Thursday, October 28, 2010

Michel Houellebecq

L'EDITRICE DEL PIÙ DISCUSSO SCRITTORE FRANCESE CI SVELA IL SEGRETO DELL'ULTIMO LIBRO

«Quando ho letto La carta e il territorio ho avuto una sorpresa: Michel mi aveva inserita nel romanzo», dice Teresa Cremisi. Che qui racconta un misantropo di successo

di Mauro Suttora

«Sono stata la prima a leggere il nuovo romanzo di Houellebecq. Me l'ha mandato a maggio per posta dalla Spagna, dove vive. E quando ho visto il mio nome, sono saltata sulla sedia...»
Teresa Cremisi è la presidente di Flammarion, uno dei tre giganti dell'editoria francese. E ha la fortuna di pubblicare i romanzi di Michel Houellebecq, lo scrittore transalpino più importante, controverso e venduto nel mondo (oltre cinque milioni di copie). «Non è molto prolifico, scrive un libro ogni 4-5 anni. Ma ogni volta è un avvenimento. Questo romanzo ha già venduto i diritti per essere tradotto in quaranta lingue», ci dice.

Non pensavamo esistessero così tante lingue «letterarie» al mondo, e invece Houellebecq anche questa volta ha fatto il pieno. La carta e il territorio, pubblicato un mese fa in Francia (e una settimana fa in Italia, da Bompiani) è in testa alle classifiche. E anche, come sempre, oggetto sia di lodi enormi sia di polemiche feroci. Un critico francese ha scritto che Houellebecq ha «realizzato la fusione fra narrativa e saggistica».

Un altro, su Le Monde, sostiene che lo scrittore meriterebbe di essere nominato ministro dell'Economia per le acute dissertazioni sul sistema produttivo che mette in bocca ai suoi personaggi: fra vent' anni, prevede, tutta la Francia e non solo Parigi diventerà una grande destinazione turistica, e grazie alla leggiadria del proprio territorio (di qui il titolo) sarà la meta di milioni di nuovi ricchi russi e cinesi, i quali assicureranno così gli introiti venuti a mancare a causa della deindustrializzazione.

Una delle novità che ha più colpito il pubblico, e che contribuirà probabilmente a far assegnare per la prima volta a Houellebecq l'agognato premio Goncourt (lo Strega francese), è che nel romanzo sono stati inseriti parecchi personaggi reali. Primo fra tutti Houellebecq stesso: il protagonista Jed, pittore di successo, gli chiede una prefazione al catalogo della sua mostra di quadri. E va a trovarlo in Irlanda, dove lo scrittore francese ha abitato realmente per anni, prima di trasferirsi in Spagna.

UN COLPO DI SCENA

Misantropo nella realtà, misantropi i protagonisti dei suoi romanzi, Houellebecq non fatica certo a far fraternizzare il pittore Jed con il se stesso romanzato. «Si autodescrive in modo caricaturale, perfino in peggio rispetto alla fama di asociale che gli hanno costruito addosso», dice la Cremisi. La quale entra in scena a pagina 260 dell'edizione italiana, dopo un colpo di scena che ovviamente non riveliamo. Solo il suo numero di telefono e quello di un altro scrittore, Frederic Beigbeder (nella realtà amico di Houellebecq e nichilista quanto lui) appaiono infatti nella scheda telefonica dell'autore.

Poche pagine dopo, Houellebecq descrive così Teresa Cremisi: «Occhi orientali, potrebbe essere una prefica, una donna mandata a piangere ai funerali». Finita la prima lettura del romanzo, la Cremisi ha incontrato lo scrittore: «Lui mi ha guardato di sottecchi, per vedere che effetto mi aveva fatto questo suo scherzo. E pensare che io cinque anni fa ero andata in Irlanda a trovarlo, facendo lo stesso viaggio che oggi lui fa compiere al protagonista Jed. Lo avevo contattato per e-mail, e poi sono andata a parlargli per riportarlo da Flammarion».

Houellebecq, infatti, aveva «tradito» la sua casa editrice, pubblicando nel 2005 il romanzo La possibilità di un'isola con il concorrente Fayard. In quello stesso anno Teresa Cremisi era approdata alla guida di Flammarion, dopo 16 anni passati a dirigere Gallimard: caso unico, una donna e per di più italiana, inserita in una delle posizioni di maggior potere all'interno del mondo letterario francese.

Prima di andare a Parigi la Cremisi era dirigente della Garzanti. E da sei mesi è diventata vicepresidente della Rizzoli Libri, che nel 2000 aveva acquisito Flammarion. Come per ogni libro di Houellebecq, alle grandi manovre editoriali e alle tirature milionarie si mischiano critiche velenose. Come quella dello scrittore franco-marocchino Tahar Ben Jelloun, che in agosto ha condannato La carta e il territorio : «Non si capisce dove voglia andare a parare», ha scritto.

PRENDE IN GIRO I VIP

«Quando ho letto quella recensione ero in vacanza ad Amalfi, e ho fatto un altro salto», confessa Teresa Cremisi. «Non mi sembra elegante che un giurato Goncourt usi la copia ricevuta per stroncarla preventivamente». Houellebecq prende in giro il mondo dell' arte, gioca con i meccanismi della notorietà e ficca dentro al suo romanzo molti vip. Alcuni della Tv famosi in Francia ma sconosciuti all' estero, mentre altri godono di fama internazionale: il miliardario messicano Carlos Slim, quello francese François Pinault, gli artisti Jeff Koons (ex marito di Cicciolina) e Damien Hirst.

RIQUADRO

A ogni libro uno scandalo

Laureato in Agraria nel 1978, Michel Houellebecq è estraneo al mondo dell'editoria e degli intellettuali francesi. Lavora come informatico, perde il posto, va in depressione, divorzia, riprende a lavorare come impiegato al Parlamento. Tutte esperienze della vita reale che riverserà con tonnellate di ironia e sarcasmo nei suoi libri.

Il primo, Estensione del dominio della lotta, è del 1994 e descrive la solitudine provocata dalla società dei consumi. Arriva poi Le particelle elementari ('99), che consacra Houellebecq a livello mondiale (tradotto in 25 Paesi). Segue Lanzarote (2000), che descrive comicamente i giochi erotici di nudisti e lesbiche tedesche in vacanza. Dopo un anno, Piattaforma : qui lo scandalo è dato dall'accettazione del turismo sessuale nei Paesi del Terzo Mondo come un comportamento normale.

Nel 2005 è pubblicato La possibilità di un'isola, che suscita controversie sul tema della clonazione umana. D'altronde Houellebecq già in Lanzarote non nascondeva l'interesse per la setta «raeliana».

Houellebecq adora spiazzare. Considerato l'alfiere del nichilismo, in quest'ultimo suo libro se la prende invece con i fautori dell'eutanasia. Il protagonista va in Svizzera, nella sede dell'associazione Dignitas che ha offerto la «dolce morte» a suo padre, e prende a schiaffi la responsabile.
Nel suo saggio del 2010 Houellebecq, écrivain romantique, Aurelien Bellanger sostiene che lo scrittore è in realtà l' ultimo dei romantici.

Mauro Suttora

Wednesday, October 27, 2010

Arrivano gli e-book

I libri senza carta? Oggi sono realtà

ANCHE IN ITALIA DECOLLA L'EDITORIA ELETTRONICA

Negli Stati Uniti sono già otto ogni cento. Noi cominciamo adesso, con l'entrata in campo dei grandi editori. A partire da Rcs Libri. Scommettiamo che tutti leggeremo così?

di Mauro Suttora

Oggi, 27 ottobre 2010

I libri nel 2010 compiono 555 anni. Fu nel 1455, infatti, che Johann Gutenberg stampò la prima Bibbia. Chissà se fra mezzo millennio in Italia qualcuno ricorderà che nell'ottobre 2010 arrivarono i libri elettronici: gli «e-book», che si scaricano a pagamento e si leggono sullo schermo di un computer, o di un lettore portatile.

Il 9 ottobre è partita Biblet, la libreria del gruppo Mondadori (comprendente anche Einaudi, Sperling&Kupfer, Piemme, Electa, Le Monnier) che si è alleata a Telecom. E dal 18 ottobre sono disponibili online 1.500 titoli di Edigita, joint-venture fra 45 marchi: il gruppo Rcs (Rizzoli, Bompiani, Fabbri, Sonzogno, Marsilio, Adelphi), Feltrinelli, Garzanti, Longanesi, Guanda, Corbaccio, Chiarelettere, Vallardi, Fazi...

Assieme, questi editori coprono oltre la metà dei 213 milioni di libri venduti ogni anno in Italia, per un fatturato di tre miliardi e mezzo di euro. Poi ci sono gli altri, da tempo coalizzati nelle piattaforme Simplicissimus e Bookrepublic ( elenco nell' altra pagina ). Basta un clic, e da questi siti oltre che da quelli delle librerie online che da anni spediscono i volumi a casa, come Ibs, Hoepli, Bol, Edit, Unilibro - si comprano i «file» dei libri, anche le novità, a un prezzo più basso del 30 per cento.

«Sono curiosissimo», ci dice Edoardo Boncinelli, il famoso scienziato presente in libreria con i suoi ultimi bestseller: Perché non possiamo non dirci darwinisti e Lo scimmione intelligente (Rizzoli), e Mi ritorno in mente (Longanesi). «Presto i prezzi dei lettori portatili crolleranno, com' è successo per tutti gli aggeggi elettronici».

Crolleranno anche le vendite dei libri su carta? «Non credo. Succederà come per le riviste scientifiche: quelle cartacee non sono morte, continuano a esistere accanto a quelle online». E il rischio della pirateria, che ha dimezzato le vendite dei cd musicali e dei film in dvd? «Non mi pare che musicisti e attori stiano morendo di fame, contrariamente a molti poveri scrittori...», scherza Boncinelli.

Se lui, quasi settantenne, è entusiasta per la novità, non così sembra esserlo Silvia Avallone, la più giovane scrittrice di successo italiana (26 anni, 300 mila copie vendute del suo romanzo Acciaio , forse destinate a salire grazie alla versione elettronica): «Non ho un lettore e-book, libri e giornali preferisco leggerli su carta. Immergersi in un volume è un' esperienza totalizzante, mentre la lettura su uno schermo mi sembra frammentaria, consumistica. Gli e-book affiancheranno, ma non sostituiranno mai i libri».
Conferma Alessandro Bompieri, amministratore delegato di Rcs Libri: «L' e-book è un canale di vendita che ci porterà nuovi lettori, non in sostituzione di quelli del libro tradizionale».

«Forse soffriranno le edizioni "povere", quelle economiche e tascabili», ragiona Andrea De Carlo, che ha appena pubblicato con Bompiani il suo sedicesimo romanzo, Leielui. «Ma nella sua forma migliore, con buona carta, buona stampa e belle copertine, il libro di carta durerà per sempre». E il rischio pirateria? «Un incubo, quello di essere depredati dei frutti del proprio lavoro, così come lo sono i musicisti che hanno visto crollare i cd. Loro ormai guadagnano soprattutto con i concerti. Gli scrittori, chissà, potrebbero organizzare letture pubbliche delle proprie opere. Io lo faccio da anni, ma non mi sogno di far pagare il biglietto...».

Spiega Giorgio Riva, amministratore delegato di Edigita: «I nostri libri saranno disponibili nelle librerie online di Rizzoli, Feltrinelli, Gems e in molte altre. I testi sono comunque protetti dalla copiatura abusiva con il sistema Drm, Digital rights management , ovvero "gestione dei diritti digitali"».

Nonostante tutti i proclami, i libri virtuali sono comunque finora ancora lontani dall' impensierire quelli veri. Certo, li hanno superati fra i clienti di Amazon, il sito Usa di vendita a domicilio (che vende un suo lettore apposito, Kindle). Ma quello è un mondo di appassionati del computer. Nella realtà, anche negli Stati Uniti gli e-book sono appena otto ogni cento libri venduti. Una quota che gli editori italiani prevedono di raggiungere soltanto fra quattro-cinque anni.

Comunque la moda c'è, trascinata come sempre dalla Apple, che dopo l' i-Pod e l' i-Phone ha inventato l' i-Pad, tavoletta per leggere lunga 20 centimetri e pesante 7 etti. Da giugno ne sono stati venduti 200 mila in Italia, e questo ha spinto gli editori ad attrezzarsi per la stagione natalizia, in cui si concentrano le vendite dei libri. Si sono però attrezzati anche i concorrenti della Apple: Sony offre un lettore a metà del prezzo dell' i-Pad, mentre il Samsung Galaxy costa 700 euro, ed è telefonino e computer.

Potremo scegliere se ricevere i testi in formato pdf o e-pub. Il primo è immodificabile, nel secondo invece il lettore può intervenire con sottolineature e glosse, condividerle online, passare dalle parole stampate a video o documenti. L'e-book del nuovo Severgnini su Berlusconi, per esempio, grazie a un'applicazione può portare il lettore da una citazione del premier al video in cui lo si vede pronunciare le stesse parole.

Lo Stato tassa gli e-book con un'Iva al 20 per cento, mentre i libri di carta godono di un'aliquota del quattro. Ma gli editori hanno costi ridotti al minimo: oltre all' intermediazione delle librerie (30 per cento) risparmiano su tutti gli altri aspetti «fisici» del prodotto: carta, inchiostro, stampa, magazzino, trasporto, gestione scorte... Per questo alcuni grandi autori Usa capitanati dal loro agente William Wylie hanno minacciato di mettersi in proprio. «Ma anche gli editori sopravviveranno, se non altro per garantire la qualità degli autori che pubblicano», prevede De Carlo.


Le alleanze e i siti dove si vendono

In Italia a partire da questa settimana si sono formate quattro grandi alleanze fra editori per vendere gli e-book. I gruppi Rcs e Gems si sono messi assieme a Feltrinelli in Edigita, Bibletstore è gestito da Mondadori e Telecom. Ma tutti i titoli sono disponibili anche sui siti Simplicissimus e Bookrepublic dei piccoli editori, attivi da tempo.

Mauro Suttora

Daniela Santanchè

LA ZARINA DI BERLUSCONI

di Mauro Suttora

Oggi, 20 ottobre 2010

Secondo i più appassionati fra i suoi sostenitori, Silvio Berlusconi è un misto di Gesù Cristo, Napoleone, Giulio Cesare e re Sole. Quindi, ora che il premier sembra essersi stufato dei vari Bondi, Cicchitto, La Russa, Verdini, Gasparri e Quagliariello che lo attorniano ma creano solo casini (o ci sono finiti dentro), Daniela Santanchè è messa benissimo. A detta di alcuni, sarà lei la nuova segretaria del Popolo delle libertà.

Gesù, infatti, amava i figliol prodighi. Affidò addirittura la Chiesa a Pietro, che lo rinnegò tre volte. E allora, che importa se nel 2008 la Santanché tradì Berlusconi con Storace, osando perfino candidarsi premier contro di lui? Silvio l’ha perdonata. Anzi, l’ha nominata sottosegretaria otto mesi fa, visto che non avendo raggiunto il quattro per cento è rimasta fuori dal Parlamento, come Bertinotti.

Napoleone amava i colpi di scena. Vinceva battaglie e guerre perché era imprevedibile. Proprio come Silvio. Che dopo la sorpresa del predellino, ce ne sta sicuramente apparecchiando altre. Santanchè compresa.

E poi Giulio Cesare. Al diavolo i cursus honorum: prima di lui, per comandare nell’antica Roma (diventando console) bisognava inerpicarsi in una noiosa carriera da politico di professione: tribuno, questore, edile, pretore, censore... Il divo Giulio fece piazza pulita di tutta questa burocrazia. E così anche Berlusconi, il quale ha magicamente creato dal nulla eurodeputate ventenni e ministri trentenni, senza costringerli a gavette da consiglieri circoscrizionali o provinciali prima di portarli a Strasburgo o al governo. Nulla osta, quindi, che la Santanché venga installata a capo del primo partito d’Italia: in fondo fa politica da undici anni, tempo abbastanza lungo per i fulminei parametri berlusconiani.

E Luigi XIV di Francia? Nella Versailles del ’700 l’importanza dei ministri si misurava con la loro vicinanza al re Sole durante i banchetti. Oggi, con l’«accessibilità» a Berlusconi ad Arcore o a palazzo Grazioli. E da qualche mese la Santanché, invidiatissima, è una delle poche cui Silvio risponde sempre quando lei telefona, o porge l’orecchio se gli sussurra nelle riunioni. Ormai è fidatissima: quasi quanto l’indispensabile Letta e gli scudieri della giustizia, il ministro Alfano e l’avvocato Ghedini.

Se Berlusconi non riuscirà a issare Daniela al comando unico del Pdl, quindi, sarà più che altro per non dispiacere alle altre pretendenti. Si mormora infatti di un triumvirato rosa shocking, con la Santanché affiancata dalle junior Mariastella Gelmini (ex Forza Italia) e Giorgia Meloni (ex An). E ambizioni ne hanno molte altre suscettibili favorite (politiche), dalla veterana Prestigiacomo alla Carfagna, fino alla più recente ma scalpitante Brambilla.

Intanto, l’inesauribile zarina continua a macinare affari, uomini e politica. Dopo la discoteca Billionaire di Porto Cervo con Flavio Briatore e Lele Mora, e lo stabilimento Twiga di Forte dei Marmi (200 euro al giorno, soci ancora Briatore più Paolo Brosio e Marcello Lippi), si è lanciata nella pubblicità. La sua Visibilia (14 milioni di fatturato, 12 di debiti) fino a tre settimane fa riusciva nel miracolo di essere contemporaneamente la concessionaria di due quotidiani concorrenti: Libero e Il Giornale. Adesso Belpietro si è sganciato, accusandola di avere privilegiato Feltri. E si capisce: con il secondo Daniela vorrebbe rilevare la proprietà del Giornale da Paolo Berlusconi, oppure fondare una nuova testata di cui ha già depositato il nome: Fuori dal coro. Intanto, lavora anche per i giornali gratuiti DNews e Metro, e per il nuovo settimanale Io Spio.

Ora poi è anche sentimentalmente legata ad Alessandro Sallusti, numero due di Feltri. E numero tre dei suoi compagni, dopo il chirurgo estetico Paolo Santanchè, sposato nell’82 a soli 21 anni, e l’industriale farmaceutico lucano Canio Mazzaro. Quel che pensa degli uomini che reputa poco decisi, come Fini e gli ex colleghi di An, Daniela lo ha detto chiaramente: «Hanno le palle di velluto». Poi si è corretta: «Ora è estate, ce le hanno di lino». Altre sue frasi passate alla storia: «Per fare carriera non l’ho mai data», e «Berlusconi è ossessionato da me. Tanto non gliela do...»

In politica, la Santanché ultimamente si è specializzata nell’anti-islamismo. Scelta intelligente, lavoro assicurato per i prossimi trent’anni. Richiestissima nei dibattiti tv come interlocutrice aggressiva di imam: baruffa, share e blob garantiti. Una volta è riuscita a dire in diretta: «Maometto era un pedofilo. L’ultima delle sue mogli aveva nove anni». Putiferio. Ora deve girare con la scorta.

Mauro Suttora

Sunday, October 24, 2010

essere giovani oggi

Siamo lieti di invitarLa alla conferenza
"Essere Giovani oggi"
che Sergio Zavoli terrà agli studenti dei
Corsi di Laurea in Comunicazione dell'Università di Roma Tor Vergata
giovedì 11 novembre 2010

Il Presidente
Gianfranco Proietti

ps: Zavoli ha 87 anni...

Wednesday, October 20, 2010

Tunnel San Gottardo

Parla italiano la galleria piu' lunga del mondo

dal nostro inviato a Bellinzona (Svizzera) Mauro Suttora

Oggi, 13 ottobre 2010

Altro che Cina, America, Paesi emergenti. È qui, nel cuore della vecchia Europa, che il 15 ottobre si fa la storia mondiale. Termina lo scavo della galleria ferroviaria più lunga del pianeta: il nuovo San Gottardo, 57 chilometri. E l’avvenimento parla italiano. Perché a neanche cento chilometri dalla nostra frontiera di Chiasso, sopra Bellinzona, siamo nel canton Ticino. Quando l’opera sarà pronta, nel 2017, ci vorranno solo due ore e 40 da Milano a Zurigo: un’ora in meno di adesso. Più veloce e conveniente dell’aereo, se si calcolano i tempi morti negli aeroporti.

«È un’impresa ciclopica», dice orgoglioso Renzo Simoni, presidente di Alp Transit. Anche questa mattina, a pochi giorni della caduta dell’ultimo diaframma di roccia, il centro informazioni all’imboccatura del tunnel dalla parte italiana è visitato da una scolaresca. Gli svizzeri sono riusciti a trasformare l’immenso cantiere in un’attrazione turistica. Nei fine settimana sono migliaia le persone che arrivano da tutta la Svizzera, ma anche dall’Italia.

Non ci si rende bene conto della portata dell’opera finché non si giunge qui, o nell’altro centro dall’altra parte delle Alpi vicino ad Altdorf, cantone di Uri (quello di Guglielmo Tell). La galleria è così lunga che soltanto per raggiungere la fresa meccanica che scava al ritmo di dieci-venti metri al giorno gli operai impiegano quasi mezz’ora, con un trenino. Poi, a fine turno, tornano indietro. Il via-vai dei trenini di servizio è continuo: in una direzione trasportano le enormi quantità di terra e roccia scavate, nell’altra fanno arrivare il cemento e l’armatura metallica per costruire la volta.

I lavori sono iniziati cinque anni fa. Costeranno in tutto 18 miliardi di euro, il quadruplo del ponte di Messina. Però, poiché siamo in Svizzera, patria della precisione, il preventivo finora non solo è stato rispettato, ma si è speso un meno del previsto.

«Sopra di noi abbiamo 2.500 metri di roccia», ci spiega un ingegnere. Il fatto che ogni qualche chilometro ci siano pozzi, sfiatatoi e uscite di emergenza non ci consola: la sensazione è opprimente, queste maxigallerie meglio percorrerle a 200 all’ora. «Si possono fare tutti i carotaggi, le trivellazioni e le proiezioni sismiche che si vogliono, ma alla fine è sempre una sorpresa: i tipi di roccia cambiano. È più facile studiare la superficie della luna con un buon telescopio, che sapere cosa c’è per due chilometri sotto i nostri piedi. Quindi, non sappiamo mai bene cosa ci aspetta dopo trenta centimetri: sabbia? Acqua? Granito? ».

Nel primo caso, lo scavo procede spedito. Per stabilizzare soffitto e pareti, evitando le frane, bastano le iniezioni di cemento. Nel secondo caso, occorrono molte settimane di pausa (tre mesi lo scorso inverno) per imbrigliare le falde acquifere con pompe aspiranti, e proteggere la galleria con calcestruzzo impermeabile. Nell’ultimo caso, se la roccia è troppo dura gli artificieri non riescono a progredire per più di tre metri al giorno. Insomma, le difficoltà geologiche non sono calcolabili in anticipo. Le peggiori eventualità però erano state già inserite nel bilancio preventivo. Contrariamente alla nostra Alta velocità, dai costi miliardari scandalosamente triplicati.

Sulla cima delle montagne, nella valle del Ticino che si restringe, c’è già la neve. Ma sotto, in fondo al cunicolo, la temperatura sarebbe di 40 gradi se non ci fosse un impianto di condizionamento.

Un’altra cosa che non è facile immaginare è la bassa quota della galleria: appena 500 metri, contro i mille della precedente, costruita cent’anni fa. «Il tunnel è così lungo per ridurre al minimo le pendenze», spiega Simoni. Oggi pochi passeggeri se ne accorgono, ma i treni devono girare in circolo con faticosi tornanti in galleria per salire in quota.

Poche salite e discese, eliminate le curve: i binari potranno così ospitare gli stessi locomotori dell’alta velocità che solcano la pianura, senza doverli cambiare a Chiasso o Bellinzona. Ma gli svizzeri, quando vent’anni fa decisero di affrontare l’enorme spesa, più che ai passeggeri hanno pensato a un traffico merci più ecologico: «Elimineremo centinaia di migliaia di Tir all’anno».

Il San Gottardo sarà completato da un’altra galleria, quella del Monteceneri: «soltanto» quindici chilometri, ma fondamentale per ridurre le distanze fra Lugano e Bellinzona, con diramazione per Locarno. Peccato però che dopo la frontiera l’Alta velocità si interrompa. L’Italia infatti non ha neppure in progetto una nuova linea diretta per Milano che ammoderni la vecchia Chiasso-Como-Seregno-Monza-Milano: 50 chilometri che potrebbero essere percorsi in metà degli attuali 40 minuti.

Mauro Suttora

Monday, October 18, 2010

intervista a La Razon

Mientras en España aparece el libro escrito por su amante

¿Ha recuperado Mussolini la memoria?

Italia publica sus polémicos diarios, aunque algunos afirman que son falsos

intervista al quotidiano spagnolo La Razon

16 Octubre 10
Darío Menor - Roma

Los diarios de cualquier persona provocan un impulso inmediato en el prójimo: leerlos. Si el autor es un conocido o un personaje famoso, el estímulo se torna fascinación. Cuando ya se trata de un líder mundial, un dictador o una estrella del espectáculo, el paroxismo es encauzado por las editoriales, que, atentas al negocio, los ofrecen al gran público en forma de libros. La mayor parte de los diarios son auténticos. Otras parece no importar demasiado su autoría.

Es lo que ahora ocurre en Italia con Mussolini. Tras más de 60 años de continuos rumores sobre la aparición de sus supuestos diarios, finalmente una editorial los publicará el mes que viene, poniendo a la venta el primero de cinco volúmenes, correspondiente a los escritos del «Duce» de 1939. El resto, que cubre sus memorias desde 1935 hasta el año en que comenzó la Segunda Guerra Mundial, irá viendo la luz cada seis meses sin seguir un orden cronológico.

Los herederos, de acuerdo

«Sé que hay muchas discusiones sobre su autenticidad: algunos historiadores la niegan, pero sus herederos sostienen que en esas páginas hay temas particulares tan personales que un falsificador nunca podría habérselos imaginado. Como editores, no queremos entrar en este campo», explica al «Corriere della Sera» Elisabetta Sgarbi, responsable de Bompiani, la casa que va a publicar los supuestos diarios de Mussolini. Aunque en el terreno de la autenticidad se lave las manos, Sgarbi ha conseguido ya un éxito poniendo de acuerdo a los propietarios de los manuscritos y a los herederos del «Duce».

La historia de esos textos es tan rocambolesca como típicamente italiana. Al parecer, los diarios fueron arrebatados de las manos del creador del fascismo por uno de los miembros de la brigada partisana que le detuvo y tiroteó en abril de 1945 cuando intentaba huir a Suiza.

El nuevo dueño de los manuscritos y sus herederos llevaban décadas intentado venderlos al mejor postor: al diario londinense «The Times», a la casa de subastas Shotheby’s, a varias editoriales italianas y al semanario «L’Espresso», que desveló en su portada «La verdadera historia de los falsos diarios de Mussolini». Todos los rechazaron por no ser auténticos. Finalmente, fueron comprados de forma conjunta por el senador Marcello Dell’Utri, mano derecha de Silvio Berlusconi y condenado a siete años de cárcel por colaboración con la mafia, y por un empresario afín.

Dell’Utri se vanaglorió hace tres años públicamente de su adquisición, provocando que los historiadores y grafólogos que los habían examinado tacharan de falsos los textos. El senador mafioso ya ni siquiera se preocupa por la autenticidad de los manuscritos. «Ese tema ya no me interesa tanto», dijo este verano al informar de las negociaciones con la editorial Bompiani para la publicación de los mismos. A la editora tampoco parece quitarle el sueño este aspecto, al parecer banal: «Cuando los vi por primera vez me quedé impresionada. Son las reflexiones de un protagonista del siglo XX antes de la entrada en la guerra: son documentos que es justo ofrecer a los lectores», dice.

Chaplin y la Petacci

La llegada a las librerías italianas de las memorias cotidianas del «Duce» distará pocas semanas de la publicación en España de «Mussolini secreto: los diarios de Claretta Petacci 1932-1938» (Crítica), en los que la amante del dictador cuenta con dedicación de amanuense las intimidades y confesiones políticas del hombre que hizo temblar a Italia y Europa.

«Estos sí que son los auténticos diarios de Mussolini. Claretta no habla de sí misma, sólo escribe de lo que le decía Benito», afirma Mauro Suttora, editor del volumen. «Lo que aquí se ve es lo mismo que si instaláramos una videocámara en la habitación de un dictador. Es como si hubiéramos pinchado continuamente el teléfono del “Duce”».

Suttora cuenta lo bien que se lo pasó conociendo a Mussolini a través de las palabras de su amante. «Fue muy divertido. Parecía el dictador de la película de Charles Chaplin. Es un personaje ridículo, obsesionado por el sexo y por el miedo a envejecer». La evocación cinematográfica puede ser real dentro de poco, ya que el editor reconoce que se está preparando una película sobre el «Duce» y Petacci basada en los diarios. «Nunca hemos tenido un retrato tan íntimo de uno de los grandes dictadores. Es como si al lado de Mussolini hubiésemos contado con una espía. Se trata de un documento único, de un gran drama que va más allá de la política. La historia acaba de forma trágica cuando a ambos les matan los partisanos. Claretta estaba tan enamorada de Benito que quiso hacerse fusilar con él, no imaginaba la vida sin su amor. La mataron cuando se tiró con su cuerpo para proteger a Mussolini».

«En este país adoran y luego destruyen»

¿Corre Berlusconi (en la imagen) el riesgo de acabar como Mussolini? El líder radical italiano Marco Pannella cree que sí. Por eso advirtió hace unos días al primer ministro que intente rebajar la tensión política para evitar acabar «fusilado, vejado por la multitud y colgado cabeza abajo junto a una de sus amantes». Suttora también piensa que es posible. «Los italianos están locos: primero adoran y luego destruyen. Cuanto más adoran primero, de forma más violenta destruyen después». Entre ambos líderes, además, hay un hilo conductor: Dell’Utri. Los mecanismos que utilizan estos dos poderosos son también similares. «Es la Italia de siempre, la del hombre solo circundado de aduladores o de gente que trama en la sombra pero que luego tiene miedo», cuenta.

«Mussolini secreto»
Clara Petacci
Suma de letras
480 páginas 28,90 euros

© Copyright 2010, La Razón
Madrid (España)

Wednesday, October 13, 2010

Angelo Rizzoli

Nel 1970 moriva Angelo Rizzoli, il nostro fondatore. Noi lo ricordiamo così

Orfano di un ciabattino analfabeta, lui stesso poco colto, creò un impero editoriale e cinematografico. Ecco come lo descrivono i suoi giornalisti, dalla Fallaci a Montanelli, da Enzo Biagi a Occhipinti

di Mauro Suttora

Oggi, 4 ottobre 2010

«Non gli ho mai sentito dire una parolaccia, mai visto fare un verso sconcio, e anche quando dava un ordine era delicato: “Abbia l’amabilità di farmi questa cosa”, “Lei dovrebbe essere così gentile da farmi questo”».
Con queste parole, quarant’anni fa, Oriana Fallaci ricordava sull’Europeo il suo editore Angelo Rizzoli appena scomparso a 81 anni.

Così la scrittrice proseguiva la descrizione del fondatore della casa editrice omonima che pubblica anche Oggi e che ora, inglobato il Corriere della Sera, si chiama Rcs: «Quando gli piaceva una donna, le lodava gli occhi. Non diceva “belle gambe” o “bel corpo”, diceva “begli occhi”. Quando si dedicava a lei, la trattava col rispetto e la cautela che si deve a un fiore».

«Nell’atrio del suo moderno stabilimento di via Civitavecchia [oggi via Rizzoli, ndr] viene ancora ostentata come cimelio e blasone la sua prima linotype [del 1909], comprata coi risparmi del salario d’operaio tipografo, mestiere che gli avevano insegnato all’orfanatrofio».

Altri ricordi sono contenuti nel libro celebrativo Angelo Rizzoli 1889-1970: «Raccontava quasi con civetteria della povertà che aveva sofferto da piccolo», ricorda Paolo Occhipinti, direttore storico di Oggi, assunto da Rizzoli nel ’58, e tuttora direttore editoriale del nostro giornale.

«Diceva: “Vivevamo in miseria in una zona molto ricca di Milano. È la cosa peggiore che ci sia, quella di essere poveri in mezzo ai ricchi. A scuola mi trovavo sempre da solo, isolato all’ultimo banco, perché nessuno voleva stare accanto a me. Il giorno più bello della mia vita di bambino fu il 10 febbraio 1895, quando entrai nell’orfanatrofio. Lì finalmente fui felice, perché ero un povero fra i poveri, uguale a tutti gli altri”». «La mamma gli tagliava i capelli e la maestra, supponendo che in quella chioma buffa potessero alloggiare anche animaletti fastidiosi, lo isolava nell’ultimo banco», rivelò poi Enzo Biagi.

Film di Manfredi e Fellini

Rizzoli, figlio di un ciabattino analfabeta morto prima che lui nascesse, non leggeva i libri che pubblicava. «Però aveva per i loro autori un rispetto reverenziale», precisò Montanelli. «L’ultima volta che l’ho visto, a Lacco Ameno d’Ischia, era contento del film che aveva messo in lavorazione con Nino Manfredi regista e interprete [Per grazia ricevuta, del 1971, ndr] e cercò di raccontarmi la trama. La parola non era mai stata il suo forte. Fece un tale garbuglio che alla fine se ne accorse anche lui, e in tono mortificato interpolò: “Scusami sai, io ho fatto la quinta elementare alle serali”. Molti si domandano come abbia fatto quest’uomo incolto a diventare uno dei più grandi impresari di cultura. Della prosa che mandava sotto i torchi non sapeva nulla. Ma sugli uomini che venivano a offrirgliela non prendeva abbagli».

Conferma Occhipinti: «La sua grande qualità era saper scegliere gli uomini. Per intuito aveva detto sì a quel matto di Fellini che gli proponeva La dolce vita, a Edilio Rusconi che gli suggeriva di fare uscire Oggi, settimanale per la famiglia, e agli inventori della Bur, la Biblioteca universale Rizzoli».

«Dicono che prima della Seconda guerra mondiale possedesse già un miliardo di lire», ha scritto Biagi, «e che alla sua morte nel 1970 gli eredi ne hanno trovato in cassa cento. Ma diceva che i quattrini bisogna farseli perdonare. Non fu entusiasta quando il figlio Andrea decise di comperare un aereo: gli pareva troppo. Quando entrava nei casinò, perché gli piaceva giocare, aveva di solito dietro un codazzo. Regalava alla compagnia fiches di centomila lire; i più furbi le infilavano in tasca. Se gli andava male si vergognava: “Ho perso quello che la mia segretaria guadagna in cinque anni”».

«Nel 1954 incontrai Rizzoli a San Felice Circeo», ricorda Giulio Andreotti, «e lui si lamentava della poca comprensibilità del linguaggio politico. Mi offrì la direzione di un giornale divulgativo: nacque così il quindicinale Concretezza, che pubblicò per 22 anni. La sua amicizia con Nenni [capo del Psi,ndr] era nota, ma aveva apprezzato anche me».

Mauro Suttora

Silvio, sono tutti figli tuoi

A 74 anni, Berlusconi è il capo occidentale più anziano. E se ne vanta. Ma sono anche altri i record di durata che conquista, Per esempio, nessun premier in Italia (tranne i governi tecnici di Fanfani) è mai stato più vecchio di lui. Craxi quando lasciò Palazzo Chigi aveva solo 53 anni, Spadolini 57, Moro 60.

di Mauro Suttora

"Sono il più anziano ed esperto fra i leader dei Paesi occidentali"
(Silvio Berlusconi, 30 settembre 2010, al Senato)

BERLUSCONI anni 74
MERKEL (Germania) 56
SARKOZY (Francia) 55
ANSIP (Estonia) 54
SOCRATES (Portogallo) 53
KUBILIUS (Lituania) 53
HARPER (Canada) 51
STOLTENBERG (Norvegia) 51
ZAPATERO (Spagna) 50
FAYMANN (Austria) 50
LETERME (Belgio) 50
OBAMA (Usa) 49
GILLARD (Australia) 49
CALDERON (Messico) 48
LEUTHARD (Svizzera) 47
ORBAN (Ungheria) 47
PAHOR (Slovenia) 46
RASMUSSEN (Danimarca) 46
MEDVEDEV (Russia) 45
REINFELDT (Svezia) 45
NECAS (Rep. Ceca) 45
CAMERON (G.Bretagna) 44
BOC (Romania) 44
RUTTE (Olanda) 43
KIVINIEMI (Finlandia) 42
FILAT (Moldavia) 41
DOMBROVSKIS (Lettonia) 39

Oggi, 4 ottobre 2010

Quanto durerà? Sceso in politica 17 anni fa, Silvio Berlusconi ha ormai dato il suo nome a un'epoca. Qualunque opinione si possa avere su di lui, l'ultimo ventennio passerà alla storia come l'era Berlusconi. Il quale, il 29 settembre, ha compiuto 74 anni, superando così anche Giulio Andreotti come presidente del Consiglio più anziano nella storia della Repubblica.

Guardate la classifica che pubblichiamo nell' altra pagina. Mostriamo l'età che avevano i principali premier dal 1945 a oggi, al termine dei loro mandati. Perfino Alcide De Gasperi era più giovane di Berlusconi quando dovette lasciare la carica nel '53. Non parliamo poi dei due premier laici, Bettino Craxi e Giovanni Spadolini. Il primo aveva soltanto 53 anni all'uscita da palazzo Chigi nell'87: praticamente un bambino, in confronto a Berlusconi. E Spadolini era appena 57enne. Nella classifica abbiamo inserito anche Arnaldo Forlani, che fu premier per pochi mesi nell'80-81, a 55 anni. Poi però fino al '92 fu potente segretario della Dc, carica di fatto importante quanto quella del premier di allora, Andreotti. Non per niente il triennio 1989-92 fu definito come quello del «Caf», dalle iniziali di Craxi, Andreotti e Forlani.

FANFANI IL "TECNICO"
L' unico ad avere superato in anzianità Berlusconi è stato Amintore Fanfani, che nell'82 e nell'87 fu chiamato ultrasettantenne a presiedere per pochi mesi, in quanto presidente del Senato, i governi «elettorali» che seguirono le dimissioni di Spadolini e Craxi. La Dc infatti non voleva far gestire il voto a compagni a guida laica. Ma, come spieghiamo nella nota alla tabella, si trattò di governi «tecnici». L'ultimo suo vero governo dotato di pieni poteri politici Fanfani lo lasciò nel '63, quando aveva appena 55 anni. Ed è sorprendente pure l'età di Aldo Moro all' epoca del suo ultimo incarico. Il governo «tecnico» rappresenta anche oggi una minaccia per Berlusconi. Come nel ' 95, quando dovette cedere la poltrona a Lamberto Dini dopo aver ricevuto l' avviso di garanzia che lo estromise per la prima volta da palazzo Chigi.

Il Partito democratico adesso chiede un governo «tecnico» per cambiare le regole elettorali prima di un altro voto anticipato. «È l' unico modo in cui chi ha perso le elezioni potrebbe andare al potere», protesta Berlusconi. Il quale a gennaio potrà festeggiare i 3mila giorni di governo (tabella qui a fianco). Ha già battuto il record di De Gasperi, che per soli quattro giorni non arrivò ai 2.500. Lontani, anche se superano i 2mila giorni, Andreotti e Moro. Romano Prodi per soli otto giorni non è arrivato a 1.500 con i suoi due governi (1996-98 e 2006-08). Tutti gli altri, indietro.

In ogni caso, Berlusconi non si sente per niente vecchio. Ha scherzato anche sull'arrivo dei 74 anni: «Mi avete fatto passare un compleanno proprio di m...», ha detto all' avversario politico Massimo Donadi (dipietrista) a Montecitorio il 29 settembre, durante l'estenuante ultimo dibattito sulla fiducia. Alla propria età ha accennato di nuovo nel discorso di replica al Senato il 30 settembre, quando ha detto al senatore Luigi Zanda (Pd): «Proprio perché sono il leader più anziano fra tutti quelli dei Paesi occidentali, la mia esperienza è preziosa per far contare di più l'Italia sulla scena internazionale».

Il confronto dell'età di Berlusconi con quella degli altri leader mondiali e europei, in effetti, è impressionante ( tabella nella pagina precedente ). La più anziana, la tedesca Angela Merkel, ha 18 anni meno di Silvio: potrebbe essere sua figlia. Addirittura 32 anni lo separano dalla nuova premier finlandese 42enne Mari Kiviniemi, eletta tre mesi fa. E dalla classifica abbiamo tenuto fuori, per ragioni di spazio e di importanza del suo piccolo paese, il premier lettone Valdis Dombrovskis: 39 anni.

I GERONTOCRATI ITALIANI

Negli ultimi anni tutti i Paesi occidentali hanno eletto premier e presidenti 40-50enni, dall'americano Barack Obama all' inglese David Cameron. Il nuovo segretario laburista britannico Ed Miliband ha soltanto 40 anni. Il confronto con l'Italia è impressionante: il nostro presidente della Repubblica Giorgio Napolitano con i suoi 85 anni potrebbe essere il nonno di molti leader europei. E i politici che noi consideriamo «giovani» (D'Alema, Bersani, Fini, Rutelli) stanno attorno ai 60 anni. L'unico premier mondiale più vecchio di Berlusconi è l'indiano Manmohan Singh, 78 anni. Ma non è un «occidentale», così come i leader sessantenni di Cina e Giappone.

Non è un mistero che Berlusconi punti a governare fino alla scadenza di questa legislatura, nel 2013, per poi farsi eleggere presidente della Repubblica. Alla fine del settennato al Quirinale, nel 2020, avrebbe 84 anni. Meno di tutti i presidenti della storia recente: Napolitano, Carlo Azeglio Ciampi, Oscar Luigi Scalfaro. E lui, c'è da scommetterlo, si sentirebbe ancora un ragazzino.

Mauro Suttora

Quanto dura il governo


CRONACHE DA BISANZIO: I GIOCHI DI PALAZZO SUL GOVERNO BERLUSCONI

di Mauro Suttora

Oggi, 4 ottobre 2010

Come sedici anni fa? Nel dicembre 1994 Silvio Berlusconi fu detronizzato dal suo primo governo dopo un avviso di garanzia e il ritiro dei ministri della Lega nord.

Il 14 dicembre 2010 la Corte costituzionale giudicherà la legge sul «legittimo impedimento», che ha permesso finora a Berlusconi di evitare i processi. Se la Corte la boccerà, come ha già fatto con il «lodo Alfano», il premier sarà di nuovo esposto alle sentenze dell’ «associazione per delinquere», com’egli ormai definisce i magistrati. E allora, sarà ancora la Lega nord a staccare la spina al governo?

«Lo avremmo già fatto, ma Berlusconi ha voluto testare la maggioranza», ha detto il ministro Roberto Maroni. «Però se nelle prossime tre settimane la maggioranza non tiene, meglio votare».

Cosa succederà di così importante nei prossimi venti giorni? Verranno nominati i nuovi presidenti delle commissioni parlamentari. Quella cruciale della Giustizia alla Camera, per esempio, è guidata dall’avvocatessa Giulia Buongiorno, ora invisa a Berlusconi perché passata con Gianfranco Fini. Ma è difficile che i finiani ci rinuncino.

«Berlusconi si deve rassegnare», dice il finiano Benedetto Della Vedova: «Così come in Gran Bretagna i conservatori sono stati costretti ad allearsi con i liberali perché da soli non hanno la maggioranza, il Popolo delle libertà deve rimanere alleato con noi».

Il problema, per i finiani, è che i liberali inglesi hanno il 20 per cento, mentre loro nei sondaggi sono al quattro. «E neanche adesso sono decisivi», calcola il ministro Ignazio La Russa, «perché alla Camera in caso di voto sul filo di lana molti non se la sentirebbero di far cadere il governo. E al Senato, abbiamo la maggioranza anche senza di loro».

I finiani, però, non sono disposti ad approvare entro dicembre altre leggi d’immunità per Berlusconi, come quella sul «processo breve» o il nuovo «lodo Alfano» con rango di legge costituzionale: «Non erano nel programma Pdl votato dagli elettori». Conclusione: la maggior parte degli osservatori ritiene probabile un voto a marzo.

L’opposizione (Pd, Di Pietro, Udc) vorrebbe prima riformare la legge elettorale, che ora non permette di scegliere i singoli deputati e dà la maggioranza assoluta alla coalizione che raggiunga il 38%. «Così Berlusconi verrà eletto presidente della Repubblica fra tre anni», avverte Massimo D’Alema. Ma il Pdl, che gode ancora di sondaggi favorevoli rispetto al Pd, non intende rinunciare al premio maggioritario.

Con la crisi economica che morde e un debito pubblico di 1.800 miliardi in aumento al ritmo di 80 miliardi l’anno (150 mila euro al minuto), tutte queste possono apparire come «cronache da Bisanzio» agli elettori. «Infatti l’84 per cento prova disgusto, rabbia, diffidenza, indifferenza o noia per la politica», dice il sondaggista Renato Mannheimer, «solo sei su cento esprimono “interesse”, e appena 2,4 passione».

Mauro Suttora

Monday, October 04, 2010

'Mussolini segreto' tradotto in spagnolo


esce il 14 ottobre 2010:

Mussolini secreto



Claretta Petacci, la amante de Benito Mussolini, transcribía cada día en su diario las conversaciones que mantenía con el Duce, en que éste le contaba sus intimidades, recordaba su vida o la ponía al corriente de los acontecimientos políticos: la guerra de España (y su indignación contra “el idiota de Franco”), la persecución de los judíos, el pacto de Munich...

El comprometedor contenido político de estos diarios explica que el gobierno italiano los mantenga todavía en secreto y que sólo haya autorizado la publicación de esta primera parte.

Pero lo que los hace excepcionales es su calidad de documento humano en que un dictador se muestra sin disfraz alguno, con sus frustraciones, sus miserias, sus aspiraciones de grandeza y hasta con sus obsesiones sexuales, en unas confidencias que fueron hechas sin pensar que algún día podrían llegar a ver la luz pública.

Esta mezcla de experiencias vividas y sueños imperiales nos ayuda a entender mejor lo que fue realmente el tinglado de retórica y cartón piedra del fascismo italiano.

'Mussolini segreto' tradotto in Polonia

Claretta Petacci (red. Mauro Suttora)
Tajne dzienniki kochanki Mussoliniego 1932–1938
Tłum. Anna Wójcicka

presentazione dal catalogo dell'editore Bellona:

Claretta Petacci była najbardziej znaną kochanką Benito Mussoliniego i wraz z nim została stracona w 1945 r. podczas egzekucji na Piazza Loreto w Mediolanie.

Jej wspomnienia obejmują okres 1932–1938, począwszy od pierwszych dni znajomości, a skończywszy na okresie pełnego rozkwitu ich związku. Zawierają dokładny opis codziennych zajęć i przyzwyczajeń Mussoliniego, jego stosunku i poglądów na temat wydarzeń i nastrojów w faszystowskich Włoszech i w Europie.

Poza tym również widzimy Duce prywatnie:
Mussolini skarży się na obcierające go buty, nieustannie zapewnia Clarettę o swej miłości, i tłumaczy się jej z licznych zdrad z kochankami, a nawet z... własną żoną.
Tłem ich związku są wydarzenia Europy lat 30. XX w.: powstanie osi Włochy – Niemcy, wydanie ustaw rasistowskich i Anschluss Austrii.

Do pamiętników załączone są niektóre listy Claretty do swojego kochanka; są to pochodzące z lat 1933–1937 zapiski pełne miłosnych uniesień – ilustrują one perspektywę autorki, kobiety niezwykle emocjonalnej, zazdrosnej
i żyjącej jedynie dla swojego kochanka, gotowej ponieść tragiczną śmierć w imię miłości.