Wednesday, August 26, 2009

Mariella Venditti, bestia rossa di Berlusconi

«Berlusconi non tollera i giornalisti che gli fanno domande scomode. Ma con me fa il simpatico». Confessioni di una reporter aggressiva. «Per obbligo professionale»

di Mauro Suttora

Roma, 19 agosto 2009

Pronto, Telefono Azzurro? Come i bimbi rom e i testimoni di Geova, anche Mariella Venditti a sei anni veniva spedita di casa in casa a chieder soldi.
«Ogni domenica tutti noi, buoni comunisti, vendevamo porta a porta L’Unità, il quotidiano del partito», ricorda la giornalista di punta del Tg3. Suo padre Renato (che ha appena scritto il libro La cricca sulla sua famiglia antifascista) all’Unità ci lavorava da giornalista. Anche la mamma era impegnata a tempo pieno nel Pci.
Quindi, oggi che Silvio Berlusconi attacca la Rai perché critica il (suo) governo nonostante sia servizio pubblico, nessuno più di lei, rossa perfino di capelli e con casa nel quartiere popolare di Trastevere, è il simbolo di ciò che il premier aborre.

Dieci anni di convivenza

«È da dieci anni che seguo Berlusconi in tutte le sue conferenze stampa in Italia e nel mondo. Quando alzo la mano per fare una domanda lui ormai avverte il suo vicino, quasi a scusarsi in anticipo. Con Tony Blair disse “C’è Venditti, siamo fritti“, mentre a Chirac spiegò che sono una “birichina“».
Eppure, come a volte accade (e spesso con il seduttore Berlusconi, se il sedotto acconsente), il confine fra odio e amore è sottile.
«Ormai i nostri sono siparietti: lui sa che le mie domande sono sempre scomode, quindi sospira e cerca di liquidarmi con una delle sue battute».
Non sempre ci riesce: «A volte perde le staffe, come quando arrivò a piazza del Popolo per un comizio e io gli chiesi a bruciapelo della candidatura di Ciarrapico, fascista orgoglioso. Anche in questi ultimi mesi lo vedo nervoso, a causa delle questioni di minorenni e prostitute che lo tormentano...»

Per dieci giorni al mese la Venditti (nessuna parentela con il cantante Antonello) conduce il Tg3 delle 14 e 20. Gli altri venti giorni fa la «berlusconologa», seguendo il premier nei suoi spostamenti. La consuetudine quotidiana ha creato amicizie fra Berlusconi e i giornalisti a lui addetti: uno di loro, Augusto Minzolini della Stampa, è stato appena nominato direttore del Tg1: «È un rischio che corrono tutti tranne me», scherza la Venditti.
La quale condivide con il presidente del Consiglio la simpatia del carattere. Nella vita privata si definisce «ex convivente impegnata». Figurarsi se a sinistra poteva mancare l’«impegno».

Dovere di essere scomodi

In politica, dopo la prima tessera da «pioniera Pci» a dodici anni, oggi si dichiara «di sinistra ma senza partito». Alle accuse di Berlusconi al Tg3 risponde: «I giornalisti hanno il dovere di fare domande sgradite, la nostra lingua deve battere dove il dente duole».
Anche i giornalisti di sinistra con i politici di sinistra?
«Certo. Prodi una volta mi mandò a quel paese con un gesto, senza neppure rispondermi. E Rutelli mi disse: “Questa domanda non me la puoi fare“. Ma scherziamo! Perciò preferisco occuparmi dei politici della parrocchia opposta: almeno non si aspettano acquiescenza».

Durante un viaggio in Slovenia Berlusconi criticò semiserio il vestito della Venditti: «Signora del soviet, almeno all’estero si vesta meglio».
«Avevo un colbacco e un cappotto di caprone, in effetti», ammette lei. «Ma ormai gli leggo nel pensiero. Quando con Rasmussen cominciò a dire ch’era un bell’uomo, pensai: “Vedi un po' che ora tira fuori le accuse di tradimento a sua moglie Veronica con Cacciari. E infatti fu così».
Ma in privato la «bestia rossa» di Berlusconi è una romanticona: «Mi piacciono solo i film a lieto fine». Scommettiamo che prima o poi, pure con Silvio?...

Wednesday, August 12, 2009

La casa maledetta di Doberdò

IN FRIULI UNA SERIE DI DISGRAZIE SEMINA IL PANICO

Due suicidi, un tentato omicidio, un ragazzo morto in moto. In diciassette giorni. E tutti abitavano in una palazzina di Doberdò. Che ora sta vivendo un incubo

di Mauro Suttora

Oggi, 12 agosto 2009

Doberdò (Gorizia)
Doberdan in sloveno significa «buongiorno». Come il nome di questo paese di 1.400 abitanti sull'altopiano del Carso, fra Gorizia e Monfalcone. A Doberdò non è successo più nulla dopo la Prima guerra mondiale, che con le sue trincee distrusse ogni casa. Poi, il 4 luglio, l'infermiera Annamaria Ferletic di 51 anni ha accoltellato il figlio Cristian. Pensava di averlo ammazzato, e allora si è suicidata tagliandosi l'arteria femorale. Tredici giorni dopo, Kevin Ponzetta, 17 anni, corre in moto con l'amico Michele Visintin sulla provinciale 15. Bei posti: il lago carsico senza affluenti (sorgenti sotterranee), boschi, vigne. D'improvviso lo schianto. E Kevin, padre di un bimbo di un anno, muore. Passano altri quattro giorni. Lo zio di Michele s'impicca.

Tre morti e un tentato omicidio in diciassette giorni. Troppi, per paese tranquillo e sonnolento come Doberdò. E agghiaccianti, perché hanno tutti a che fare con la stessa casa: una palazzina di due piani accanto alla chiesa, in piazza San Martino 9. La Ferletic e i Ponzetta erano dirimpettai. Sotto, al piano terra, abita la famiglia Visintin. Coincidenze, certo. Kevin non è andato a sbattere a causa del lago di sangue nell'appartamento accanto, e lo zio del suo amico Michele non si è suicidato perché sconvolto dalla morte del ragazzo del piano di sopra. Però, alla fine, tutte le disgrazie fanno capo a quella che qualcuno comincia a chiamare «casa degli orrori».

Gli anziani ricordano un' altra maledizione per quella casa: 53 anni fa vi morirono i due figli del proprietario. Erano gemelli neonati, li ammazzò la polmonite quando la mamma tornò a casa dall' ospedale. Il 21 agosto esce in Italia il film americano Il messaggero - The haunting in Connecticut . La protagonista, Virginia Madsen (candidata all' Oscar nel 2005 per Sideways), è alle prese con una casa simile a quella di Doberdò. I cui abitanti, oggi sbigottiti, sperano solo di tornare presto nel dimenticatoio.

Graziana Capone, l'Angelina Jolie di Berlusconi

INTERVISTA ESCLUSIVA CON L'ULTIMA FIAMMA DEL PREMIER

"Ho cantato con il presidente"

È l’ultima «new entry» fra le fiamme di Berlusconi. «Abbiamo fatto le quattro del mattino», ammette. Ma poi a nanna

Riccione (Rimini), 2 agosto 2009

dal nostro inviato Mauro Suttora

«Per me lui vede un futuro in politica o nel giornalismo».
E lei?
«Magistrato o attrice. Ma non gli ho mai parlato della mia carriera nello spettacolo. Non volevo sembrare una delle tante che vogliono raccomandazioni. In ogni caso, ha detto che prima devo laurearmi».
E bravo Papi, che spinge le sue adoratrici sulla retta via. Anche quando hanno un viso da Angelina Jolie come Graziana Capone, 24 anni, figlia di un costruttore di Gravina di Puglia (Bari), «e lui mi vuole sempre alla sua destra quando m’invita a cena».
Graziana è l’ultima «new entry» nel magico mondo di Silvio Berlusconi. Il suo nome è emerso per la prima volta dieci giorni fa. Appartiene all’inesauribile serbatoio di belle pugliesi che Giampaolo Tarantini proponeva al premier.
Graziana però vuole far sapere, in esclusiva a Oggi, che lei non ha nulla a che fare con le altre ragazze. Nè la Noemi di maggio, né tantomeno la squillo Patty D’Addario di giugno. Il suo manager Rody Mirri (già scopritore di Michelle Hunziker) ci dà appuntamento all’hotel Des Bains di Riccione. Eccola.
«Giornali di tutto il mondo, dalla Bild tedesca al Mundo spagnolo, mi chiedono interviste in modo molto reiterante. E io voglio togliermi questo brand di dosso...»
Graziana, ma come parla?
(Sorride): «Insomma, voglio precisare. Non sono una escort, mai preso soldi. Sono andata a cena da Berlusconi, ma siamo solo amici. È un uomo affascinante, lo adoro e sono onorata dalla sua amicizia. Mi ha telefonato pure l’altro giorno, complimentandosi per non essere caduta nella trappola di Repubblica che voleva intervistarmi. Però non mi ha mai proposto nulla di sconveniente».
Lo ha conosciuto attraverso Tarantini, come Patty.
«Sì, ma io la D’Addario e le altre non le ho mai viste. Non sono andata al centro Messegué di Todi come Licia Nunez, né a villa Certosa. Non sono una ragazza immagine, non appartengo a quel giro, ho una mia carriera bene avviata. Mi sto laureando in legge, a ottobre discuterò la tesi».
Ci racconti la prima volta con Berlusconi.
«Lo scorso settembre Tarantini, cui ero stata presentata dall’amministrativista Totò Castellaneta, mi ha portato a San Siro per il derby Milan-Inter. Silvio è stato subito simpaticissimo, mi ha voluto al suo fianco. In tribuna c’erano Ezio Greggio, la Hunziker. Poi siamo andati nel club privato del Milan, allo stadio. Poi, sempre in gruppo, a visitare il palazzo dell’università privata che sta costruendo ad Arcore. È bellissima, mi ha detto che verrà a insegnarci Clinton...»
E poi?
«Andammo a cena a casa sua».
In quanti eravate?
«Prima una trentina, a cena dieci».
C’era qualche personaggio?
«Non conoscevo nessuno, tranne Tarantini. Abbiamo mangiato due assaggini di primo, verdura, pesce. Il presidente ci tiene all’alimentazione, mangia fette biscottate».
Di che parlavate?
«Di tutto. Era fiero per il salvataggio Alitalia, per i sondaggi che lo davano al 60 per cento di popolarità...»
E poi?
«Poi abbiamo cantato, io e lui con un pianista».
Che cosa?
«Io a cappella un paio di cose, Non ti scordar mai di me di Giusi Ferreri. Poi, assieme, le sue canzoni».
Le conosceva?
«Certo, per me lui rappresenta il sogno americano. Lo ammiro molto. Abbiamo cantato Stay with me, un suo pezzo tradotto in inglese».
E gli faceva i controcanti?
«Sì, la melodia sulla terza. Ho studiato piano per dodici anni, sono cantante, ho fatto parecchi spettacoli. Dopo la laurea voglio diplomarmi al conservatorio, in jazz...»
E poi?
«Era tardissimo, le tre o le quattro. Alcuni dormicchiavano sul divano. Ci siamo salutati e congedati. Sono tornata a Milano con Tarantini e dei ragazzi su un’auto con chauffeur».
Come Cenerentola.
«Beh, un po’ più tardi. Lui è stato di un’ospitalità perfetta. Il giorno dopo mi ha telefonato per salutarmi, ha detto che passava il giorno del suo compleanno in famiglia, con il nipotino che adora».
E Veronica?
«Si capiva che erano un po’ distanti».
Quando lo ha rivisto?
«Alla vigilia di Natale. Una cena a Roma, a palazzo Grazioli. Eravamo una decina, sei-sette ragazze, ho riconosciuto Carolina Marconi del Grande Fratello e Barbara Guerra. C’era un clima molto rilassato, per nulla ambiguo come quello descritto dalla D’Addario. Ero seduta alla destra del presidente. Sono uscita fra le ultime, non è rimasto nessuno. In quei giorni ero triste perché mi ero lasciata col fidanzato. Berlusconi mi ha consolata e invitata in Sardegna per Capodanno. Non ho accettato, perché sarei stata di peso. Lui da noi giovani vuole leggerezza, non problemi».
Quante altre volte l’ha visto?
«Mah, sei, sette...»
Sempre a palazzo Grazioli?
«No, una volta anche a Milano, all’inaugurazione di uno spazio Dolce & Gabbana».
L’ultima volta?
«In primavera, prima delle polemiche su Noemi. Ma abbiamo continuato a telefonarci».
Le ha dato regali?
«Sì. La famosa farfalla, e poi anelli, collane, bracciali. Anche un orologio».
Abbia pazienza Graziana, lei dice che Berlusconi non l’ha mai corteggiata. Come definisce il vostro rapporto?
«Amicizia».
Potrebbe essere suo nonno.
«E allora? È molto più interessante dei miei coetanei».
Cosa si aspettava da lui?
«Nulla. Io sono attrice di cinema, l’anno scorso ho fatto In passato e in terra straniera con Elio Germano, tratto da un libro di Carofiglio. Ho recitato nella fiction Rai Giuseppe Di Vittorio con Favino e in altre su Telenorba, la tv di Bari per cui sono stata anche segretaria di produzione e speaker radio. Ho fatto teatro: Bettina nel cilindro di Eduardo. Sono stata vocalist in discoteca. Ho fatto pubblicità: lo spot tv Campari e una campagna cartacea per il caffé Palombini».
Curriculum sterminato.
«Sì, ma in realtà metà di me vuole fare il magistrato. Insomma, non ho bisogno di una spintarella di Berlusconi».
E quindi?
«Quindi non mettetemi assieme alle altre. Anche perché se il presidente avesse veramente un harem, io sarei la favorita».
Mauro Suttora