Wednesday, October 19, 2005

Musulmane

Una serata con Phyllis Chesler, la femminista che difende le donne islamiche dalle donne di sinistra

Il Foglio, 19 ottobre 2005

di Mauro Suttora

New York. Il femminismo è morto? Sì, se non sceglie come priorità il dramma delle donne islamiche. Lo sostiene Phyllis Chesler, 65 anni, dall’alto dei due milioni e mezzo di copie vendute di “Le donne e la pazzia”, caposaldo della letteratura femminista negli anni Settanta. Il sottotitolo del suo nuovo libro-choc (“The Death of Feminism”, che segue “Donna contro donna”, tradotto in Italia nel 2003 da Mondadori) fa imbestialire varie ex compagne: “What’s Next in the Struggle for Women’s Freedom”. Cioè: di cosa dobbiamo occuparci ora, per fa avanzare la libertà delle donne? Per Chesler la risposta è chiara: «L’apartheid schiavista subito dal mondo femminile nell’Islam. Se non capiamo il pericolo per i nostri valori - e per le nostre vite - rappresentato dal razzismo e dal sessismo dei reazionari musulmani, siamo morte: uccise dal virus della passività provocata dalla correttezza politica».

Venerdì sera, Quinta avenue di Manhattan, di fronte all’Empire State Building. La pioggia torrenziale non deterre decine di donne dall’affollare il salone dei dibattiti della Cuny (City University di New York), l’ateneo pubblico che fece aspettare 22 anni anche la Chesler prima di concederle la cattedra di ruolo in Psicologia. Ora però il suo avversario non è più l’establishment accademico maschile, ma il femminismo di sinistra. Incrostatosi esso stesso come nuovo potere, in una palude conformista dove per ogni docente repubblicano ce ne sono sette democratici (proporzione raddoppiata rispetto a trent’anni fa), e in cui i contributi pro-Kerry ad Harvard e negli atenei pubblici californiani (Berkeley, Ucla) hanno superato l’anno scorso di 19 volte quelli pro-Bush.

In questo ambientino, automatiche le proteste contro le organizzatrici del Now (National Organization of Women) e della Cuny appena annunciata la Chesler come protagonista della conferenza. «Davanti a un clima d’intimidazione degno dell’era McCarthy, ringrazio le dirigenti per aver difeso il primo emendamento alla costituzione, proteggendo la mia libertà di parola», esordisce la “traditrice”. Che difende tuttora l’intervento in Iraq, ma che già poche settimane dopo l’11 settembre 2001 suscitò clamore appoggiando l’attacco all’Afghanistan sul New York Times. E non ha migliorato il proprio status di pecora nera pubblicando due anni fa, lei ebrea di Brooklyn, una requisitoria contro “Il nuovo Antisemitismo”.

Il marito di Kabul

In questa sua ultima polemica contro il maschilismo islamico Phyllis Chesler parte da lontano, ma anche da molto vicino: «Nell’estate ‘61 mi trasferii a Kabul, dopo aver sposato il mio fidanzato Alì. Lui proveniva da una potente famiglia afghana, eravamo stati assieme per due anni frequentando l’università qui in America. Alì era delizioso, interessante, coltivato: parlavamo di Simone Signoret, Fellini, Proust e Dostoievski... Peccato che abbia smesso di parlarmi una volta in Afghanistan. Reimmerso nell’ambiente di famiglia, cambiò totalmente. Quanto a me, vissi segregata da quando all’aeroporto di Kabul mi confiscarono il passaporto. Ero praticamente agli arresti domiciliari, Ma anche in casa non potevo mai stare da sola, se volevo leggere o scrivere mi chiedevano perchè fossi così triste dal volerlo fare. Non esiste il concetto di privacy, da quelle parti. Ero prigioniera. Scoprii che il padre di Alì aveva tre mogli.
Dopo qualche mese di incubo riuscii a scappare e a tornare indietro. Baciai la terra quando atterrai all’aeroporto di New York. Ero incinta, ma se lo avessi detto a Kabul non mi avrebbero lasciata partire. Abortii».

Nulla è cambiato negli ultimi 44 anni, sostiene questa fondatrice del femminismo Usa: «Nell’Islam i matrimoni continuano a essere combinati, le donne vengono torturate, per le accusate di adulterio c’è la lapidazione. A scagliare la prima pietra sono il padre o il primogenito... E i maschi musulmani sono ancora affetti dalla sindrome di personalità multipla culturale, come il mio Alì: diversi quando sono in occidente, ritengono noi degli ingenui perchè di personalità tendiamo ad averne una sola... Di fronte a tutto questo, giustifico che gli Stati Uniti usino la propria potenza per sottrarre le donne islamiche al loro tremendo destino, e anche che facciano ricorso allo strumento militare come mezzo estremo».

Segue dibattito. Cagnara. Parlano alcune femministe di estrema sinistra, senza porre domande. Quando la Chesler interrompe i loro comizietti si mettono a urlare contro la censura, il fascismo e Bush. Unica obiezione sensata: le donne saudite stanno peggio delle irachene sotto Saddam, ma Riyad è alleata degli Usa. «Su questo mi trovo più a destra di Bush», risponde ironica Phyllis Chesler.

Mauro Suttora

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