Saturday, September 26, 1987

Profughi istriani e dalmati


Ferite socchiuse: 40 anni dopo, gli esuli italiani si interrogano sul proprio passato

PALESTINESI DI CASA NOSTRA

Dalmati e istriani si incontrano a Trieste per commemorare gli avvenimenti del 1947. Gli jugoslavi li chiamano fuggiaschi, il Msi li corteggia. Ma loro cosa rivendicano? Le terre perdute? No, dicono, soltanto il diritto alla nostalgia

Europeo, 26 settembre 1987

di Mauro Suttora

In via Montenapoleone a Milano, fra i re della moda mondiale, la Dalmazia è regina. Sono dalmati, infatti, i due stilisti che si fronteggiano all'inizio della via, con le loro ricche vetrine nelle postazioni più prestigiose, quelle vicine a piazza San Babila: Ottavio Missoni e Mila Schoen. Dalmati , e quindi profughi. Così come gli altri 350 mila istriani, fiumani e lussignani che nel 1947, quarant'anni fa, dovettero abbandonare le proprie terre ai partigiani jugoslavi.

Fu un esodo drammatico. Per molti comincio' gia' nel 1943: gli abitanti di Zara scapparono in 14 mila per non morire sotto i bombardamenti a tappeto degli aerei inglesi. " Io ero prigioniero in Africa", ricorda Missoni, oggi sindaco onorario del 'Libero comune di Zara in esilio', "ma la mia famiglia fuggi' a Trieste con il 90 per cento della popolazione, che era tutta italiana. Quando tornai in Italia trovai mio padre che a 65 anni, per mantenerci, si era dovuto rimettere a navigare. Erano tutti scappati senza una lira".

Per altri la fuga fu meno precipitosa: gli italiani della "zona B" del mai nato Territorio libero di Trieste se ne andarono nel 1954-55, quando la zona passo' sotto amministrazione jugoslava in cambio del ritorno di Trieste all'Italia. Ma il grosso dei profughi "esodò" nel 1947, quando il trattato di pace impose all'Italia sconfitta di cedere quasi tutta la Venezia Giulia alla Jugoslavia.

Fu la ratifica di una realta': gia' da due anni nei paesi italiani della costa istriana si erano installate vincitrici le truppe comuniste del maresciallo Josip Broz detto Tito. Che avevano prevalso, con l' aiuto russo-inglese, non solo su tedeschi e italiani, ma anche, dopo una feroce guerra civile interslava, sui fascisti croati (gli "ustascia") e sui partigiani monarchici "cetnici" (paragonabili ai nostri badogliani).

Il 19 e 20 settembre a Trieste si riuniscono gli esuli istriani e dalmati per commemorare gli avvenimenti di quel 1947. Arriveranno 5 mila persone dall'Italia e dall'estero (soprattutto Canada  Australia e Usa, dove si sono rifugiati circa 50 mila profughi). E poi ci saranno i 50 mila triestini di origine istriana e dalmata.

Ma non sara' un anniversario facile. Il quotidiano semiufficiale Delo (Lavoro) di Lubiana ha gia' dedicato al raduno un articolo in cui si esprime "sorpresa e meraviglia per l'appoggio delle autorita' italiane a questi 350 mila fuggiaschi" (agli esuli, nonostante l'insulto del termine "fuggiasco", l'articolo non e' interamente dispiaciuto: per la prima volta infatti gli jugoslavi riconoscono il numero di 350mila profughi. Nel tentativo di minimizzare l'esodo, in passato Belgrado non era mai andata oltre la cifra di 200-250 mila).

L'ambasciata jugoslava a Roma ha protestato con il nostro governo, che dovrebbe essere rappresentato al raduno dal ministro della Funzione pubblica Giorgio Santuz (Dc), unico titolare di dicastero seppure senza portafoglio proveniente dal Friuli Venezia Giulia.

Perche' queste proteste? "Non lo so, noi non avanziamo alcuna rivendicazione nei confronti della Jugoslavia", assicura Silvio Cattalini, organizzatore del raduno ed esule da Zara. "Certo, nei decenni scorsi c'e' chi ci ha fatto passare tutti per nazionalisti o fascisti. Ma noi vogliamo fare solo un discorso culturale : mantenere viva la memoria sulla nostra tragedia , farla studiare sui libri di scuola. Fra qualche anno, dei protagonisti diretti di quella vicenda non rimarra' piu' nessuno. Ecco, noi vogliamo che la nostra sofferenza non sia cancellata".

A complicare le cose, pero', e' arrivato il Movimento sociale italiano. Il quale ha organizzato per sabato 19, alle sette di sera, un comizio di Giorgio Almirante in piazza Unita'. Gli esuli hanno un concerto nel vicino teatro Verdi alle 18  e usciranno negli stessi momenti in cui il segretario del Msi iniziera' il suo discorso.

"Almirante e' fiero di aver potuto parlare in pubblico per la prima volta proprio a Trieste, nel 1949", spiegano al Msi, "e vuole concludere la sua carriera da segretario con un comizio nella stessa città". Apriti cielo : il consigliere comunale della minoranza slovena a Trieste Alessio Lokar ha protestato per l'adesione del Comune, con il sindaco Giulio Staffieri in testa, al raduno "sciovinista e revanscista" dei profughi.

Il messaggio di Staffieri agli esuli, in effetti, si differenzia da quelli piu' anodini fatti pervenire dal presidente della Regione e da quello della Provincia. Mentre per esempio quest'ultimo definisce l'esodo come "una scelta imposta dalla storia" (frase che fa imbestialire i profughi, ma che si giustifica per la presenza in provincia di Trieste di molti sloveni ai quali dispiacerebbero indicazioni piu' precise), il sindaco si lancia in affermazioni drastiche: "All'emigrazione degli esuli va coraggiosamente dato il nome di esilio, ma noi siamo rimasti qui a mantenere le posizioni di una civilta' che non e' destinata a morire". E poi: "Accanto al rilancio dell'economia , a quello emporiale e scientifico, e' da coltivare o addirittura da anteporre il rilancio dei grandi valori ideali, di cui uno dei piu' alti e sacri e' l'amor di patria".

Patria: una parola che fa venire ancora i brividi di commozione ai profughi (anche perche' la patria e' piu' bella se perduta), ma che suscita sentimenti opposti fra i 30 mila sloveni di Trieste, che non si considerano certo un "avamposto della civiltà" (italiana, latina, occidentale, cristiana) in territorio nemico.

Cosi', a quarant' anni dalla fine della guerra, molti sono ancora gli argomenti che scottano. E anche i gesti: "Finalmente", annuncia per esempio Silvio Del Bello, 53 anni, di Umago, presidente dell'Unione degli istriani, "domenica, per la prima volta , un ministro del governo italiano rendera' omaggio alle vittime delle foibe di Basovizza e Monrupino".

Le foibe sono grotte carsiche, cavita' profonde dentro le quali i partigiani di Tito gettarono circa seimila italiani, spesso ancora vivi: tutti accusati di essere fascisti o collaborazionisti, mentre in realta' in non pochi casi si tratto' di vendette personali. Nella foiba di Basovizza, per esempio, che e' la piu' grande fossa comune d' Italia, sono finiti anche comunisti e soldati neozelandesi.

Pochi i corpi riconoscibili : quando gli alleati scoprirono la foiba, i cadaveri legati l'uno all'altro da fil di ferro erano gia' decomposti. Si conosce solo lo spazio che occupano: 300 metri cubi di ossa.

Ma si sa, fra i crimini di guerra quelli dei vincitori sono sempre i meno gravi. E quindi le vittime delle foibe non hanno ricevuto gli stessi onori degli altri caduti. Anzi, illustri professori di storia, come Giovanni Miccoli ancora nel 1976, si sono esercitati nel bollare come "aberrante" l'accostamento fra due pagine egualmente nere della guerra a Trieste, seppure di segno opposto: le foibe slavo-comuniste e il campo di sterminio nazista della risiera di San Sabba (dove, per ironia della sorte, nel dopoguerra vennero parcheggiati molti profughi istriani in attesa di sistemazione).

Ma chi sono veramente i profughi istriani e dalmati? Cos'hanno fatto in quarant'anni questi nostri 350 mila "palestinesi"?
"A differenza dei palestinesi noi siamo esuli in patria", risponde Del Bello, "e pensiamo di esserci comportati bene: ci siamo sparsi un po' in tutta Italia, abbiamo lavorato duro, ci siamo rifatti una casa".

Alcuni hanno fatto fortuna, come l'industriale farmaceutico Fulvio Bracco, quello del Cebion. Altri sono arrivati al successo: l'attrice Laura Antonelli, nata a Pola nel 1941, il cantante Sergio Endrigo, anche lui polesano, la presentatrice tv Paola Perissi (Processo del lunedi).

Uno che non ha dimenticato e' il celebre violinista Uto Ughi, 43 anni, che sta eguagliando le gesta del suo compaesano piranese Giuseppe Tartini: fa parte del consiglio nazionale dell'Unione degli istriani. Dall' ex zona B vengono lo scrittore Fulvio Tomizza e il pugile Nino Benvenuti, da Lussinpiccolo il comandante Tino Straulino, olimpionico di vela.

Mila Schoen (vero nome Maria Nutrizio, sorella del celebre giornalista Nino, ex direttore della Notte) e' fuggita dalla sua Trau', in Dalmazia, addirittura nel 1923, quando aveva un anno e mezzo. Il padre, farmacista, passo' il confine di notte, perdendo tutto. "Mio padre era un patriota", ricorda lei adesso, "e quando la Dalmazia fini' alla Jugoslavia fu considerato un traditore dagli slavi".

Non pochi sono i dalmati profughi due volte: nel primo dopoguerra quando si rifugiarono a Fiume, Zara o Pola, e poi nel 1947, quando dovettero andarsene di nuovo. Mila Schoen e' sfuggita a questo amaro destino: lei nel 1940 era gia' a Milano. "Sono ritornata per la prima volta a Trau ' sei anni fa, mi ci hanno portata in barca degli amici brasiliani. Sono posti bellissimi, straordinari. Quando sono sbarcata, ho domandato in piazza al primo passante se si ricordava dov'era la farmacia del dottor Nutrizio. 'La farmacia del buon Gigi ? Era quella la'!', mi ha subito risposto".

L' Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia ha sede a Roma: ha assistito 172 mila profughi e pubblica un quindicinale, Difesa Adriatica. Presidente e' Paolo Barbi, europarlamentare democristiano fino al 1984; segretario un prete, padre Flaminio Rocchi. Per le ultime elezioni Difesa Adriatica ha indicato alcuni candidati da votare, tutti Dc (l'olimpionico Abdon Pamich, Uto Ughi e lo zaratino Lucio Toth, eletto senatore) e del Msi. Perche'? "Abbiamo segnalato tutti quelli che ce lo hanno chiesto", risponde padre Rocchi. "L'unico requisito e' essere nati nelle nostre terre. Abbiamo pero' una preclusione verso il Pci, che nel 1947 voleva dare Trieste e Gorizia alla Jugoslavia".

Annunci piu' inquietanti sono pubblicati sul mensile Voce di Fiume: raduni di reduci della Decima Mas repubblichina  incontri al Vittoriale. "I nostalgici ci sono dappertutto", commenta Silvio Cattalini, "ma sono solo una piccola minoranza".

E Missoni, che ne pensa? "Fiol, cos te vol che te diga, mi de politica no me interesso. Io vado in Jugoslavia da 25 anni ogni estate con la mia barca  perche' il vino, il mare, i canti e i tramonti sono sempre quelli. Ma nessuno ha mai pensato di tornare. Io non ho mai avuto odio, ne' allora ne' oggi, verso gli slavi. In fondo, noi dalmati siamo sempre stati sotto qualcuno".

Padrone per padrone, l'unica nostalgia che riesce ad accomunare tutti gli esuli istriani e dalmati e' forse quella per l'impero austriaco di Francesco Giuseppe, che riusci' a far convivere pacificamente marinai e pescatori italiani della costa con i contadini slavi dell'interno. Poi sono arrivati i fascisti. Poi i comunisti. E gli ammiratori degli Asburgo sono aumentati: "Quando governavano loro, profughi non ce n'erano".

Mauro Suttora

Saturday, September 05, 1987

Irangate 2

Europeo, 5/9/1987, pag. 16

Irangate all' italiana, 2

Esclusivo: tutti i documenti del traffico di esplosivi tra il nostro paese e Teheran

Nome in codice: "Operazione Niklas". Protagonisti : cinque grandi produttori di munizioni. E una piccola azienda italiana. Dalle riunioni a Parigi dell'82 alle triangolazioni con Israele e Sudafrica, l' affare è ricostruito in un rapporto top secret. "Europeo" lo svela

di Mauro Suttora - inviato a Stoccolma
Foto di Gianfranco Moroldo

I sette volumi da 700 pagine stanno nella sede delle dogane svedesi , a Sandhamnsgatan 57 , Stoccolma. Contengono i risultati di tre anni di indagini sui traffici illeciti della Bofors Nobel , l' industria bellica svedese che ha contrabbandato armi e munizioni in Iran attraverso Italia e Jugoslavia violando le leggi del proprio paese . Sono atti pubblici : adesso l' inchiesta della magistratura si e' conclusa e il processo si terra' in autunno .

Ma dal rapporto delle dogane mancano i due fascicoli che riguardano Tirrena e Valsella , le aziende italiane che hanno fatto da ponte fra la Bofors e l' Iran . La mannaia del segreto si e' abbattuta su 300 pagine di documenti . Perche' ? " Abbiamo spedito cio' che riguarda l' Italia alla vostra Guardia di Finanza " , spiega il funzionario Ingvar Carlsson , " e qui in Svezia sono pubblici solo i documenti che riguardano direttamente la Bofors . Tutto il resto e' riservato , fa parte della collaborazione fra le dogane degli Stati europei che si scambiano informazioni in base a un trattato del 1953 " .

La Guardia di finanza , a Roma , conferma di star conducendo un' indagine su Tirrena e Valsella . Iniziata dopo aver ricevuto il rapporto svedese ? " No comment " . L' inchiesta , svolta per conto dei giudici italiani , e' coperta dal segreto istruttorio . Segreto in Svezia , segreto in Italia . L' Europeo e' in grado , pero' , di pubblicare i documenti riservati che ci vengono negati dalle autorita' di Roma e Stoccolma . Nel numero scorso , avevamo rivelato la vicenda di un' imponente fornitura di esplosivi all' Iran in cui una ditta italiana si era assunta il ruolo di spedizioniere . In questo numero , ricostruiamo con materiale inedito la storia completa della " connection " Europa Italia Iran (con sconfinamenti in Israele , Sudafrica e Irak) arricchita da nuovi particolari .

Europa unita .
C' e' un funzionario , alle dogane di Stoccolma , che fa dei bellissimi disegnini . Non bisogna tradurre dallo svedese tutte le pagine del rapporto consegnato in maggio da Sivgard Falkenland , capo della sezione criminale delle dogane , per capirne il significato : basta dare un' occhiata alle didascaliche cartine accluse ai verbali degli interrogatori dei dirigenti della Bofors e alle conclusioni degli investigatori . E questo significato e': l' Europa unita esiste . È viva , operosa , solidale . Puo' anche marciare in ordine sparso sulla questione dell' invio di cacciamine nel Golfo Persico , puo' latitare in politica estera o in materia di agricoltura . Ma quando si e' trattato di vendere armi e munizioni all' Irak e all' Iran , l'unita' europea ha funzionato a meraviglia . Anzi , si e' estesa oltre i confini della Cee , inglobando tutta la Scandinavia e perfino la Jugoslavia .

Quella cartina con le frecce che convergono sull' Italia per poi partire verso l' Iran illustra l' affare delle 5 . 300 tonnellate di polvere da sparo M1 fornite da Bofors (Svezia) , Nobel (Scozia) , Snpe (Francia) , Prb (Belgio) e Muiden (Olanda) alla Tirrena di Roma , e da questa riesportate verso Teheran . Valore totale appurato nel rapporto : 315 milioni di sek (corone svedesi) . Cioe' , esattamente i 75 miliardi di lire indicati dall'Europeo la scorsa settimana . Quindi la smentita della Tirrena , che ha parlato di 13 miliardi , non regge : questa cifra si riferisce al totale dei suoi acquisti all' estero.

Non solo polvere .
Ma quello delle 5 . 300 tonnellate e' solo uno dei sei contratti per munizioni che la Tirrena ha firmato nel 1982 con la Ndio (National defence industries organization) iraniana , e ne rappresenta solo un decimo del valore complessivo . In realta' , dal 1982 al 1984 , la Tirrena ha avuto , grazie a regolari licenze concesse dal governo italiano , il quasi monopolio delle forniture di munizioni che partivano dall' Italia verso l' Iran . Polveri ed esplosivi che provenivano in larga parte dall' Italia . Secondo la Tirrena e' stato per ragioni di equilibrio con l' Irak che la ditta romana ha ottenuto tutte quelle licenze per l' Iran . Sei in tutto , abbiamo detto . Una di queste , l' unica di cui l' Europeo possa rivelare i dettagli , ha riguardato per esempio 200 tonnellate di potente esplosivo , il Pentyl (pentastite) Nsp 46 , umido al 25 per cento , arrivato agli ayatollah per un prezzo di quasi due miliardi di lire . Intendiamoci : quelle 5 . 300 tonnellate di polvere da sparo per i grossi cannoni iraniani da 105 e 155 millimetri che bombardano Bassora non sono poca cosa : basti dire che il consumo totale dell' Iran in un anno e' di 4 mila tonnellate . Ma le carte svedesi dicono, lo ripetiamo. che la Tirrena aveva altri cinque contratti con Teheran . E che per diversi di questi l ' Italia ha fornito una sponda compiacente (illegale per la legge svedese ma non per quella italiana) alle " triangolazioni " Svezia Italia Iran , per un valore di almeno 250 miliardi di lire .

Operazione " Niklas " .
Nei documenti sequestrati alla Bofors non si trovano mai i nomi Iran e Irak . Il nome di codice che gli svedesi usavano per l' Iran era " Niklas " , Nicola (vedere documento qui sopra) . L' Irak invece era " Kalle " , Carlo . L' " operazione Niklas " viene discussa durante una cena il 12 settembre 1982 a Parigi fra alcuni rappresentanti del consorzio Easspp (Associazione europea per lo studio della sicurezza di polveri e propellenti) , che riunisce i 13 maggiori produttori di esplosivo dell' Europa occidentale , dalla Spagna alla Finlandia (per l' Italia c' e' la Snia, che pero' dichiara di essersi sempre attenuta ai soli scopi statutari dell' associazione).

La Tirrena , attraverso i belgi della Prb con cui collabora da dieci anni , chiede al cartello i quantitativi di munizioni che non riesce a reperire in Italia . Ma l' interesse e' reciproco : contemporaneamente i produttori europei cercano un' azienda italiana che , viste le maglie larghe delle leggi del nostro paese , faccia da intermediario " legale " per l' Iran , poiche' negli altri paesi le licenze non vengono concesse (non certo per motivi umanitari : la Snpe francese , societa' statale , e' per esempio costretta a seguire la scelta di Parigi di vendere armi all' Irak , di cui e' il secondo fornitore mondiale dopo l' Urss) . Le trattative per celebrare questo matrimonio di convenienza sono pero' lunghe (come mostra il documento qui accanto ) : si trascinano per un anno , dal primo incontro fra Bofors e Tirrena nel marzo 1983 alla firma del contratto per le 5 . 300 tonnellate il 15 marzo 1984 .

Anche qui , la smentita della Tirrena alle nostre rivelazioni della settimana scorsa e' erronea : esattamente come avevamo sostenuto il contratto di fornitura e' del 1984 , non del 1982 . Il dettaglio temporale non e' insignificante. Benche' le esportazioni della Tirrena fossero in regola , proprio in quei mesi del 1984 si dibatteva la necessita' di imporre un embargo del materiale bellico a Iran e Irak . Un dibattito poi sfociato nelle disposizioni dell' allora ministro della Difesa , Giovanni Spadolini .

Un' ulteriore conferma : la garanzia per i pagamenti anticipati della Tirrena viene data dalla Banca nazionale del lavoro il 17 febbraio 1984 . La Snpe fornira' 1 . 800 tonnellate , Nobel e Bofors 900 , Prb e Muiden 850 ciascuna . Il 4 maggio 1984 Mats Lundberg , sales manager della Bofors (adesso imputato nel processo) , scende a Roma per incontrare , nella sede della Tirrena in via del Quirinale 22 , all' angolo delle Quattro fontane , tre persone : il presidente della Tirrena Vittorio Amadasi , la sua assistente Franca , e il capo della Bofors Italia Renato Golinelli.

Riproduciamo l' interessante verbale dell' incontro scritto a mano da Lundberg e poi sequestrato dalla giustizia svedese sopra il riquadro . Il punto 1 riguarda le 5 . 300 tonnellate di polvere e un preteso interessamento del ministro degli Esteri , Giulio Andreotti , al rinnovo della licenza d' esportazione della Tirrena verso l' Iran (vedi il riquadro) . Il punto 2 e' intitolato " Petn " , e riguarda una delle altre forniture della Bofors alla Tirrena . Eccone la traduzione letterale : " Spedire 25 tonnellate il 15 18 maggio . Bofors ne spedira' 50 al piu' presto , il 20 30 giugno . Le manderemo in container , ma c' e' il problema dell' umidita' . Non dobbiamo pagare troppo per il trasporto da Montepescali (la stazione ferroviaria a tre chilometri dal deposito militare di Versegge , Grosseto , ndr) a Piombino " .

Qual e' il problema cripticamente sollevato nell' appunto di Lundberg ? Semplice : se l' esplosivo viaggia per mare , dev' essere umidificato in percentuale diversa dai viaggi in ferrovia , per evitare il pericolo di esplosioni . Ma le dogane svedesi credono che la spedizione della Bofors via terra alla Tirrena restera' in Italia . Come giustificare allora un tasso di umidita' diverso , che tradisce la vera destinazione del materiale ? Probabilmente il problema non venne risolto del tutto , ed e' proprio grazie a questi indizi che la verita' e' venuta a galla .

Altro problema al punto 3 . Titolo : " 30 tonnellate di Petn ' ' plastico' ' " . Nelle quattro righe c' e' scritto : " Metteremo solo 5 kg di plastico in un barile pieno di polvere , per mostrarlo agli iraniani . Il numero del contratto e' : 334 1401 11825 . Telefonare a Franca per dirle il numero del barile " . Qui la Bofors deve fare arrivare in Iran un campione di un altro prodotto , che probabilmente a Teheran vogliono controllare prima di ordinare . Ma poiche' non vale la pena di chiedere una licenza di export (neanche per l' Italia) per un quantitativo cosi' piccolo , si usa un trucco : celare il plastico in un barile pieno di polvere . Alla Tirrena confermano : " Si' , era un plastico con una diversa gradazione di flegmatizzante " .

Rimane un fatto incontestabile : la Tirrena conferma che quel campione venne contrabbandato . L' ultimo punto del verbale , " Nuova licenza di esportazione " , dice : " Il governo (italiano , ndr) e' sotto forte pressione dall' estero (gli Usa , ndr) . Il dr . Amadasi pensa che nessuna nuova licenza verra' concessa " . Si tratta evidentemente di licenze che non riguardano le 5 . 300 tonnellate di polvere , che la Bofors in quel momento e' sicura di poter far arrivare in Iran via Italia . E infatti il 23 agosto 1984 gli svedesi domandano al loro governo il permesso per l ' export delle prime cento tonnellate in Italia . Questa spedizione avviene in due fasi : 50 tonnellate arrivano al deposito dell' esercito di Versegge in settembre , i restanti mille barili da 50 chili l' uno vengono spediti il 27 9 ' 84 . Questa e' la prima ma anche l' ultima spedizione di polvere M1 che la Bofors fa alla Tirrena . Infatti in ottobre la licenza della societa' italiana scade , e non viene piu' rinnovata dal Comitato interministeriale .

Pero' l' annunciato ' ' embargo' ' verso l' Iran non era affatto rigido : sono diverse la aziende italiane che negli anni successivi hanno potuto continuare a rifornire Teheran . La Oerlikon , per esempio , ha avuto il permesso di spedire mitra e cannoni fino al 15 luglio 1987 , sei settimane fa . La Tirrena afferma di essere riuscita a mandare in Iran solo 270 delle 5 . 300 tonnellate pattuite . Di queste solo 50 erano della Bofors . Le altre 50 sono rimaste a Versegge per sette mesi , fino all' aprile 1985 , perche' la Bofors dice la Tirrena ha cercato senza successo di venderle in Italia (vedere telex qui sopra) .

Ma , sulla vicenda del mancato rinnovo della licenza alla Tirrena , a pagina 00141 del rapporto svedese , c' e' un' affermazione sconcertante e che potrebbe contenere un giallo politico . Lo fa , durante un interrogatorio del 12 giugno 1985 , l' ingegnere Carl Nygren , dirigente della Bofors . " Perche' l' Italia non ha rinnovato la licenza della Tirrena per l' Iran ? " , gli domandano gli investigatori . Risponde testualmente Nygren : " Perche' un' azienda bellica pubblica italiana in quel periodo ha una commessa di 11 miliardi di corone (2 . 200 miliardi di lire , ndr) con l' Irak , che chiede in cambio a Roma di sospendere le forniture all' Iran " .

Poiche' non risulta nessun affare Italia Irak di quell' entita' in quel periodo , e' probabile che il riferimento sia al pagamento delle undici navi costruite dalla Fincantieri per l' Irak : navi mai ritirate da Baghdad , per il semplice motivo che ormai gli irakeni hanno perduto tutti i loro porti , ma anche mai finite di pagare .

Sudafrica .
Anche il Sudafrica , come l' Italia , nei primi anni ' 80 , imbottisce di armi e munizioni l' Iran . Nel 1981 , Karl Erik Schmitz di Malmoe (Svezia) , uno dei piu' grossi trafficanti d' armi del mondo , ottiene per la sua azienda di import export Scandinavian Commodities (Scanco) un ordine gigante dall' Iran , del valore di 600 milioni di dollari (1 . 200 miliardi di lire) . Lo confessa lo stesso Schmitz , imputato nel processo Bofors , negli interrogatori . Ma nel 1984 il Sudafrica ottiene a sua volta una commessa militare di 400 milioni di dollari dall' Irak , con la clausola di bloccare l' export verso l' Iran . Schmitz va nei guai : deve ancora consegnare 300 miliardi di lire di polvere all' Iran , e non sa come rimpiazzare la polvere sudafricana . Manna dal cielo : contemporaneo al blocco del Sudafrica , arriva quello dell' Italia , e le due storie si saldano . Schmitz e' ben felice di rilevare dalla Tirrena la commessa per 5 mila tonnellate di polvere da sparo , e sposta gli imbarchi da Talamone al porto jugoslavo di Bar (Montenegro) .

Il nuovo partner di Bofors e soci e' adesso niente di meno che il Direttorato federale dei rifornimenti per l' esercito jugoslavo . Il quale non si limita a mettere a disposizione un deposito , come hanno fatto le Forze armate italiane : fornisce a Schmitz tutta la copertura , come importatore dal Nord Europa e come esportatore verso il Kenya (con falsi certificati di uso finale , per non far bloccare le navi dirette in Iran dagli egiziani nel canale di Suez) . Anche le navi cambiano : non sono piu' quelle iraniane , che attraccavano al porto di Talamone (Grosseto) e che poi erano costrette al periplo dell' Africa per evitare Suez , ma danesi e tedesche . I carghi " Frauke " , " Bentota " , " Katja " e " Othonia " fanno la spola fra la Jugoslavia e Bandar Abbas (vedere la bolla di scarico della Frauke , a pag . 20) . I produttori di munizioni del cartello Easspp sono soddisfatti : si riuniscono a Oxford il 5 febbraio 1985 (pag . 00046 dell' inchiesta svedese) per ratificare il passaggio della commessa dalla Tirrena a Schmitz . Il quale trova il resto della polvere , che il Sudafrica non gli manda piu' , soprattutto in Israele .

Era l' "Italian transaction" (ma la Tirrena nega : " Tutto era in regola , niente ' ' triangolazioni sporche' ' : su quell' affare , che e' stato solo l' 1 per cento del commercio bellico italiano verso il Golfo , noi abbiamo pagato tasse e dogane fino all' ultima lira"). Ora diventa la " international transaction " e arriva all' Iran in varie partite , fino al dicembre 1986 . L' unica cosa che e' cambiata e' il prezzo (telex del 19 8 ' 85 da Schmitz all' Iran) : e' passato nel giro di un anno dai 20 marchi al chilo della Tirrena ai 23 marchi di Schmitz . Tutto aumenta .

Mauro Suttora

didascalie:
Gli iraniani lanciano un missile contro gli iracheni durante la battaglia di Korramshar . A sinistra : l' inchiesta dell ' " Europeo " della scorsa settimana con le rivelazioni sul traffico Italia Iran . A destra : la copertina del dossier sulla Tirrena delle dogane svedesi .
Qui sopra : le due cartine , disegnate da funzionari delle dogane svedesi , sono allegate al rapporto di 5 mila pagine che mette sotto accusa la triangolazione illecita fra Svezia e Iran , passata attraverso l' Italia .
La cartina a sinistra indica l' entita' dei " performance bond " (garanzie per l' esecuzione del contratto) versati dalla Tirrena all' Iran : quasi sei milioni di sek (corone svedesi) , che corrispondono a circa 1 , 2 miliardi di lire . La cartina a destra mostra il flusso delle 5.300 tonnellate di polvere da sparo che la Tirrena voleva vendere all'Iran. Valore totale dell' affare: 315 milioni di corone svedesi (75 miliardi di lire).
A sinistra: gli appunti di Mats Lundberg, sales manager della Bofors, sequestrati in Svezia. Il titolo è "Niklas", nome in codice per l' Iran.
A destra : un riassunto delle trattative fra Tirrena e Bofors per il contratto delle 5 . 300 tonnellate di polvere da sparo . Il " client " di cui si parla e' l' Iran . Al punto 1 , l' indirizzo a cui spedire il materiale : il deposito militare di Versegge (Grosseto) . Al punto 2 , un disaccordo : sia l' Iran sia la Tirrena vogliono incaricarsi del trasporto della spedizione dal porto di Talamone . Al punto 3 , il pagamento anticipato : la Tirrena vuole pagare i produttori dopo ogni partita , la Bofors vuole subito il 10 per cento sul totale del contratto . Lars Jederlund , studioso svedese del commercio d' armi , con i dossier su Tirrena e Valsella .
Qui accanto : il verbale scritto a mano da Mats Lundberg della riunione avvenuta a Roma il 4 maggio 1984 negli uffici della Tirrena . Partecipanti : Vittorio Amadasi , presidente della Tirrena , la sua assistente Franca , " Gol " (nome in codice per Renato Golinelli , rappresentante della Bofors in Italia) e " Lum " (Lundberg , della Bofors Svezia) . Al primo punto , Lundberg scrive che Amadasi avrebbe parlato personalmente con il ministro degli Esteri per ottenere la licenza di esportazione .