Wednesday, March 31, 2010

Radicali, geniali perdenti

LE MOSCHE COCCHIERE DELLA SINISTRA

di Mauro Suttora

Libero, 31 marzo 2010

Negli stessi minuti in cui Emma Bonino ha perso per 77 mila voti la sfida laziale con Renata Polverini, una sua omonima trionfava: Emma Marrone, vincitrice di ‘Amici’ su Canale 5. Così ora sono tre le Emme nazionali: non va dimenticata la Marcegaglia di Confindustria.

Ma proprio in quei momenti dopo mezzanotte nei quali è apparso chiaro che i postfascisti ciociari e i reazionari reatini restituivano la transnazionale Emma B. al suo ambiente naturale (Bruxelles, New York, Davos, L’Aia), i radicali si erano già rialzati dal k.o.: riuniti nella loro sede nazionale dietro al Pantheon, ascoltavano Marco Pannella il quale, immune da depressioni e autocritiche, descriveva fino alle tre di notte le «iniziative di lotta che ci impegneranno da domattina».

È questa la terapia che i pannelliani adottano dopo ogni sconfitta: far finta di niente, e ricominciare immediatamente a macinare politica «contro il regime». Hanno fatto così l’anno scorso, quando per la prima volta dopo trent’anni sono stati eliminati dall’Europarlamento (colpa della tagliola veltroberlusconiana al 4%): il giorno dopo stavano già pianificando l’attuale voto regionale. È successo nel 2006, quando la rediviva Rosa nel pugno con i socialisti abortì in un pugno di mosche. L’allora segretario radicale Daniele Capezzone ripartì come un razzo a criticare il suo non ancora capo Berlusconi e, per par condicio, i propri (in teoria) allora alleati Prodi e Fassino. E fu così anche nel 2005, quando dopo la sconfitta del referendum sulla fecondazione assistita concepirono, appunto, la Rosa nel pugno.

È da sessant’anni che Pannella perde. All’inizio degli anni ’50 esordì già in minoranza nel Pli di Malagodi. Con Eugenio Scalfari se ne andò e fondò il partito radicale. Subito batoste: zero eletti al comune di Roma nel ’56, e due anni dopo alle politiche l’1,4%, ma con il Pri. In pratica, votarono per loro solo i lettori dei due settimanali «laici»: Il Mondo e L’Espresso. Non domi, i radicali da allora hanno sempre preteso di dettare la linea politica a tutti (Pci, Psi, Pri, Pli, Psdi) dall’alto del nulla del proprio consenso popolare. «Mosche cocchiere»: così, citando la favola di Fedro, Togliatti liquidava gli intellettuali che volevano comandare, o almeno consigliare e ammonire i capi, senza però sporcarsi le mani con il «sangue e merda» (© Rino Formica) della politica reale, dei voti conquistati porta a porta nelle periferie (anche a Frosinone), del contatto con le miserie della gente e i suoi vizi. Perché il vizio di tutti gli idealisti illuminati d’Italia, da Pisacane al partito d’Azione a Ugo La Malfa, è sempre stato quello che gli scienziati della politica definiscono «minoritarismo».

Ancor oggi, i radicali sono onestamente convinti di aver ragione pur essendo una microminoranza. Vendola è riuscito a strappare il 10% per il suo partitino in Puglia, sull’onda della vittoria personale? I radicali in Lazio si sono fermati al solito tre per cento, nonostante il traino della Bonino.

Nel ’99 Emma & Marco agguantarono il loro unico successo: otto per cento alle europee con punte del 18% in varie città del nord, secondo partito dopo Forza Italia. Allora stavano a destra, liberali e liberisti. Poi però non si accordarono con Berlusconi, e ripiombarono alle percentuali abituali. Chiunque, al loro posto, si sarebbe ritirato da un pezzo. Loro invece, geniali e coriacei, ora vogliono insegnare al povero Bersani come guidare il Pd. Perché solo i radicali sono il sale della democrazia, i partigiani della legalità. Non per nulla stanno dietro al Pantheon, casa di «tutti gli dei».

Mauro Suttora

8 comments:

lucabagatin.ilcannocchiale.it said...

Invero, caro Mauro, solitamente, chi è in minoranza ha pressoché quasi sempre ragione sulla maggioranza dei caproni e di coloro i quali non approfondiscono nemmeno ciò che li circonda.
La quantità, assai raramente, è sinonimo di qualità.
E in Italia, forse, non lo è mai stata.
Sul voto in Lazio, voglio rispondere con il commento che ho lasciato anche a quell'inconcludente satiro che è Mario Adinolfi:

"La Bonino ha perso, ad ogni modo, per poco.
Qualsiasi altro candidato democaZZico avrebbe perduto con uno scarto di 5 e oltre punti percentuali.
Il punto è che il Pd perderebbe anche con mia nonna in carriola.
Questo pseudo-centrosinistra non è credibile in quanto non ha un progetto di riforma che sia uno.
La Bonino, almeno, un programma di governo e di riforma radicale, laica, liberale, libertaria l'ha sempre avuto.
Non battete la destra perché sieta ancora più conservatori, tristi, prevedibili, parolai, borobottoni, bacchettoni e moralisti.
Non avete mai capito il Paese: non lo aveva fatto il Pci prima e nemmeno la sinistra Dc. Specie quando prendeste le distanze e soffocaste qualsiasi ventata controculturale degli anni '60 e '70. E quando non deste ascolto ad Ugo La Malfa prima e a Bettino Craxi poi.
Avete messo in piedi un partito che non esiste nella Storia e nella cultura italiana, mutuandolo da quella americana che non è la vostra storia. Una storia che è fatta di antiamericanismo e di antiliberalismo.
Vendola, almeno, ha il coraggio delle sue idee e della sua "diversità" dai tratti contoculturali.
Voi siete fantasmi del vostro già poco edificante passato fatto di Togliatti, Dossetti, La Pira, Berlinguer, Occhetto....
Se poi vogliamo anche metterci l'alleanza con Di Pietro e Grillo, tanto per aggiungere nullismo a nullismo, forcaiolismo a forcaiolismo....
Sembrerà strano, ma a me dispiace. Dispiace che non vi rendiate conto che siete la sinistra sbagliata per il Paese e che negli anni '90 contribuiste a far morire quella giusta e liberale.
L'unica che avrebbe arginato fenomeni da baraccone come Berlusconi, Di Pietro, Bossi (che però, evidentemente, oggi risultano più credibili di voi)".

Mauro Suttora said...

figurarsi se un mazziniano come te non e' minoritarista, caro Luca.
Purtroppo in democrazia una testa (di cazzo), un voto. Per questo io sono per la aristocrazia (della cultura)

Unknown said...

"Purtroppo in democrazia una testa (di cazzo), un voto."

Purtroppo, per le mogli anche dei premi Nobel, è molto probabile che il marito sia una testa di cazzo!

:)

Lanfranco Palazzolo said...

Pessima analisi. Sarebbe stata credibile se fosse giunta da un estraneo all'area radicale. Invece sappiamo benissimo che giunge da uno che ha provato a fare il carrierista radicale, ma non c'è riuscito perchè voleva fare l'alternativo in doppio petto che - ironia della sorte - viene apostrofato come un trombone dagli stessi "grillini". E, alla fine della storia, il "trombone" è costretto a fare ad Alfano domande del tipo: "Ma com'è Berlusconi visto da vicino?". Come vuoi che sia?! Mica è un frikkettone di sinistra che è costretto a scrivere sui giornali di destra!
Ah, te sei dimenticato la 4° emme: quella di Mussolini......

Mauro Suttora said...

"carrierista radicale"? e quando?
mai ricevuto una lira dai radicali

se vuoi fare il serpente, documentati almeno

Lanfranco Palazzolo said...

Infatti non ho detto che hai preso soldi. Anzi questo conferma quello che dicevo. I tromboni aspirano a prendeli i soldi, ma acchiappano solo un pugno di mosche.....

Lanfranco Palazzolo said...

prenderli

Mauro Suttora said...

"prenderli":
ecco, appunto, il miglior verbo da associare ai politici di mestiere (radicali compresi), aggiungendo un'altra parolina.

Io ho aperto gli occhi a 19 anni, sui radicali: la prima e ultima volta che, come segretario dell'associazione radicale di Udine, andai a Roma, nel '79, a un "consiglio federale" - così si chiamava allora l'organo direttivo.

quindi sei disinformato, caro stipendiato (pubblico) radicale: la mia "carriera" radicale si è fermata molto presto. Anzi, non è mai cominciata...