Thursday, October 19, 2006

No Sex in NY: le italiane lo fanno meglio

Avventure pseudosentimentali a Manhattan

Mauro Suttora è un giornalista, ha vissuto nell'Upper West Side, è uscito con ragazze di ogni tipo e ha scritto un libro. In questa intervista dice che le newyorkesi pensano solo a una cosa (e non è certo il sesso)

Grazia, 17 ottobre 2006

di Alessia Ercolini


Niente sesso a Manhattan. Nel senso che le newyorkesi a tutto pensano fuorché all’amore. Altro che 'Sex and the city' e le avventure sentimental-erotiche di Carrie Bradshow. Almeno è quanto sostiene Mauro Suttora, ultraquarantenne giornalista italiano del settimanale Oggi.
Per quattro anni Suttora ha vissuto e lavorato a Manhattan. Si è innamorato di ragazze che somigliavano ad Andrea, la coprotagonista del film evento 'Il Diavolo veste Prada' (ruolo interpretato da Anna Hathaway, al cinema dal 13 ottobre). È incappato nella «incantevole moglie di un ambasciatore» che pretendeva da lui una «scia-scia» (traduzione per chi non bazzica Manhattan: «champagne shower», ovvero doccia di champagne) ed è stato scaricato via mail da modelle troppo impegnate anche per dire addio a un uomo.
Per sfogarsi, Suttora ha raccontato le sue peripezie sentimentali sul settimanale 'New York Observer' e ora le ha raccolte in un libro dal titolo 'No sex in the city' (Cairo editore), dal 12 ottobre in libreria.

Che cosa ha imparato dalle ragazze di New York?
«Che tutto è molto divertente».

Che cosa? Fare sesso o non farlo?
«Tutto quanto. Le donne e gli uomini di New York sono molto affascinanti. Sarà che i quattro anni che ho vissuto lì per me sono stati un concentrato di 20 anni di vita in Italia».

A giudicare dal titolo, però, i brividi caldi sono stati pochi...
«Se uno cerca amore o sesso, lì ne trova pochissimo. Perché c’è una classifica di priorità: lavoro, carriera, soldi, casa, vestiti, automobile, jogging...»

Lei, invece, che cosa cercava?
«Ciò che normalmente cercano tutti. L’amore, ma anche il divertimento. Vent’anni fa la Grande Mela era una città erotica. Ora no, non è per niente sexy. Negli Anni 60 si diceva “fate l’amore non fate la guerra”. Adesso è il contrario».

Le donne del libro sono ridotte a macchiette.
«C’è tanta varietà, come ovunque, ma dopo un po’ di incontri e parlando con gli amici vedi che le differenze sostanziali con l’Europa sono ricorrenti».

Quali per esempio?
«Le donne di New York hanno tre cose positive. Primo, l’energia. Non si fanno mai abbattere da nulla. Secondo, la curiosità. Sono sempre pronte a sperimentare nuove cose. E poi le newyorkesi hanno dalla loro la semplicità, che si può sintetizzare nel look jeans e infradito. Le italiane sono molto più scettiche, chiuse, più spente, e certe volte troppo costruite. Però sanno cucinare, mediamente hanno un livello culturale più alto e sono più disinibite, passionali, insomma più spontanee. Le newyorkesi fanno poco l’amore e quando lo fanno raggiungono il piacere in modi stranissimi».

Lei si definisce un tipo passionale?
«Sì».

Alla fine, ha trovato ciò che cercava?
«Ora sì. Convivo con una non-americana».

Tra le righe dei racconti dei suoi flirt si percepisce una certa attenzione per le piccole spese (vada per le costose cene nei locali di Manhattan, ma per la famosa doccia di champagne sostituire il Moet&Chandon con del prosecco da dieci dollari ha probabilmente pregiudicato il buon esito della serata). Scusi Suttora, lei non sarà mica un po’ tirchio?
«In effetti sì. Diciamo che il mio stipendio, soprattutto a New York, mi costringeva a diventarlo. Sono entrato in contatto con questo mondo che era al di là delle mie possibilità. Poi ogni tanto sono stato preda di qualche follia, tipo affitare un elicottero».

Quanto bisognerebbe guadagnare per mantenersi dignitosamente a Manhattan in puro stile Sex and the city?
«Almeno 10mila dollari netti al mese. L’affitto può costare anche 4500 dollari. Ma per fortuna in quanto giornalista mi invitavano dappertutto, altrimenti non ce l’avrei fatta».

Ora che è rientrato a Roma, ha qualche rimpianto?
«Uno solo. Sandra Bullock. Quando l’ho incontrata per un’intervista non ho colto l’occasione: sono rimasto talemente abbacinato dalla bellezza e dalla sua semplicità che non sono riuscito a dire e a fare niente. Invece, avrei potuto invitarla a bere un caffè Lavazza, sotto la Libreria Rizzoli, sulla 57a strada. Al solo sentire la parola caffè italiano sarebbe impazzita a e avrebbe detto “Wow”. Insomma, ho perso un’occasione».

Ci spiega come mai le fanno tanto orrore le serate tra ragazze? Cito testualmente: «Una delle principali manie delle donne di New York, incomprensibile per noi uomini europei (...). È una consuetudine deprimentente per qualunque persona abbia superato la fase adolescenziale delle “amiche del cuore” o quella tardofemminista della “sorellanza”». Sa che anche in Italia talvolta le ragazze escono senza uomini?
«È atroce. È una delle americanate che hanno preso piede.

Crede davvero che le italiane abbiano avuto bisogno di scoprire le uscite da single dalle americane?
«È squallido quando ciò avviene a scadenza fissa una volta a settimana».

Già, per la sua ex fidanzata Marsha era il giovedì sera.
«Insomma, incontratevi per un caffè alle cinque, ma non lasciatemi da solo a casa per uscire da sole. Oppure fate finta di non escluderci».

E allora le quattro ragazze di Sex and the city?
«Detesto il clima da caserma al contrario. In ogni caso, questo decennio, toccando ferro che non ci siano più altri 11 settembre, passerà alla storia come quello di Sex and the city.

Le sue amiche newyorkesi guardavano quel serial?
«Lì era già finito nel 2004, ma ora lo stanno mandando in onda di nuovo: censurato, per poterlo trasmette in prima serata. Praticamente Samantha sta sempre zitta».

Ha mai incontrato Sarah Jessica Parker per le strade di Manhattan?
«Sì. È tremenda, brutta e antipatica. Se la tirava, non voleva parlare con nessuno. A New York incomprensibilmente lei è la più gettonata. Ma non è il mio tipo.

Solo perché lei è alto un metro e novanta e Carrie le arriverà sì e no all’anca?
«Forse sì».

Non salva proprio nessuno delle quattro di Sex and the city?
«Di Samantha salvo tutto. È lei l’idolo di quasi tutti gli uomini».

E Marsha, la ragazza di cui parla nel libro e con la quale ha vissuto un anno, a chi somigliava?
«A Charlotte. Più svampita, più viziata e meno romantica. Marsha è più “ienetta”».

Un’ultima domanda. Nel libro non si capisce bene il motivo per cui vi siete lasciati...
«Io volevo sesso e amore. Lei successo e carriera. Ma cosa vuole, nelle storie d’amore non si capisce mai».

Alessia Ercolini

No comments: