urbanistica e vicepresidente della giunta Burlando, cariche che ha dovuto lasciare in autunno per un avviso di garanzia di abuso d’ufficio e truffa. Due settimane fa, seconda tegola: sono entrambi indagati, con altri, per peculato sui fondi regionali dell’Idv. Invece di utilizzare i 230 mila euro annui per fare politica, i dipietristi li avrebbero spesi per arredamenti, divani, vestiti e valigie.

Reggiseno push-up e cinque mutande

Poi, altre spese personali come gli 82 euro per biancheria intima femminile (un reggiseno push-up e cinque slip), circa 4.000 in alimentari, qualche centinaio in profumeria e un’ottantina in lavanderia per cuscini, federe, lenzuola, accappatoio, piumone e cuscini. Infine, 21.500 euro di bar e ristoranti.

Nel frattempo, Paladini e moglie hanno cambiato partito: lasciato Antonio Di Pietro, sono entrati nel Centro Democratico di Bruno Tabacci e Massimo Donadi (alleato del Pd). Lei, Marylin, è sempre consigliere regionale. Lui adesso è capolista in Liguria nella coalizione che sostiene Pier Luigi Bersani.

Stava con Di Pietro anche il più famoso di tutti i riciclati: Domenico Scilipoti, che nel 2010 passò con Berlusconi salvandone il governo dopo la rottura di Gianfranco Fini. Ora per garantirgli la rielezione il Pdl ha dovuto «paracadutarlo» in Calabria, dopo che l’Abruzzo lo ha rifiutato.

Emigrati da Roma al nord

È finito inopinatamente capolista Pdl in Liguria, invece, Augusto Minzolini, ex direttore berlusconiano del Tg1. Paracadutati in collegi sicuri piemontesi i Pdl Daniele Capezzone (ex segretario radicale) e Annagrazia Calabria, che quando fu eletta nel 2008 era la deputata più giovane d’Italia.

Qualche malumore anche nel Centro, dove la cognata di Pier Ferdinando Casini Silvia Noé, consigliere regionale Udc in Emilia, ha l’elezione assicurata alla Camera. Paracadutismo pure a sinistra: a Salerno alcuni pieddini protestano per la candidatura di Enrico Letta.
Mauro Suttora

Tuesday, January 22, 2013

giornalisti candidati

Giornalisti candidati alle politiche del 24 febbraio 2013

Oggi, 16 gennaio 2013

SANDRO RUOTOLO Da Santoro a Ingroia 
Napoletano, da un quarto di secolo è la  spalla di Michele Santoro. Cominciarono nel 1988 a Samarcanda, poi Rosso e Nero, Tempo reale e tutti i programmi fino all’attuale Servizio Pubblico, passando anche per i tre anni di Moby Dick (1996-99) nella tv del detestato Silvio Berlusconi.    

CHIARA GERONZI Dal Tg5 al Pdl
Romana, figlia di Cesare Geronzi (banchiere ed ex presidente di Generali assicurazioni), da 15 anni lavora al Tg5 dove conduce l’edizione delle 13. Coinvolta in Calciopoli, è stata prosciolta senza neppure il rinvio a giudizio.
MASSIMO MUCCHETTI Dal Corriere della Sera al Pd 
Bresciano, specializzato in economia, per quasi vent’anni ha lavorato all’Espresso, dov’è stato vicedirettore. Con la stessa carica è approdato al Corriere della Sera nove anni fa. È stato vittima di spionaggio informatico da parte di Telecom. Capolista Pd al Senato in tutta la regione Lombardia.

CORRADINO MINEO Da Rainews al Pd 
Nato a Partanna (Trapani), nipote dell’omonimo matematico, è da sette anni direttore di Rainews. Ex manifesto (come Ruotolo), nel ‘78 entra in Rai. Vice di Sandro Curzi al Tg3, per 11 anni corrispondente da Parigi e New York, è capolista Pd al Senato nella sua Sicilia. 

MARIO SECHI Dal quotidiano Il Tempo a Monti
Sardo, da tre anni direttore del quotidiano romano Il Tempo, in precedenza vicedirettore di Giornale, Libero e Panorama. Abbandona Berlusconi e approda al Centro
di Mario Monti.

Vezzali candidata di Monti

VERSO IL VOTO. LA SCELTA DI VALENTINA, CONTRARIAMENTE A QUELLA DI JOSEFA IDEM, SUSCITA POLEMICHE. ECCO PERCHÈ

Oggi, 16 gennaio 2013

di Mauro Suttora

Ma cosa gli fa, alle donne? Non Silvio Berlusconi, il seduttore. Mario Monti, il freddo professore: al quale è bastata una telefonata per convincere l’atleta più medagliata d’Italia, Valentina Vezzali, a candidarsi con lui. «Ho subito detto sì, con entusiasmo», dice la campionessa di scherma di Jesi (Ancona). «Poi ci siamo incontrati. È bastata una stretta di mano. Ho deciso di far parte della sua squadra perché Monti è una persona seria che crede nella famiglia, nei valori come l’etica e la morale. Credo che possa fare veramente qualcosa per risollevare le sorti dell’Italia».
Così adesso, dopo sei medaglie d’oro olimpiche, un argento, due bronzi e 11 coppe del mondo in 23 anni di carriera, Supervale è capolista per le sue Marche nella Lista civica di Monti.

La canoista ha superato le primarie

Non è l’unica sportiva di vaglia a scendere in campo. Josefa Idem, cinque medaglie di canoa in otto olimpiadi, si candida col suo Pd cui è iscritta da 12 anni, del quale è stata assessore nella propria città di Ravenna, e dopo essersi sottoposta al vaglio delle primarie. Forse per questa storia consolidata, la sua candidatura non suscita le polemiche che invece stanno colpendo la Vezzali.

«La vezzosa Vezzali si farà toccare da Monti?», la prende in giro Aldo Grasso sulla prima pagina del Corriere della Sera. Il riferimento è a quella serata a Porta a Porta nel 2008, quando Valentina disse la famosa frase a Berlusconi: «Da lei, presidente, mi farei toccare». Parole inquietanti, viste le predilezioni del premier. E che appiccicarono subito alla Vezzali l’etichetta di berlusconiana. «Ma era una semplice battuta», dice lei oggi, «travisata e strumentalizzata da chi non conosce la scherma. Lo invitai a incrociare le lame in studio. Lui disse che non mi avrebbe toccato neanche con un fiore. E io replicai: da lei mi farei toccare. Ma solo perché “toccare”, nel gergo schermistico, significa affondare una stoccata. Era una risposta sportiva e gentile. Quanto ci hanno ricamato...»
Insomma, lei non è di centrodestra?
«Guardi, a Quattro Castella, in provincia di Reggio Emilia, c’è una via intestata al mio bisnonno Oliviero Bernieri, che è stato un partigiano. Al funerale della mia bisnonna partecipò anche Sandro Pertini. Le origini della mia famiglia sono chiare. Come si può essere diffusa una voce del genere?»

Tra i fans, tuttavia, le accuse imperversano. Qualcuno la definisce «opportunista». Altri si spingono oltre. Lei risponde: «Ho letto attentamente i vostri commenti e sono dispiaciuta nel leggere che alcuni di voi non mi danno fiducia in ambito politico», scrive sul suo sito la fuoriclasse del fioretto mondiale.

«Mi dispiace», aggiunge, «che la mia scelta di “salire in politica” sia vista come l’approdo in un mondo fatto di poltrone e benefici economici. È questo profondo senso di sfiducia verso la politica che mi lascia l’amaro in bocca, più di ogni altro giudizio sulla mia persona. È anche per questo motivo che ho scelto di dire sì alla proposta avanzatami da Monti. Conoscete il mio carattere e la mia determinazione. Ecco, credetemi, saranno queste le due “armi” che utilizzerò per fare in modo che la politica torni a essere vista come servizio alla collettività».

La difende il compaesano Claudio Viola: «Sono enormemente amareggiato nel leggere insulti e minacce. Valentina, indipendentemente dallo schieramento politico, ha fatto benissimo a mettersi a disposizione. Noi italiani siamo solo un popolo di tifosi da stadio: “Con me o contro di me”. Non esiste comprensione».

Valentina è incinta al quinto mese, a maggio darà un fratellino a Pietro. Ma dopo, vuole tornare in pedana per partecipare alle sua sesta olimpiade a Rio de Janeiro nel 2016.

Di Francisca e Trillini alleate
Quando, dopo aver conquistato il bronzo a Londra lo scorso agosto, annunciò che avrebbe continuato a gareggiare, per molti fu una sorpresa. Anche per le sue compagne di squadra del fioretto, Elisa Di Francisca e Arianna Errigo, che avevano vinto oro e argento, permettendo all’Italia di conquistare una storica tripletta.

Adesso la Di Francisca ha annunciato che si farà allenare da Giovanna Trillini nel Palascherma di Jesi. Cioè dalla schermitrice jesina che fu spodestata dalla Vezzali come migliore d’Italia. Jesi, caso unico al mondo, vanta tre donne d’oro olimpiche di fioretto. Forse è anche per sfuggire alla morsa delle due rivali, la giovane e l’anziana, che Valentina prende la strada di Montecitorio.
Mauro Suttora 

Sunday, January 13, 2013

La finta 'imprenditrice' di Santoro


Francesca Salvador, 52 anni, di Vittorio Veneto (Treviso) è la bella signora che ha parlato da un’impalcatura a Berlusconi durante l’ultima puntata di Servizio Pubblico.
Santoro l’ha presentata come “imprenditrice”. In realtà non lo è. E’ solo la figlia benestante di un commerciante d’armi.


La Salvador è uno dei tanti assist che Santoro ha regalato a Berlusconi. La signora infatti ha ripetuto le solite lamentele dei “poveri” imprenditori vessati dalle banche che non prestano più soldi. Ha aggiunto un tocco di complottismo, dicendo che Monti lavora per Goldman Sachs e Trilateral. E Berlusconi l’ha applaudita.

La Salvador è molto attiva nell’associazione salusbellatrix 
che tiene conferenze a Vittorio Veneto sugli argomenti più disparati. Tutti però accomunati da una cialtroneria alla ‘Cazzenger’ (©Crozza). C’è sempre un mistero mondiale da scoprire o una truffa planetaria da svelare, dall’Aids alla pedofilia.

Non manca ovviamente l'antisemitismo, con una simpatica accusa di nazismo a Israele, e con la spiegazione della strage di ragazzini in Norvegia nel 2011: Oslo punita per essere stata la prima a riconoscere lo stato palestinese… La nostra Salvador si è esibita in un elogio della marijuana.

Insomma, la classica sottocultura web che attecchisce fra gli sprovveduti, e che di solito emerge in tv solo in programmi trash come quello di Gianluigi Paragone (di cui infatti la Salvador è stata ospite). Chi la spara più grossa vince. Questa volta ha vinto Berlusconi, grazie a Santoro e alla nuova economista-filosofa trevigiana…

Sunday, January 06, 2013

Riciclati con Grillo

CLAMOROSO!
Un capolista del M5S di Grillo in Lombardia, Antonio Endrizzi, già assessore ed ex Forza Italia, si fa raccogliere le firme per presentarsi al voto del 24 febbraio 2013 dai suoi amici pdl:
http://www.forzacavallasca.it/cavallasca/oggi-a-cavallasca-raccolta-firme-per-il-m5s/

se qualcuno ha dubbi su chi sono questi di forza cavallasca, ecco qua:
http://www.forzacavallasca.it/info/

-50 giorni dal voto


Oggi, 2 gennaio 2013

di Mauro Suttora

La «salita in politica» di Mario Monti ha sorpreso molti. Il premier preferisce dire così, invece di «scendere in campo», per rispetto all’attività che ha abbracciato da un anno. Ma il risultato non cambia. La decisione di partecipare direttamente alle elezioni del 24 febbraio, invece di restare «sopra le parti», ha scatenato le reazioni più diverse.

Entusiasti, ovviamente, i centristi. Pier Ferdinando Casini, Gianfranco Fini e tutti coloro che coltivavano da tempo la speranza di agganciarsi a Monti ora possono usare nelle loro liste il nome del premier. In concreto, secondo i sondaggi, questo significa quadruplicare i voti: dal 5 fino al 20 per cento.

Il centrosinistra invece è perplesso. Pier Luigi Bersani non critica la scelta del premier, ma sperava che non si schierasse. In cambio della sua neutralità probabilmente gli avrebbe offerto la presidenza della Repubblica. Ora ha un avversario in più, che potrebbe impedirgli di avere la maggioranza al Senato (quella alla Camera sembra abbastanza sicura per il Pd).

Sivio Berlusconi invece è scatenato: «Monti ha tradito la sua posizione di tecnico», lo accusa. E promette addirittura una commissione d’inchiesta sul «golpe» che lo avrebbe disarcionato nel 2011, ispirato da poteri forti europei e dalla detestata Angela Merkel, cancelliera tedesca.

Alle ali, Beppe Grillo come sempre non fa distinzioni fra Monti, Pd e Pdl: tutti da cacciare. Idem la Lega, che ha una sola parola d’ordine: «Il 75 per cento delle nostre tasse resti al Nord». E all’estrema sinistra si candida Antonio Ingroia, magistrato antimafia: con lui Antonio Di Pietro e il sindaco di Napoli Luigi De Magistris.

Ma forse i più delusi dall’inedito Monti che smette i panni di Cincinnato per gettarsi nella mischia sono i due suoi ex sostenitori più importanti: il presidente Giorgio Napolitano ed Eugenio Scalfari, fondatore del quotidiano La Repubblica. Il primo ha cercato di dissuaderlo, senza esito. Il secondo adesso lo implora: «Non creare una nuova Dc».

Il Vaticano, in effetti, ha già «benedetto» il nuovo Centro montiano. Sperando che non finisca stritolato dal bipolarismo, come accadde a Partito popolare e patto Segni nel 1993. C’è anche un altro curioso indizio che porta alla Dc. La prima riunione dei montiani è stata ospitata nel convento delle suore di Sion a Trastevere (Roma): a poche decine di metri c’è un altro convento, Santa Dorotea, dove nel ’59 nacque la maggiore corrente democristiana.

Padrone di casa è stato il ministro Andrea Riccardi, della vicina comunità di Sant’Egidio. E lì, in sole tre ore, si è consumata la prima clamorosa rottura fra i centristi. Corrado Passera, considerato finora il ministro tecnico più disponibile a trasformarsi in politico, ha subito rinunciato dopo il rifiuto di Casini a formare una lista unica.

Così, alla Camera si presenteranno varie formazioni unite soltanto dal comune richiamo all’Agenda Monti: Udc, Fli di Fini, Italia Futura di Luca Montezemolo. Ma anche il presidente della Ferrari, come Passera, non si candida. Al massimo i due verranno ripescati come ministri.

Tutto, naturalmente, dipenderà dal voto. Se il Pd avrà la maggioranza assoluta anche al Senato, potrà governare da solo. Unico alleato: Nichi Vendola di Sel (Sinistra e libertà). Ma se si ripetesse la situazione del 2006, quando Romano Prodi dipendeva dal voto dei senatori a vita per la sua risicata maggioranza, Bersani dovrà chiedere aiuto a Monti e Casini. In cambio, potrebbe concedere loro il Quirinale e vari ministeri.

Fra i ministri del centrosinistra, pare che rientreranno dalla finestra i big usciti dalla porta: Massimo D’Alema e Walter Veltroni. Non più parlamentari, per loro si parla di dicasteri importanti come Esteri e Interni.

Nel centrodestra non ci si aspetta granché da queste elezioni. I sondaggi sono quello che sono. Sarà già tanto conquistare il secondo posto dietro al Pd, senza essere superati dal Movimento 5 stelle di Grillo e dal Centro di Monti. Berlusconi è alla sua sesta candidatura, dopo tre vittorie (1994, 2001, 2008) e due sconfitte (1996, 2006). Forse Monti spera di attirare nella propria orbita altri big berlusconiani, oltre agli ex ministri Giuseppe Pisanu e Franco Frattini. Ma per ora il carniere è semivuoto. Anzi, l’attacco più duro contro il premier viene proprio da destra: «Monti è come le banche, che ti massacrano tutto l’anno e a Natale ti regalano un’inutile agenda», è la perfida battuta di Daniela Santanché.
Mauro Suttora

Wednesday, January 02, 2013

Silvio VI°


La resurrezione di Berlusconi, che si candida per la terza volta

Oggi, 20 dicembre 2012

di Mauro Suttora

Età di alcuni personaggi storici quando "tornarono in campo":

Churchill 76 (come Berlusconi oggi)
De Gaulle 68
Napoleone 46
Mussolini 60
Peron 78
Fanfani 74, 79
Giolitti 77

Aveva gli stessi anni di Silvio Berlusconi oggi (76) Winston Churchill nel 1951, quando tornò premier sei anni dopo la bocciatura da parte degli ingrati inglesi, nonostante avesse vinto la Seconda guerra mondiale. E Juan Domingo Peron era ancora più anziano nel 1973, quando a 78 anni ridiventò presidente del'Argentina.

Non è questione d'età, quindi. La «resurrezione» di Berlusconi, che si candida presidente del Consiglio per la sesta volta un anno dopo l'uscita da palazzo Chigi per opera di Mario Monti e di Giorgio Napolitano, ha parecchi precedenti nella storia.

Data la statura del personaggio, cominciamo con Napoleone. Il quale perse il potere giovanissimo, a 46 anni nel 1814, ma in fretta lo riconquistò dopo pochi mesi d'esilio all'isola d'Elba. Non è comunque un paragone beneaugurante per il nostro Silvio: com'è noto il suo ritorno durò appena cento giorni, prima della definitiva sconfitta a Waterloo nel 1815 e il secondo esilio in un'isola assai più lontana, Sant'Elena.

Più a lungo durò il tragico «secondo tempo» di Benito Mussolini, dopo la defenestrazione del 25 luglio 1943. Nel giro di due mesi il dittatore era già tornato a guidare la repubblica di Salò. Che però, reggendosi solo grazie ai tedeschi, dopo un anno e mezzo crollò.

Sono quelli di due grandi leader democratici, quindi, gli esempi più promettenti per Berlusconi. Churchill durò al potere quattro anni nella sua terza vita politica (dopo la prima come ministro conservatore dal 1908 al ’29 e la seconda come premier anti-Hitler dal ’40 al ’45). Nel 1955 abbandonò per sempre il potere, ma senza essere sconfitto: lasciò spontaneamente Downing Street al suo delfino Anthony Eden, dopo aver vinto anche il Nobel della Letteratura.

L’altro famoso «revenant» del ’900 è stato il generale Charles De Gaulle. Dimessosi sdegnoso da presidente nel 1946, fu richiamato in servizio a furor di popolo nel ’58, all’età di 68 anni. Un anno da premier, e poi ben dieci anni come primo presidente della Quinta Repubblica francese. Neppure il maggio ’68 riuscì a scalzarlo. Se ne andò un anno dopo, ma lasciando anche lui l’Eliseo al fedelissimo Georges Pompidou.

Molto più lungo, e in esilio a Madrid, il «digiuno» patito da Peron dopo la fine della sua prima presidenza (1946-’55): diciotto anni. Tornò a Buenos Aires nel ’73 a fianco della seconda moglie Isabel, che però non riuscì a sostituire la prima moglie Evita nel cuore degli argentini. E dopo otto mesi il vecchio populista morì d’infarto.
    
E in Italia? Berlusconi può rifarsi a due anziani statisti richiamati in servizio per risolvere situazioni turbolente. Il 77enne liberale Giovanni Giolitti nel 1920 formò il suo quinto governo, sei anni dopo il quarto, di fronte alle opposte turbolenze rosse e nere. Ma durò appena un anno, e alla fine i fascisti prevalsero.

Meno drammatici gli ultimi ritorni al governo del democristiano aretino Amintore Fanfani, già premier nel 1954, nel ’58 e poi fino al ’63, prima di diventare il ministro degli esteri di Aldo Moro con il centrosinistra. Nel 1982, a 74 anni, sostituì per pochi mesi Giovanni Spadolini a palazzo Chigi, perché la Dc non voleva andare al voto dell’83 sotto il primo premier laico.
Soprannominato «rieccolo» da Indro Montanelli, Fanfani guidò di nuovo il governo nel 1987 per la sesta volta a ben 79 anni: appena tre mesi, anche qui giusto il tempo di gestire le elezioni dopo la defenestrazione del socialista Bettino Craxi.
Mauro Suttora