Thursday, May 17, 2001

Recensione di Pannella & Bonino spa

Recensione del libro Pannella & Bonino, storia dei radicali di Mauro Suttora (ed.Kaos, 2001)

di Guido Vitiello

17 Maggio 2001

"Corrusco": che qualcuno l'abbia scambiato per "corrucciato" mi pare un lapsus imperdibile e una "felix culpa", una colpa provvidenziale. Corrusco lo si dice di un'armatura lampeggiante, di una corazza che scintilla al sole. Non è sinonimo di "luminoso", che può indicare una luce che sprigiona dall'interno. Piuttosto, è un attributo della pura superficialità.

Un libro senz'anima, infatti. Suttora si inebria paganamente delle superfici, e non ci offre altro. Pura epidermide radicale stesa al sole. Solo che quello che per molti è un motivo di biasimo ("tratta Pannella come Flavia Vento", ha detto fra gli altri Capezzone) a me pare il punto di forza del libro di Mauro. Che su di me ha avuto un effetto liberatorio. Vedere simultaneamente Pannella da tutti i punti di vista - quelli alti e quelli triviali, grandezze e  miserie, chiacchiere e concioni - come ce lo  mostrerebbe un pittore cubista: è un trip psichedelico degno dello spot di Toscani per le passate regionali.

Ripercorrendo in fast forward e con un montaggio parossistico la storia radicale di questi trent'anni mi sono liberato per sempre del fantasma di Pannella,  dello sterile dilemma Pannella sì/Pannella no, della querelle sulla classe dirigente, di tutte le molto sagge e molto responsabili tirate dei molto venerabili professori ex radicali... e proprio per questo mi disinteresso della questione delle "dimissioni", che mi pare un po' (chiedo scusa a Mauro) una teodorata, un  wishful thinking banalotto da politologo del Corriere.

Il libro invece ha una leggerezza e una specie di saggezza non premeditata che vi invito a riconsiderare. Non leggetelo col sussiego con cui sfogliereste, dal barbiere, un numero di Novella 2000. Non è una storia, non è un saggio critico, non è nemmeno cronaca giornalistica: se voleva esserlo, ha mancato il bersaglio. E' piuttosto come quella rivista di moda e amenità che Mallarmé compilava con accanimento certosino e con l'idea di star scrivendo cose di straordinaria importanza. E come tale va letto.
Perché reclamare un libro "profondo"? "Superfici. Superfici di superfici su superfici. (...) L'abisso è il risucchio di una pianura. Perché adorare un risucchio?" (Il pendolo di Foucault). In fondo, direbbe Nietzsche, "Pannella esiste solo come fenomeno estetico".

Thursday, May 03, 2001

Per chi votano i gay?

SORPRESA: PRIMO BERLUSCONI. PARLA ROBERTO SCHENA

di Mauro Suttora
Il Foglio, 3 maggio 2001

I gay italiani votano a destra o a sinistra? Il dibattito è esploso sulle tre riviste mensili degli omosessuali: Babilonia, Pride e Guide Magazine. E ha rivelato spaccature impensabili, almeno stando al panorama delle candidature per le politiche del 13 maggio. Dove, infatti, la sinistra fa il pieno dell’“offerta”, con almeno cinque esponenti dell’ufficialità omosessuale italiana pronti a entrare in Parlamento: il fondatore di Arcigay Franco Grillini con i Ds, Gianpaolo Silvestri con i verdi, e ben tre candidati con Rifondazione. Nella Casa delle libertà, invece, il deserto.

Giovanni Dall’Orto, direttore della rivista Pride, ha accusato Babilonia di pencolare verso destra soltanto per avere osato ospitare un intervento di Giuliano Ferrara. E Natalia Aspesi gli ha subito fatto eco su Repubblica.

Babilonia è il giornale storico del movimento gay italiano. Infatti, dopo gli antesignani radicali del Fuori di Angelo Pezzana (del quale proprio in queste settimane si festeggia il trentennale della nascita), dagli anni Ottanta le lotte di liberazione sono state prese in mano dall’Arcigay (galassia Pci). Fino al giugno 1999 Babilonia, con le sue 15mila copie, era l’unico giornale omosessuale.

Quell’anno Roberto Schena fonda Pride. L’anno scorso lascia Pride a Dall’Orto e trasforma Guide Magazine, fino ad allora una semplice guida ai locali, nel terzo mensile gay italiano. Tutti sulle 15 mila copie, anche se Pride e Guide Magazine vengono distribuiti gratis nelle centinaia di locali gay, perché vivono tranquillamente di sola pubblicità.

L’effervescenza editoriale del mondo gay (stimato in Italia in due-tre milioni di individui) è testimoniata anche dalla nascita di vari siti Internet. Il più seguìto, www.gay.it, è stato acquistato per due miliardi da Seat-Pagine Gialle.

Schena, principale artefice di questa moltiplicazione di riviste (e di dibattito), non è affatto di sinistra. Anzi: è il capo delle redazioni cultura, spettacoli e sport della Padania, il quotidiano della Lega Nord. Ha in mano un buon terzo del giornale. E nel tempo libero confeziona Guide Magazine.

«L’attuale confronto è nato dagli articoli di Ferrara sul Foglio e su Panorama», spiega Schena, «in cui la destra viene invitata a liberarsi dalla vecchia paccottiglia omofoba. Ma sono stati soprattutto i dati di un sondaggio elettorale del sito gay.it ad avere mandato in tilt la sinistra».

Roba da non credere: Silvio Berlusconi risulta primo col 25 per cento, davanti a Francesco Rutelli col 24. Terza Emma Bonino: 14 per cento. Segue all’11 Fausto Bertinotti, mentre Valter Veltroni incassa un misero sei, superato perfino da Gianfranco Fini col sette. Umberto Bossi e Antonio Di Pietro prendono il tre per cento, e gli altri candidati raccolgono il restante sette per cento.

Sommando questi consensi, la Casa della Libertà conquisterebbe il non disprezzabile 35 per cento, mentre l’Ulivo senza Rifondazione si fermerebbe al 30.

Sul numero di aprile di Guide Magazine Schena, in perfetta par condicio, ha ospitato un articolo pro-sinistra di Sergio Lo Giudice, presidente di Argigay, e uno in cui il teologo milanese Giovanni Felice Mapelli nega che i Ds possano farsi paladini dei gay: «La loro cultura è tutt’altro che liberale, sono frenati da un eccesso di opportunismo: in Europa vengono scavalcati dai loro colleghi socialisti. In cinque anni di governo del centrosinistra sono naufragati tutti i progetti di legge che riguardavano le coppie di fatto, la discriminazione per orientamento sessuale, la procreazione assistita omologa ed eterologa, l’adozione da parte delle coppie sposate e quella dei single».

Ma Schena come si trova in un partito, la Lega, che negli ultimi due anni ha dato una forte sterzata verso i valori tradizionali cattolici, con Bossi che non perde occasione per ribadire con toni anche offensivi la sua totale contrarietà alla minima apertura nei confronti dei gay?

«Mi trovo benissimo: sono omosessuale dichiarato da sempre, ma non ho mai dovuto nascondere alcunché. Lavoro alla Padania dalla sua fondazione e nessuno mi ha discriminato, anzi. Insomma, sono l’esempio vivente che la politica della Lega non è rivolta contro i gay in quanto tali. Bossi sta facendo scelte tattiche sulle unioni civili che personalmente non condivido. Ma anche Ppi e Democratici, nell’Ulivo, hanno le sue stesse posizioni. Mi dispiace per i consensi gay che il centrodestra potrebbe facilmente avere, ma che sciupa perché non sa coltivare i rapporti. La giunta Albertini ha ottime relazioni con Dolce & Gabbana, Armani e tutto il mondo della moda: basterebbe imitare il modello Milano».
Mauro Suttora

Tuesday, May 01, 2001

Digiuno radicale

Il Foglio, 1 maggio 2001

di Mauro Suttora

C’è un modulo da riempire, intitolato «Adesione al grande satyagraha radicale». Si compila scrivendo nome, cognome e indirizzo, data di nascita e professione. Poi bisogna indicare le caratteristiche dello sciopero: data di inizio, durata e tipo. Si può scegliere fra fame, sete, autoriduzione dei farmaci e «altro». Finora hanno risposto in trecento, tutti elencati sul sito internet www.radicali.it.

Soltanto Emma Bonino e tal Stefano Aiello, nascosti nell’ordine alfabetico del computer, hanno scelto fame+sete. Però Aiello non ha mangiato e bevuto solo per un giorno. Sulla durata del digiuno della Bonino, invece c’è scritto: illimitato. Ma per quanto tempo si può smettere di bere? «Poche decine di ore», concordano gli esperti. Neppure Gandhi, l’inventore dei digiuni come arma politica, rinunciò mai all’acqua.

Sui manifesti elettorali della Lista Bonino si invoca «Libertà della ricerca». Ma forse, con uno di quei calembour di cui Marco Pannella è maestro («Giustizia giusta», «Vita del diritto e diritto alla vita», «Scienza e coscienza»), bisogna capovolgere lo slogan e annunciare che i radicali sono alla «Ricerca della libertà». Però questa non è una notizia: è da quarant’anni che la cercano, la libertà. E ne trovano sempre troppo poca, in questa Italia conformista. Né ha il sapore della novità lo sciopero della fame: Pannella ne ha fatti 18, cominciando con un digiuno a Parigi per gli «insoumis» contro la guerra d’Algeria, poi la Cecoslovacchia nel ‘68, e l’anno dopo ce ne volle uno anche per far approvare la legge sul divorzio.

Questa volta il «grande vecchio» radicale, che domani compie 71 anni (auguri) è rimasto fuori dalla mischia. Con bypass multipli e ischemie alle spalle, sarebbe suicidio. Sul «forum» di internet un iscritto lo ha sollecitato: «Fai lo sciopero del fumo, Marco». Tentativo fallito.

Alla voce «altro» Lucio Berté, candidato radicale nel collegio Lombardia Due, ha scritto: «Staziono 24 ore su 24 davanti all’Osservatorio di Pavia». Che non ha nulla a che fare con le stelle, ma molto con l’obiettivo dell’attuale «lotta» radicale (guai a chiamarla «protesta», loro si arrabbiano): la disinformazione. Quell’osservatorio, infatti, cronometra lo spazio dato da Rai e Mediaset ai politici. E i radicali da mesi producono dossier su dossier sulla propria «cancellazione», sul proprio «annientamento». Poi li portano a Carlo Azeglio Ciampi chiedendogli di farsi valere, almeno lui. Ma il Presidente risponde sempre (affettuosamente) alla Bonino che egli al massimo può segnalare la questione ai presidenti delle Camere. I radicali, invece, vogliono che Ciampi ammetta che «qualcosa» non ha funzionato, nella Tv di Stato.

Solo questo? «Solo questo», assicura la Bonino. Nessuno spazio in più per i radicali? «No. Solo più dibattito sui veri temi della campagna elettorale». Che magari sono proprio quelli individuati da Adriano Celentano: eutanasia, donazione degli organi. Sarebbe una manna, per i radicali, poterne discutere in prima serata. Invece il monologo del Molleggiato, senza contraddittorio, è stato sale sulle loro ferite.

Così ora la Bonino parla con i bollettini medici dell’ospedale San Paolo: «Disidratazione, dolori muscolari, fotofobia, cefalea, diuresi contratta, acidosi metabolica...»
Il metabolismo: il rischio principale, nei digiuni, è che a lungo andare salti. E i danni irreversibili? «Quelli non si possono prevedere in anticipo», ammette il medico personale di Emma, che surrealmente si chiama Augusto Magnone. C’è un altro medico personale che partecipa a questo digiuno: Ennio Boglino, assistì Pannella nei suoi scioperi storici degli anni ‘70. Ora è gravemente ammalato, va a avanti a morfina, ma ha voluto pure lui autoridursi la terapia del dolore.

Tre cappuccini al giorno, 150 calorie: questa è la formula dei digiuni radicali, che valsero a Pannella l’epiteto di «Gandhi di via Veneto». Oggi invece nessuno prende più in giro i pannelliani. Brutto segno: anche l’assuefazione degli italiani è diventata irreversibile?

Loro, i radicali, non si danno pace, e durante gli scioperi della fame e della sete diventano se possibile perfino più attivi. Altro che il giaciglio dell’ashram dove si accoccolava il Mahatma. «Noi siamo inermi ma non inerti», tuona Pannella. Indomabili, bisogna ricoverarli coattivamente e inflebarli, com’è capitato ieri a Biagio Crescenzo di Salerno, diabetico che si era ridotto l’insulina. A Roma Antonio Brivio fa il «walk-around»: gira attorno alla Rai di viale Mazzini con un cartello.

Invece il quindicenne Alessandro Rosasco di Genova alle voce «altro» si è inventato lo «sciopero della parola»: da quattro giorni sta sempre zitto. Proprio come parecchi italiani vorrebbero ridurre i radicali. Perché nessuno ha il coraggio e il cattivo gusto di ammetterlo, ma l’auspicio di qualcuno è per una fine come quella dei venti prigionieri turchi, o degli irlandesi di Bobby Sands vent’anni fa. Quelli ci hanno messo sei mesi per farsi morire. Emma perde un chilo al giorno. Ma pesa solo 50 chili. E la sete è assai più rapida della fame.